Questa volta, quel che mi appresto a raccontare sarà decisamente fuori squadra, non sono neppure sicuro che possa rientrare nella serie della rilettura politica della narrativa fantastica, nondimeno, fra tutte le classificazioni che posso proporre, è forse la meno inadatta.
Ad aggravare le cose, come ho già fatto per la trentottesima parte, e spero che nel frattempo me l’abbiate perdonato, dovrò fare riferimento ai miei casi personali.
Come tutti voi certamente sapete, appartenere alla nostra area politica significa aver fatto una scelta controcorrente. Senza atteggiarci a martiri, soprattutto per rispetto nei confronti di tanti camerati che hanno pagato la stessa scelta con la galera, spesso per risibili “reati di opinione”, o con la vita, possiamo dire che in conseguenza di essa ci siamo trovati con più porte chiuse che spalancate, o, più che chiuse, sbattute in faccia, e non mi addentro in una casistica che la maggior parte di voi conoscerà bene per esperienza personale.
Tuttavia, e premesso tutto questo la cosa non può non risultare sorprendente, per quanto mi riguarda, devo riconoscere che le maggiori soddisfazioni e riconoscimenti che ho avuto e continuo ad avere in una lunga carriera di autore che di fatto coincide con la mia vita, mi sono venuti attraverso “Ereticamente”, e questa è, nonostante tutto, una dimostrazione irrefutabile del fatto che la nostra pubblicazione non fa soltanto un’azione politica, ma anche culturale.
La cosa è tanto più degna di rilievo in quanto la mia cifra esistenziale e personale mi ha spinto a indirizzare la mia attività di autore verso il campo specifico della narrativa fantastica e fantascientifica. Ve l’ho raccontato più volte, e la cosa non è certo un segreto.
A complicare le cose, c’è il fatto che la fantascienza e il fantastico italiani vivono un’esistenza che si potrebbe definire catacombale, schiacciata dalla produzione anglosassone in questi settori, e questo sebbene il rado pubblico “di nicchia” che li segue e permette a questi generi una stentata sopravvivenza, vi possa assicurare che essi non hanno proprio nulla da invidiare in termini di abilità letteraria, freschezza immaginativa, qualità di scrittura, ingegnosità di trame, ai ben più noti autori anglosassoni o comunque anglofoni.
E non accade nemmeno, come avviene ad esempio in Francia, che gli autori nazionali siano magari sconosciuti all’estero o al di fuori dell’area francofona, ma che in essa hanno un pubblico non “di nicchia” ma diffuso, e il motivo di ciò, non è per nulla misterioso. Come certamente sapete, la più importante casa editrice italiana è la Mondadori, e la collana di fantascienza più diffusa in Italia, al punto da essere quasi divenuta un sinonimo di fantascienza, è “Urania”, che è appunto un’emanazione di questa casa editrice, nata come rivista e poi trasformatasi in collana libraria.
Ebbene, per moltissimi anni, gestita da quello che io chiamo “il malefico duo”, Fruttero e Lucentini, ha seguito una politica molto precisa: porte ermeticamente sbarrate agli autori nazionali (barando, naturalmente, perché Carlo Fruttero si è autopubblicato diverse cose celandosi dietro lo pseudonimo di Charles Obstbaum), e hanno avuto un peso notevole nel diseducare il pubblico dei lettori, instillando un’immotivata prevenzione verso gli autori nazionali. Né i tentativi di altri editori, né quelli di successivi curatori di “Urania”, fra cui vorrei ricordare in particolare quello generoso di Giuseppe Lippi, sono valsi a modificare la situazione. Quando un albero cresce storto, poi non c’è modo di raddrizzarne il tronco.
Questa è stata la situazione di partenza nella quale mi sono inserito con ostinazione, conscio di fare un lavoro che di soddisfazioni me ne avrebbe riservate pochissime.
Se le cose sono in una certa misura cambiate, per quanto mi riguarda, lo devo proprio a “Ereticamente”, ma questa è una storia che è meglio raccontare per gradi.
Nello spettro man mano più ampio di cose di cui mi sono occupato in questi anni sulle pagine della nostra pubblicazione, il discorso sulla nostra eredità ancestrale ha certamente un posto centrale, come testimonia la lunghissima serie di articoli de L’eredità degli antenati. In questo contesto, non potevo non confrontarmi con l’ipotesi di Omero nel Baltico avanzata da Felice Vinci.
Noi sappiamo che gli Achei, come le altre stirpi greche, ma del resto anche i Latini e tutti gli altri popoli indoeuropei, sono discesi nell’Europa mediterranea da nord. L’ipotesi di Vinci è che i poemi omerici che hanno messo in forma scritta testi tramandati da una lunga tradizione orale, si riferiscano in realtà a vicende avvenute quando gli Achei erano ancora insediati nelle loro antiche sedi nordiche, anche se poi avrebbero dato alle aree del Mediterraneo che sono state il loro insediamento definitivo, gli stessi nomi delle loro antiche residenze, così come hanno fatto i coloni americani, e infatti, se andate negli Stati Uniti, trovate un numero enorme di città che hanno gli stessi nomi di località europee.
