9 Aprile 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centoquattordicesima parte – Fabio Calabrese

Solitamente, dopo aver steso le note che compongono una Eredità degli antenati, passo a occuparmi di altre cose, e lascio la situazione decantare, in attesa che si accumulino nuove informazioni riguardanti la nostra eredità ancestrale. Stavolta, invece, mi attaccherò senza soluzione di continuità alla centotredicesima parte.

E’ successo, l’avrete notato, che i primi giorni di febbraio 2023 sono stati eccezionalmente ricchi di novità, sia per quanto riguarda i siti “generalisti” (cioè quelli che perlopiù si occupano di tutt’altro), e qui hanno fatto certamente gioco i lavori per la realizzazione della linea C della metropolitana di Roma che hanno portato alla riscoperta del primo chilometro perduto della via Appia, e si ha davvero l’impressione che non sia possibile scavare in un qualsiasi luogo della nostra capitale senza che salti fuori qualche inatteso tesoro archeologico, sia l’infaticabile “Ancient Origins” che a fine gennaio/inizi febbraio è esplosa in un vero florilegio di articoli, al punto che, per evitare di stilare un articolo di proporzioni abnormi, ho dovuto trascurare le informazioni provenienti da altri siti che di solito ci informano sulle tematiche archeologiche: “The Archaeology News Network”, “The Archaeology Magazine”, “ArcheoMedia”, eccetera, una lacuna che ora mi appresto a colmare.

Tutto ciò ha anche un lato negativo, perché in tal modo “la forbice” tra gli eventi e il momento in cui arrivo a parlarne sulle pagine di “Ereticamente” sembra allungarsi indefinitamente, ma l’esperienza mi ha dimostrato che si tratta di una negatività relativa, infatti, a periodi nei quali gli eventi si succedono a pioggia, possono facilmente subentrare altri “di secca”.

Cosa sorprendente, abbiamo nuove informazioni anche dai siti “generalisti”, e anche stavolta, inizieremo proprio da quelli.

Il 2 febbraio, MSN.com riporta un articolo da “Esquire” in cui si parla della storia leggendaria, del mito se vogliamo, della spada di Damocle, narrata da Timeo di Tauromenio e poi ripresa da Cicerone nelle Tuscolanae Disputatones. Un tiranno di Siracusa, Dionigi I o II avrebbe risposto agli elogi di un cortigiano, Damocle appunto, facendogli prendere il suo posto per un giorno, ma facendo appendere sul suo capo una spada legata da un capello. L’insegnamento che Dionigi voleva dargli, è che il potere comporta sempre grandi pericoli.

A Roma gli scavi per la realizzazione della linea C della metropolitana fanno emergere sempre nuovi reperti dal sottosuolo. Stavolta sono emersi i frammenti di una coppa in vetro dorato che riportano la rappresentazione di una figura femminile con elmo e lancia, che dovrebbe essere la dea Roma, personificazione della città. Si riconosce in particolare per l’elmo munito di un triplice cimiero, ricorrente nelle immagini della Dea Roma. Sull’argomento, MSN.com del 3 febbraio riporta un articolo di Vera Monti ripreso da “Notizie.it”.

Sempre seguendo MSN.com, passiamo all’estero, con un articolo di Debora Gandini del 7 febbraio ripreso da “Euronews”, e precisamente in Danimarca, dove al Museo Nazionale Danese sarà esposta fino al 4 febbraio 2024 una collezione di migliaia di oggetti rinvenuti nel corso degli anni dai cercatori muniti di metal detector. La legge danese obbliga i cercatori a cedere i reperti allo stato in cambio di una ricompensa.

Il lotto più consistente, un vero tesoretto, viene dal villaggio di Videlev vicino a Jelling, si tratta di “Grandi medaglioni d’oro, monete romane trasformate in gioielli. Forse, sostengono gli esperti, il tesoro fu sepolto per nasconderlo ai nemici o come tributo agli dei”, che risalirebbe a 1.500 anni fa.

Viene amaramente da osservare che una cosa simile è possibile in un Paese dove c’è non solo la passione per la storia, ma un rapporto di fiducia fra stato e cittadino. Da noi simili ritrovamenti sarebbero trafugati dai tombaroli per sparire nel mercato clandestino delle opere d’arte.

Ci addentriamo ora nella preistoria più profonda. Sempre MSN.com del 7 febbraio riporta un comunicato ANSA che ci parla del ritrovamento nel sito minerario di Neumark-nord nella Germania nord orientale dei resti della macellazione di oltre 70 esemplari di Elephas antiquus, l’elefante preistorico dalle caratteristiche zanne dritte che un tempo abitava in Europa. Il sito pare essere stato usato nell’arco di 300 anni, inoltre le ossa non presentano segni di essere state rosicchiate, il che vuol dire che la carne macellata era protetta dalle rapine di eventuali altri animali selvatici, ma quello che più sorprende, è l’età del sito, datato a circa 75.000 anni anteriori all’arrivo dei Cro-magnon in Europa (a sua volta collocato attorno a 50.000 anni fa), quindi questo sito è attribuito agli uomini di Neanderthal, che evidentemente erano abbastanza organizzati da poter uccidere grosse prede come l’Elephans antiquus, un bestione più grosso degli attuali elefanti africani, che misurava fino a quattro metri di altezza al garrese. Più conosciamo i neanderthaliani, più questi nostri predecessori ci appaiono simili a noi. Lo studio su questi ritrovamenti è stato condotto dal Museo e centro di ricerca Monrepos, tedesco, in collaborazione con l’Università di Leida (Paesi Bassi).

Il 9 febbraio MSN.com torna a parlarci di antichità romana con un video ripreso da “Funweek” che ci parla della leggenda della rupe Tarpea. Questa rupe, che si trova sul lato meridionale del campidoglio, e dalla quale venivano gettati i traditori, prenderebbe il nome da Tarpea, vissuta tra il IV e il III secolo avanti Cristo. Costei figlia di Spurio Tarpeio, custode della rocca capitolina, e si sarebbe fatta convincere ad aprire le porte della città ai Sabini, e gli stessi Sabini l’avrebbero poi “ricompensata” uccidendola.

Parliamo di un inquietante mistero dell’età medioevale: un articolo sempre del 9 febbraio ripreso da “Esquire” ci parla dello scheletro di una donna rinvenuto l’anno scorso nel cimitero del villaggio di Pien in Polonia, che è stato studiato dai ricercatori dell’Università di Torun. Costei presentava un incisivo di lunghezza anomala, un’anomalia sufficiente per ispirare timori superstiziosi sulla sua natura, ed era stata sepolta con un lucchetto all’alluce sinistro e una lama di falce attorno al collo. I ricercatori pensano che la donna fosse stata ritenuta dai suoi contemporanei una vampira, e che il lucchetto e la falce fossero precauzioni per impedirle di uscire dalla tomba.

Torniamo in Italia, e precisamente a Roma. Sempre MSN.con del 9 febbraio ci racconta che davanti all’Università La Sapienza c’è una statua di Minerva. Si tratta di una statua di fattura moderna, tuttavia una superstizione diffusa fra gli studenti secondo la quale essa non deve essere guardata negli occhi il giorno di un esame, pena il fallimento dello stesso, fornisce l’occasione per un excursus mitologico su questa divinità corrispondente alla greca Atena, nata adulta e armata di tutto punto dalla testa di Giove/Zeus, e che in ragione di questa nascita singolare sarebbe la dea della saggezza e della sapienza (oltre che nella versione greca, la protettrice di Atene).

