Sulla cima del colle boscoso che i triestini conoscono come “il Boschetto” per antonomasia, si trova la villa del Ferdinandeo, oggi sede di un istituto di studi economici. Questo edificio fu fatto erigere dall’arciduca d’Austria Massimiliano d’Asburgo, il fratello dell’imperatore Francesco Giuseppe, quello che poi andò a morire in Messico, a Queretaro, che vi risiedette prima di far costruire il castello di Miramare e traslocarvi. Lo chiamò Ferdinandeo in omaggio al padre, l’imperatore Ferdinando.
Non distante si trova villa Revoltella, sede del barone Pasquale Revoltella che di Massimiliano fu grande amico.
Antistante all’edificio c’è una vasta area pianeggiante e parzialmente sgombra di vegetazione, che i triestini comprendono ugualmente nel concetto di Ferdinandeo. È qui che annualmente si svolgono le varie edizioni del festival celtico Triskell.
Come avrete già capito a questo punto, è delle conferenze da me tenute in questa sede, che intendo tornare a parlarvi. Come vi ho più volte ripetuto, rivolgendosi a un pubblico generalista, non è possibile fare discorsi scopertamente politici, ma voi vi rendete ben conto che trattare, come ho fatto, della grandezza e dell’antichità della civiltà europea quale ci è testimoniata anche, ma non solo, dalle grandi costruzioni megalitiche che l’archeologia ufficiale si ostina a ignorare, un significato politico ce l’ha eccome, specialmente oggi che attraverso il politicamente corretto e il cancel culture, si vorrebbe cancellare la memoria di ciò.
Tuttavia, vi renderete conto che delle conferenze da me tenute al Triskell, vi ho fatto una relazione alquanto incompleta, infatti, quella che vi ho presentato suddivisa in due articoli, è solo la seconda delle due che ho tenuto quest’anno, la seconda parte di Ritorno nel mondo dei megaliti.
La situazione che si è venuta a determinare, in effetti, è più intricata di quel che può sembrare a prima vista, e ora vedrò di spiegarvelo.
Tanto per cominciare, delle conferenze dell’anno scorso non trovate traccia su “Ereticamente”. Nell’anno di grazia 2023 mi sono concentrato soprattutto su L’eredità degli antenati allo scopo di ridurre un gap temporale fra gli eventi che vi stavo raccontando e il momento della comparsa dei relativi articoli su “Ereticamente” che era arrivato alla bellezza di cinque mesi. È chiaro che questo non mi ha lasciato la possibilità di occuparmi di molto altro.
Le conferenze che ho tenuto l’anno scorso sono state La preistoria, i megaliti, i Celti e la prima parte di Ritorno nel mondo dei megaliti. Ora io non vi riporterò i testi di queste conferenze, altrimenti va a finire che qui non vi parlo d’altro, ma qualche accenno vorrei darvelo.
Il tema principale della prima di queste conferenze era la preistoria, e qui ho cercato di evidenziare un concetto importante. Dobbiamo mettere da parte l’idea derivata dai cascami di un darwinismo volgarizzato, che gli uomini preistorici fossero dei bruti rozzi e poco intelligenti.
Sia la raffinata industria litica del paleolitico superiore, con le bifacciali magdaleniane che sono state definite “trine di pietra”, sia i dentelli microlitici dell’epoca mesolitica che immanicati su un ramo curvo formavano un’efficiente falce e ci testimoniano il passaggio all’agricoltura, sia l’ascia in pietra levigata del neolitico, strumento che serve ad abbattere alberi e ci testimonia che le comunità umane di agricoltori stanziali si stavano espandendo e avevano bisogno di nuove terre che ottenevano strappandole alle foreste, sia infine la scoperta e l’uso dei metalli quando la crescita demografica ha imposto la necessità di avere strumenti da lavoro in tempi più rapidi di quelli dati dalla produzione litica, ci testimoniano una cosa: questi nostri lontani antenati hanno saputo sempre trovare la risposta giusta alle esigenze poste dall’ambiente nel quale vivevano, e non c’è alcun motivo di pensare che fossero meno intelligenti di noi.
Oltre a ciò, non si possono trascurare i numerosi indizi che ci spingono a porre l’origine della civiltà non in Medio Oriente, ma nella nostra Europa, indizi che l’archeologia ufficiale bellamente ignora, i complessi megalitici innanzi tutto, Stonehenge è di ottocento anni più antica delle piramidi di Giza, e la tomba megalitica di Newgrange, il più antico edificio giunto intatto fino a noi, lo è di novecento.