La prova di ciò sarebbe l’incongruenza della geografia omerica rispetto alla situazione che ritroviamo nel Mediterraneo, ad esempio il Peloponneso è descritto da Omero come una vasta pianura, mentre quello che conosciamo è interamente ricoperto da rilievi montuosi, o la presenza di isole, come Dulichio, di cui nel Mediterraneo non c’è traccia, mentre questi elementi troverebbero nel Baltico una puntuale corrispondenza.
C’era un problema: questa ipotesi era contestata, certamente in maniera ben più civile del recente, grossolano attacco che Vinci ha subito da parte di Massimo Polidoro, da parte del compianto Ernesto Roli, che era stato collaboratore di Adriano Romualdi.
Roli, a sua volta, proponeva per la narrazione omerica un’altra interpretazione “eretica” (ma a noi gli eretici piacciono), collegando “i troiani” agli Ittiti, “Ilio” sarebbe stata l’ittita Wilusa.
Io ho esposto la questione sulle pagine di “Ereticamente” presentando l’ipotesi di Felice Vinci non come qualcosa sulla quale giurare, ma qualcosa che gli archeologi dovrebbero prendere in seria considerazione, e lo stesso ho fatto con la tesi di Roli, con un tale equilibrio, da ricevere i complimenti di entrambi.
E’ inevitabile che col tempo le cose cambino. Nel frattempo, Ernesto Roli è venuto a mancare.
Nel marzo 2018 sono stato invitato a partecipare come relatore a un corso Erasmus, e questo è avvenuto precisamente grazie allo spazio che “Ereticamente” ha concesso con generosità ai miei articoli, sono stato infatti interpellato in veste di esperto (si fa per dire) di quella che gli amici di “Ereticamente” con un bel neologismo hanno chiamato archeostoria.
Vi riporto uno stralcio, molto significativo, della missiva con cui ho ricevuto tale invito:
“In occasione di un primo modulo pre-Corso, abbiamo avuto occasione di constatare come tra i giovani ma anche fra gli adulti provenienti dai Paesi baltici (a questo primo modulo pre-Corso hanno preso parte anche docenti di scuole superiori lettoni e lituane che, poi, rientrati in patria, hanno selezionato i partecipanti) la memoria storica delle propria identità culturale sia quantomai debole forse per effetto di una dominazione sovietica che di questa memoria storica e non solo ha fatto strage ”.
La cosa però a mio parere più importante, è che in occasione di questo corso, ho avuto la possibilità di conoscere di persona Felice Vinci, con cui fin allora avevo avuto solo contatti epistolari, e l’ho trovato un uomo cordiale e alla mano, non privo anche di una certa dose di umorismo, ad esempio, mi ha raccontato che quando era andato ad Atene per presentare l’edizione greca di Omero nel Baltico, lo fece con molta titubanza, in fondo aveva “sottratto” ai Greci il loro poeta nazionale, fu invece sorpreso di essere accolto con molto entusiasmo, tanto che alla fine della conferenza di presentazione del libro, chiese spiegazioni.
“Ma no, ingegner Vinci”, gli fu detto, “Lei ci ha fatto un grande favore, ha dimostrato che siamo parenti degli Svedesi, e non dei Turchi”.
La mia esperienza con Felice Vinci dimostra un concetto importante che ho avuto modo di verificare in più di una circostanza: le persone veramente valide sono alla mano, sono i mediocri che sentono il bisogno di mettersi su un piedistallo, perché in fondo sanno che se non vi ci mettessero da soli, nessun altro lo farebbe.
Probabilmente, è stato un caso, ma è stato proprio durante questo corso Erasmus, che mi è scattato in mente un flash improvviso che poi è diventato la trama del racconto Il condannato di cui vi dico più avanti. Questa, ve lo dico subito, è una cosa che rimane misteriosa prima di tutto per me, come funziona il meccanismo dell’ispirazione letteraria, che sembra comparire nella mente in modo imprevedibile e assolutamente non preordinato o programmabile.
Il 2018 è stato il penultimo anno della mia carriera di insegnante prima del pensionamento. In quell’anno sono stato mandato a fare gli Esami di Stato, quelli che un tempo si chiamavano maturità, e Gorizia. Il presidente della commissione, prima che fossimo convocati, ha dato in internet un’occhiata ai profili facebook di tutti, e quello che ha visto sul mio, dove condivido con regolarità i miei articoli apparsi su “Ereticamente”, non deve essergli dispiaciuto, perché mi ha presentato agli altri commissari dicendo:
“Il professor Calabrese è un uomo coltissimo” (bontà sua, su cui non giurerei).
Più o meno in coincidenza con il pensionamento, è arrivata un’altra novità, una casa editrice emergente nel settore della fantascienza, piccola per ora, ma in crescita, ad esempio le è stata recentemente affidata la stampa del Magazine della World SF Italia, l’associazione che riunisce i professionisti della fantascienza, le Edizioni Scudo mi ha affidato il compito di gestire le antologie collettive di autore italiano di fantascienza, fantasy e horror.