Naturalmente, avendo la volta scorsa attinto con larghezza ad “Ancient Origins”, non ci sono ora grosse novità da aspettarsi al riguardo, ma qualcosa comunque c’è. Un articolo di Nathan Falde del 6 febbraio ci parla del rinvenimento sulla riva meridionale del Lough Foyle in Irlanda del Nord, delle tracce (rovine e alcuni manufatti) di due grandi abitazioni neolitiche risalenti a 5.800 anni fa. Come spesso accade, il ritrovamento è avvenuto nel corso di una prospezione per la costruzione di un complesso abitativo.

Purtroppo, tocca dare notizie non solo di nuove scoperte e ritrovamenti. Spesso ci siamo confrontati con testimonianze del passato che ci dimostrano che le generazioni vissute prima di noi erano assai meno arretrate di quel che si è soliti pensare e, viceversa, abbiamo riscontrato talvolta spiacevoli riprove dell’insipienza dei nostri contemporanei. Un articolo sempre di Nathan Falde del 9 febbraio ci informa di un fatto davvero spiacevole: uno scriteriato ha danneggiato la Lia Fail, la Pietra del Destino di Tara, il “cuore sacro” dell’Isola Verde, dove venivano proclamati i re irlandesi.

Falde parla di “un vandalo senza cervello”, e su questo magari ci sarebbe qualcosa da dire, perché tutto sommato si fa torto al popolo di Genserico paragonando ad esso i più scriteriati dei nostri contemporanei.

Il 10 febbraio un articolo di Cecilia Bogaard ci pone un quesito. Perché i legionari romani portavano le famose creste rosse sugli elmi, quelle stesse che vediamo in tutti i film sull’antica Roma? C’era un motivo pratico: quello di riconoscersi fra loro quando i combattimenti all’arma bianca si traducevano in una serie di scontri individuali e c’era il rischio di non distinguere un commilitone da un nemico, la stessa funzione delle uniformi moderne. Oltre a ciò ovviamente, il cimiero aumentava l’imponenza del combattente per intimorire il nemico.

Il 10 febbraio “Ancient Origins” ci presenta un articolo piuttosto insolito, del dr. Michel Arnheim, che è un avvocato, e ha esaminato dal punto di vista giuridico il concetto di monarchia nel mondo greco a partire dal V secolo avanti Cristo. Sostanzialmente, ci dice Arnheim, nel mondo greco esistevano due tipo di regimi, monarchico e oligarchico. Il re, spesso non era tale per motivi dinastici, ma perché riusciva a calamitare attorno a sé in modo carismatico un consenso popolare spesso in opposizione alle aristocrazie tradizionali. La figura del re si confonde con quella del tiranno.

“Tyrannos” nell’antica Grecia non indicava necessariamente un potere dispotico, ma chi aveva preso il potere indipendentemente dalle magistrature ufficiali. Pisistrato, tiranno di Atene, ad esempio, pare fosse un buon governante, cosa che non si poté dire dei suoi figli Ippia e Ipparco.

Tutto ciò, a me personalmente ha ricordato il fatto che l’evoluzione politica romana presenta una storia parallela, con una serie di “tiranni” che hanno preparato l’avvento dell’istituzione imperiale: Mario, Silla, Giulio Cesare.

Passiamo a “The Archaeology News Network”, e a un articolo di cui vi do la notizia purtroppo in ritardo, poiché negli ultimi tempi ho mancato di visionare il sito che mostrava ben pochi segni di vitalità, il pezzo in questione risale a novembre, ma, data l’importanza dell’argomento, mi sembra ugualmente il caso di parlarne.

Il ricercatore dell’Università di Siviglia Jorge Rivera, tecnico dei radioisotopi, applicando la tecnica di luminescenza stimolata otticamente, ha potuto rilevare che le impronte fossili ritrovate nel 2020 a Metascalanas (Huelva) sono di 200.000 anni più antiche di quanto si pensasse, risalendo a quasi 300.000 anni fa, si tratta di impronte umane perfettamente bipedi, non diverse da quelle che potrebbe lasciare un uomo dei nostri giorni.

