29 Agosto 2024
Archeostoria

Ritorno nel mondo dei megaliti, prima parte – Fabio Calabrese

Penso che mai come questa volta sia necessaria una premessa a tutto il discorso. Ormai da diversi anni tengo una serie di conferenze al festival celtico triestino Triskell, e una buona parte di esse ha avuto come oggetto la nostra storia più remota, in particolare ho dedicato moltissimo spazio al fenomeno megalitico. Voi potete capire facilmente che, essendo questo festival diretto a un pubblico generico, non è possibile fare discorsi scopertamente politici, ma capite anche che ricordare l’antichità e la grandezza della civiltà europea di cui i complessi megalitici, pensate a Stonehenge o alla tomba irlandese di Newgrange, sono forse la più eloquente testimonianza, ha un valore politico, eccome, soprattutto oggi che con i movimenti Woke e Cancel Culture si vuole cancellare l’apporto dell’uomo europeo, bianco alla civiltà umana, nell’attesa di farci sparire per gli ultimi effetti della sostituzione etnica.

Questo va inoltre ad aggiungersi al peso di una cultura accademica strabica con lo sguardo costantemente puntato verso il Medio Oriente, immarcescibile effetto della diffusione nel nostro continente di una religione, appunto di origine mediorientale che ha soffocato e divelto le nostre più antiche radici.

Voi potete prendere un qualsiasi libro di testo di storia, dalle elementari all’università, e per quanto riguarda la storia antica troverete invariabilmente menzionati l’Egitto, la Mesopotamia, la cosiddetta Mezzaluna Fertile, e quegli stessi che si entusiasmano vantando la scoperta  di “una nuova civiltà” tutte le volte che in Medio Oriente si rinvengono due paraventi di canniccio e quattro cocci di vaso, non degnano della minima considerazione i grandi complessi megalitici europei.

In questa ottica, come parte di una battaglia culturale, ma anche politica, ho ritenuto opportuno presentarvi sulle pagine di “Ereticamente” i testi delle conferenze che tengo annualmente al Triskell.

Tuttavia, vi potete facilmente accorgere che per quanto riguarda l’anno 2023, non l’ho fatto. L’anno scorso mi sono concentrato soprattutto, e quasi esclusivamente sugli articoli della serie L’eredità degli antenati a motivo della grossa “forbice” temporale che si era nel frattempo creata tra gli eventi cui facevo riferimento e il momento della comparsa degli articoli sulle pagine di “Ereticamente”, e ripensandoci, non so se ho fatto la scelta migliore.

L’anno scorso ho tenuto al Triskell due conferenze, La preistoria, i megaliti, i Celti e Ritorno nel mondo dei megaliti. Anche quest’anno le conferenze sono state due, sabato 22 giugno ho replicato Ritorno nel mondo dei megaliti e domenica 23 ho aggiunto  Ritorno nel mondo dei megaliti, seconda parte.

Io adesso non mi soffermerò su  La preistoria, i megaliti, i Celti se non per dirvi che il succo della conferenza era che dovremmo avere maggiore rispetto per questi nostri remoti antenati, che hanno sempre trovato le soluzioni adatte alle circostanze, ad esempio gli strumenti litici erano perfettamente adeguati alle esigenze dei cacciatori-raccoglitori, e la scoperta dei metalli ha seguito quella dell’agricoltura, perché l’incremento della popolazione rendeva necessario disporre di strumenti da lavoro in tempi più rapidi.

Come vi ho detto all’inizio, queste conferenze sono iniziate nel 2016, dedicate a Stonehenge, poi al fenomeno megalitico nelle Isole britanniche, nell’Europa continentale, in Italia, nel Triveneto, ma non è che da allora non ne sia trascorso di tempo e non sia passata acqua sotto i ponti, quindi un aggiornamento con le scoperte più recenti, era più che opportuno. Tuttavia, questo testo consta di circa 10.000 parole, o se volete, 60.000 caratteri, sufficiente per almeno quattro articoli su “Ereticamente” della lunghezza solita, il che mi sembra francamente un’esagerazione.

Il testo che vi propongo qui di seguito, pertanto, è l’aggiornamento dell’aggiornamento, ossia quello della conferenza tenuta domenica 23 giugno.

Naturalmente, capite anche che titoli come Ritorno nel mondo dei megaliti, seconda parte prima parte avrebbero creato confusione, visto anche che la prima parte rimane inedita, ma devo dire che nel testo del 23 giugno trovate replicato il suo contenuto nelle linee essenziali.

