8^ parte – Inizia un nuovo decennio e appare il fantasma di Ezra Pound: 1920 – 1922
Con il terzo decennio del XX secolo le poesie di Lovecraft diventano ancora più “rarefatte” nel numero; pochi versi, dunque, e fra questi troviamo rari esemplari di quelli che noi abbiamo definito “politici”. Da notare che si sono placati del tutto, nella vena poetica lovecraftiana, i “venti di guerra”, che tanto l’avevano scossa negli anni precedenti. Secondo S. T. Joshi (il maggior biografo di HPL) nel 1920 i componimenti furono soltanto 21, ai quali se ne possono aggiungere tre o quattro di datazione incerta; nel 1921 se ne contano appena otto, e giusto sette nel 1922. Il Sognatore di Providence aveva ormai intrapreso la strada del narratore in prosa, che gli avrebbe donato – seppur anni dopo la sua morte – l’immortalità.
52. On Religion (Sulla religione), 1920
Componimento in 32 versi che riflette (come altri scritti e saggi del letterato) le posizioni di HPL contro le religioni costituite. Lovecraft aveva sicuramente la mente aperta verso il soprannaturale, verso il mistero, verso l’inesplicabile (altrimenti non si spiegherebbero gli innumerevoli accenni, nei suoi componimenti, all’antichità pagana – oppure i numerosi poemetti, inviati ad amici e conoscenti, in occasione delle festività cristiane, come il Natale), ma non accettava i riti imposti dai sacerdoti e dalle chiese, né le parole fossilizzate sugli antichi testi sacri del monoteismo. In molti casi si è parlato di “ateismo lovecraftiano”, in merito a queste posizioni del poeta; in altre sedi leggiamo addirittura che Lovecraft sarebbe il “fondatore del cosmicismo”, per cui il Cosmo sarebbe del tutto indifferente nei confronti dell cose umane. Forse sarebbe più corretto parlare di “agnosticismo” o di sospensione del giudizio.
(…) thou whose mind in kindly myth retires
Spurning the beck’ning flame of Reason’s fires,
Dream while thou mayest, with the heart of youth,
Nor seek the curst, revealing glare of Truth:
From boundless space thy searching eyes remove,
And of gay poppies weave thy God of Love!
(… tu che culli la mente nelle comode dolcezze del mito
Respingendo la fulgida fiamma del fuoco acceso dalla Ragione,
Continua pure a sognare finché puoi, con l’afflato della giovinezza,
Senza mai cercare quello scomodo, dannato, rivelatore scintillio della Verità:
Distogli il tuo sguardo indagatore dagli spazi infiniti
E con allegri papaveri soporiferi intreccia il feticcio del (o: saluta il) tuo Dio dell’Amore!)
53. Plaster-all (titolo intraducibile: suona come Stucco pastorale o Pastorale ingessata), 1922
Parodia in versi liberi del componimento Pastoral (Pastorale) del poeta modernista Hart Crane, che HPL aveva conosciuto e sotto certi aspetti apprezzato. In questa satira dei versi d’avanguardia spiccano due riferimenti “politici” al popolo giudaico: il preteso “ebraismo” dell’amico quasi omonimo Loveman – un “ebraismo” che HPL non riesce però proprio a scorgere, in quel suo compagno di penna che, “come tutti gli ebrei”, avrebbe dentro di sé “innato e istintivo” un animo ribelle. Interessante anche vedere citati tra gli altri (non come esempi poetici positivi, perché Lovecraft non apprezzava la letteratura sperimentale sua contemporanea), T. S. Eliot, James Joyce ed Ezra Pound. Era infatti, quel 1922, l’anno mirabile del modernismo, l’anno 1 PSU (post scriptum Ulysses), come lo definì Pound sulla “Little Review” (pubblicazione fondata da Margaret Anderson che Lovecraft qui distorce in “Spittle Review”, “Rivista dello sputo” o “Rivista della saliva”); era l’anno del romanzo Ulisse di Joyce (che apparve inizialmente a puntate proprio sulla “Little Review”, suscitando scandalo e denunce per pornografia) e dell’opera La terra desolata di Eliot. Lovecraft rimane all’esterno di questo gran ribollire letterario in America e in Europa. Inizia a costruire un suo universo narrativo, nuovo e rivoluzionario (un’operazione mitopoietica), un mondo che sarà destinato, dopo di lui, a durare per sempre, ma nella poesia preferisce non prendere “quel” treno – il treno di Joyce, Eliot e Pound – e sceglie di restare “intrappolato” nel suo sogno classico (per quanto attiene al linguaggio, tanto che, in quello stesso anno scrisse To Zara, una poesia in cui imitava alla perfezione lo stile di Edgar Allan Poe).
