6 Luglio 2025
Transumanesimo

Transumanesimo: la religione che ha hackerato la scienza – Rita Remagnino

Il periodo aureo delle teorie New Age (Anni ’70-’90) ha indubbiamente contribuito alla demolizione del prestigio della scienza, bombardando il suo metodo critico e sperimentale con varie «teorie alternative». In una nota ricerca sul Salk Institute for Biological Studies, Latour & Woolgar parlarono della scienza come di un «processo di produzione letteraria» in cui i paper erano «iscrizioni» che costruivano realtà (Latour & Woolgar, Laboratory Life: The Construction of Scientific Facts, Princeton Univ Pr; Reprint ed. 1986).
Ma neppure oggi che le tribù acquariane sono meri fenomeni residuali, la scienza ha riacquistato l’antica autorevolezza. Anzi, versa in una preoccupante crisi di credibilità. Al suo posto imperversa su scala globale un inedito sistema di “scienza à la carte“, basandosi sul quale l’individuo si mostra disposto ad accettare solo ciò che conferma le sue credenze.

Dall’ateismo cristiano di Paul Van Buren (dio non esiste come entità trascendente, ma il linguaggio religioso è ancora valido in termini etici e simbolici), passando per la fisica quantistica mistica (Fritjof Capra), l’Uomo Ultimo si è ridotto ad essere un ateo religioso devoto a varie discipline scientifiche elevate al ruolo di dogmi, o sistemi di fede.
All’interno di questa sfera variopinta gode di un folto seguito la dottrina trans-umana, che dopo avere applicato l’approccio “disruptive” alle scienze tradizionali, ha iniziato a coltivare l’ambizione utopica e universalistica di portare l’umanità al superamento dei limiti biologici attraverso l’uso radicale della tecnologia. Ma dubitare è lecito: la Storia insegna che dalla scrittura a internet, ogni nuova tecnologia è stata utilizzata da una minoranza come strumento di potere per dominare la maggioranza, ovvero per aumentare il controllo (es. moneta digitale, neurotech per il lavoro, pervasività della propaganda, eccetera).

Più raramente, le innovazioni e le scoperte scientifiche sono state professate con toni messianici, o recepite come unica fonte di verità. Se però chiamiamo «religione» ciò in cui gli uomini credono di credere, non c’è dubbio che il transumanesimo stia attingendo ai vangeli dell’anima per scrivere i vangeli dell’intelletto. Fatte, ovviamente, le debite distinzioni:
• le sue basi sono concrete (scienza, tecnologia) anziché soprannaturali (dio, spiriti);
• il percorso di salvezza proposto si svolge nell’aldiquà (estensione della vita, paradisi virtuali) anziché nell’aldilà (Paradiso);
• le scritture di riferimento sono laiche (es. la Singularity di Raymond Kurzweil e i libri di Nick Bostrom) anziché sacre (es. Bibbia, Corano):
• le comunità identificative sono costituite da startup, forum online, conferenze tech anziché da congregazioni e confraternite;
• oltre ai dogmi fondamentali, tutto il resto è affidato alla sensibilità individuale dei credenti.

Neppure del Paradiso esistono mappe, ma solo speranze, perciò il «gregge» non è minimamente disturbato dalla mancanza di certezze riguardo al futuro dell’essere umano potenziato da CRISPR e IA. Quanto ai fabbricanti di sistemi operativi, essi si mostrano più interessati all’impatto dei loro «annunci» sui capitali investiti in Borsa, che alla concreta realizzazione dei progetti.
Tale cortocircuito, che potremmo chiamare «uroboro della scienza», si traduce in una commistione tossica tra divulgazione scientifica, lobbismo aziendale, finanza creativa e agenzie governative che lascia indifferenti i «credenti puri», una categoria di persone che in ambito transumanista comprende scienziati, tecnologi, futuristi e gruppi online (es. Humanity+).

