9 Aprile 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centotrentunesima parte – Fabio Calabrese

Riprendiamo il nostro cammino mentre luglio e l’estate scivolano via tra eventi meteorologici estremi.

Cominciamo con il vedere cosa ci offre in questo scorcio di luglio “Ancient Origins”. Un articolo di Nathan Falde del 22 luglio ci porta in Spagna, a Merida. Qui, sotto la Casa dell’Anfiteatro è stato trovato un enorme complesso termale romano. Ricordiamo che la città, fondata dai Romani con il nome di Augusta Emerita, era stata concepita come un complesso residenziale dove, al termine della carriera, potevano godersi una quiescenza privilegiata i veterani che avevano ben meritato al servizio delle legioni.

Il 23 luglio un articolo di Aleksa Vuckovic ci parla dell’invenzione cinese della bussola. Ora capiamoci, la bussola è stata ed è uno strumento che, consentendo di orientarsi in mare, ha dato un contributo ed è ancora fondamentale per la navigazione, ma le bussole cinesi erano aggeggi poco pratici e di scarsa utilità, consistevano in delle bacinelle piene d’acqua su cui galleggiava un sughero con un ago magnetico. L’idea di incernierare l’ago magnetico su un perno, e quindi creare la bussola così come la conosciamo, venne ai marinai italiani.

Su “Ancient Pages” gli articoli storico-archeologici continuano a essere rarefatti al confronto di altri settori scientifici che hanno poco o nulla a che vedere con la ricerca sul passato, ma qualcosa c’è anche stavolta, in particolare un articolo di Jan Bartek del 29 luglio che ci racconta che in Grecia sono riprese le ricerche attorno al relitto di Antikythera. Come è ben noto, nei fondali antistanti quest’isola è stato rinvenuto il relitto di un’antica nave a bordo del quale sono stati trovati i resti di un complesso meccanismo per determinare le posizioni degli astri, un astrolabio molto sofisticato, secondo alcuni addirittura un computer dell’antichità.

Ora le ricerche sono riprese, hanno portato alla scoperta di alcune statue, resti umani di una probabile vittima del naufragio, e di un secondo relitto molto più piccolo, presumibilmente di epoca bizantina.

“The Archaeology News Network” del 22 luglio ci parla di una scoperta davvero inconsueta avvenuta nella Repubblica Ceca, dove nella località di Nemecice sono stati individuati i resti di un santuario e di un laboratorio risalenti all’Età del Ferro, fra il terzo e il secondo secolo avanti Cristo, probabilmente collegati alla cultura celtica.

Il 25 luglio ci racconta invece di una scoperta avvenuta in Inghilterra, dove nell’Herefordshire a Dorstone Hill è stato scoperto un complesso di monumenti neolitici risalenti a 5800 anni fa, e sarebbero dunque fra le strutture preistoriche più antiche rinvenute nelle Isole Britanniche.

Ma il 27 torniamo in area mediterranea, infatti parliamo di Malta. Tutti abbiamo sentito parlare dei grandi complessi preistorici maltesi, ma esiste anche una Malta romana assai poco studiata. Nell’ambito del progetto “Melita, civitas romana”, un team di ricercatori dell’University of South Florida ha portato alla luce i resti di una villa romana del I o II secolo dopo Cristo.

Abbiamo poi un articolo sulle nuove scoperte ad Antikythera, ma dato che ve ne ho parlato più sopra, andiamo oltre.

Come mi è capitato di osservare altre volte, l’interesse piuttosto inedito che i media generalisti hanno iniziato all’incirca dagli ultimi mesi del 2022 per le tematiche archeologiche e per il passato in genere, è un segnale difficile da decifrare, comunque, finché continua… È in ogni caso un fatto sorprendente che almeno qui da noi in Italia, scavando un poco, salta fuori di tutto e di più, sembra proprio di avere un grande museo sotto i nostri piedi.

