10 Aprile 2024
Attualità

La dittatura del Drago – Umberto Bianchi

In tutta la complicata vicenda ingeneratasi in Italia ed in Europa con la pandemia, il varo del governo Draghi costituisce, di per sé, un vero e proprio salto di qualità. Mario Draghi, anzitutto, è stato elevato al soglio di Premier, senza passare per quel certificato di consenso popolare dato dalla prova delle urne, rimarcando ulteriormente (se mai ve ne fosse stato il bisogno…sic!) quella che senza mezzi termini, possiamo definire una involuzione autoritaria del nostro sistema democratico. Ma l’elemento di maggior novità, nell’intero contesto, è sicuramente rappresentato dal fatto che, tramite la carismatica figura di Mario Draghi, i centri dei poteri finanziari globali, hanno direttamente assurto le redini del governo di una paese, senza passare per la mediazione politica, come poteva essere per il caso del precedente premier Conte o nel caso del governo Monti che, sebbene, al pari di Draghi, fosse un “tecnico”, di questo non aveva la caratura e l’alto profilo operativo, in termini di precedenti incarichi e responsabilità.

Ora, partendo da queste premesse, evitando la tentazione di fin troppo facili e superficiali scorciatoie e semplificazioni, bisognerebbe cercare di capire, quali sono le prospettive ed in quale direzione va il nuovo esecutivo. E qui veniamo all’ulteriore elemento di novità, rappresentato dalla massiccia compresenza nella compagine esecutiva, di quasi tutte le forze dell’arco parlamentare, con l’eccezione di una parte di Sinistra Unita, di Nicola Fratoianni e di Fratelli d’Italia, di Giorgia Meloni. Da più parti, si parla di un esecutivo scombinato e raffazzonato, la cui eterogenea composizione, prima o poi, ne causerà la paralisi ed infine la caduta, nel solco di una italica consuetudine, tutta all’insegna di un’endemica instabilità politico-istituzionale.

A riannodare il bandolo dell’intera matassa, l’elemento che abbiamo poc’anzi messo in risalto, dato dal fatto che quella di Draghi non è un nomina né casuale né pro tempore, bensì il frutto di un preciso indirizzo,dettato da quei centri di potere finanziario, (di cui Bruxelles è l’espressione più visibile), a cui l’intera politica italiana ha clamorosamente e sfacciatamente, deciso di abiurare e delegare le proprie funzioni di coordinamento. In questo contesto, i partiti politici, nel tentativo di non perdere la faccia davanti all’opinione pubblica ed al fine di trarre dei benefici elettorali, hanno deciso di entrare a gamba tesa in un esecutivo tecnico, senza andar troppo per il sottile.

I Cinque Stelle, sempre più divisi e lacerati al proprio interno tra favorevoli e contrari al nuovo esecutivo, dopo la disastrosa gestione del governo Conte, con la coscienza di un sempre più deciso sfaldamento delle proprie fila,cercano di rimanere, ora più che mai, attaccati alle proprie poltrone, accettando qualunque tipo compromesso con la figura del neo Premier. La sinistra istituzionale (Pd e Leu…), invece, abiurata definitivamente qualsiasi valenza libertaria, qualunque istanza di difesa dei ceti meno abbienti e più deboli, sta sempre più assumendo al ruolo di stampella dell’ala liberista dei centri di potere globale, attraverso una prassi politica sempre più connotata da un liberticida emergenzialismo e dal supporto ad una serie di odiose ed ottuse forme di burocratismo e di fiscalismo, addolcite con delle forme di ridicolo pseudo assistenzialismo; e qui basterebbe pensare alla politica dei “ristori” alle attività colpite dai provvedimenti “anti pandemia”.

Se dall’altro versante dell’arco istituzionale, la scelta collaborativa di partiti come Forza Italia o di Italia Viva, non meravigliano più di tanto, quello che invece dà maggiormente nell’occhio, è lo sfaldamento della italica destra, frettolosamente definita “sovranista” e/ o “identitaria”, divisa tra il nuovo indirizzo “collaborativo” della Lega di Salvini e la sinora tiepida, opposizione di Fratelli d’Italia. Nel primo caso, la Lega e la figura del suo leader, Matteo Salvini, hanno dimostrato di non essere assolutamente all’altezza del ruolo di capofila di tutta un’area di istanze declinate all’insegna del sovranismo. Dall’anti europeismo, alla contrarietà alla moneta unica, sino alle politiche fiscali, passando per le politiche sul fenomeno del traffico di esseri umani, chiamato “immigrazione”, la Lega, schierandosi con chi, di “euro forever”, ha fatto il proprio manifesto politico ed esistenziale, ha de facto totalmente abiurato a quelli che diceva essere i propri principi fondativi, sempre più, pertanto, condannandosi ad un ruolo di irrilevanza o, comunque, accettando di assurgere al ruolo di componente interna di “destra”, all’interno dello schieramento globalista. Capitolo a parte merita, invece, Fratelli d’Italia. Ad ora, non si capisce se il suo è l’inizio di un vero e proprio percorso di dura opposizione politica o se è, soltanto, una forma di diversivo che, attraverso un’opposizione di “sua maestà” possa recuperare quei voti di destra che, scontenti delle scelte leghiste o italo forzute, verrebbero successivamente re immessi nell’alleanza di centro destra. A dimostrazione di quanto detto, potrebbero andare le recenti dichiarazioni di Giorgia Meloni, sul proseguio dell’alleanza di centro destra alle elezioni amministrative. Ma, anche in questo caso, il “se” è d’obbligo. C’è la concreta possibilità che il leader della Lega, sostenendo l’esecutivo Draghi, abbia voluto “coprirsi le spalle”, sia per dare un volto di maggior rispettabilità politica al suo partito che, non ultimo, per cercare di frenare la corrosione del suo bacino elettorale da parte di Fratelli d’Italia. De facto, ad oggi la Lega, assieme a Forza Italia governa con la sinistra ed i Cinque Stelle e la tentazione di far fuori, nel tempo, uno scomodo “competitor politico”, potrebbe farsi sempre più strada nella mente sia del leader leghista, che in quella del suo co-inquilino politico, Silvio Berlusconi.

Al di là di tutto, però, un fatto è certo. Da una parte, l’Europa Comunitaria, non poteva accettare che i soldi del “recovery fund” finissero nelle mani di Pentastellati o Piddini, magari bruciati o dispersi nei meandri dell’italica burocrazia e nelle tasche dei suoi gregari. Dall’altra, l’incubo di un repentino cambio di rotta della politica italiana e l’ipotesi di un uso dei fondi comunitari, per operazioni nel reale interesse del paese, era sempre presente. L’imposizione dall’alto di Draghi a guida dell’attuale esecutivo, va proprio in questa direzione.

I soldi del “recovery”, debbono andare per tutte quelle operazioni gradite a Bruxelles. E, al di là delle belle parole e dei salamelecchi vari, Draghi ha subito dato prova di quanto abbiamo detto. Il progetto di modificare il sistema tributario italiano, attraverso l’istituzione di una tassazione progressiva, (ponendo così, una pietra tombale sui vari progetti di flat tax…), la proroga delle misure restrittive, la proposta di ancor più restringere le già scarse elargizioni di risarcimenti , ad un sempre minor numero di aventi diritto, sono tutti segnali che vanno nella direzione di quanto abbiamo sinora detto. Con buona pace di una classe politica e di un sistema democratico che, lo ripetiamo, hanno oramai, definitivamente abiurato e ceduto i propri ambiti di competenza, al liberismo finanziario, mantenendo solo, le solite, comode, immarcescenti poltrone, con “benefit” annessi. Alla faccia delle attività che chiudono, dei posti di lavoro che vanno in fumo e dei conti da pagare…

UMBERTO BIANCHI

3 Comments

  • Gianfranco Bilancini 25 Febbraio 2021

    :Esposizione chiara ed inattaccabile; rimane da definire, se mai sarà possibile, il ruolo dell’elettorato, perché prima o poi dovrà in qualche maniera esprimersi ed in questa ottica, credo, debba vedersi il comportamento della Meloni. La leader di FdI si è dimostrata molto furba perché, pur non chiudendo tutte le porte alla dittatura bancaria ha lasciato a quest’ultima l’inizio delle danze politiche. Non è difficile immaginare che al primo scossone di insofferenze nella compagine governativa o alla prima tornata elettorale (amministrative) il partito della Meloni calerà l’asso. A quel punto e solo a quel punto si potrà verificare il vero volto di FdI: o saliranno sugli scudi o ricatteranno gli eurocrati per poltrone molto più sostanziose delle briciole che la miopia politica della Lega ha raccolto.

  • Francesco Colucci 26 Febbraio 2021

    Affermava il grande Mark Twain: se votare servisse a qualcosa non ce lo farebbero fare. L’elettorato in Italia non ha più alcun ruolo da tempo: a fronte di un livello di astensione che si avvicina o in alcuni casi supera il 40%, il ricorso alle urne è diventato solo una patetica pantomima, uno spettacolino imbastito per il popolino al quale si vuole far credere che il suo parere conti ancora qualcosa, mentre in realtà le schede elettorali depositate nell’urna solo carta straccia. Sono fondamentalmente d’accordo perciò con l’analisi di Umberto Bianchi. In pieno naufragio, mentre il Titanic si inabissa di prora tra i flutti di una pseudo-pandemia, si tira fuori ancora una volta dal cappello a cilindro dell’illusionista la figura taumaturgica di un Salvatore della Patria, di un tecnico eccellente super partes, che grazie ai suoi straordinari super-poteri ricucisca la trama della narrazione mitologica della ricostruzione e della rinascita a cui tutti paiono tendere la tazza come mendicanti in attesa dell’elemosina. Mario Draghi finirà anche lui, prima o poi, per cadere in pasto in pasto alle congiure degli eunuchi di palazzo e delle lotte fratricide di una maggioranza parlamentare che non è mai stata così raffazzonata e improbabile, ma nel frattempo riuscirà molto probabilmente a portare termine il suo piano di resa incondizionata del Paese di fronte alla Santa Alleanza di Bruxelles utilizzando, naturalmente, il cavallo di Troia del MEF: una pioggia di miliardi di debiti che porterà l’Italia dritta dritta nell’abisso della bancarotta vigilata. Questa è la vera posta in gioco, sic et simpliciter. E tutto ciò mentre altre nazioni d’Europa, ben più determinate, ben più assertive, ben più coese nel rivendicare i diritti di un sovranismo naturale, come la Polonia e l’Ungheria, imboccano tra il disinteresse e l’impotenza delle istituzioni europee la strada di un nazionalismo autoritario, persino liberticida, che costituisce la negazione stessa dell’idea di casa comune. Forti coi deboli e deboli coi forti. Come sempre, d’altronde. Grazie Mario.

  • Gaetano Mora 2 Marzo 2021

    Analisi perfetta. Praticamente non si salva nessun partito , movimento o primo ministro. A questo punto una domanda sorge spontanea: dov è la soluzione. Probabilmente non c’e perché l’Italia è bella ma il problema sono gli Italiani che in 70 anni non sono riusciti a fare grande questa Nazione. E allora non so se il male peggiore sia l’arrivo di Draghi…

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