1 Febbraio 2025
Narrativa

Narrativa fantastica, una rilettura politica, trentottesima parte – Fabio Calabrese

Io vi ho già spiegato, e non mi sembra necessario tornarci ora sopra, i motivi per i quali, tra le serie di articoli che, nel corso di questi anni ho postato su “Ereticamente”, a partire dallo scorso autunno, ho ritenuto opportuno imporre a L’Eredità degli antenati, se non proprio la cessazione, quanto meno un forte diradamento.

Ciò comporta un problema. Se infatti, soprattutto negli ultimi tempi questa serie di articoli era divenuta ripetitiva al punto da stancare me per primo, è anche vero che le tematiche archeologiche mi hanno fornito un flusso di informazioni regolare in base al quale non c’era pericolo di ritrovarsi senza nuovi argomenti da affrontare per mantenere quella cadenza settimanale con la quale i miei articoli sono finora apparsi su “Ereticamente”, e che vorrei mantenere per non deludere chi, a questo riguardo, conta su di me.

Purtroppo, la creatività umana non è infinita, e quella di Fabio Calabrese meno che mai.

Cosa che non è certo un mistero, e della quale penso siate già al corrente, a lato della mia attività come saggista politico (non vorrei definirmi “ideologo”, mi sembra troppo presuntuoso), ne ho un’altra come autore di narrativa fantastica e di fantascienza.

Come soluzione “tappabuchi”, ho preso in considerazione l’idea di presentarvi sulle pagine di “Ereticamente” qualche mio scritto narrativo fra quelli più politicamente impegnati, e ho pensato in particolare a un racconto, Te li ricordi quei giorni, di cui vi dirò tra poco.

Il guaio è che, come la maggior parte ormai della mia produzione narrativa, non si tratta di un’opera inedita. “Ereticamente” lascia molta libertà di esprimersi ai collaboratori, mette assai pochi paletti, ma uno, assolutamente ferreo e irremovibile, è l’inediticità di tutto quanto vi viene pubblicato, che non deve essere comparso da nessuna altra parte in nessun’altra forma, anche se, ho pensato, trattandosi in questo caso di narrativa e non di saggistica, magari si poteva fare un’eccezione.

Nelle more della questione, mi è venuto in mente che la genesi di questo racconto ha una storia interessante, non meno del racconto stesso, e che come tematica, rientra pienamente nella nostra rilettura politica della narrativa fantastica, e a raccontarvela non violo in alcun modo il principio dell’inediticità che gli scritti destinati a comparire su “Ereticamente” devono rispettare. Se finora mi sono astenuto dal parlarvene, è perché riguarda me in prima persona, e non vorrei dare l’impressione di volermi mettere troppo in luce, di ritenermi qualcosa di più di un semplice militante dell’idea, che combatte con la parola non avendo altre armi.

L’inizio di questa storia, del resto, non è dipeso da me, ma da una persona di ben altra levatura, Gianfranco De Turris. Suppongo che tutti voi conosciate De Turris come presidente dell’Associazione Julius Evola, ma forse vi è meno noto che ha anche alle spalle una vastissima attività nel campo della letteratura fantastica, come autore, saggista, traduttore, curatore di collane (in questo c’è forse un parallelismo con la mia stessa cifra esistenziale). Purtroppo, negli ultimi tempi l’età e gravi problemi di salute, soprattutto alla vista, l’hanno costretto a ridurre drasticamente la sua attività, e questa è una grave perdita per tutti noi, in entrambi i settori, quello politico e quello fantastico.

Nel 2002 De Turris si occupò di dare vita a un’antologia per la Vallecchi, allo scopo di contribuire al rilancio di questa un tempo prestigiosa casa editrice fiorentina. La tematica scelta per questa antologia era l’ucronia centrata sulla storia italiana.

