Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

4 Febbraio 2025
Musica

La lezione di Piero Buscaroli – Pier Franco Lisorini

Il 16 febbraio di due anni fa moriva a 86 anni Piero Buscaroli. Grande musicologo, il maggiore forse del Novecento, profondo conoscitore di Mozart, Beethoven, Bach ma anche giornalista, saggista, storico e, soprattutto, uomo libero come ce ne sono pochi e, nel mondo accademico o nelle redazioni, quasi punti. Un uomo libero come libera è la musica, sottratta, a differenza della parola, ai vincoli della grammatica, del significato, della compatibilità e della convenienza sociali. Simile in questo a un altro grande cultore di musica, Nietzsche, che si illudeva di poter trasferire nella parola la medesima libertà della musica, sfidando il paradosso e la provocazione e il rischio di voler semplicemente épater les bourgeois.

Nel secolo del politicamente corretto c’è poco spazio per un uomo libero, che pretende di essere libero di dire anche cose sgradevoli, di sfidare il senso comune, la buona creanza, il perbenismo e l’ipocrisia. Libero anche di fare affermazioni di cui dopo ricredersi, di oggettivare il lato oscuro dei propri pensieri e dei propri sentimenti, non per fare scandalo ma per liberarsi di un peso, per scaricare all’esterno scorie e sedimenti che solo se portati alla luce possono essere eliminati. Homo sum, nihil humani a me alienum puto, suona la battuta messa in bocca da Terenzio al suo personaggio, ma spesso si deve fare i conti con aspetti dell’umanità incompatibili con ciò che si vuol essere, come l’omosessualità che per essere rifiutata va riconosciuta e respinta. E allora non è una scelta legittima, una variazione sul tema, un arricchimento come la biodiversità, non è il “gay” che smussa le differenze e rimane come possibilità ma è il frocio o la checca da cui prendere le distanze, non per esecrarlo o punirlo ma per oggettivarlo e liberarsene. Non è omofobia come pretendono le anime belle, è solo il desiderio di fare chiarezza, di liberarsi dal peso della rimozione.

Un uomo libero, che, disgustato da questa repubblica nata male e cresciuta peggio, si proclamava ostentatamente fascista, sapendo bene che il fascismo è il passato, il non più affidato unicamente al ricordo, alla nostalgia, quella stessa struggente nostalgia che mostrava al Carducci “le donne gentili che danzavano in piazza e co’ re vinti i consoli tornavano”. E poco importa se il fascismo è stato anche servilismo, gonfia retorica, profittatori di regime, nuova pacchiana aristocrazia, come poco importa se il medioevo è stato anche ignoranza, sporcizia, superstizione: quel che conta è la mente libera e sognatrice dei grandi uomini che proiettano nel passato i propri sogni e soffrono le angustie del presente. Buscaroli era per questo in buona compagnia: grandi che nulla concedono alle orecchie pudiche dei benpensanti, aspri, assetati di verità, intransigenti come Leopardi che senza infingimenti condanna senza appello “l’amore universale, che, distruggendo l’amor patrio non gli sostituisce verun’altra passione attiva” ed è all’origine del “guasto” e decadenza delle nazioni”.

Ma era soprattutto uomo “enciclopedico”, secondo la definizione dello stesso Leopardi, non chiuso all’interno di competenze divenute asfittiche ma curioso e aperto verso tutto l’universo del sapere quanto disponibile all’impegno nel presente. Che non significa erudizione, tuttologia o, peggio, pretesa di invadere campi sconosciuti forti del prestigio conseguito nel proprio. Esattamente il contrario: non l’auctoritas ma l’humanitas, che non riduce la conoscenza a strumento di potere ma la riporta alla sua vera natura di epifania della ragione e che per essere individuale deve poter essere collettiva. E, riguardo all’impegno nel presente, in essa si esprime, insieme alla rivendicazione della propria personale esperienza, il proprio essere politico e sociale, senza aver niente a che vedere con l’intellettuale – parola orribile e insensata – engagé, impegnato, o, meglio, asservito e al soldo di una parte politica, che è poi sempre la stessa. Humanitas che, mi si consenta, è del tutto estranea ai gigioni da salotto e da palcoscenico come Sgarbi, scopritore un giorno sì e l’altro pure dell’acqua calda, falso anticonformista e perfettamente allineato e integrato, che invoca Catullo conosciuto per sentito dire, si inchina ai valori della resistenza e, bontà sua, riconosce che tutta l’intellighenzia comunista era cresciuta sotto le ali di Bottai.

Buscaroli no. Uomo di studi più a suo agio coi classici che con i best seller del momento, anche se di destra, di poche ma selezionate letture, animato dal proposito di far conoscere alle nuove generazioni quello che le vecchie hanno taciuto e stravolto, dal mito della resistenza al silenzio tombale sul terrorismo aereo degli angloamericani. Una strategia criminale, quella, che se viene ripetuta su piccolissima scala da Assad le vestali dell’antifascismo e i pennivendoli di regime si stracciano vesti; quella stessa strategia criminale che pretendeva di giustificare le atomiche su Hiroshima e Nagasaki con l’aver costretto il Giappone alla pace con due settimane di anticipo, che distrusse la più bella città della Germania, che a Milano aveva come bersaglio scuole e asili e, a guerra finita, per fare un favore a Tito si accaniva sulla Dalmazia italiana. L’aver scoperchiato questo vaso di ipocrisia e menzogne in una serie di servizi pubblicati sul Giornale di Feltri prima di esserne allontanato non è l’unico titolo di merito di Buscaroli giornalista. Il maggiore è proprio l’esser stato ridotto ai margini, confinato nella critica musicale, scotomizzato, la migliore prova della sua incompatibilità e della incompatibilità di ogni voce libera con questo regime marcio fino alle midolla.

 

Pier Franco Lisorini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *