9 Aprile 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centotrentanovesima parte – Fabio Calabrese

Questo articolo avrà una fisionomia un po’ particolare, essendo la prosecuzione diretta della centotrentottesima parte e coprendo la stessa fascia temporale, la seconda metà di ottobre, infatti, come avrete visto, ho dovuto dedicare l’articolo precedente, che pure è discretamente lungo, quasi interamente ad “Ancient Origins” che in questo periodo è uscita con un lavoro davvero corposo, sacrificando quasi del tutto le altre fonti.

Come sapete, come avete avuto modo di vedere in questi anni in un arco temporale certamente non breve, per quanto mi riguarda, non ho mai avuto problemi a mostrarvi i retroscena del mio lavoro, e sapete che è come prendersi cura di un campo, a volte bisogna fronteggiare l’aridità, altre volte l’alluvione. Da circa un anno e mezzo siamo il periodo di alluvione, perché a partire dalla scoperta dei bronzetti di San Casciano dei Bagni, abbiamo visto che i siti generalisti e i quotidiani hanno cominciato a interessarsi all’archeologia e al nostro passato in una misura fin allora inedita, e questo mi ha reso difficoltoso tenere il passo con le notizie che sono apparse di volta in volta. La “forbice” temporale tra gli eventi a cui mi riferivo e il momento in cui i miei articoli riuscivano a superare il collo di bottiglia della pubblicazione su “Ereticamente” era arrivata a cinque mesi, davvero troppo, e vi ringrazio per la pazienza con cui, nonostante ciò, avete continuato a seguirmi.

La strada percorribile per porre rimedio a questa situazione era chiara, dovevo, come ho fatto, dedicare in maniera quasi esclusiva a L’eredità degli antenati il mio spazio settimanale su “Ereticamente”. Ciò non è stato privo di risultati, infatti la centotrentasettesima parte che si riferisce al mese di ottobre è comparsa in novembre, il che vuol dire che la “forbice” temporale si è ridotta da cinque mesi a uno, non è stato ancora il risultato che desideravo, eravamo comunque lontani dal tempo reale, ma una situazione decisamente migliore che in precedenza, ho pensato allora che fosse arrivato finalmente il momento di occuparmi di nuovo di un soggetto diverso, e infatti avete visto l’articolo sull’etica, una tematica che mi sta a cuore e che ho dovuto posporre per parecchio tempo.

Solo che adesso, con questo articolo e con un secondo articolo dedicato alla seconda metà di ottobre, la “forbice” torna di nuovo ad allargarsi, ma pazienza, recupereremo.

Cominciamo dunque da “Ancient Pages”, sito che, abbiamo visto, è un po’ l’omologo di “Ancient Origins”, e come quest’ultimo usa alternare articoli propriamente archeologici ad altri in cui si occupa di mitologia. Il 17 ottobre abbiamo un articolo di A. Sutherland su Cadmo, mitico eroe fenicio cui la leggenda attribuisce la fondazione di Tebe. Permettetemi, al riguardo, di esprimere il mio scetticismo, non credo che i Fenici si siano mai insediati nella Penisola ellenica.

Quando i Greci, dopo il “medioevo” determinato dall’invasione dorica che aveva posto fine alla civiltà micenea, sono tornati ad affacciarsi sulle rotte navali e commerciali del Mediterraneo, hanno incontrato i Fenici che avevano costruito una rete commerciale già sviluppata, e devono aver pensato che inventarsi antenati fenici fosse un buon modo per nobilitarsi. E’ forse qui, in questo momento, che nasce lo strabismo orientale, il mito fasullo dell’ex Oriente lux, che ha tanto deformato la comprensione che gli Europei hanno di sé stessi. Poi, ovviamente, la diffusione in età romana di una religione nata in Palestina ha ulteriormente peggiorato le cose.

Sempre il 17 abbiamo un altro articolo di  A. Sutherland che ci parla dei simboli vichinghi e norreni. Mentre alcuni di essi rimangono misteriosi, altri invece sono ancora oggi notissimi, in ogni caso, per i vichinghi essi avevano un profondo significato religioso. Tra quelli ancora oggi più conosciuti vi sono Mjolnjr il martello di Thor, e i due corvi di Odino, Hugin e Munin, che simboleggiano la conoscenza e la memoria.

Sempre il 17 abbiamo un articolo sulla tomba scoperta a Giugliano (Napoli) con l’affresco raffigurante Cerbero, di cui vi ho già parlato, per cui ora non ci torno sopra se non per dirvi che fa piacere constatare che dopo quella di bronzetti di San Casciano dei Bagni, un’altra scoperta archeologica italiana ha fatto il giro del mondo.

Il 19 abbiamo un nuovo articolo di  A. Sutherland parallelo a quello sui simboli norreni, stavolta dedicato ai simboli celtici. Anche in questo caso, alcuni di essi sono ancora oggi notissimi, come la croce di Brigid, il triskell, la croce celtica, il simbolo d’amore del claddagh.

Sempre il 19 abbiamo un articolo sulle Jelling Stones, si tratta di quattro pietre ricoperte di iscrizioni runiche fatte incidere da Harald Bluetoot, il re cui si attribuisce la fondazione dello stato danese, in memoria della madre, la regina Thyra che grazie a esse si è scoperto essere stata un personaggio importante dell’età vichinga. Un esame mediante scansione laser, ha permesso di riconoscere “la calligrafia” dello scultore delle pietre, esse sono opera di Ravnunge-Tue, un intagliatore di rune piuttosto noto all’epoca.

Un articolo di A. Sutherland del 26 ci parla dei Broch o torri dei Pitti, costruzioni circolari in pietra senza finestre, molto simili a nuraghi che si trovano in tutta la Scozia, si stima che ve ne fossero circa settecento, di cui circa cinquecento sono sopravvissuti, risalgono all’Età del Ferro, circa 2.000 anni fa, e si suppone fossero le residenze di capotribù scozzesi.

Vi ho detto una delle volte scorse che non cito quasi mai i nomi degli autori degli articoli su “Ancient Pages”, perché sono quasi sempre opera di un solo autore, Jan Bartek, curatore del sito, il che fa di “Ancient Pages” una one man’s band quasi come L’eredità degli antenati, ma ultimamente sembra che Bartek abbia trovato in  A. Sutherland un alter ego.

Sempre il 26 ottobre andiamo più vicino a casa nostra e precisamente al largo delle coste della Sicilia, qui dai fondali marini al largo di Misiliscemi, nel trapanese è stato recuperato il relitto di una nave da carico romana del IV secolo dopo Cristo lungo 11 metri. Il relitto è stato denominato Marausa 2, perché il relitto di un’altra antica nave recuperato nel 1999 nella stessa zona e ora esposto al museo di Marsala, era stato chiamato Marausa 1.

Il 30 ottobre rimaniamo in Italia, ma ci spostiamo in Campania, precisamente nella necropoli di Pontecagnano vicino a Napoli, e qui è avvenuta una scoperta che fa il paio con quella di Giugliano, infatti anche in questo caso si tratta di una tomba dalle pareti affrescate. Non sono stati trovati oggetti di corredo funebre, ma gli affreschi fanno supporre che il defunto fosse un guerriero mercenario.

Vediamo adesso cosa ci offrono in questo periodo i media generalisti. C’è ovviamente da dire che molte notizie che vedremo sono le abbiamo già incontrate parlando di “Ancient Origins” e “Ancient Pages”, c’è poco da fare, i fatti sono quelli, non tutte però.

Euro News del 16 ottobre riporta la notizia di cui vi avevo già parlato a suo tempo, del ritrovamento nelle acque del lago di Ocrida (o Ocrid, o Ohrid) al confine tra Albania e Macedonia del Nord, dei resti di un insediamento palafitticolo che sembra essere il più antico d’Europa.

Allo stesso modo, sempre il 16 ottobre “Leggo.it” riporta la notizia che abbiamo già visto da “Ancient Origins”, del tentativo che si sta facendo mediante scansione laser e intelligenza artificiale, di leggere i papiri carbonizzati e arrotolati che sono stati ritrovati nella Villa dei Papiri di Ercolano. Analogamente, “The Daily Digest” del 17 ottobre riporta la notizia che abbiamo già visto, di una lingua indoeuropea finora sconosciuta che è stata identificata nelle tavolette dell’archivio di Hattusa, la capitale ittita.

 Ancora, “Scienze.notizie” del 18 ottobre riporta la notizia dello studio di cui vi ho parlato la volta scorsa riguardo ad “Ancient Origins”, secondo il quale gli uomini di Neanderthal avrebbero avuto un’intelligenza non dissimile dalla nostra, cosa peraltro confermata, come abbiamo già visto, dal ritrovamento in Germania nelle Alpi Bavarese, dello scheletro di un leone delle caverne che presenta segni di macellazione e ci dimostra che questi antichi uomini erano in grado di dare la caccia ai grandi felini. La stessa notizia la ritroviamo in un comunicato ANSA del 19.

In ogni caso, è importante constatare il fatto che oggi ritroviamo anche sui media generalisti queste notizie che in momenti non troppo lontani sarebbero probabilmente rimaste confinate alle riviste specialistiche. Inoltre, vorrei far notare una circostanza piuttosto bizzarra. Se accostiamo in una lettura sinottica quest’articolo a quello che lo ha preceduto – ricordando che si riferiscono allo stesso periodo, la seconda metà di ottobre – notiamo una concentrazione davvero singolare di eventi significativi per la nostra ricostruzione del passato, nelle giornate del 16 e del 17.

Tuttavia, come è logico che sia, le notizie che ci interessano maggiormente sono quelle che vanno a integrare il quadro offerto dai siti specialistici come “Ancient Origins” e “Ancient Pages”.

“Starinsider” del 17 presenta un articolo sull’oracolo di Delfi. Il santuario profetico sorgeva nel luogo che gli antichi Greci ritenevano il centro della Terra, che sarebbe stato designato da Zeus in persona tramite le sue aquile, era indipendente da qualsiasi polis, e per questo era spesso visto come parte terza, mediatrice nelle controversie, la sua sacerdotessa-profetessa, la pizia era considerata la voce stessa di Apollo.

Il 18 un articolo di Franco Vanini su “Il Resto del Carlino” ci parla della mostra “Mors Immatura”, allestita alla Delizia Estense del Verginese a Portomaggiore (Ferrara), un percorso museale in una necropoli romana  allestito con materiale proveniente dal Sepolcreto dei Fadieni.

Lo stesso giorno “Yes Abruzzo” presenta un articolo su uno dei ritrovamenti più belli, singolari e misteriosi dell’Italia preromana, il guerriero di Capestrano, una grande statua raffigurante un guerriero con un enorme elmo “a sombrero” che fu rinvenuta nel 1934 e risale al VI secolo avanti Cristo, e oggi si può ammirare al Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo a Chieti.

Poiché stiamo esaminando pubblicazioni a carattere regionale, ora ne vediamo un’altra. Sempre in questo periodo, un articolo di Francesca Bergamaschi su “La voce di Novara e laghi” ci racconta che gli scavi per la realizzazione di un parcheggio interrato, appunto a Novara nell’area della curia, hanno portato alla luce reperti di età romana e medioevale, soprattutto materiale ceramico.

E’ di nuovo “Il Resto del Carlino” a informarci il 19 ottobre di una mostra di reperti dell’Età del Bronzo, resti di un villaggio preistorico datato tra i 3 e i 4.000 anni fa, rinvenuti sei anni fa durante lavori di scavo, alla Rocca dei Bentivoglio a Brazzano (Bologna).

Sempre su “Il Resto del Carlino”, il giorno 20 un articolo di Giacomo Mascellani ci informa che a Sala di Cesenatico (Forlì-Cesena) è eccezionalmente visitabile uno scavo aperto che ha messo in luce reperti di età romana: fornaci, strutture murarie e uno scheletro. I reperti sono emersi durante i lavori della SNAM per il ripristino del metanodotto.

E’ ancora “Il Resto del Carlino” a informarci lo stesso giorno che un team di studenti dell’Università di Ferrara ha messo in luce nuovi reperti nel sito lungo la via Appia a Roma, si tratta soprattutto di piccoli monumenti funerari.

E’ invece un articolo di Paola Naldi su “La Repubblica” del 21 a informarci che a Ozzano (Bologna) gli scavi hanno portato alla luce i resti del teatro di età augustea dell’antica città di Claterna. Sono emersi gradoni per il pubblico e marmi colorati.

Una villa romana di età imperiale è stata invece portata alla luce a Pieve al Bozzone vicino a Siena, ce lo racconta un articolo del 25 ottobre di Erica Vailati su “L’Avvenire” Oltre ai resti dell’edificio sono riemersi “mosaici, pitture, marmi, colonne e una struttura termale”.

Tuttavia, la nostra stampa periodica si occupa anche di avvenimenti esteri. Gli affetti da strabismo mediorientale o da egittomania non amano pensare che l’Egitto fu anche non solo esportatore, ma importatore di civiltà, eppure durante l’epoca ellenistica e romana fu indubbiamente così. A ricordarcelo, se ce ne fosse bisogno, è arrivato sempre il 25 ottobre in un articolo di Rossella Fabiani su “Il Messaggero” della riapertura dopo un ampio lavoro di ristrutturazione, del Museo greco-romano di Alessandria d’Egitto, che era stato chiuso nel 2005.

Sempre il 25 un comunicato ANSA ci informa che è stata portata a termine l’analisi del DNA di due crani risalenti a 36-37.000 anni fa rinvenuti nel sito di Buyan Kara in Crimea. Essi sono risultati strettamente imparentati con gli Europei attuali.