L’ucronia (termine che significa non-tempo, così come utopia significa non-luogo) è la “storia scritta con i se”, cosa sarebbe accaduto se la seconda guerra mondiale fosse andata in un altro modo, se la guerra civile americana fosse stata vinta dai sudisti, se Colombo per il suo viaggio di scoperta che l’avrebbe portato nel Nuovo Mondo si fosse rivolto ai Veneziani invece che agli Spagnoli, se la guerra dei Cent’anni fosse stata vinta dagli Inglesi, se l’impero romano non fosse mai caduto, o addirittura se l’asteroide che 66 milioni di anni fa cadde sul nostro pianeta portando all’estinzione i dinosauri, non vi si fosse mai abbattuto e oggi l’umanità convivesse con una razza di sauri intelligenti, le possibilità sono infinite.

Dopo una gestazione piuttosto lunga, l’antologia uscì nel 2005 con il titolo Se l’Italia. Nell’introduzione che ha assunto la dimensione di un saggio piuttosto corposo, De Turris spiega un concetto importante: nell’ucronia, che è nata come genere collaterale alla fantascienza, in genere gli autori italiani ottengono risultati migliori degli americani non soltanto in ragione di una migliore conoscenza della storia, cosa che indubbiamente ha la sua parte, ma perché negli USA l’ucronia svolge una funzione rassicuratoria, mostrando che qualsiasi alternativa sarebbe stata meno piacevole della fortunata catena di circostanze che li ha portati a essere la prima potenza mondiale, e finisce per sfociare nell’utopia negativa. Al contrario noi usciamo da una storia davvero sfortunata di quindici secoli di divisioni, invasioni e dominazioni straniere, e possiamo facilmente considerare alternative migliori per la nostra Penisola.

De Turris consultò anche me per la realizzazione dell’antologia. Scrivere su commissione riguardo a un tema prefissato, è impegnativo, ma proprio per questo è una sfida interessante, e venirne a capo, lo considero una prova di raggiunto professionismo, sia pure in un campo come la fantascienza italiana, dove nessuno è un professionista nel senso di poter vivere di questo.

Nel racconto che scrissi, Te li ricordi quei giorni, ho immaginato che l’Unione Sovietica non sia caduta (accenno anche a un cardinale che i comunisti avrebbero fucilato in Polonia, un certo Carol Woytila) e che il compromesso storico abbia portato l’Italia dritto sotto un regime comunista. L’Italia diventata comunista era “l’ultimo teschio aggiunto alla collana della dea Kalì”.

In questo contesto,un militante di destra, figlio di un milite e di un’ausiliaria della RSI uccisi dai partigiani, e a sua volta costretto a fuggire all’estero, torna in Italia in incognito per vendicarsi di un ex partigiano responsabile della morte dei genitori e di un amico.

Il titolo del racconto l’ho pensato ispirato ai versi di una canzone – proibitissima dal regime – che ho immaginato girasse in questo cupo mondo alternativo.

Te li ricordi quei giorni folli,

quei giorni strani,

sembrava di toccare il cielo

con le mani.

Il riferimento è alla generazione della contestazione. Il ’68 fu certo un fenomeno manovrato dall’Unione Sovietica nel tentativo di sostituire un’espansione militare resa impossibile dal deterrente atomico della NATO con una conquista ideologica, ma l’ansia di rinnovare il mondo, di farne uno migliore, di certo non esclusiva della sinistra, ma propria anche dei militanti della sponda opposta, era un fenomeno genuino.

La reazione di De Turris mi sorprese, giudicò il racconto troppo politico per i fini dell’antologia. Dovetti così ripiegare su qualcos’altro. Un paio di anni prima avevo pubblicato un altro racconto, Il tempo di Giano nell’antologia Le ali dell’impero edita da Il Cerchio di Rimini. Si trattava di una delle antologie che Adolfo Morganti allestiva annualmente sulla base dei dieci racconti finalisti del premio San Marino, e qui questo mio racconto aveva ottenuto un lusinghiero terzo posto.

Il racconto è basato sull’idea che da qualche parte in una località sperduta del Lazio esista una piccola comunità di discendenti dei seguaci di Remo allontanatisi dagli altri dopo l’uccisione di quest’ultimo da parte di Romolo. Un giovane archeologo che non sa di essere la reincarnazione di Remo, viene mentalmente inviato indietro nel tempo allo scopo di evitare il fratricidio, con un viaggio che cambierà il destino di Roma e l’intero corso della storia mondiale.

Anche questo racconto incontrò il diniego di De Turris, perché nell’antologia non dovevano comparire opere già edite. Mi rimisi al lavoro, ma questa volta non completamente partendo da zero, infatti riscrissi completamente il racconto facendo ben più di una semplice revisione, ma modificando proprio l’idea di base. Se infatti Il tempo di Giano è la storia di un viaggio nel tempo, sia pure mentale, il nuovo racconto che scrissi, Primavera sacra parte sin da principio nella realtà alternativa che avevo concepito, è una vera ucronia. Primavera sacra fu finalmente accettato, e dato che nell’antologia i racconti sono disposti in ordine cronologico “da Romolo a Berlusconi”, è proprio quello cui è toccato l’onore di aprire il volume. Nel 2016 Primavera sacra è stato ripubblicato dalle Edizioni Scudo in un’antologia che prende il nome proprio da questo racconto, Primavera sacra e altri incantesimi.

Scusate, ma riuscire a scrivere due racconti sostanzialmente diversi partendo dalla stessa idea di base, la considero un’altra prova di raggiunto professionismo nell’arte dello scrivere.

C’è un aspetto di questa storia che non ho mai raccontato, come è nata l’ispirazione che ha dato origine a Il tempo di Giano e Primavera sacra. Stavo guardando la televisione, dove davano un programma di intrattenimento, uno di quelli dove è possibile per gli spettatori chiamare in studio. A un certo punto arriva una telefonata di un tale che dice, o almeno così mi è parso di sentire: “Chiamo da Rema in provincia di Roma”.

E questo ha messo in moto tutto quanto. Ma successive ricerche non mi hanno permesso di accertare l’esistenza di una località chiamata Rema né in provincia di Roma né altrove. Mistero!

Qualche tempo dopo che Primavera sacra era stato inserito nel sommario di Se l’Italia, ricevetti un messaggio di De Turris. Sebbene non l’avesse trovato adatto per la sua antologia, non voleva che nemmeno Te li ricordi quei giorni andasse sprecato. Mi chiese il permesso di girarlo a Errico Passaro, che stava anche lui preparando un’antologia, ma dal taglio più politico. Naturalmente, fui ben lieto di acconsentire.

L’antologia di Passaro, che fu edita dall’Editoriale Pantheon aveva un’impostazione chiaramente anti-illuminista già nel titolo: Il sonno della ragione non genera mostri, che capovolgeva il senso della famosa frase di Goya.

Anche Errico Passaro, uno dei molti che oggi purtroppo non sono più fra noi, come De Turris e me, abbinava l’interesse per la letteratura fantastica a un preciso impegno politico. Ricordo di averlo conosciuto a una convention a San Marino. Cercava racconti di heroic fantasy per la pagina letteraria del “Secolo d’Italia” di cui era collaboratore, e mi avvicinò a questo scopo.

Con molta delicatezza mi chiese se per me era un problema collaborare con un giornale politico. Gli risposi che per mio conto la cosa non era affatto un problema, lo sarebbe stato invece se una simile richiesta mi fosse venuta da un giornalista dell’“Unità”.

Il racconto che gli feci avere, Il cavaliere senza nome, non dovrei dirlo io che ne sono l’autore, ma ha perlomeno un grosso pregio, quello di essere ispirato alle tradizioni germaniche, in particolare alla Hildebrandsage, la leggenda di Hildebrand, che fa parte del ciclo dei Nibelungi, piuttosto che alle pseudo-tradizioni anglosassoni che ormai nella heroic fantasy ce le ritroviamo dappertutto, fritte e rifritte in tutte le salse.

Il cavaliere senza nome fu pubblicato sulla pagina letteraria di un numero del “Secolo d’Italia” del 1999.

Ricordo che il giorno previsto per l’uscita del giornale con il mio racconto, mi recai all’edicola sotto casa per acquistare una copia del “Secolo”.

L’edicolante, con cui non avevo mai parlato di politica, mi guardò in una maniera strana, e mi disse che ero fortunato, perché in effetti ne aveva una copia, però, se volevo, aveva anche una decina di copie dell’“Unità”.

Non raccolsi la provocazione e non dissi nulla, poiché non vedevo alcuna utilità nel battibeccare con quella persona, francamente, di cosa pensasse, non me ne importava un fico.

Credo che stavolta raccogliere le fila del discorso sarà un po’ complicato, forse proprio perché stavolta ha una forte componente autobiografica.

Noi abbiamo visto altre volte che i grandi autori del fantastico sono generalmente invisi alla sinistra, basta fare i nomi di Orwell, di Borges, di Lovecraft, di Tolkien, anche se in particolare su quest’ultimo abbiamo assistito a un atteggiamento ondivago da parte dei “compagni” che di volta in volta, nel tempo hanno alternato momenti di feroce ostilità a tentativi piuttosto risibili di annessione ideologica, di fronte al successo da lui incontrato presso generazioni di lettori.

Resta innegabile, però, che Tolkien, come gli altri che ho nominato, è lontano mille miglia dalla loro mentalità.

La stessa cosa, direi, accade, su un piano più modesto, per molta parte degli operatori italiani nel campo del fantastico. Persone come Gianfranco De Turris, Adolfo Morganti, Errico Passaro, e se permettete, anche il sottoscritto, hanno alternato o fuso l’interesse per la letteratura fantastica con un impegno politico non certo di sinistra.

In fondo è logico che sia così, il fantastico, la fantasy, l’ucronia sono una scuola di esercizio della libertà immaginativa che mal si concilia con il plumbeo e oppressivo dogmatismo del politicamente corretto democratico.

NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra Se l’Italia, antologia curata da Gianfranco De Turris, al centro, La valle dello zodiaco, romanzo di Errico Passaro a quattro mani con Claudio Asciuti, a sinistra la mia antologia di fantascienza sociologica I mondi di domani, pubblicata dalle Edizioni Scudo.

5 Comments

  • Golf 13 Gennaio 2025

    Incidentalmente, negli USA Tolkien era associato alla contro-cultura sul genere degli “hippie” e dei “figli dei fiori”. In Italia divenne “destra” solo per il consueto e triste meccanismo che la “pseudo-destra” italiana si fa dire cosa dire e cosa fare dalla “sinistra” e siccome la “sinistra” rigettava Tolkien come farloccate borghesi inutili anzi controproducenti alla costituzione della “coscienza di classe”, eccoci a “Tolkien-destra”.
    Tolkien-destra, con la “destra” intesa come prosecuzione del F-ismo, è un ovvio assurdo perché la retorica F-ista era mutuata dalla propaganda della Grande Guerra e quindi del Risorgimento, tutto intriso di neoclassicismo illuminista di matrice francese, col retrogusto meccanico, stile “Flash Gordon” dei Futuristi. Il mondo degli Elfi non è compatibile ne col revival neoclassico ne col razionalismo-positivismo futurista, è volutamente collocato in un contesto “druidico”, tra il “barbarico” celtico-germanico e il proto-classicismo dell’Iliade e dell’Odissea.