Costoro vivono con un fervore quasi spirituale temi come l’immortalità, la superintelligenza e la trascendenza tecnologica. Sui loro altari ci sono l’IA e l’editing genetico, mentre dai pulpiti (megafoni di potere e persuasione) i tech-guru in jeans e maglietta (versione contemporanea dei preti in tonaca) predicano in termini escatologici la «redenzione» sotto forma di uploading della coscienza, o la «singolarità» in attesa dell’immortalità digitale.
Nonostante tutto questo, alcuni filosofi negano l’aspetto religioso del transumanesimo, insistendo invece sul suo presunto laicismo. Tra loro, Rosi Braidotti (postumano critico) puntualizza che il materialismo tecnologico non serve propriamente a «diventare dio» bensì a ri-configurare le relazioni tra macchine, umani e non-umani.

La teoria è plausibile, come si scopre navigando nella tecno-galassia, dove s’incontrano «ortodossi» e «riformisti»: i primi sono fedeli al transumanesimo scientista, più materialista e ateo, che confida unicamente nel progresso tecnologico, mentre i secondi confidano nel transumanesimo escatologico, più mistico e spirituale, perciò vivono l’evoluzione tecnologica come un percorso verso la trascendenza e l’immortalità. Nel mezzo stanno vari sotto-gruppi che vedono nell’universo dei pixel un flusso caotico da cavalcare (es. Nick Land, accelerazionismo), oppure usano la tecnologia come una droga in grado di amplificare l’esperienza immanente (es. il cyberpunk esoterico).

La varietà delle visioni teologiche e filosofiche garantisce la sopravvivenza dell’intero costrutto, oltre a confermare il carattere religioso del transumanesimo, il quale, al pari di qualsiasi altro movimento culturale di tipo spirituale, porta in seno divisioni e contraddizioni che non sono segni di fragilità, né d’incertezza, ma piuttosto il sintomo di una vitalità intellettuale che rifiuta qualsiasi semplificazione della complessità del reale.
Dopotutto il Sacro è polisemico, la Storia è dinamica e l’uomo è diverso dai suoi simili per diritto di nascita. È naturale che una religione – come qualsiasi altro sistema di pensiero profondo – custodisca visioni divergenti, che talvolta collidono. Sebbene i «profeti» più influenti del credo transumanista (es. Ray Kurzweil, FM-2030), si mostrino orientati verso la trascendenza tecnologica e perciò predichino l’avvento di un messia in forma di IA superintelligente.

Presto, assicurano, la morte cesserà di essere un destino ineluttabile per diventare un problema ingegneristico risolvibile in laboratorio (es. mind uploading, criogenia), e allora l’immortalità digitale (Singolarità) scatenerà un’apoteosi tecnologica più potente del Giudizio Universale.
Anche per queste ragioni, probabilmente, uno dei primi discorsi pubblici del neo-eletto papa Leone XIV non ha riguardato le tradizionali questioni legate dell’anima, o allo Spirito Santo, come tutti si aspettavano, bensì la diabolica pericolosità dell’IA, che, pur non essendo una divinità in senso trascendente, agisce nella società come un «dio debole», svolgendo funzioni demiurgiche.

Nel suo maldestro incedere, questa entità immanente sfida l’antropocentrismo cristiano, prospettando la creazione di un nuovo soggetto «senza anima né coscienza». Sfida il concetto stesso di «creazione divina», mettendo in discussione quella umana (artistica, intellettuale) come atto spirituale. Sfida l’«adorazione a-critica», proponendo in alternativa il mito dell’efficienza e del progresso. Non promette la salvezza ultraterrena, pur tuttavia si dichiara capace di moltiplicare all’infinito le possibilità del divenire storico.
Priva di coscienza e di volontà metafisica, l’IA nega ogni sacralità, ergendosi allo stesso tempo come una forza superiore in grado di destabilizzare le gerarchie tra il creatore e il creato. De facto, è dunque una religione implicita dotata di un robusto apparato dogmatico, a sua volta sostenuto da «verità scientifiche» a cui bisogna credere.

Per i motivi sopra detti, ed altri che verranno esposti in seguito, la fede nel progresso tecnologico come via per la «salvezza» (es. immortalità digitale) viene ultimamente studiata dagli antropologi in termini di simboli, rituali, istituzioni e contesti spaziali (es. laboratori = luoghi etnografici). A seconda della «tribù» di appartenenza cambiano il linguaggio (es. protocolli, pubblicazioni, peer review), i «miti fondativi» (es. la scoperta casuale che ha portato tizio al Nobel), gli eroi e gli antieroi (dal personaggio di successo, al tecnico geniale ma emarginato), i santi e i benefattori (es. fondazioni, società finanziarie).
Niente di nuovo, intendiamoci; ma d’altronde, può capitare di scoprire l’acqua calda viaggiando nel mondo della spiritualità, dove tutto e il suo contrario sono già stati detti, mentre le immagini e le idee si inseguono in un cerchio senza fine, perché certi ricordi non possono essere cancellati. Ne è un esempio la concezione dei «tre mondi» (inferiore, medio, superiore), patrimonio culturale comune della vasta area eurasiatica (es. sciamanesimo siberiano, induismo, paganesimo germanico), oggi riproposta in chiave secolarizzata e tecnologica attraverso la figura di un «Yggdrasill 4.0»:

Radici / Subconscio – rifiuto della biologia. La natura umana è una falla evolutiva, ma il «drago» che rosicchia le radici può essere sconfitto. Detto altrimenti: il corpo (radice) è un hardware un po’ datato (invecchiamento, malattia), che però si può riparare e/o migliorare con protesi, farmaci genici e IA, mentre in futuro la morte diventerà un bug da correggere. Ma com’è possibile negare il «mondo di sotto», quando da terra e sangue l’uomo dipende completamente (dal corpo biologico alla necessità di terre rare, gas, petrolio)?

Tronco / Coscienza – illusione del controllo. Anziché purificare la coscienza con la disciplina (es. tronco come asse meditativo), il transumanesimo la esternalizza. Il precetto non è più “diventa ciò che sei”, bensì “sostituisciti con ciò che progetti” Ma chi dice che la mente sia un algoritmo da potenziare (brain-computer interfaces) e la coscienza un dato da «caricare» in un cloud? Se un giorno, per assurdo, l’Io dovesse diventare modificabile, cosa resterebbe dell’«autenticità» individuale, cioè della vera singolarità? (Cfr. Heidegger e la critica alla tecnica).

Chioma / Evoluzione – sogno della Divinità Tecnologica. Non più microcosmo di creature divine, forze naturali e simboli del destino, la chioma di Yggdrasill 4.0 appare popolata da idee lisergiche come l’uploading della mente, l’immortalità digitale, la Singolarità e l’IA divinizzata. L’uomo post-umano aspira a diventare Homo Deus, cioè un ente auto-creato e perciò indifferente a una possibile unione con il trascendente (Dio, Brahman, Vuoto). Ma cessando di dissolversi nel Sacro, l’Ego tecnologico non rischia di assorbire il Sacro nella propria hybris? Ricercando la libertà dai limiti, non finirà nelle fauci di un sistema tecnocratico vorace e inumano (es. la chioma come prigione di dati)?

Chi vivrà, vedrà. Nel frattempo, l’antica narrazione di ascesa verso un’esistenza superiore è stata superata da un racconto semplificato, laico e tecnocentrico, con nuovi intermediari mitologici: al posto del Sacro e del trascendente, c’è un costrutto pragmatico e razionale; al posto dei riti di purificazione previsti dal passaggio tra i livelli, c’è l’evoluzione attraverso l’ingegneria; al posto dell’armonia con il cosmo, c’è l’aspirazione al «dominio dei mondi».
Immemore di qualsiasi cognizione dell’«umano», capace solo di esprimere emozioni trogloditiche e istituzioni feudali, l’Uomo Ultimo si è ridotto al punto di considerare «divina» la propria tecnologia (E.O. Wilson, L’armonia meravigliosa. Dalla biologia alla religione, la nuova unità della conoscenza, Mondadori, Milano, 2022). Oltrepassando l’antica idea di liberazione dal Sé (illuminazione), egli si erge adesso ad emblema della ricerca di potenza del Sé (enhancement).