Certamente europea è la scoperta dei metalli, il più antico attrezzo metallico conosciuto è l’ascia di rame dell’uomo del Similaun, il buon vecchio Oetzi, più antica di mezzo millennio rispetto ad analoghi attrezzi mediorientali, e la più antica miniera al mondo che mostra segni di sfruttamento, è quella di Rudna Glava nella ex Jugoslavia.
Non meno europea è l’invenzione della scrittura, cui più antichi esemplari sono rappresentati dalle tavolette cosiddette “di Tartaria” (anche se coi Tartari non c’entrano nulla), ritrovate nei siti della cultura danubiana Vinca, di un millennio più antiche dei più antichi pittogrammi sumerici.
Ritorno nel mondo dei megaliti è stato, come potete intuire, un testo di aggiornamento. Io ho iniziato il mio “ciclo megalitico” nel 2016 con una conferenza su Stonehenge, passando poi nel 2017 a esplorare il megalitismo delle Isole Britanniche, quello dell’Europa continentale nel 2018, i megaliti italiani nel 2019 (si, ne abbiamo un bel po’ anche noi, sebbene molti lo ignorino), quelli del Triveneto nel 2020. E’ da notare che fino al 2019 tenevo una conferenza annuale a ogni edizione del Triskell, poi Elisabetta “Betty” Sulli, l’organizzatrice del festival mi ha chiesto:
“Adesso che sei in pensione e hai tempo, fammene almeno due”.
In realtà il problema non era di tempo, ma di trovare ogni volta argomenti originali da trattare, ma naturalmente l’ho accontentata.
Nel 2021 e nel 2022 mi sono occupato di altri argomenti, ma l’anno scorso, ormai dal 2016 erano passati sette anni, e in sette anni non è che non si siano avvicendate nuove scoperte, ad esempio nel 2020 proprio poco dopo aver tenuto la conferenza di quell’anno mi giunse la notizia della scoperta delle tracce di un grande woodhenge con un’ampiezza di 240 metri attorno al Tumulo degli Ostaggi di Tara, il sito sacro irlandese su cui sorge la Lia Fàil, la Pietra del Destino. Ancora più recentemente, attorno a Stonehenge sono stati rintracciati una serie di pozzi artificiali disposti circolarmente, e che sono stati chiamati Durrinton Shafts, e fanno del complesso megalitico della piana di Salisbury la più ampia struttura preistorica di cui si abbia conoscenza.
Materialmente, il testo di questo aggiornamento, anche se poi per tenere la conferenza ho usato una versione più snellita, è risultato di 10.000 parole o 60.000 caratteri, più o meno l’equivalente di quattro articoli della lunghezza solita su “Ereticamente”, e, anche se non fossi stato impegnato nella rincorsa a L’eredità degli antenati cercando di ridurre il più possibile la discrepanza temporale fra gli eventi di cui parlavo in questa serie di articoli e il momento della pubblicazione su “Ereticamente”, non me la sarei sentita di tediarvi fino a questo punto.
Forse, con l’aggiunta di qualche altro saggio vicino, potrebbe diventare il nucleo di un libro. Ci penso su, e magari provo a coinvolgere nel progetto Nicola Bizzi, l’editore di Aurora Boreale, che mi ha pubblicato Ma davvero veniamo dall’Africa?
Per quest’anno avevo preparato due testi, I Celti e la transizione altomedioevale e Ritorno nel mondo dei megaliti, seconda parte, in sostanza un aggiornamento dell’aggiornamento della conferenza tenuta l’anno scorso, ma a questo punto si è verificato un contrattempo.
Probabilmente, la colpa è stata mia, perché questa successione di argomenti deve aver mandato Betty Sulli in confusione, ma fatto sta che nel programma del Triskell le mie conferenze erano annunciate così, sabato 22 giugno Ritorno nel mondo dei megaliti e domenica 23 Ritorno nel mondo dei megaliti, seconda parte.
Ci ho pensato un po’ su, e ho concluso che replicare sabato 22 la conferenza dell’anno scorso non era poi una cattiva idea. In questo modo, mi tenevo da parte I Celti e la transizione altomedioevale per l’anno prossimo, e, come vi ho detto, trovare sempre nuove tematiche da trattare è forse la cosa più difficile.
Il testo che vi ho presentato suddiviso in due parti come Ritorno nel mondo dei megaliti è quello che avevo preparato per la conferenza di domenica 23 giugno, perché quello su cui ho basato sia la conferenza di sabato 22, sia quella dell’anno scorso, come vi dicevo, obiettivamente è troppo lungo. Naturalmente se vi avessi presentato i due articoli in cui l’ho suddiviso come Ritorno nel mondo dei megaliti seconda parte – prima parte e Ritorno nel mondo dei megaliti, seconda parte – seconda parte, sarebbe stata un’inutile complicazione, tanto più che il testo della prima parte a cui faccio riferimento, non ve l’ho dato.
Però a questo punto, mi sono ritrovato con un altro problema. In effetti la conferenza che ho tenuto rispecchia solo in parte il testo che vi ho dato, per un motivo molto semplice: nel mio aggiornamento dell’aggiornamento, tanto per rendere chiare le idee, avevo ripetuto sia pure in forma sintetica, diverse cose che avevo inserito nella conferenza del 2023, anche perché, come capite, è vero che la ricerca archeologica progredisce costantemente, ma non accumula novità ai ritmi dello sport o della politica.
Ora voi capite, quello che andava bene ripetere a un anno di distanza, non andava altrettanto bene il giorno dopo. Domenica 23 giugno non potevo ripetere davanti allo stesso pubblico le cose dette il giorno prima, ho dovuto apportare dei tagli imponenti alla scaletta che mi ero preparato, ma così si rischiava che una conferenza programmata per la durata di un’ora, durasse appena una ventina di minuti. Che fare? Per un momento mi sono sentito veramente in imbarazzo.
Come dice il celebre motto, per i miracoli ci vuole tempo, ma le cose impossibili le faccio subito. Naturalmente, ho improvvisato, dando ai miei ascoltatori qualche anticipo della conferenza a questo punto prevista per il 2025.
Io di solito preparo per prima cosa il testo di una conferenza, poi sulla base di esso redigo una scaletta sintetica a cui dare, se serve, una rapida sbirciata durante la conferenza, una specie di “gobbo”, perché può sempre capitare di incagliarsi su qualche punto. Io avevo già preparato il testo de I Celti e la transizione altomedioevale, ma quando è stato chiaro che per il 2024 quella conferenza saltava, non avevo preparato la scaletta. Beh, sono andato a braccio e non mi sembra di essermela cavata affatto male.
La transizione altomedioevale è forse un termine che vi può sembrare esoterico, ma in realtà non significa nient’altro che il passaggio al medioevo, precisamente all’alto medioevo; infatti, gli storici dividono l’Età di Mezzo in alta e bassa, cioè i secoli anteriori e quelli posteriori all’anno mille.
Ora una cosa che non manca di sorprenderci, e che è tuttavia innegabile, è che possiamo dire che quella che siamo soliti chiamare età antica, sostanzialmente si può dire sia esistita solo per i popoli compresi nell’ecumene mediterraneo greco-romano. Per le genti che da esso erano rimaste fuori, si può dire che ci sia stato un passaggio diretto dall’Età del Ferro al medioevo. Spesso, per i popoli europei, lo spartiacque fra le due età è stato rappresentato dalla cristianizzazione.
Per quanto riguarda il mondo celtico, la crisi dell’Impero Romano, e in particolare il ritiro delle truppe romane dalla Britannia portò a una rinascita almeno temporanea della cultura celtica che ci è testimoniata dal ciclo arturiano, ma in generale possiamo dire che Celti romanizzati e non romanizzati andarono incontro a due destini diversi. Mentre i primi si fusero nell’ecumene romano dalla cui frammentazione sarebbero poi sorte le nazioni europee attuali, i secondi mantennero la loro fisionomia celtica, e anche oggi non è difficile accorgersi che le terre nelle quali l’identità celtica si è più chiaramente mantenuta, sono quelle che si sono sottratte alla dominazione di Roma, Irlanda, Scozia, Galles.
Naturalmente, non potevo anticipare tutto il testo della conferenza che mi riservo di tenere per il 2025, ma sono stato fortunato; infatti, c’è un aspetto della questione che potevo approfondire, non solo, ma che presenta il più chiaro ed evidente aggancio politico, anche con la situazione attuale.