  • Fabio Calabrese 14 Gennaio 2025

    Caro Golf, lei ha certamente almeno in parte ragione. Tolkien è suscettibile di letture opposte perchè è un fascio di contraddizioni, basta pensare al suo asserito cattolicesimo e all’aura pagana-druidica che spira dalle sue narrazioni, e che lei giustamente rileva. Le dirò di più, lo stesso si può dire per altri che ho citato, ad esempio Orwell, chiaramente anarchico perlomeno fino alla sua esperienza spagnola, si veda la trentasettesima parte, ma resta il fatto che la libertà immaginativa su cui si fonda la narrativa fantastica, è incompatibile con l’oppressivo clima intellettuale del politicamente corretto democratico, e già questo, mi pare, basta a giustificare la scelta mia, di De Turris, Passaro, Morganti, e altri che non ho citato.

    • Lima 14 Gennaio 2025

      “Caro Golf, lei ha certamente almeno in parte ragione. Tolkien è suscettibile di letture opposte perchè è un fascio di contraddizioni, basta pensare al suo asserito cattolicesimo e all’aura pagana-druidica che spira dalle sue narrazioni, e che lei giustamente rileva”

      Secondo me non è difficile. Tolkien è inglese. E’ preso da una contraddizione tra la ammirazione per la classicità greco-romana e il fatto che questa classicità è estranea ai Britanni. E’ lo stesso, ironicamente, per i Tedeschi, che ammirano la “romanità” ma poi rivendicano l’eroe nazionale Arminio e le legioni perdute di Varo. Il Cristianesimo è l’elemento unificante dell’Europa ma non fa parte di nessun “mito fondativo” dei Popoli europei, tranne forse per gli Spagnoli della “Reconquista”. La “aura pagana-druidica” è necessaria per questo motivo, per immaginare e raccontare una origine (fantastica) dei Britanni. D’altra parte Tolkien non poteva certo collegarsi al periodo della dominazione romana, che agli Inglesi fa lo stesso effetto di amore-odio che fa ai Tedeschi.

      “Le dirò di più, lo stesso si può dire per altri che ho citato, ad esempio Orwell, chiaramente anarchico perlomeno fino alla sua esperienza spagnola, si veda la trentasettesima parte”

      In quel caso, la contraddizione di un “compagno” che idealizza il Comunismo fino a che non lo vede messo in pratica. E’ successo lo stesso anche con il F-ismo, molti intellettuali italiani appoggiarono “M” nella fase “eroica” e “rivoluzionaria”, salvo poi accorgersi che le loro erano illusioni romantiche e che la prassi era quella di un regime dittatoriale, se non sanguinario, sicuramente cialtrone ed ottuso.

      “ma resta il fatto che la libertà immaginativa su cui si fonda la narrativa fantastica, è incompatibile con l’oppressivo clima intellettuale del politicamente corretto democratico”

      Andava bene fino a che non ha scritto “democratico”. Cosa intende per “democratico”, il Partito USA oppure una idea generica di sistema politico? Se intende gli USA, secondo me dobbiamo tenere presente che non li possiamo interpretare con gli strumenti europei. Ci appaiono, ancora, estremi e nello stesso tempo contraddittori. Il “clima intellettuale” è “oppressivo” perché negli USA tutto è “oppressivo”, se parla con un prete cattolico sembra uscito dalla Inquisizione, se parla con un protestante sembra che ci siano le guerre di religione, se parla con un “bianco” sembra un incappucciato del KKK, se parla con un nero sembra un cannibale. Negli USA c’era la “Caccia alla Strege” contro i Comunisti e non era per dire, finivano facilmente sulla sedia elettrica. Hanno avuto non so quanti Presidenti e leader politici ammazzati, partendo da Lincoln e arrivando al recente attentato a Trump. La contraddizione è nella loro natura e non la percepiscono nemmeno, per esempio sono “puritani” e quindi guai mostrare le tette e nello stesso tempo la maggiore industria pornografica del pianeta. Mettono le avvertenze su qualsiasi cosa, per evitare che la gente si cavi un occhio con il cucchiaio mangiando i cereali e poi hanno gli arsenali in casa e ci sono stragi ogni momento.