La spassosa quarta parte di Plaster-All ci fa capire come per HPL tutte quelle avanguardie in campo letterario (e pure musicale e pittorico) fossero poco più che il nulla e che quel gruppo di autori fosse esageratamente autoreferenziale:
The wind wails
Around the corner of Euclid and 115th St.,
The trees shiver
Like brass, or cymbals of some such metal,
It rains and then it ceases,
But I, seated on my Aztec carpets,
And playing Debussy
On the wheezy Victrola,
(What Rhythms! What Rhythms!)
Conjure for myself
An entire world,
Made of myself, by myself, for myself!
Knowing myself
To be myself.
(Il vento geme
Dietro l’angolo tra Via Euclid e la 115° strada,
Gli alberi risuonano
Come ottoni, o cembali di un metallo simile,
Piove e poi smette,
Ma io, seduto sui miei tappeti a motivi aztechi,
A suonare Debussy
Su uno sfiatato giradischi Victrola,
(Che ritmi! Che ritmi!)
Evoco per me stesso
Un mondo intero,
Fatto di me stesso, da me stesso, per me stesso!
Riconoscendo da me stesso
Di essere me stesso.)
54. Waste Paper (Carta sprecata o Carta straccia), 1922
Paragonabile a Plaster-all, l’altra poesia che HPL aveva scritto – forzando la sua natura di poeta classicheggiante – con la tecnica del verso libero moderno novecentesco. Il sottotitolo è oltremodo… significativo: A Poem of Profound Insignificance (Un poema di profonda insignificanza). Stavolta il bersaglio della satira è l’autore di The Waste Land (La Terra Desolata), il poema che T. S. Eliot aveva dedicato a Ezra Pound (definendolo “il miglior fabbro”) e che fu pubblicato sulla “Little Review”. Come già sappiamo Lovecraft non apprezzava la poesia modernista e d’avanguardia in generale; alla fine del 1922, in uno scritto su Lord Dunsany, HPL dichiarò:
Ora sappiamo quanto la vita sia un ammasso futile, senza scopo e sconnesso di miraggi e ipocrisie; e dal contraccolpo generato da questa presa di coscienza è scaturita la letteratura bizzarra, insapore, provocatoria e caotica di quella terribile nuova generazione di scrittori che tanto sconvolge i nostri anziani: la generazione estetica di T. S. Eliot, D. H. Lawrence, James Joyce, Ben Hecht, Aldous Huxley, James Branch Cabell e compagnia bella. Questi scrittori, sapendo che la vita non ha una sostanza reale, o delirano, o scherzano, oppure si uniscono al caos cosmico sfruttando una franca e consapevole inintelligibilità e confusione di valori. Per loro è volgare rifarsi a un modello storico letterario: oggi, secondo loro, solo le serve, i bigotti e gli stanchi uomini d’affari leggono cose che abbiano un chiaro significato e che comunichino un qualche valore.
E nel 1923, sul periodico “The Conservative”, scrisse nell’editoriale Rudis indigestaque moles che La Terra Desolata era un poema sconnesso e incoerente (…) un’accozzaglia del tutto insensata di frasi, allusioni dotte, citazioni, gergo di strada e altri materiali di risulta.