Certo, verrebbe da dire che 300.000 anni sono ancora poca cosa a confronto delle analoghe impronte cretesi risalenti a 7,5 milioni di anni fa, ma non dimentichiamo che proprio in Spagna sono stati ritrovati i resti del cosiddetto uomo di Atapuerca (Homo antecessor), più antico dei neanderthaliani e, parrebbe, dello stesso Homo erectus (si parla di 600.000 anni fa) che sta mettendo in grave imbarazzo gli antropologi evoluzionisti per la sua somiglianza con l’uomo moderno.

“The Archaeology Magazine” ci presenta in questo periodo diverse cose interessanti. Abbiamo la notizia del rinvenimento in Polonia, vicino a Torun di un sito risalente a 2.500 anni fa:

“[I ricercatori hanno] scoperto una collezione di 2.500 anni di collane di bronzo, bracciali, schinieri e spille (…). e pezzi di tessuto, corda, strumenti fatti di corna, accessori in lamiera di bronzo e accessori per finimenti per cavalli in bronzo. Jacek Gackowski della Nicolaus Copernicus University ha esaminato i manufatti e ha detto che la maggior parte di essi può essere associata alla cultura lusaziana locale, ma alcuni di essi potrebbero essere stati realizzati dagli Sciti”.

Torniamo nella Penisola iberica per segnalare due altre scoperte: in Portogallo si è scoperto che gli uomini di Neanderthal avevano una dieta più ricca di quanto si pensasse, che includeva anche i granchi.

Le prove che i Neanderthal cucinavano e mangiavano granchi marroni circa 90.000 anni fa sono state scoperte nella Gruta de Figueira Brava in Portogallo da un team di ricercatori guidati da Mariana Nabais dell’Istituto catalano di paleoecologia umana ed evoluzione sociale (IPHES-CERCA)”.

Scoperta di tipo completamente diverso in Spagna, dove nella città romana di Licabrum nel sud del Paese, ricercatori delle Università di Malaga, Carlos III di Madrid e di Cordoba, hanno trovato un mitreo al disotto di una villa romana del II – III secolo dopo Cristo già nota dal 1970.

A parlarci di Romani è anche “ArcheoMedia” che in un articolo dell’8 febbraio ci segnala la scoperta a Nimes, in Francia, dei resti di una villa romana del II secolo dopo Cristo con un pavimento a mosaico, e di un isolato della stessa epoca che sono stati rinvenuti al disotto di un parcheggio. La scoperta è stata fatta dai ricercatori dell’INRAP (Istituto Nazionale per le Ricerche Archeologiche Preventive).

Riassumendo un po’ le fila del nostro discorso, quel che più sorprende in questo periodo, è l’interesse per il nostro passato remoto manifestato dai media generalisti. Almeno in parte, ciò può essere spiegato per il fatto che proprio qui da noi in Italia abbiamo avuto recentemente alcune scoperte molto significative, come i bronzetti emersi dal fango del fondo della piscina votiva di San Casciano dei Bagni (Siena), per non parlare di tutto quanto è venuto alla luce e sta tuttora emergendo a Roma in conseguenza dei lavori per la realizzazione della linea C della metropolitana, ma per il resto, è una sorpresa più che gradita.

Che dopotutto vi sia un risveglio di consapevolezza di qualcuno stufo di un sistema mediatico che ci infligge perlopiù Grande Fratello, amenità natalizie, festival di Sanremo?

Per nostro conto, non possiamo che prendere la palla al balzo e ricordare, sempre, che siamo figli di una grande civiltà dalle radici profonde e antiche, e che abbiamo un importante testimone da passare alle nuove generazioni.

 

NOTA: Nell’illustrazione, immagine della dea Roma, incisione dorata parte di una coppa vitrea ritrovata negli scavi per la linea C della metropolitana romana.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *