28 Aprile 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, novantasettesima parte – Fabio Calabrese

Ottobre. Per me questo periodo comincia con un impegno personale, del quale non vi parlerei qui se non fosse strettamente collegato alla nostra eredità ancestrale. Intatti, sabato 1 ottobre ho tenuto presso il circolo “Del drago verde” di Udine una presentazione del mio nuovo libro Ma davvero veniamo dall’Africa?

Come probabilmente ricorderete, il 20 novembre dell’anno scorso tenni presso la stesso circolo un’analoga presentazione dell’altro mio libro, Alla ricerca delle origini. Dopo di  che, suddivisa in due articoli ho collocato su “Ereticamente” questa stessa presentazione, con l’idea che un’esposizione più sintetica ella stessa materia del libro vi avrebbe permesso di coglierne gli argomenti sotto un’angolazione prospettica nuova. Stavolta mi asterrò dal fare qualcosa di simile, ma mi limiterò all’accenno che avete sotto gli occhi, e il motivo è chiaro: “Ereticamente” mi ha già pubblicato una presentazione di questo libro, e a questa è poi seguita l’ottima “recensione” di Michele Ruzzai, in realtà un saggio dettagliato e meticoloso come sono dettagliati e meticolosi tutti gli scritti del nostro amico, che è stato pubblicato su “Ereticamente” suddiviso in due parti, e, dopo di ciò, non vorrei essere troppo ripetitivo.

Devo dire però che la presentazione è andata piuttosto bene, con un pubblico abbastanza numeroso e attento, e diverse copie del libro vendute. Una cosa che mi ha fatto particolarmente piacere, è stato incontrare finalmente di persona un amico conosciuto attraverso Facebook, che è venuto apposta a Udine per assistere alla mia presentazione. Sappiamo che le amicizie di FB sono spesso alquanto aleatorie, ma lui no, mi segue con interesse da anni.

Sintetizzare in un’ora circa un testo di 300 pagine senza omettere nessun punto essenziale è, penso, una discreta performance, ma l’ho fatto, e devo dire che la mia attività di insegnante ora conclusa con il pensionamento, è stata per questo una buona palestra.

A questo riguardo, vorrei riferirvi il commento di uno degli intervenuti, mio coetaneo e da poco in pensione:

“Puoi aver fatto carriera, essere diventato direttore di questo e di quell’altro, ma dal momento della pensione, sei solo “un pensionato”, uno che non conta nulla”.

Difficile dare una risposta. Io comunque mi ritengo fortunato, perché questa mia attività e quell’altra di autore di narrativa fantastica, mi permettono non solo di continuare a tenermi occupato, ma anche di continuare ad avere un ruolo sociale e culturale.

Non posso tuttavia esimermi dal pensare che il (relativo) successo a cui sta andando incontro questo libro, non sia dovuto tanto alla qualità del testo e dell’autore, ma all’argomento in sé, infatti, diciamolo, l’ipotesi dell’origine africana e la presunzione dell’inesistenza delle razze umane, sono armi puntate contro la nostra visione del mondo.

Torniamo ora a parlare di qualcosa che vi ho già menzionato la volta scorsa, il libro Storia alternativa del mondo di Roberto Giacobbo, allegato al numero di ottobre della rivista “Freedom”, versione cartacea del noto programma televisivo. La carne che questo libro mette al fuoco, i misteri irrisolti della storia umana, è veramente tanta, per cui era quasi inevitabile che qualcosa scappasse, e mi avvedo di non avervi menzionato quella che è l’ipotesi più ardita del libro, e proprio per questo, la più suggestiva.

Si rileva dalle costruzioni megalitiche dell’America precolombiana, dai templi maltesi, da quella che sembra essere una delle più antiche costruzioni egizie, l’Osireion di Abydos, da costruzioni che si trovano nell’Italia centrale come le mura ciclopiche di Narni, da un muro preistorico oggi circondato dai giardini imperiali di Tokyio in Giappone. Costruzioni tutte quante realizzate con pietre ciclopiche, talvolta con un gran numero di angoli, di dimensioni tali da non permettere di capire come siano state poste in opera, e combacianti così perfettamente che tra le loro connessure non passa nemmeno la lama di un coltello, e con similitudini costruttive impressionanti.

E se – ipotizza Giacobbo – intorno a, diciamo 10.000 anni fa fosse esistita una civiltà globale avanzata simile alla nostra a livello planetario, e fosse poi scomparsa? Se noi stessi scomparissimo domani, fra diecimila anni, della nostra esistenza non sarebbe rimasta altra testimonianza che quella rappresentata dalle pietre, le sole cose che possono resistere indefinitamente all’ingiuria del tempo.