Certamente, quelli di voi che da diversi anni seguono le conferenze che sto tenendo al Triskell, sanno che ho dedicato all’argomento dei megaliti un notevole spazio, anzi penso si possa dire che sia l’argomento che ho trattato più diffusamente, e il motivo di ciò dovrebbe essere abbastanza chiaro. Queste costruzioni di epoca preistorica, delle quali sono note soprattutto quelle delle Isole Britanniche, Stonehenge in Inghilterra e Newgrange in Irlanda soprattutto, ma, come la mia ricerca ha documentato, sono in realtà sparse in ogni angolo del nostro continente, e la cui erezione ha spesso richiesto qualità ingegneristiche notevoli, sono la riprova più lampante dell’antichità della civiltà europea.

Tuttavia, è estremamente raro che se ne parli nei libri di testo scolastici, dalle elementari all’università, per non parlare del gran numero di opere divulgative, dai libri cartacei ai documentari televisivi, dove perlopiù viene sempre raccontata la stessa storia: la civiltà umana sarebbe nata nella cosiddetta Mezzaluna Fertile mediorientale e in Egitto, e tuttalpiù capita nei casi più volonterosi che si nomini di sfuggita Stonehenge come una sorta di anomalia fuori contesto, tacendo ovviamente di tutto il resto. In altre parole, siamo ancora prigionieri di una visione delle origini della civiltà centrata sul Medio Oriente, quello che io chiamo lo strabismo mediorientale, ed è a questo falso presupposto che io intendo oppormi.

Forse ricorderete che avevo cominciato questo esame nel 2016 con una conferenza su Stonehenge che proprio pochi anni prima era stata oggetto di diverse campagne di ricerca che hanno evidenziato parecchi fatti nuovi circa questo antico monumento, e fu proprio il successo ottenuto da essa, che portò al Cerchio di Pietre una quantità di pubblico davvero insolita, ma che soprattutto si dimostrò attento e interessato, a indurmi a proseguire in questo genere di argomenti e di ricerche.

L’anno dopo vi presentai una sintesi del fenomeno megalitico nelle Isole Britanniche. Nel 2018 vi ho parlato dell’Europa continentale e nel 2019 del semisconosciuto megalitismo italiano. Nel 2020 è stata la volta del Triveneto, difatti anche dalle nostre parti abbiamo un’importante tipologia megalitica rappresentata soprattutto, ma non solo, dai castellieri.

Dopo due anni in cui sono passato a occuparmi di altre cose, sempre, s’intende, attinenti al mondo celtico, mi è sembrato fosse il momento di tornare a parlarvi dei megaliti. Dal 2016 al 2023 di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, e la ricerca archeologica è andata avanti, era dunque il momento di proporvi un Ritorno nel mondo dei megaliti, una conferenza di aggiornamento.

Adesso devo dirvi qualcosa del modo in cui preparo queste conferenze. Comincio sempre con la stesura di un testo, quale potrebbe essere ad esempio un articolo per una rivista o un sito web, e non vi nascondo che li ho talvolta utilizzati in questo senso, poi, sulla base di questo, redigo una scaletta, la più sintetica possibile, che mi porto dietro qui al Cerchio di Pietre, quindi, sempre tenendola d’occhio, procedo a braccio.

Ora, confrontando il testo che avevo preparato in vista della conferenza dell’anno scorso con la scaletta dello stesso, è chiaro che ci sono diverse cose che ho saltato o che ho trattato troppo alla svelta, in vista dell’esigenza di contenere il discorso entro il limite massimo dell’ora, limite dopo il quale il pubblico perde fatalmente d’interesse, cosa che so bene anche grazie alla mia esperienza di insegnante.

Il testo che ho preparato l’anno scorso era effettivamente molto ampio, circa 10.000 parole o 60.000 caratteri, e nell’esposizione è stato giocoforza sintetizzare o saltare elementi importanti. Da qui l’idea di presentarvi quest’anno le parti allora omesse in una seconda parte del nostro Ritorno nel mondo dei megaliti, senza contare il fatto che nel frattempo sono emersi fatti nuovi dei quali pure vi vorrei parlare.

Tanto per cominciare, qualcosa di cui non vi ho allora parlato per non sovraccaricare troppo l’esposizione, e che riguarda proprio Stonehenge. Vi cito un frammento di un brano che ho menzionato più volte, tratto dal libro Before Civilization di Colin Renfrew che, ricordiamolo, è stato considerato l’archeologo più autorevole del XX secolo:

“Molti di noi erano convinti che le piramidi d’Egitto fossero i più antichi monumenti del mondo costruiti in pietra, e che i primi templi fossero stati innalzati dall’uomo nel Vicino Oriente, nella fertile regione mesopotamica. Si riteneva anche che là, nella culla delle più antiche civiltà, fosse stata inventata la metallurgia e che, successivamente, le tecnologie per la lavorazione del rame e del bronzo, dell’architettura monumentale e di altre ancora, fossero state acquisite dalle popolazioni più arretrate delle aree circostanti, per poi diffondersi a gran parte dell’Europa e del resto del mondo antico (…)