Dopo il ritiro delle legioni romane dalla Britannia, i Pitti, le tribù scozzesi che erano rimaste indipendenti, cominciarono a compiere scorrerie oltre il vallo di Adriano con intenti di razzia e poi di conquista.
Tra l’altro, sull’origine di questa popolazione sono state fatte le ipotesi più fantasiose, ma si trattava semplicemente di Britanni che si erano sottratti al giogo romano. Furono chiamati Pitti dal latino Picti, dipinti per l’uso di dipingersi la faccia e il corpo al momento di scendere in battaglia, uso attestato fino all’età medioevale, come ci mostra anche il film Braveheart, ma prima della conquista romana comune anche ai Britanni delle regioni ben più meridionali, come ci racconta Cesare nel De bello gallico riferendo della sua breve incursione in Britannia.
A ogni modo, non riuscendo a respingerli, i Britanni romanizzati pensarono bene di ingaggiare i Sassoni del nord-ovest della Germania e dello Jutland come mercenari, e come risultato finale, aprirono le porte alla conquista anglosassone dell’Isola. Vi faccio osservare che il nome stesso dell’odierna Inghilterra, Eng-land in tedesco significa letteralmente “terra stretta”, e con tutta probabilità si riferiva in origine alla penisola dello Jutland.
Questa è una storia che si è ripetuta spesso, e dalla quale anche noi oggi abbiamo molto da imparare. I prosperi romani dell’età imperiale non avevano voglia di fare il servizio militare. Finirono per ingaggiare un numero crescente di mercenari germanici nelle legioni, e alla fine i Germani divennero i loro padroni.
Durante la guerra greco-gotica, i Bizantini pensarono bene di ingaggiare mercenari longobardi, e alla fine i Longobardi invasero l’Italia.
Gli Arabi del periodo califfale, similarmente agli antichi romani, non avevano voglia di fare il militare, cominciarono ad arruolare mercenari turchi, popolazione che prima di insediarsi in Anatolia abitava la vasta regione stepposa dell’Asia centrale allora nota come Turan e oggi Turkestan, con il risultato che i Turchi li sottomisero, imponendo loro una sudditanza destinata a durare fino al 1918.
Tanto meno avevano voglia di fare il militare i ricchi mercanti italiani dell’epoca comunale, che finirono per affidarsi sempre di più alla forza mercenaria delle compagnie di ventura, con il risultato che i capitani di ventura divennero i Signori, ponendo fine alle libertà comunali.
Se girate la nostra Italia, troverete molti castelli di età medioevale, ma anche alcuni di epoca rinascimentale, ad esempio il castello sforzesco a Milano, quello estense a Ferrara, quello scaligero a Verona. Ora rifletteteci un attimo. Cosa ci fa un castello, che è un’opera difensiva, nel cuore di una città? La risposta è semplice: Sforza, Estensi, Scaligeri sentivano la necessità di cautelarsi contro possibili rivolte dei loro concittadini, per i quali erano degli odiati tiranni.
Da tutto ciò si ricava una morale estremamente chiara: chi ha le armi, alla lunga è colui che detiene il potere.
Ora rapportate tutto ciò alla nostra situazione attuale. Con l’abolizione del servizio di leva, l’Italia non ha altra forza militare se non un “esercito professionale” che ha un ruolo in ambito NATO più o meno analogo a quello che avevano gli ausiliari barbarici, Numidi eccetera, nelle legioni romane.
In teoria la NATO, creata formalmente quale alleanza difensiva contro l’Unione Sovietica si sarebbe dovuta sciogliere al dissolversi dell’Unione Sovietica stessa, invece si è espansa e rafforzata allargandosi verso est, e c’è poco da girarci intorno, questa è la vera causa del conflitto attualmente in atto in Ucraina, conseguenza dell’aggressiva politica americana di cui siamo disgraziatamente a rimorchio.
La conclusione è chiara: essendo privi di una reale capacità di autodifesa, non abbiamo nemmeno una vera sovranità. Il nostro destino è nelle mani di altri. È questa la verità che tutta la retorica democratica serve a nascondere. Pensateci.
NOTA: Nell’illustrazione, il labirinto sacro e i tre archi al Ferdinandeo. Dietro i tre archi si trova il cerchio di pietre dove annualmente si tengono le conferenze del Triskell.
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