E’ probabilmente alla luce di queste considerazioni che va letto il mistero rappresentato dalla piramide sommersa di Yonaguni. Al largo di questa sperduta isola giapponese è stata rinvenuta una complessa struttura che è stata definita una piramide subacquea. Per la scienza ufficiale si tratterebbe di una formazione naturale, ma chiunque abbia visto le immagini di quelle pareti levigate e  di quei grandi gradoni perfettamente regolari, non può dubitare che lì vi sia la mano dell’uomo. Il guaio è che l’ultima volta che quel tratto di mare era terra emersa, era appunto 10.000 anni fa.

Io vi ho raccontato la volta scorsa che il libro di Giacobbo ha anche il pregio di menzionare un lavoro di un ricercatore fuori dagli schemi come il nostro Felice Vinci autore di Omero nel Baltico, ma a un’attenta rilettura, ci si avvede che c’è qualcosa di più, non sfugge che il lavoro di Vinci ha riflessi anche politici, infatti Giacobbo riporta questa citazione tratta da Omero nel Baltico:

“In conclusione, se tutto ciò da un lato getta luce sull’Età del Bronzo nordica, di cui finora non vi era alcuna testimonianza letteraria, dall’altro potrà senz’altro favorire un nuovo approccio storico-culturale all’idea di unità dell’Europa”.

Europa che, ben ricordo che al corso Erasmus del 2018 dove ho avuto il piacere di incontrarlo, Vinci ha spiegato con ammirevole chiarezza, non coincide con organismi burocratici come la UE che assai male la rappresentano, ma è la sua gente, i suoi popoli che dobbiamo aiutare a riappropriarsi della loro memoria storica.

Vediamo ora cosa ci offre in questo periodo il web, che negli ultimi tempi si è rivelato piuttosto avaro di notizie circa la nostra eredità ancestrale. Cominciamo da “Ancient Origins” che almeno le volte scorse, in questo quadro piuttosto vuoto ha rappresentato una lodevole eccezione dando ampio spazio alla mitologia greca. Stavolta non c’è molto: un breve articolo di Robin Maxwell del 3 ottobre che ci parla dell’Atlantide platonica, articolo che, pare di capire, è una presentazione del suo testo (in 5 volumi) Gods of Athlantos Saga.

Si può poi segnalare un articolo di Jake Leigh-Howart del 30 settembre dedicato alla terra australis nondum incognita. La questione è nota: A cominciare da Tolomeo, i geografi antichi avevano ipotizzato che nell’emisfero australe del nostro mondo esistesse una vasta terra nondum incognita, cioè ancora sconosciuta, che bilanciasse il peso delle terre dell’emisfero boreale. Questa terra immaginaria ha continuato a essere raffigurata sulle mappe fino al 1775, quando le spedizioni del capitano Cook permisero di verificare come stessero effettivamente le cose sotto l’equatore. Cook, è noto, scoprì la grande isola australiana, la più estesa terra dell’Oceania, che comunque non aveva le dimensioni attribuite alla mitica terra australis, e solo più tardi si sarebbe aggiunta la scoperta dell’Antartide, che comunque pare il navigatore inglese abbia sfiorato.

Permettetemi a questo proposito una digressione: l’idea di terre australi  antecedente alla loro scoperta presuppone la consapevolezza della rotondità del globo terrestre. Quella che gli antichi e i medioevali credessero a una Terra piatta fino al viaggio di Colombo, è una leggenda moderna dovuta alla supponenza e al disprezzo verso i nostri antenati. La scoperta della rotondità della Terra si deve ad Aristotele, che osservò che quando una  nave compare all’orizzonte, la prima cosa che si vede è l’alberatura, e intuì che ciò è dovuto alla curvatura dell’orizzonte, curvatura che è una piccola sezione della rotondità della Terra.

In età ellenistica, Eratostene di Alessandria, misurando la differenza fra le ombre proiettate dal sole allo zenit ad Alessandria e a Siene (Assuan), ottenne una stima delle dimensioni del globo terrestre sorprendentemente simile a quelle attuali.

Anche il famoso incontro fra Cristoforo Colombo e i dotti dell’università spagnola di Salamanca è stato (deliberatamente?) equivocato. Questi ultimi sconsigliarono il navigatore genovese dall’intraprendere l’impresa non perché ritenessero che la Terra fosse piatta, ma perché la distanza fra le coste occidentali dell’Europa e quelle orientali dell’Asia era eccessiva, poiché davano delle dimensioni del globo terrestre una stima molto più vicina alla realtà di quella di Colombo, fuorviato da un errore di calcolo del matematico Paolo Toscanelli, Non sapevano che di mezzo fra l’Europa occidentale e l’Asia orientale vi fosse il continente americano, ma questo probabilmente non lo sapeva neanche Colombo, che arrivato nelle Antille pare pensasse di essere a Cipango (Giappone).