Fu quindi un’enorme sorpresa quando ci si rese conto che tutta questa costruzione era errata. Le tombe a camera megalitiche dell’Europa occidentale sono ora considerate più antiche delle piramidi e sono questi, in effetti, i più antichi monumenti in pietra del mondo, sì che una loro origine nella regione mediterranea orientale è ormai improponibile (…) Sembra,inoltre, che in Inghilterra Stonehenge fosse completata e la ricca età del Bronzo locale fosse ben attestata, prima che in Grecia avesse inizio la civiltà micenea (…) Le nuove datazioni ci rivelano quanto abbiamo sottovalutato questi creativi “barbari” dell’Europa preistorica, i quali in realtà innalzavano monumenti in pietra, fondevano il rame, creavano osservatori solari, e facevano altre cose ingegnose senza alcun aiuto dal Mediterraneo orientale.

Pertanto, i collegamenti cronologici tradizionali si spezzano e le innovazioni del Mediterraneo orientale che si supponeva portate in Europa per diffusione, si trovavano ora ad essere presenti in Europa prima che in Oriente. Crolla così l’intero sistema diffusionista e con esso cadono i presupposti che hanno retto per quasi un secolo l’archeologia preistorica (…).

 “Si verifica tutta una serie di rovesciamenti allarmanti nelle relazioni cronologiche. Le tombe megalitiche dell’Europa occidentale diventano ora più antiche delle piramidi (…) e, in Inghilterra, la struttura definitiva di Stonehenge, che si riteneva fosse stata ispirata da maestranze micenee, fu completata molto prima dell’inizio della civiltà micenea”.

Quell’intero edificio costruito con cura, comincia a crollare, e le linee di base dei principali manuali di storia devono essere cambiate.

Per capire il senso di queste affermazioni, bisogna aver presente il senso complessivo del discorso di Renfrew: le nuove tecniche del radiocarbonio e della dendrocronologia, cioè della datazione dei manufatti lignei attraverso lo studio degli anelli degli alberi, stanno rivoluzionando o dovrebbero rivoluzionare l’idea che abbiamo del nostro passato, si scopre ad esempio che le tombe megalitiche dell’Europa occidentale sono più antiche delle piramidi egizie e delle ziggurat mesopotamiche, che gli antichi europei, cito sempre Renfrew, “innalzavano monumenti in pietra, fondevano il rame, creavano osservatori solari, e facevano altre cose ingegnose senza alcun aiuto dal Mediterraneo orientale”.

Ma da dove viene questa idea di un collegamento tra Stonehenge e Micene?  La risposta la troviamo nel libro L’alba della civiltà di Carl Grimberg di cui vi riporto un estratto:

A Stonehenge, nella piana di Salisbury, si erge un cerchio di enormi pietre che per secoli rimasero misteriose, non sapendosi chi avesse innalzato lo strano monumento, né quando né a qual fine. Qualche anno fa un archeologo volle filmarle e, fosse la sua abilità di operatore, fosse il favore della luce…quando sviluppò la pellicola scorse qualcosa che nessuno aveva mai scoperto prima: nelle pietre erano scalfiti i profili di armi, di asce e di altri oggetti. Poiché sono note le fogge caratteristiche di ogni Paese nell’epoca preistorica, gli archeologi constatarono subito che i disegni erano di oggetti usati in Grecia nell’età del Bronzo, durante il primo periodo miceneo. Forse a quell’epoca si sfruttavano già le miniere di stagno dell’Inghilterra sud-orientale” (pag. 226).

Solo che i conti non tornano, oggi sappiamo che Stonehenge è molto più antica di Micene.

A mio parere, la spiegazione più verosimile potrebbe essere questa: sappiamo che gli Achei che hanno fondato la civiltà micenea provenivano dal Nord Europa, e forse i racconti alla base dei poemi omerici sono nati lì prima di essere trapiantati nel Mediterraneo – Felice Vinci con il libro Omero nel Baltico ha fatto un lavoro imponente a sostegno di questa ipotesi – e allora che motivo c’è di escludere che nel loro viaggio verso il Mediterraneo abbiano fatto tappa nell’Inghilterra meridionale e siano entrati in contatto con le popolazioni locali?

Per un altro verso, però, vediamo che della rivoluzione che il radiocarbonio e la dendrocronologia avrebbero dovuto introdurre nel nostro modo di considerare il passato e che Renfrew prevedeva e auspicava, dopo oltre mezzo secolo, – Before Civilzation è del 1973 – non c’è traccia, il conservatorismo degli ambienti accademici e lo strabismo mediorientale hanno avuto partita vinta, almeno per ora.

Per di più, il centenario della scoperta della tomba di Tutankhamon avvenuta nel 1922, ha portato, almeno sui media, a un’esplosione di egittomania, di certo meno imponente di quella che esplose un secolo fa, ma in ogni caso a tutto detrimento della comprensione delle nostre vere radici europee.

 

NOTA: Nell’illustrazione, Stonehenge.

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