Come scrive S. T. Joshi in An H. P. Lovecraft Encyclopedia, anche il poema di HPL, come quello di Eliot, è composto di citazioni, allusioni auto-referenziali, giochi di parole.
Nell’esempio qua sotto, HPL inizia con la parodia della chiosa finale del poema di Eliot (con la parola shantih, ovvero “pace duratura”, si chiudeva ognuna delle Upanishad):
“Shantih, shantih, shantih”…“Shanty House”
Was the name of a novel by I forget whom
Published serially in the “All-Story Weekly”
Before it was a weekly. Advt.
Disillusion is wonderful, I’ve been told,
And I take quinine to stop a cold
But it makes my ears… always…
Always ringing in my ears…
It is the ghost of the Jew I murdered that Christmas day
Because he played “Three O’Clock in the Morning” in the flat above me…
(“Shantih, shantih, shantih”… “Shanty House”
Era il titolo di un romanzo non ricordo scritto da chi
Pubblicato a puntanìte su “All.Story Weekly”
Prima che diventasse un settimanale. Pubb.
La disillusione è cosa meravigliosa, mi è stato detto,
E prendo il chinino per fermare il raffreddore
Ma mi fa sempre…
Fischiare le orecchie…
E’ il fantasma dell’Ebreo che uccisi quel Natale
Perché suonava “Three O’Clock in the Morning” nell’appartamento al piano di sopra…)
Da notare – come ben piega T. S. Joshi – che l’autore di Shanty House (serializzato nel 1909-1910) era William Loren Curtiss e che Three O’Clock in the Morning – composta da Dorothy Terriss e Julian Robledo – era stata una canzone di grande successo del 1921.
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Riferimenti al mondo passato nostalgicamente rimpianto, all’Europa antica, alla mitologia greco-latina, e così via, si trovano in altri componimenti del triennio: The Greatest Law, dedicato all’amico Galpin e ad altri colleghi delle pubblicazioni amatoriali; Nathicana, una poesia di genere fantastico scritta a più mani; Tryout’s Lament for the Vanished Spider, dedicato a Charles W. Smith (c’è un colto riferimento alla Sura XXIX del Corano, nella quale si racconta di un ragno che, con la sua ragnatela, coprì l’ingresso della grotta dove si era nascosto il Profeta Maometto in fuga, ingannando così gli inseguitori che passarono oltre); On Reading Lord Dunsany’s Book of Wonder, dove HPL riflette sui mondi fantastici ma classicheggianti immaginati dal suo maestro ideale; The Voice, sul mito di Pan; On a Grecian Colonnade in a Park, dove il passato riemerge evocato da un monumento di imitazione classica; On Receiving a Portraiture of Mrs. Berkeley, y’ Poetess, dolce ricordo di una foto di Winifred Virginia Jackson ricevuta per Natale (la Jackson aveva collaborato con HPL alla stesura di alcuni racconti e si vociferò che, in quel periodo, ci fosse del tenero fra i due); To a Youth, altri versi dedicati a Galpin; The Pathetic History of Sir Wilful Wildrake, una satira dove si fa riferimento alla “razza britannica” che sarebbe stata infoltita da Re Carlo II, gran frequentatore di ragazze facili e gran collezionista di amanti; Medusa A Portrait, dove la nobildonna Ida Cochran Haughton Viscontessa di Woodby (presidentessa nel 1921 della UAPA, un’associazione della stampa amatoriale alla quale HPL attivamente partecipava) viene paragonata al mostro mitologico, perché aveva pubblicamente offeso e diffamato Lovecraft (secondo Joshi questo poema è la satira più cattiva mai scritta dall’autore); Simplicity A Poem, nel quale HPL ritorna con la mente a un passato più semplice in tutto – nei rapporti umani e nelle arti.