Sulla forma e la natura del nostro mondo, pare che gli antichi e i medioevali avessero le idee molto più chiare degli odierni terrapiattisti.

Qualcosa si sta muovendo nell’archeologia europea a quanto ci racconta “The Archeaology News Network”, in particolare nell’Europa dell’est, nella Repubblica Ceca e in Polonia, infatti su questo sito troviamo due articoli che ci parlano del ritrovamento di una struttura circolare antica di 7.000 anni vicino a Praga (dalla foto sembra una struttura tipo cromlech), e  di un tumulo funerario con tombe di cremazione rinvenuto nel nord-est della Polonia. O meglio, troviamo i link ai suddetti articoli, perché, non so per quale ragione, ma una volta cliccato su di essi, non si riesce ad accedere alla lettura. Peccato.

Tuttavia, possiamo ricordare che, come abbiamo visto in precedenti articoli, è verosimile che il fenomeno delle costruzioni megalitiche abbia avuto origine proprio nell’Europa dell’est per espandersi poi verso occidente. Ricordiamo le strutture a terrapieno chiamate “roundel” che sono state ritrovate principalmente in Polonia, e il circolo megalitico tedesco di Gosek che con i suoi 7.000 anni sarebbe la più antica struttura conosciuta di questo tipo.

Invece, un articolo fortunatamente accessibile è quello che ci porta nella penisola iberica. Un dramma che deve essersi ripetuto spesso nella preistoria e anche nella storia (compresa quella recente, pensiamo per tutte alla storia del West americano), è stato, a partire dalla scoperta dell’agricoltura, il conflitto fra agricoltori sedentari e cacciatori-raccoglitori nomadi. Bene, un articolo del 28 settembre, firmato “Fonte: Università Autonoma di Barcellona” ci illustra proprio uno scenario di questo tipo ambientato nella Spagna preistorica. Era già nota una cultura stanziale sviluppatasi in quella che è oggi la Catalogna, risalente alla prima Età del Bronzo, circa 4.000 anni fa, che avrebbe dato luogo a un embrione di organizzazione statale, nota come El Argar. Bene, i ricercatori avrebbero individuato una lunga serie di micro-insediamenti e di barriere difensive che sarebbero state erette dalle popolazioni circostanti per proteggersi dall’espansione di El Argar.

Che qualcosa sia tornato a muoversi nell’archeologia est-europea, ce lo riferisce anche “The Archaeology Magazine”, che in un articolo del 30 settembre ci parla della ricostruzione del volto che è stata fatta di una donna paleolitica appartenente alla cultura di Predmost, 12.000 anni fa. Se ve ne ricordate, di Predmost e di questa cultura di cacciatori di mammut vi ho parlato non molto tempo fa, evidenziando che qui sono stati trovati i resti del più antico cane domestico che per ora si conosca.

Sempre “The Archaeology Magazine” ci racconta del ritrovamento nella Norvegia meridionale, nel lago Tesse che si trova nel Parco Nazionale di Jotunheimen, dei resti di trappole per pesci (qualcosa di simile alle tonnare) che risalirebbero a 7.000 anni fa, sulle sponde del lago sarebbero state trovate anche tracce di insediamenti paleolitici e di caccia alle renne.

Una volta tanto, sono i media “mainstream” a darci una notizia di non poca soddisfazione. MSN.com del 3 ottobre riferisce che il premio Nobel per la medicina 2022 è stato assegnato a Svante Paabo, il ricercatore svedese fondatore della paleogenetica e autore di fondamentali studi sul DNA umano antico e su quello degli ominidi. Come ricorderete, io ho spesso citato le ricerche di Paabo nei miei articoli, in poche parole, esse hanno dato un contributo essenziale alla comprensione delle nostre origini e di ciò che noi stessi siamo.

Finalmente, verrebbe da dire, un Nobel realmente meritato. Non possiamo non ricordare che negli anni scorsi, ad esempio quel Nobel per la letteratura che fu rifiutato a Borges, fu invece assegnato a personaggi come Dario Fo e Bob Dylan (e cosa avesse soprattutto quest’ultimo canzonettaro a spartire con la letteratura, resta ancora tutto da capire).

E per quanto riguarda la nostra Italia nello specifico, in questo periodo non c’è proprio nulla da segnalare?

