16 Luglio 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centoquarantanovesima parte – Fabio Calabrese

Cominciamo a riprendere il cammino della ricerca della nostra eredità ancestrale partendo dal mese di marzo. La mia tabella di marcia mi dice che questo nuovo articolo dovrebbe comparire sulle pagine di “Ereticamente” in aprile, il che significa che, grazie al lavoro fatto nel 2023 per ridurre la discrepanza temporale, la “forbice” tra gli eventi di cui vi parlo e il momento in cui i miei articoli compaiono sulle nostre pagine elettroniche, essa di è ridotta a un solo mese dopo essere giunta a sfiorare i cinque, e questo, come avete visto, sebbene io abbia ripreso ad alternare L’eredità degli antenati con articoli di altro genere. Non è la perfezione, ma è il meglio che potessi fare.

Ripartiamo da “Ancient Origins”. Un articolo non firmato del 1 marzo ci parla del ritrovamento di 16 oggetti di bronzo, in gran parte finimenti per carri, risalenti al I secolo dopo Cristo, nell’isola gallese di Anglesey. Si pensa che facessero parte di un’offerta sacrificale, poiché Anglesey è stata il luogo dell’ultima resistenza del druidismo contro l’occupazione romana.

Il 4 marzo un articolo di Sahir ci spiega che, in base a una ricerca condotta dall’Università Johannes Gutenberg di Magonza e dall’Università di Ferrara, le sepolture dell’Età del Bronzo potrebbero testimoniare una migrazione avvenuta all’epoca nelle Isole Britanniche, infatti, le modalità di inumazione con il seppellimento di defunti, soprattutto adulti e bambini, abbracciati, sono le stesse in Lussemburgo e in Gran Bretagna.

Talvolta, quello che veniamo a sapere degli antichi europei non è precisamente entusiasmante. Il 6 marzo, sempre Sahir ci racconta che secondo una recente ricerca dell’Università di Siviglia, 5.000 anni fa nella Penisola iberica vi erano donne sciamane e profetesse che raggiungevano l’estasi mediante una bevanda a base di polvere di cinabro, che conteneva mercurio, e aveva effetti letali per l’organismo.

Pare strano che una notizia come questa debba venire proprio oggi da quella martoriata terra che è l’Ucraina, ma sempre il 6 marzo un articolo di Nathan Falde ci racconta che i ricercatori dell’Accademia Ceca delle Scienze sono riusciti a datare una serie di strumenti litici provenienti dal sito ucraino di Korolevo. Risalgono alla bellezza di 1,4 milioni di anni fa. Un altro brutto colpo per i sostenitori dell’Out of Africa.

Il giorno seguente, Sahir ci parla di un ritrovamento molto più recente. Scavi nel centro storico della città svedese di Kalmar hanno portato alla luce 30.000 manufatti risalenti al periodo compreso tra il 1250 e il 1650. Questa città svedese ha certamente un passato ricco quanto poco conosciuto.

Sempre il giorno 7 Gary Manners ci racconta del ritrovamento fortuito di una spada vichinga risalente all’850 a Enslow nella regione inglese dell’Oxfordshire.

Dopo la brutta notizia per i sostenitori dell’Out of Africa, eccone una per i fautori dell’Ex Oriente Lux, cioè per quanti sostengono l’origine orientale o mediorientale della civiltà. L’agricoltura in Europa è molto più antica di quanto si pensasse finora. Un articolo di Sahir del 9 marzo, infatti ci racconta che nel sito di Anciens Arsenaux vicino a Sion, in Svizzera, sono stati rinvenuti solchi di aratro risalenti a 7.000 anni fa.

Vediamo cosa ci presenta in questo periodo “Ancient Pages”. Il 1 marzo ci dà la notizia che nel castello di Vilnius in Lituania è stata scoperta una tavoletta di piombo risalente al quattordicesimo secolo, con diverse righe di una scrittura sconosciuta. È un po’ lo stesso discorso del disco di Festo, essendo un esemplare unico e mancando termini di confronto, è impossibile da decifrare.