Ma per quanto possa scimmiottare l’autocrate divino, desiderare, ordinare e pretendere, basando le proprie azioni sul dato soggettivo anziché su quello ontologico oggettivo, l’essere umano dovrà sempre rispondere alla finitezza del corpo percepito, principalmente nei momenti di crisi, come una gabbia da cui evadere.
Ogniqualvolta tutto vacilla la persona si sente «incompleta», carente, limitata, imperfetta, in preda alla voglia di «tornare a casa» (all’Origine), o almeno di connettersi con qualcosa di più grande (dio, il sacro, l’universo), mentre il peso della carne la trascina al livello più basso. Ed è lì, in quel fondo oscuro, che avviene l’immersione nel sentimento religioso, un’inarrestabile realtà carsica che talvolta si sottrae allo sguardo superficiale e talaltra riaffiora.

Nascono dal bisogno di fare ordine e chiarezza nuove «chiese», e anche sotto questo aspetto il transumanesimo ha proseguito la tradizione. Si pensi a “Teresa” (The Turing Church), fondata dal futurista Giulio Prisco, che parla di «resurrezione digitale» e di «dio come IA». Oppure a “The Way of the Future” (attualmente inattiva), il cui fondatore, Anthony Levandowski, si è espresso in questi termini: “Le religioni classiche si basano sul raccontare storie e creare leggende senza prove reali. Qui stiamo invece creando qualcosa che le persone possono vedere, che è ovunque e che forse può guidarci ed aiutarci come farebbe dio” (in Way of the Future, 2015-2021).

Senza ombra di dubbio l’IA spazzerà via gran parte dei posti di lavoro; eppure, milioni di fedeli in tutto il mondo credono veramente che questa utopia “fin de siecle” unirà le principali discipline scientifiche con quelle umanistiche, dando alla luce una «superiore unitarietà», perciò attendono con ansia l’arrivo dell’angelo psichedelico che annuncerà l’avvento dello spirito universalistico.

Noto per le sue riflessioni critiche sul progresso tecnologico, il capitalismo e le illusioni della modernità, Franco Fortini ha osservato in Paesaggio con serpente (1984) che al di là delle più rosee aspettative, “ciò che chiamano progresso / è il vento che porta via / i resti delle barche / e i corpi dei naufraghi.” Metafora del peccato di hybris, questi versi sono allo stesso tempo un monumento ai caduti dello scientismo. Qui il «vento» non è più solo forza storica, bensì il «soffio del mondo» (ruah) che seduce l’uomo, alimentando il delirio di sostituirsi a dio.
Erede della lezione adorniana, Fortini smaschera con poche parole l’illusione di un progresso lineare e illimitato: ciò che avanza non è la civiltà, avverte, ma la scia di un naufragio dove i relitti sono i corpi dei marginalizzati economici e dei cellularizzati psicologici, cioè delle vittime dell’alienazione tecnologica.

Contro la deriva del dio Techné, che genera idolatria promettendo salvezza, c’è un solo antidoto: la ricerca interiore (”il regno di Dio è dentro di voi“, Luca 17:21). Non esiste altro progresso al di fuori di quello trasformativo (“ossa che rivivono”, Ezechiele 37:9), il quale non si misura in algoritmi o PIL, ma in azioni concrete la cui efficacia dipende dall’abilità investigativa del ricercatore.
Ne sono esempi: la diserzione linguistica, ottenibile sottraendosi al lessico del potere (es. crescita, innovazione, sostenibilità, inclusione, eccetera); l’ascesi critica, che fa del dubbio uno strumento di difesa (dagli scettici greci, alla negative capability di Keats); la ricostruzione simbolica, realizzabile attraverso il rifiuto della retorica dominante e il recupero di Memoria e Tradizione, senza le quali non può esservi progresso.