Il 28 ottobre su “L’Avvenire” Luigi Bignami ci riporta una notizia che vi ho già dato parlando di “Ancient Origins” e su cui non mi soffermo ulteriormente, quella delle fortificazioni romane in Mesopotamia, i cui resti sono stati identificati grazie a foto desecretate del periodo della Guerra Fredda.

Il 29 Laura Larcan su “Il Messaggero” ci da notizia di una tomba finora inviolata risalente a 2.600 anni fa rinvenuta nella necropoli etrusca di Vulci (comune di Montalto di Castro, provincia di Viterbo). A causa del gran numero di vasi, coppe e anfore ritrovati intatti, la tomba è stata denominata “dei principi del vino”.

Un comunicato ANSA del 30 ottobre ci informa di nuove  scoperte avvenute in Sardegna, nel sito necropoli-santuario di Mont’e Prama nell’oristanese, sono stati rinvenuti due modellini di nuraghe, mentre a maggio erano stati ritrovati due torsi e altre parti di “giganti”. Questi modellini sono importanti per capire quale aspetto avessero realmente queste costruzioni nell’Età del Bronzo, infatti di esse si è conservata perlopiù la parte inferiore e mancano le coperture.

Il 31 ottobre “Il Resto del Carlino” ci informa che l’Università di Bologna sta per imbarcarsi in un grande progetto di livello internazionale, volto a chiarire le cause dell’estinzione dell’uomo di Neanderthal.

Anche stavolta, prima di chiudere questo articolo, un breve riepilogo per mettere in luce le cose più interessanti dal nostro punto di vista. Prima di tutto, la costatazione che la nostra Italia è un vero, enorme museo a cielo aperto, quasi ovunque, basta scavare un po’ ed esce fuori qualcosa di notevole dal punto di vista archeologico. Questo perché la nostra Penisola è terra di antichissima civiltà, con un passato grandioso che altri popoli se lo sognano. E’ una sorta di perversione dei nostri tempi, o se vogliamo una riprova del veleno corrosivo della democrazia, il fatto che i nostri connazionali perlopiù lo ignorino e siano spiccatamente esterofili.

Altro punto che vorrei evidenziare: la leggenda di Cadmo mi ha permesso di riprendere in mano il tema del mito fasullo dell’Ex Oriente lux che ha distorto così profondamente la nozione che noi Europei abbiamo di noi stessi. A questo riguardo vorrei ricordare che ho avuto una garbata polemica con l’amico Silvano Lorenzoni, che peraltro riconosco essere una delle menti più lucide della “nostra” intellettualità. Egli identifica l’ Ex Oriente lux semplicemente con il cristianesimo, ma a mi parere questo mito bugiardo è più antico e gli ha spianato la strada. Ricordiamo la leggenda di Enea, che in realtà non ha nessunissima base storica. I latini dell’VIII secolo avanti Cristo che hanno fondato Roma erano fuori di ogni dubbio, tipici indoeuropei senza nessuna componente mediorientale. Questa leggenda è anche una pericolosa arma in mano al nemico. Non molto tempo addietro su “La Repubblica” se ne parlò in termini di panegirico in favore dell’immigrazione. Per chi ha un minimo di conoscenza storica l’idea che all’origine della romanità vi sarebbe stato un “immigrato turco” è semplicemente ridicola, ma ricordiamo che, specialmente in questa epoca mediatica la gente è profondamente ignorante e pronta a bere qualsiasi sciocchezza, e fra di essa, chi milita a sinistra, ancora di più.

Abbiamo riparlato dell’uomo di Neanderthal e del fatto ormai praticamente certo che quest’uomo capace di manifestazioni artistiche e di dare la caccia ai leoni delle caverne non era “un ominide estinto”, ma un uomo come noi, e del fatto che questa constatazione smentisce definitivamente l’Out of Africa, infatti, che senso ha sostenere che la nostra specie sarebbe uscita dall’Africa tra 100 e 50.000 anni fa, quando popolava il nostro continente da centinaia di migliaia di anni?

E questa domanda ne porta inevitabilmente un’altra: cosa dobbiamo pensare di una democrazia che ha bisogno della mistificazione per sopravvivere?

NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra, da “Ancient Pages”, un’immagine che combina due dei più importanti simboli norreni, il martello di Thor e i corvi di Odino. Al centro, il guerriero di Capestrano. A sinistra, una ricostruzione recente del volto dell’uomo di Neanderthal, senza i tratti scimmieschi che un tempo gli venivano attribuiti.

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