Ricominciamo da una notizia del “Resto del Carlino” del 22 luglio fornitaci da un articolo di Edoardo Turci: a Sarsina (Forlì-Cesena), gli scavi per la costruzione di un nuovo palazzetto dello sport hanno portato alla scoperta dei resti di un tempio di età romana, probabilmente dedicato a Giove, Minerva e Giunone.

Sempre il 22 luglio un comunicato ANSA ci porta invece in Sicilia. Abbiamo già visto le volte scorse che la grande isola mediterranea negli ultimi tempi è stata teatro di spettacolari ritrovamenti, soprattutto nella parte occidentale, nelle aree archeologiche di Segesta e Selinunte, e anche stavolta la notizia non fa eccezione, infatti veniamo informati che a Salemi (Trapani) nel polo museale ricavato dall’ex collegio dei gesuiti, è stata esposta al pubblico la teca contenente i resti del giovinetto di Mokarta. Si tratta di una sepoltura preistorica di un bambino di circa dieci anni di età risalente al 1250 avanti Cristo.

Ancora nella stessa giornata (e ci sono anche la scoperta spagnola di cui ci ha parlato Nathan Falde su “Ancient Origins” e quella ceca di cui ci ha detto “The Archaeology News Network”, evidentemente, non ce ne siamo accorti, ma deve essersi trattato di un giorno “magico”), un articolo di Angelo Petrone su “Scienze Notizie” ci riporta una notizia che viene dalla Germania. Quello che pareva una sorta di bastone ricurvo ricavato da un ramo di abete con le estremità appuntite rinvenuto nel sito di Schöningen nel 1994, e risalente a 300.000 anni fa, si è rivelato essere un vero e proprio boomerang utilizzato per stordire uccelli, conigli e altre prede piccole e veloci.

Si tratta di una scoperta eccezionale, perché è estremamente raro che oggetti di legno si conservino per così tanto tempo, e di conseguenza sappiamo assai poco sull’uso di utensili di legno da parte di uomini preistorici. Il sito di Schöningen è noto per aver restituito la più antica documentazione su larga scala di strumenti di legno, alcuni dei quali, come questo boomerang, ci rivelano una tecnologia inaspettatamente sofisticata.

Rimane un dubbio: chi costruiva questi strumenti in Germania 300.000 anni fa se l’Out of Africa ci spiega che l‘Homo sapiens è     uscito dall’Africa attorno ai 50.000 anni or sono? Non avremo mica scoperto l’ennesima prova del fatto che l’Out of Africa è una falsità?

Un nuovo comunicato ANSA del 25 luglio ci porta nella laguna di Venezia. Qui, nel sito sommerso di Lio Piccolo nel comune di Cavallino-Treporti (Venezia, appunto) nel corso di una campagna di scavi condotta dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Ca’ Foscari è stata rinvenuta una preziosa gemma di agata, incisa con una figura mitologica.

Il ritrovamento avvalora l’ipotesi che il sito nell’antichità fosse una località di villeggiatura frequentata da Romani benestanti.

Nella stessa giornata un altro comunicato ANSA ci porta a Chiusi (Siena). Questa cittadina toscana che era in età antica ben più importante di ora, conserva le testimonianze di un notevolissimo passato etrusco, ma non bisogna dimenticare che dopo di esso c’è stata anche una Chiusi romana. Il comunicato ci informa che un mosaico romano, o perlomeno il suo pannello centrale, dopo essere stato restaurato, e dopo una lunga permanenza nei magazzini, sarà finalmente esposto al pubblico nella sede del Museo Etrusco, infatti:

Il mosaico fu rinvenuto nel 1969 dopo la scoperta, durante i lavori di costruzione di una casa, di un consistente tratto di cinta muraria, datato tra il quarto e il terzo secolo a.C., e di una domus romana in via della Violella”.

Sempre il 25 luglio, un articolo di Spartaco De Bernardi su “Il Corriere del Ticino” ci porta in Svizzera e ci informa che a Carasso-Lusanigo nei pressi di Bellinzona una campagna di scavi promossa dall’Ufficio Cantonale per i Beni Culturali ha portato alla luce i resti di un insediamento agricolo risalente all’Età del Bronzo, tra 3000 e 3500 anni fa. Questi ultimi però si trovano al disotto di quelli di un villaggio altomedioevale esistito tra il 700 e l’800 dopo Cristo.