Il 5 marzo abbiamo la notizia del ritrovamento a Wólka Nieliska, nel distretto di Zamość, nel sud-est della Polonia di un distintivo o un ciondolo di età medioevale raffigurante un drago. Questi simboli, detti segni dei pellegrini, venivano dati come talismani beneauguranti ai devoti che raggiungevano santuari.

Tralascio ora articoli che riguardano altre notizie che sono le stesse riportate da “Ancient Origins”, e passiamo a dare un’occhiata a cosa ci riservano in questo periodo siti minori e media generalisti.

Cominciamo a dare un’occhiata a un sito che negli ultimi tempi ho trascurato, “ArcheoMedia”.

Si può cominciare da un documento insolito, che è un link del 22 febbraio a un filmato dell’associazione di rievocazione storica longobarda “La fara” (un’altra notizia, oltre a quelle di cui vi ho parlato la volta scorsa, di una giornata che ha presentato una concentrazione di eventi davvero notevole). C’è da dire che la pratica della rievocazione storica da parte di gruppi di appassionati è una realtà che si sta sempre più diffondendo, e, come vediamo qui, può finire per dare un utile supporto al lavoro di archeologi e storici professionisti.

Il video è dedicato ai corni potori longobardi. Si tratta di un’antica usanza germanica propria anche di questi ultimi, quella di svuotare le corna di animali, bovini in particolare, per impiegarli come bicchieri, ma una volta giunti in Italia, come c’era da aspettarsi, i Longobardi hanno adottato usanze più raffinate, e hanno iniziato a produrre corni potori di vetro. Sebbene all’epoca dovessero essere piuttosto comuni, data la fragilità del materiale, non se ne sono salvati molti, ma oggi gli archeologi li stanno riscoprendo, e rappresentano una forma di artigianato tipica e singolare.

Un articolo del 1 marzo con una lunga firma collettiva che ora non vi riporto, fa riferimento a uno studio già apparso su “Scientific Reports” che riguarda l’Età del Rame in Italia. L’esame degli isotopi presenti in oltre 50 reperti preistorici ha dimostrato che il rame di tutti gli oggetti prodotti tra la fine del V millennio e l’inizio del IV millennio avanti Cristo proviene dall’area balcanica, il che dimostra che già allora erano attive reti commerciali, ma a partire dal 3.500-3.600 a. C., le cose cambiano e il metallo utilizzato proviene dalla Toscana meridionale, probabilmente per la scoperta di miniere in loco.

Forse inizia qui quella tradizione che farà degli Etruschi eccellenti produttori di manufatti in bronzo, e continuerà poi in epoca storica con l’artigianato dei ramai.

Sempre il 1 marzo abbiamo l’annuncio dell’ottavo seminario ostiense che si terrà a Ostia (Roma) dal 21 al 23 marzo a cura dell’Academia Belgica e dell’Ecole Française de Rome e avrà per tema “Ostia prima del II secolo d. C. Un porto, una città, un territorio”.

Il 5 marzo apprendiamo che il giorno seguente, 6 marzo a Castellamare di Stabia (Napoli), riapre con un nuovo allestimento, il Museo Archeologico di Stabia Libero D’Orsi. Stabia, lo ricordiamo, fu il terzo centro investito dall’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, e anche i reperti di questo museo provengono dalle ceneri di quell’eruzione, recuperati dalle ville stabiane.

Sempre nell’area vesuviana, apprendiamo il giorno seguente che a Pompei per l’8 marzo saranno aperte per la prima volta al pubblico le Terme Femminili del Foro, con affreschi restaurati con tecniche di avanguardia e finora sconosciuti. Non a caso, per l’inaugurazione si è scelto il giorno della festa della donna.

Con soddisfazione, passo ora a darvi un paio di notizie che riguardano la mia regione. A Trieste, a partire dal 13 marzo fino a dicembre con cadenza mensile, presso il Civico Museo di Storia Naturale, si terrà una serie di conferenze sulla preistoria e la protostoria della regione e dell’Italia settentrionale, organizzate dalla Società per la Preistoria e la Protostoria del Friuli-Venezia Giulia in collaborazione con lo stesso Museo di Storia Naturale, e il comune di Trieste.

A Udine la Società Friulana di Archeologia e il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Udine organizzano “Saxa loquuntur 2024”, l’undicesima edizione del corso estivo di epigrafia che si terrà dal 19 al 25 agosto 2024.

ma il discorso è ben lungi dall’essere finito qui, ci sono altre fonti cui negli ultimi tempi non ho dedicato soverchia attenzione, ma lo sapete, nel mare magnum che è il web è quasi impossibile non trascurare qualcosa.

Vale la pena, ad esempio, di accennare a un articolo presente il 1 marzo su “Rivista etnie”. Forse non tutti sanno che non in tutte le culture in passato si faceva cominciare l’anno con gennaio. Il mese di aprile, ad esempio, si chiama così perché per gli antichi latini era appunto il mese che apriva l’anno. Per gli antichi Veneti esso invece cominciava con marzo, in coincidenza con la ripresa delle attività agricole dopo la pausa invernale, e il 1 marzo veniva celebrato accendendo fuochi e facendo un gran baccano, che aveva lo scopo di scacciare i gelidi demoni dell’inverno. Pare che questa tradizione si sia mantenuta a lungo nelle campagne, fin quasi ad arrivare ai nostri tempi.

Sempre il 1 marzo, un articolo di Laura Larcan su “Il Gazzettino” ci racconta di un nuovo affresco ritrovato a Pompei nella Casa di Leda, e che illustra il mito di Elle e Frisso. L’area pompeiana, a tutt’oggi è lontana dall’essere stata completamente esplorata, e riserva sempre nuove sorprese.

Il 2 marzo “The Daily Digest” ci parla del ritrovamento fra le rovine dell’archivio reale di Hattusa, la capitale dell’antico impero ittita, di alcune tavolette redatte non in lingua ittita, ma in una lingua indoeuropea finora sconosciuta provenienti da una regione che gli ittiti stessi chiamavano Kalasma. Se ve ne ricordate, ve ne avevo già parlato tempo addietro, e ora non mi soffermo.

Una notizia ci arriva da RaiNews24 il 3 marzo. In Inghilterra, nel sito di Smallhythe Place nel Kent è stata rinvenuta una testa di Mercurio in terracotta “estremamente rara”, ma questo è solo l’inizio, infatti gli scavi in questa località stanno facendo emergere le tracce di un intero insediamento romano finora sconosciuto.

Il 7 marzo “The Daily Digest” ci parla della grotta francese di Mandrin, di cui vi avevo già parlato tempo addietro, dove sono state rinvenute le prove di una coabitazione fra uomini di Neanderthal e sapiens “anatomicamente moderni” risalenti a 40-50 mila anni fa. Ora, grazie l ritrovamento di un dente molare, pare che si possa retrodatare di 10.000 anni la presenza di questi ultimi. Non è la confutazione definitiva dell’Out of Africa, ma essa diventa sempre più fragile, meno credibile a ogni nuova scoperta.

Le vie attraverso le quali la ricerca può aprire squarci sul nostro passato, a volte sono davvero sorprendenti. Tg.com24 del 10 marzo ci racconta una storia davvero singolare. Nel sito archeologico svedese di Huseby Klev, a nord dell’attuale Goteborg sono stati rinvenuti dei pezzi di resina masticati di età mesolitica, risalenti a 10.000 anni fa. Non si trattava di chewing gum preistorici, la resina veniva masticata per ammorbidirla e usarla come colla per fissare ai manici gli strumenti di pietra, ma ha conservato traccia di ciò che questi svedesi preistorici avevano in bocca, permettendoci di farci un’idea della loro dieta, sono state trovate tracce di DNA di cervo, di trota e di nocciole.