Come mi ha fatto notare un mio corrispondente, è come essere passato dalla recitazione alla regia, o, come ho avuto occasione di dire in una conferenza di presentazione di questa mia nuova attività, all’Eurocon, il congresso europeo di fantascienza 2024, che si è svolto a Trieste:
“Siamo in due ad aver iniziato una nuova attività al momento in cui normalmente si va in pensione, Carlo III re, io curatore di antologie”.
Nel febbraio di quest’anno mi è arrivata una comunicazione dagli Stati Uniti. Un mio articolo apparso su “Ereticamente”, H. P. Lovecraft e Robert E. Howard, letteratura fantastica e visione del mondo, è finalista all’edizione 2024 all’Hyrkanian Award, premio per la saggistica assegnato dalla Robert Howard Foundation. Ciò che rende ancor più notevole la cosa, è che tali premi ben raramente sono assegnati a stranieri, e soprattutto a testi non scritti in lingua inglese.
La cosa non finisce qui, perché ultimamente un mio amico appartenente anche lui all’ambiente della fantascienza, nonché collega, solo a differenza di me ancora in servizio (vi sorprenderebbe sapere quanti insegnanti ci sono fra gli autori di fantascienza italiani, ma è logico, in Italia nessuno campa scrivendo fantascienza, e d’altra parte, il lavoro dell’insegnante stimola intellettualmente, oltre a lasciare sufficiente tempo libero), mi ha fatto sapere di aver assegnato ai suoi allievi un compito, basandosi sulla lettura del mio racconto Il condannato che si trova nell’antologia in dotazione alla classe.
Devo dire la verità, in un primo momento sono cascato dalle nuvole, poi mi sono ricordato, mi ero del tutto dimenticato della cosa. Tempo prima ero stato contattato da una signora, funzionaria della casa editrice Mondadori Scuola che mi aveva chiesto il permesso di riprodurre questo racconto in una loro antologia, ma poi non ne avevo saputo più nulla, e pensavo che la cosa fosse morta lì.
La cosa curiosa, è che la signora in questione mi aveva scritto nella sua missiva di essere venuta a conoscenza della mia attività di scrittore attraverso “Ereticamente”, e di aver scoperto la mia doppia veste di scrittore ideologico e di autore di fantascienza (quest’ultimo aspetto, suppongo, attraverso il mio profilo facebook).
Il condannato, racconto del quale, come vi ho detto, l’idea è germogliata durante quel corso Erasmus, ha questa trama: un giovane diplomatico terrestre su Danell, un pianeta scientificamente e tecnologicamente più progredito di quanto lo sia la nostra Terra, viene mandato a occuparsi di un matematico terrestre che è stato condannato a morte per spionaggio, per aver sottratto e rivelato alla Terra il segreto della velocità superiore a quella della luce. La condanna è stata pronunciata anni prima, ma non è ancora stata eseguita.
Il diplomatico va a trovare l’uomo e, invece che sbattuto in qualche fetido carcere, lo trova alloggiato in una comoda villetta con tutti i comfort. Gli sono state fornite un’ampia biblioteca e pure un’amante. L’etica danelliana non consente che a un condannato a morte, prima dell’esecuzione siano inflitte ulteriori sofferenze, e quindi al condannato è stata riservata una vita assolutamente comoda.
E la condanna a morte? Non potrà essere eseguita prima della realizzazione dell’ultimo desiderio dell’uomo. I computer danelliani ci lavorano sopra da anni, ma è improbabile che raggiungano una conclusione prima dello spirare della conclusione della vita dell’uomo per cause naturali.
Qual è questo desiderio? Quello di conoscere l’esatto valore del pi greco fino all’ultima cifra decimale.
Riassumendo tutta la questione, è purtroppo vero che l’appartenenza alla nostra area politica, in questa democrazia fasulla costituisce assai più spesso uno svantaggio che un vantaggio, ciò nondimeno, è proprio la pubblicazione dei miei articoli su “Ereticamente” che mi ha permesso di uscire dalla nicchia o dal ghetto dove di solito la fantascienza italiana è confinata, con la mia partecipazione come relatore a quel corso Erasmus del 2018, con il trovarmi in finale in un concorso negli Stati Uniti, con la pubblicazione di un mio racconto su un’antologia scolastica, e soprattutto con l’amicizia di un uomo straordinario come Felice Vinci.
NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra I segreti di Omero nel Baltico, ultima versione aggiornata di Omero nel Baltico di Felice Vinci, al centro, Conan il barbaro, il personaggio più famoso creato da Robert Howard alla cui memoria sono intitolati i premi della Robert Howard Foundation, a destra l’antologia La mia antologia, testi, temi, mondi di Milva Maria Cappellini – Mondadori Scuola, che comprende il mio racconto Il condannato.