      Mi ricollego ad un altro articolo su questo sito, circa la opportunità di diffondere teorie bislacche su Atlantide e altre “narrazioni alternative alla storiografia ufficiale”. La signore Candace Owens, che è un personaggio pubblico USA collegato più o meno alla “pseudo-destra” nella variante MAGA, si è fatta intervistare cento volte per dichiarare che lei non crede che i dinosauri siano mai esistiti (v. creazionismo), che gli USA abbiano mandato gente sulla Luna (v. scientismo positivista) e a tutta la faccenda del COVID e dei vaccini. Ho visto questi tre temi, forse ne avrà degli altri. La signora Owens però non perde un attimo nel dichiararsi “cristiana”, quindi non crede ai dinosauri ma crede che Gesu sia resuscitato, poi se ho capito bene si è convertita al Cattolicesimo quindi crede anche alla verginità di Maria.

      Se invece per “democratico” intende “democrazia” come in “giudoplutomassonico”, quello è un altro discorso ma se possiamo ragionare su “giudiplutomassonico”, rigetto la associazione obbligata con “democrazia” o meglio, rigetto la associazione tra “democrazia” e “anglosfera”.

  • Fabio Calabrese 15 Gennaio 2025

    Caro Lima, anche lei ha in parte – non piccola – ragione, salvo un particolare, non credo che Orwell sia mai stato comunista, la differenza tra anarchici e comunisti era sufficiente perchè, come si vide in Spagna, gli uni e gli altri si sparassero reciprocamente addosso. Mi chiedo cosa farebbero QUEI comunisti con gli attuali pidioti palesemente modellati a scimmiottatura dei dem. americani,

    • Lima 15 Gennaio 2025

      Mio nonno, ragazzo del ’99, si diceva anarchico. Operaio di fonderia, prese le botte dalle Camicie Nere del suo paese. Epperò mio nonno diceva di essere anarchico, con la consapevolezza di un ragazzo che a tredici anni era già in fonderia e a diciotto al fronte, probabilmente in odio ad un “potere” che percepiva come ostile, come potevano percepirlo i servi della gleba nel Medioevo, costretti al lavoro forzato, angariati, spossessati e a volte anche portati in guerra armati di forcone. Direi che non conta tanto quello che una persona dice, conta quello che una persona fa. A me per esempio è capitato di andare a montare degli “stand” alla Festa dell’Unità, perché vivo in una Stalingrado italiana ed era impossibile avere amici la cui famiglia non fosse “compagna”. Per cui, se poi crescendo non avessi avuto la forza di tirarmene fuori, se avessi avuto bisogno di “socialità”, sarei stato “comunista” semplicemente perché cooptato, assorbito, assimilato, dal contesto in cui vivevo, non perché avessi studiato l’opera omnia di Karl Marx. Invertendo il ragionamento, tutti i miei amici e conoscenti erano “compagni”, senza sapere bene cosa volesse dire, perché erano “compagni” il babbo e il nonno. Questo è il meccanismo tipico dei Comunisti italiani, che da sempre quando sono messi davanti tanto alle falle teoriche che alla prassi criminale, si “dissociano” come fece il PCI con il PCUS, oppure ti dicono “quello non era vero Comunismo”. D’altra parte tutta questa gente prima di essere “compagna” era fascistissima e buttarono le camicie nere solo quando “M” cadde in disgrazia, diventando tutti antifascisti e magari partigiani. Con lo stesso meccanismo, fascisti perché è fascista il babbo o fascisti perché sono fascisti tutti gli amici, senza sapere cosa fosse il F-ismo (anche perché non lo sapeva nemmeno “M”).

      Non faccio fatica ad immaginare un Orwell che in gioventù è pieno di illusioni romantiche e stupide e poi maturando si pone delle domande e, cosa che pochi fanno, va a cercare le risposte. E’ vecchia come il mondo, penso che anche la gioventù franca andasse in Terrasanta piena di ideali romantici per poi scoprire che era un postaccio inutile, popolato da gentaglia e che la guerra è sangue e merda.

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