Parliamo allora del Veneto, una delle nostre regioni che sta riscoprendo con maggiore entusiasmo le proprie radici e le proprie tradizioni. Si può segnalare nell’ambito del progetto “Alla riscoperta dei Veneti antichi” la conferenza tenuta mercoledì 28 settembre presso la Biblioteca Comunale del comune di Bovolenta (Padova) da Danilo Leo Lazzarini e dalla dottoressa Elena Righetto su: Le festività moderne e le festività antiche, storia dell’antica origine pagana delle feste tradizionali e popolari venete.

Non basta, perché sabato 1 ottobre nel comune di Fossò (Venezia) a cura dell’Associazione di Promozione Sociale Veneto Real, si è tenuta la manifestazione Festa Veneta: paesaggio, simboli, tradizioni. Non basta ancora, perché sempre a Bovolenta, mercoledì 5 ottobre si è tenuta a cura di Paolo Miante la conferenza su La spiritualità e i Veneti antichi.

Va bene i Veneti, ma potevano mancare gli Etruschi? Certamente no, difatti sabato 1 ottobre è stata postata su You Tube, tenuta da Umberto Bianchi e Stefano Mayorca la conferenza on line Gli etruschi, storia e magia.

Che dire? Una volta di più, non ci sarebbe altro che ripetere il celebre commento di Tolkien: “Le radici profonde non gelano”.

Nota: Nell’illustrazione, a sinistra, la locandina della presentazione del mio libro Alla ricerca delle origini, tenuta il 20 novembre 2021 presso il Circolo del Drago Verde di Udine, al centro la copertina del mio nuovo libro Ma davvero veniamo dall’Africa?, a sinistra la locandina della presentazione dello stesso tenuta sabato 1 ottobre 2022 sempre presso il Circolo del Drago Verde.

6 Comments

  • Primula Nera 13 Dicembre 2022

    Risulta piuttosto singolare un’opera “Vestiges of creation”(1844) di Robert Chambers, che presentava una sorta di “out of Africa” ante litteram, sostenendo che la razza umana fosse passata da uno stadio più basso e poco evoluto (i neri) via via al più alto(i bianchi). Sorprende come due teorie così simili nella premessa iniziale(i neri ceppo originario)arrivino a risultati tra loro agli antipodi…

    • Roman von Ungern-Sternberg 13 Dicembre 2022

      Carissimo, nemmeno troppo singolare se ci pensi, il successivo darwinismo positivista purtroppo ha influenzato anche molte delle teorie dei razziologi più seri, quel testo di Chambers non ha fatto altro in fondo che prepararne il terreno, è stato una sorte di precursore dell’evoluzionismo che già si respirava nell’aria…

  • Roman von Ungern-Sternberg 13 Dicembre 2022

    Quindi , per quanto mi riguarda, sempre meglio in questo campo fare affidamento alla teoria tradizionale dei cicli cosmici ed alle conoscenze che in tutte le dottrine metafisiche sono riportate sull’origine dell’uomo e sulla sua “devoluzione”, poi sicuramente si può integrare tutto ciò anche con studiosi moderni, un Ludwig Ferdinand Clauss ad esempio, ma anche il nostrano genetista Giuseppe Sermonti, passando anche dai vari Biasutti etc senza star ad elencare una selva infinita di studiosi, antropologi etc
    In questo possiamo dire che sia Calabresi che Ruzzai hanno sempre fatto un grande lavoro, integrando alle basi solide della Tradizione alcune teorie e ricerche moderne. Cari saluti Wolf.

    • Primula Nera 14 Dicembre 2022

      Senza dubbio, sono d’accordo. La scienza è purtroppo molto permeabile(eufemismo) al clima culturale vigente ; oggi che domina il liberalprogressismo troviamo posizioni dogmatiche impossibili da smontare(out of africa, inesistenza delle razze, indoeuropei uniti solo da un punto di vista linguistico e non etnico, genderismo ,etc).
      Ciao Stefano, se dovesse capitarti di sentirlo salutami Catilina (mi è capitato di leggere un paio di suoi interventi sulla crisi russo-ucraina assolutamente perfetti).

  • Fabio Calabrese 19 Dicembre 2022

    Caro Roman von Ungern-Sternberg: vorrei ringraziarla del complimento, ma devo precisare che io mi chiamo Calabrese con la “e” finale, non con la “i”. E’ da quando fu assassinato il commissario Calabresi che questa cosa mi perseguita.

    • Roman von Ungern-Sternberg 20 Dicembre 2022

      Ha ragione sig. Calabrese, le assicuro che conoscendo e leggendo i suoi scritti da svariati anni il mio è stato un lapsus del tutto involontario, spesso purtroppo scrivo di fretta e senza rileggere, pertanto le porgo le mie scuse e le rinnovo la mia stima per il suo lavoro. Ad Maiora!

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