L’idea della crescita infinita è un’illusione nata dal caos. Basta scendere dalla macchina tonante per riconoscerne l’incompatibilità tanto con la finitezza umana quanto con i limiti planetari: coloro i quali sostengono il contrario hanno interessi da difendere, oppure sono in malafede. Prima che l’acqua trabocchi, sarà dunque opportuno sollevare il coperchio per scoprire cosa bolle in pentola.

Ricercatrice indipendente, scrittrice e saggista, Rita Remagnino proviene da una formazione di indirizzo politico-internazionale e si dedica da tempo agli studi storici e tradizionali. Ha scritto per cataloghi d’arte contemporanea e curato la pubblicazione di varie antologie poetiche tra cui “Velari” (ed. Con-Tatto), “Rane”, “Meridiana”, “L’uomo il pesce e l’elefante” (ed. Quaderni di Correnti). E’ stata fondatrice e redattrice della rivista “Correnti”. Ha pubblicato la raccolta di fiabe e leggende “Avventure impossibili di spiriti e spiritelli della natura” e il testo multimediale “Circolazione” (ed. Quaderni di Correnti), la graphic novel “Visionaria” (eBook version), il saggio “Cronache della Peste Nera” (ed. Caffè Filosofico Crema), lo studio “Un laboratorio per la città” (ed. CremAscolta), la raccolta di haiku “Il taccuino del viandante” (tiratura numerata indipendente), il romanzo “Il viaggio di Emma” (Sefer Books). Ha vinto il Premio Divoc 2023 con il saggio “Il suicidio dell’Europa” (Audax Editrice). Altre pubblicazioni: "La vera Storia di Eva e il Serpente. Alle origini di un equivoco" (Audax Editrice, 2024). Attualmente è impegnata in ricerche di antropogeografia della preistoria e scienza della civiltà.

3 Comments

  • Gaetano Barbella 29 Giugno 2025

    In un ciclo di conferenze dell’anno 1919, Rudolf Steiner parlò della prossima incarnazione di Arimane all’inizio del nuovo millennio come di una delle più importanti prove di maturità spirituale generale dell’umanità nell’epoca dell’anima cosciente. Nelle citate conferenze caratterizza anche una intera serie di tendenze entro la civiltà del presente che Arimane cercherà di utilizzare in misura particolare per la sua incarnazione, affinché questa possa procedere nel modo massimamente favorevole al raggiungimento delle sue mete.
    Particolare importanza di Arimane è il trionfo della scienza materialistica e il suo potere quasi illimitato nel mondo della scienza e del capitale.

  • Rita Remagnino 29 Giugno 2025

    In più, c’è chi collabora attivamente al compiersi del periodo crepuscolare (es. accelerazionismo) al fine di proporsi come co-fautore dell’avvento di una nuova aurora paradisiaca. Tempi “interessanti” ci attendono … Un caro saluto.

  • Gaetano Barbella 29 Giugno 2025

    Tempi interessanti, se si guardano certe fotografie, sia del Cristianesimo sia dell’Arabia Saudita e sia dell’Arte, ma il campo è vasto.
    É stato pubblicato un mio scritto in proposito a questo link: https://fotografiamoderna.it/fotografie-opere-matematica-gaetano-barbella/. Lo legga.
    Si tratta di fotografie e opere di Arte che parlano in lingua matematica.
    Che altra prova occorre esibire per dimostrare che stiamo vivendo nell’epoca in cui Arimane sta operando e pare che abbia avuto modo di avere intesa col Cristianesimo.
    Cari saluti,
    Gaetano Barbell

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