L’ho trovato riportato da diversi siti, e anche gruppi facebook, che non è il caso di nominare se non collettivamente. Sarà una coincidenza, ma senz’altro una di quelle che Jung chiamava coincidenze significative. L’8 marzo che è la giornata della festa della donna, è anche l’anniversario di uno dei più raccapriccianti eventi dell’antichità, quando un gruppo di cristiani, su istigazione del vescovo Cirillo, che poi la Chiesa ha fatto santo forse per questo bel gesto, ad Alessandria d’Egitto, rapi dalla propria casa Ipazia, la trascinò nel duomo, e dopo un breve processo-farsa la uccise seviziandola in maniera orribile, squartandone il corpo con cocci affilati. Ipazia aveva una doppia colpa, quella di essere pagana, e quella di essere una donna che osava occuparsi di filosofia, in tal modo, i cristiani sono riusciti ad ammutolire le donne per quasi due millenni.

Oggi si sentono spesso persone ingenue o ignoranti che, di fronte ai numerosi episodi di corruzione che punteggiano le vicende della Chiesa cattolica, reclamano il ritorno alla “purezza” del cristianesimo delle origini. Beh, i cristiani delle origini erano fanatici di una pasta niente affatto diversa da quella dei peggiori fondamentalisti islamici.

Ancora una volta, prima di concludere, vorrei evidenziarvi quelli che sono gli elementi emersi più rilevanti dal nostro punto di vista, ebbene, questa volta pare che ci sia solo l’imbarazzo della scelta.

Cominciamo con il dire che il ritrovamento ucraino di Korolevo, di strumenti litici risalenti a 1,4 milioni di anni fa dimostra la presenza di esseri umani già allora nel nostro continente. A questo si aggiunge il rinvenimento nella grotta francese di Mandrin, che ci fa supporre che la stessa presenza dell’uomo “anatomicamente moderno” in Europa sia molto più antica di quanto si è affermato finora, ma d’altra parte sappiamo che esso si è incrociato con gli uomini di Neanderthal e di Denisova, dando luogo a una discendenza fertile, noi che portiamo nel nostro patrimonio genetico le tracce di questi accoppiamenti, e questo significa che questi antichi uomini appartenevano alla nostra stessa specie, presente dunque nel nostro continente da centinaia di migliaia di anni. A questo punto, l’Out of Africa non si può considerare nemmeno una teoria, ma una bufala propagandistica, i cui motivi sono peraltro ovvi.

Venendo a tempi più vicini a noi, la scoperta di tracce di aratura risalenti a 7.000 anni fa ad Anciens Arsenaux in Svizzera, smentisce un’altra bufala, quella dell’ex Oriente lux, cioè la presunzione che la scoperta dell’agricoltura, quindi la possibilità di creare comunità umane stabili, la civiltà, siano avvenute in Medio Oriente.

Venendo a tempi storici, abbiamo visto come il mondo romano rimane sempre una stella di prima grandezza dell’archeologia antica, in particolare per quanto riguarda i ritrovamenti dell’area vesuviana, fra cui si segnalano i nuovi affreschi scoperti nelle domus pompeiane.

Ripercorrere la vicenda di Ipazia ci fa comprendere quanto sia falsa la storia della cristianizzazione affidata alla mite predicazione. In realtà, la “nuova fede” fu imposta con violenza inaudita, culminata nell’editto di Tessalonica del 380 che comminava la pena di morte a chi continuava a seguire i culti degli avi.

Tuttavia, come ci fa comprendere l’articolo sulla “Rivista etnie”, soprattutto nelle campagne, il paganesimo, mascherato da semplici consuetudini, superstizioni popolari, folclore, sopravvisse a lungo, e quando la Chiesa cominciò a sradicarlo davvero, si iniziarono i processi inarrestabili di laicizzazione e di secolarizzazione. C’è da dubitare che l’Europa sia mai stata veramente cristiana.

 

NOTA: Nell’illustrazione, l’affresco pompeiano recentemente ritrovato, che raffigura il mito di Elle e Frisso.

 

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