Il 26 luglio un comunicato ANSA ci dà una notizia davvero eccezionale: a Roma sono tornati alla luce i resti del teatro di Nerone.

Strutture e decorazioni identificabili con resti del teatro di Nerone sono tornati alla luce da scavi archeologici condotti dalla Soprintendenza Speciale di Roma nel cortile di Palazzo della Rovere, sede dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. I resti riguardano la parte sinistra della cavea a emiciclo, le sontuose colonne lavorate con marmi pregiati, le raffinate decorazioni a stucco con foglia d’oro e alcuni ambienti utilizzati come depositi di costumi e scenografie. Sono tutti elementi che concorrono a identificare gli edifici ritrovati come il Theatrum Neronis.

Gli scavi sono ancora in corso ma hanno già dato alla luce oggetti preziosi, studiati, analizzati e pronti a essere ammirati: sono rarissimi esemplari di calici vitrei, brocche e materiale ceramico, insegne dei pellegrini, oggetti in osso per strumenti musicali cerniere per mobili, e grani di rosari”.

Sempre il 26 un altro comunicato ANSA ci porta in Puglia, a Torre Guaceto (Brindisi). Qui è stata scoperta una sepoltura maschile con un ricco corredo funebre risalente alla tarda Età del Bronzo (XII-XI secolo avanti Cristo).

Di un’altra sepoltura ci parla un articolo del 28 luglio di Mariagiovanna Capone su “Il Mattino”. In questo caso, l’inumazione ha dato luogo a una sorta di giallo. Nel 1999 è stata rinvenuta nelle isole Scilly al largo della Scozia una tomba risalente al I secolo avanti Cristo. Con i resti della persona inumata erano stati deposti nella tomba una spada e uno specchio. Le spade accompagnano di solito le sepolture maschili, gli specchi quelle femminili. I resti umani erano troppo deteriorati per dire se si trattasse di un uomo o di una donna, e lo erano a tal punto che neppure l’analisi del DNA era possibile. Ora con una nuova tecnica, l’analisi dei peptidi dello smalto dentario (i denti sono la parte più dura del corpo umano, e quella che tende a conservarsi meglio nel tempo), si è potuto stabilire che si trattava di una donna, probabilmente una donna guerriera, un’amazzone. Ne abbiamo parlato varie volte: amazzoni, donne guerriere sono piuttosto un’eccezione nella storia, ma se ne trovano.

Il 28 luglio un articolo di Marta Giusti su “Il Messaggero” ci racconta di un ritrovamento che è stato fatto al largo di Civitavecchia (Roma), a circa 160 metri di profondità, poggiato sul fondale sabbioso, è stato individuato il relitto di una nave oneraria romana del II o I secolo avanti Cristo. La nave trasportava un carico di anfore, la maggior parte delle quali è ancora intatta. Poiché esse formano uno strato della lunghezza di 17 metri, si desume che la nave dovesse essere lunga almeno 20 metri.

Roma sembra essere sempre la grande protagonista, accanto alle ricerche e agli scavi, alle scoperte archeologiche spesso inaspettate, ci sono le rievocazioni storiche. Il 29 luglio “Il Resto del Carlino” ci parla della rievocazione storica con la ricostruzione di un castrum romano e legionari in marce di addestramento sulla Flaminia Militare, antica via romana menzionata da Tito Livio in località Pian della Balestra nel comune di San Benedetto Val di Sambro (Bologna). La manifestazione si svolge da qualche anno con cadenza annuale.

Ci sarebbe un ampio discorso da fare sulle rievocazioni storiche. Fino a qualche anno fa erano perlopiù di soggetto celtico o medioevale, mentre Roma era pressapoco la grande ignorata. Ora la tendenza pare essersi invertita e il mondo romano balza in tutta evidenza. È più che giusto che sia così, non dimentichiamo che noi Italiani siamo gli eredi di una grande civiltà che ha dato luce al mondo intero, e ancora oggi, a due millenni di distanza, l’impronta romana segna la linea di demarcazione fra ciò che è civile e ciò che non lo è.

Un report di viaggi non è quel che si dice una fonte particolarmente autorevole, ma dato che tocca un problema particolarmente importante, è il caso di parlarne. Un articolo di Alessia Bartiromo su “Voloscontato” del 31 luglio ci parla di Gobeckli Tepe e riferisce che questo santuario preistorico scoperto in Turchia ci impone di riscrivere la storia. È esatto, risalendo circa al 10.000 avanti Cristo, viene a situarsi in un’epoca che per la cronologia ufficiale è ancora paleolitica, ma è impossibile che esso sia stato realizzato da cacciatori-raccoglitori nomadi che dovevano concentrare tutte le loro energie nella sopravvivenza, esso ci impone di retrodatare la nascita di società stanziali e gli inizi della civiltà di almeno un paio di millenni. Ricorderete che ve l’avevo già spiegato nella centoventunesima parte della nostra Eredità degli antenati.

A beneficio dei patiti dell’oriente tuttavia, sarà bene ricordare che all’epoca dove c’è oggi il Mar Nero c’era una vasta pianura con al centro uno specchio d’acqua dolce di dimensioni molto più contenute, prima che essa fosse allagata dalle acque del Mediterraneo per la rottura della diga naturale del Bosforo, quindi i confini fra Europa e Asia erano molto differenti da oggi, e che sono state trovate statuette raffiguranti gli abitanti di Gobeckli Tepe dai lineamenti prettamente europidi e con pietruzze azzurre nelle cavità oculari.

In realtà non è una novità, un articolo di Franco Capone sugli Etruschi apparso su “Focus” lo scorso ottobre e che mi era sfuggito – è impossibile riuscire a seguire tempestivamente proprio tutto – ma, dato che a fine luglio se n’è riparlato sui social, ve lo segnalo ora, visto anche il tema che tratta. Vi trascrivo letteralmente:

Dalla genetica la risposta definitiva: gli Etruschi erano Italici. Recenti analisi genetiche escludono che gli Etruschi provenissero dall’Anatolia, e indicano che erano originari della nostra penisola”.

L’origine italica autoctona degli Etruschi, appunto sulla base di inoppugnabili prove genetiche, è un concetto che ho sempre sostenuto. Erodoto sosteneva la loro origine dalla Lidia, regione dell’Anatolia, ma, come vi ho spiegato, l’antichità di una fonte non garantisce che essa non sia potuta incorrere in una bufala. Ve l’ho già detto altre volte, lo strabismo orientale, il fascino morboso dell’oriente, l’idea di nobilitarsi cercando o inventandosi origini a oriente, era già diffusa nel mondo antico.

Rispetto a ciò, Capone aggiunge un’informazione importante: l’idea di Erodoto era già contestata in età antica da Dionigi di Alicarnasso.

Io sarei tentato di concludere questo articolo con le stesse parole della volta scorsa. Si può notare, è ormai diventato vistoso il fatto che mentre i siti specializzati nelle tematiche archeologiche sembrano latitare, informazioni sul nostro passato trovano spazio sempre più ampio sui siti generalisti, come vi ho detto, è un segnale difficile da decifrare. Abbiamo visto poi che ancora una volta è il mondo romano a dominare la scena della ricerca sul passato, e non solo per quanto riguarda l’Italia, abbiamo ad esempio la scoperta di Merida. Infine – non occorrerebbe quasi sottolinearlo – le ricerche sulla preistoria remota rendono l’Out Of Africa sempre meno credibile, la svelano per la bufala che è.

NOTA: Nell’illustrazione due ritrovamenti di età romana, a sinistra la gemma rinvenuta nella laguna di Venezia, a destra il mosaico di Chiusi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *