11 Aprile 2024
Ahnenerbe

Una Ahnenerbe casalinga, settantaquattresima parte – Fabio Calabrese

C’è un motivo per il quale sto tardando a mettere sulle pagine di “Ereticamente” i testi delle mie conferenze sulle origini, a cominciare da quella del 28 gennaio Ma davvero veniamo dall’Africa?, che data la sua ampiezza ho diviso in tre parti. E questo motivo è precisamente quello di riuscire a tenermi ragionevolmente al passo con l’attività del gruppi facebook che si occupano della tematica delle origini, sottolineo ragionevolmente, perché riuscire ad arrivare a un tempo reale considerando la nostra tempistica è praticamente impossibile.

Non basta, perché sto anche aspettando il momento giusto per piazzare nella nostra rubrica due approfondimenti importanti. Uno riguarda il fatto che dei vari livelli che  ho ritenuto di individuare riguardo alla tematica delle origini, dal livello più antico a quelli più vicini a noi: origini della nostra specie, dei popoli indoeuropei, della civiltà europea, delle genti italiche, a mezzo dei primi due va probabilmente collocato un livello intermedio, ossia le origini delle popolazioni caucasiche, “bianche”.

Il secondo approfondimento è forse più “tecnico” e riguarda la natura di questi nostri antenati indoeuropei. Come li dobbiamo concepire: cavalieri nomadi spinti incessantemente dallo spirito dell’avventura, dell’esplorazione, della conquista, o come popolazioni sedentarie saldamente radicate nei loro territori, “sangue e suolo”. Oppure nell’uomo indoeuropeo sono presenti entrambi questi aspetti?

Un problema che invece non si porrà, sarà quello di darvi il testo della conferenza del 23 febbraio, che è semplicemente il montaggio di questi due approfondimenti.

Come se non bastasse, ultimamente ho creato io stesso un gruppo facebook dedicato alle tematiche delle origini, “L’eredità degli antenati”. Si tratta in realtà di un atto dovuto, e dovuto da tempo, ho creato questo gruppo per raccogliere e rendere più accessibili i miei testi usciti sulle pagine di “Ereticamente” sotto il titolo di Una Ahnenerbe casalinga. Chi di voi conosce il tedesco, saprà che “Eredità degli antenati” è precisamente il significato di Ahnenerbe.

Tuttavia, non c’è motivo di limitarsi a questo. Prima di concentrare in questa rubrica tutti gli scritti di argomento storico-archeologico pubblicati su “Ereticamente”, ne ho scritti diversi altri, L’origine degli indoeuropei, Popoli sull’orlo della storia, e soprattutto Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?, in cui mi sono dedicato a distruggere la leggenda della “luce da oriente”, ossia la credenza che la nostra civiltà e la nostra cultura deriverebbero pressoché interamente da influenze orientali, che la civiltà sarebbe nata nella cosiddetta mezzaluna fertile mediorientale e via dicendo, leggenda nata in parte per la persistente influenza della bibbia, in parte rientrante in un vero e proprio programma di minimizzazione di tutto quanto è europeo.

 Anche questi testi li sto inserendo in “L’eredità degli antenati” in maniera da presentarvi una rassegna quanto più possibile completa e che, ovviamente, aggiornerò di volta in volta, tuttavia il gruppo è aperto anche alla collaborazione di altri, a patto che si tratti di cose pertinenti alla tematica.

Poiché vorrei evitare che chiunque metta qualunque cosa di attinenza dubbia con le questioni che ci interessano su questo mio gruppo, ne ho impostato la privacy come “segreto”, ma se voi siete interessati, non avete che da chiedermi l’amicizia su FB, e provvederò ad aggiungervi.

Adesso però riprendiamo l’esame di ciò che offrono in questo periodo i gruppi FB, partendo come sempre da MANvantara che è il più ricco di spunti, partendo da dove ci siamo fermati la volta scorsa, cioè l’ultima decade di aprile.

Il 23 Pier Ferreri ha postato un video ripreso da un servizio di RAI 2 del 18. Il ritiro dei ghiacciai dovuto all’aumento in tutto il mondo delle temperature, ha portato alla scoperta in Antartide di una singolare struttura piramidale. Potrebbe essere una formazione naturale, oppure la prima prova tangibile della presenza in quello che è oggi il continente ghiacciato, di un’antica civiltà umana, quella che diversi autori (ne abbiamo parlato la volta scorsa) identificano con l’Atlantide platonica.

Premesso che i cambiamenti climatici cui va oggi incontro il nostro pianeta per effetto delle attività umane sono di per sé un fenomeno negativo che potrebbe portare a conseguenze disastrose, abbiamo forse almeno il vantaggio di poter conoscere meglio la nostra storia remota, portando alla luce testimonianze fin qui sepolte sotto gli strati glaciali, e forse ritrovamenti di grande interesse potrebbero emergere soprattutto nel nord boreale, e immagino, se emergessero le prove che esso e non l’Africa è stato la culla ancestrale della nostra specie, i “democratici”, “antirazzisti” e “politicamente corretti” sostenitori dell’Out of Africa, cosa sarebbero costretti a inventarsi.

Il 24 aprile “New Earth Circle Project” ripropone un testo classico, La dottrina delle quattro età di Julius Evola. Come certamente vi rendete conto, anche se qui stiamo parlando di testi e dottrine tradizionali e non di teorie scientifiche in senso stretto, è un importante e fondamentale richiamo contro tutte le ubbie progressiste.

Il 27 in un nuovo post si riparla delle impronte cretesi antiche di circa 5,7 milioni di anni fa. Adesso non ci soffermiamo, visto che si tratta di un argomento che abbiamo affrontato diverse altre volte.

Abbiamo poi un PDF che in data 28.4 riporta un articolo (del 2003) di Philippe Rhuston (in inglese, ma vi do la traduzione del titolo in italiano): Dimensioni del cervello, quoziente d’intelligenza e differenze razziali.

Gli antirazzisti, coloro che pretendono che le differenze razziali non esistano, che esse siano dei costrutti sociali e culturali privi di una corrispondenza biologica, devono fare i conti non soltanto con il fatto che le razze umane sono chiaramente riconoscibili, ma anche che si caratterizzano per differenti dimensioni cerebrali e corrispondentemente a ciò,  per diversi livelli d’intelligenza.

Sempre il 28, c’è un link a un interessante articolo di Lescienze.it: Divisi dal DNA, il difficile rapporto tra archeologia e genomica. In pratica, lo studio del DNA antico sta cambiando molte idee sul nostro passato un tempo date per scontate: ad esempio, lo studio del DNA ha mostrato un cambiamento di popolazione avvenuto nelle Isole Britanniche con la transizione tra neolitico ed Età dei Metalli laddove la somiglianza dei manufatti e delle usanze culturali avrebbe invece fatto pensare a una continuità. Molte pagine della nostra storia più antica potrebbero essere tutte da riscrivere.

Ancora il 28 (quasi che con una giornata di intensa attività MANvantara volesse compensare l’aspetto infausto di questa giornata che ci ricorda la scomparsa, il brutale assassinio di uno dei più grandi leader che l’Italia abbia avuto), c’è da segnalare un post di Daniele Di Luciano, l’autore de L’origine dell’uomo ibrido. Il peccato di Sodoma non fu probabilmente l’omosessualità, ma la zoorastia e/o l’accoppiamento con umanità inferiori, meno evolute, le cui tracce portiamo ancora nel nostro DNA.

Il 1 maggio abbiamo due nuovi post nel gruppo, entrambi ripresi da “Ancient Origins”: il primo riguarda un recente ritrovamento nell’isola di Saarema nel Baltico: i resti di due navi vichinghe assieme a vari oggetti e ossa umane, imporrebbero oggi di retrodatare considerevolmente l’inizio dell’epoca di questi grandi scorridori dei mari nordici (e non solo!), attorno al sesto secolo dopo Cristo. Il secondo riguarda invece il primo maggio stesso. Questa ricorrenza, oggi nota soprattutto come “festa del lavoro”, è in realtà un’antichissima festività pagana che celebrava il ritorno della bella stagione, nota come Floralia per i latini, e approssimativamente corrispondente al Beltane celtico, ma Calendimaggio (letteralmente le calende, il primo giorno di maggio) è stato celebrato per tutto il medio evo, e non si trattava di una ricorrenza cristiana!

Ciò su cui però vorrei attirare la vostra attenzione, è la persona che ha linkato su “MANvantara” questi due articoli. Dietro lo pseudonimo di Ahmed Alvarez, infatti non si cela null’altri che il sottoscritto. Questa strana falsa identità è nata da una bizzarria della mia casella di posta, probabilmente infettata da un virus, per cui per un certo periodo, “Ahmed Alvarez” risultava il mittente dei messaggi che inviavo. Ho preso la palla al balzo e deciso di usare “Ahmed” per costruire un profilo facebook alternativo da usare in caso di blocchi o bannature. Per compensare l’effetto del nome arabo (Ahmed) e del cognome iberico (Alvarez), ho messo come immagine di copertina e come immagine del profilo, delle figure vichinghe. Intorno al 1 maggio stavo appunto scontando un periodo di blocco di trenta giorni, per di più in conseguenza di una frase scritta anni fa.

Voi, come lettori di “Ereticamente”, mi conoscete. Sapete che io non insulto, non uso espressioni volgari o violente, e come sono su “Ereticamente”, così sono anche su facebook, e certo non posto immagini pornografiche o truculente.

Questo è un discorso di carattere generale che non riguarda solo me: sono proprio le idee che danno fastidio o fanno paura! Le mie idee, le nostre. Allora perlomeno rendiamoci bene conto di quanto precaria e soggetta a limitazioni sia la libertà concessaci della democrazia.

Abbiamo poi una recensione di Michele Ruzzai del libro di Christophe Levalois  La terra di luce, il nord e l’origine. Si tratta di un testo non recente, pubblicato dalle edizioni Barbarossa nel 1988. Come si comprende facilmente, si tratta di un libro “piuttosto agile” ci dice Michele, che si rifà alle origini nordiche secondo le tesi di Tilak, supportate dal raffronto con una serie di miti e leggende provenienti da diversi contesti culturali.

Il 2 maggio Giuseppe Di Re ha condiviso un articolo di Giuseppe Acerbi sul sacrificio animale nella religione, dove si riparla della festa romana di Floralia di cui ho parlato il giorno prima, ma forse l’aspetto più interessante è una riflessione di Acerbi sulla parola “paradiso”, termine che come sappiamo è la traduzione greca dell’ebraio “eden” impiegato nella Genesi. Nella bibbia, ma non solo nella bibbia, c’è l’idea della sede primordiale dell’umanità come di un luogo lussureggiante che i nostri remoti antenati furono costretti ad abbandonare in seguito a un evento catastrofico. Acerbi fa notare che questo termine deriva dall’indo-iranico Para-deça che significa regione suprema. Una riflessione viene spontanea: questa regione “suprema” non potrebbe essere l’alto nord un tempo dotato di un clima molto diverso da quello attuale?

Un altro post proveniente da fonti indiane (in inglese), scroll.in, postato da Mirai Helia Naali (siamo internazionali a quanto pare) riferisce di uno studio ad ampio raggio che ha coinvolto tra gli altri Harward, il MIT, l’Accademia russa delle Scienze mettendo all’opera 92 scienziati, sulla genetica delle popolazioni indiane mediante lo studio di centinaia di DNA antichi. A quanto pare, l’attuale popolazione indiana deriverebbe dalla fusione di tre gruppi la cui eredità è presente nel sub-continente in varia misura: cacciatori-raccoglitori sud-asiatici che corrisponderebbero al tipo dravidico, agricoltori di provenienza iranica e cavalieri-allevatori delle steppe dell’Asia centrale. Questi ultimi sarebbero gli “ariani” veri e propri. La loro impronta genetica è presente nell’India settentrionale ma non in quella meridionale. Inoltre questa differenza genetica sarebbe connessa con il sistema delle caste, le caste superiori, come i bramini, avrebbero un’impronta “ariana” nettamente più marcata.

Il 2 maggio troviamo un nuovo post su di una questione di cui vi ho già parlato le volte scorse, un articolo di “National Geographic” che riferisce del ritrovamento di utensili di pietro nelle Filippine, assieme ai resti di un rinoceronte macellato, risalenti a 700.000 anni fa. Questo porta a ipotizzare, secondo “National Geographic” che l’uomo sia uscito dall’Africa molto prima di quanto si pensasse. E se l’uomo non fosse affatto uscito dall’Africa ma nato in Eurasia?

Un post del 2 maggio tratta un’altra questione non nuova: gli studi del DNA hanno dimostrato l’origine europea di Tutankhamon e degli altri faraoni egizi, ma il 3 abbiamo una sorpresa. Secondo quando riferisce Mike Mayers riportando un articolo da Indo-european.eu, nuovi studi genetici indicherebbero che la civiltà della Valle dell’Indo non avrebbe origini dravidiche come perlopiù si è creduto, ma “ariane”.

Si riparla del tema delle origini iperboree. Un  post del 3 maggio riporta il PDF di Iperborea patria, un articolo di Gianfranco Drioli già apparso su academia.edu, che sintetizza la tematica già affrontata dall’autore nel libro Iperborea, la ricerca senza fine della patria perduta. Poi, l’8 è la volta de “L’immagine perduta” che riporta su questo tema un classico articolo di Julius Evola, Il mistero dell’Artide preistorica, a cui “L’immagine perduta” affianca le recenti scoperte del paleontologo russo Vladimir V. Pilutko, che avrebbe trovato tracce di presenza umana nell’Artico risalenti a 45.000 anni fa – le carcasse di un mammut e di un lupo macellati e recanti i segni di punte di freccia – scoperte di cui vi ho già parlato in precedenza.

Abbiamo poi un altro post che si occupa di un argomento anch’esso non nuovo su queste pagine. Abbiamo parlato più di una volta delle mummie dalle caratteristiche europidi che sono venute alla luce nel deserto del Takla Makan nella regione del Xinjiang nell’Asia centrale, oggi politicamente cinese, e del fatto che esse fanno supporre in quelle terre oggi abitate da genti prevalentemente mongoliche, un’antica presenza caucasica ben più estesa. Il post richiama un articolo apparso nel 2015 su forbes.com, che ci segnala un fatto importante: l’analisi del DNA ha confermato: questi antichi “cinesi” erano europidi strettamente affini agli Europei odierni.

Subito dopo, se avete la pazienza di leggere 158 pagine a schermo, troviamo il PDF del testo Dalla Skania alla S(i)kania, le grandi migrazioni proto-germaniche di Francesco Branchina. Se le cose stanno come suppone questo autore, la radice germanica è molto più estesa di quanto penseremmo presso i popoli europei, compresi quelli dell’area mediterranea.

Un post di Michele Ruzzai del 20 maggio ricorda una ricerca del biologo russo Sergej Zimov, prima del 10.000 avanti Cristo, la Siberia settentrionale e l’artico oggi inabitabili, stando a quanto è possibile desumere dallo studio della densità della biomassa fossile, e dalle datazioni con il carbonio 14, avevano una densità di forme di vita e una produttività biologica analoghe a quelle delle odierne savane africane. Si tratta di una scoperta che certamente fornisce nuove frecce alla faretra di coloro che ritengono che le origini della nostra specie non vadano cercate in Africa ma nel nord eurasiatico.

Come vi ho evidenziato in apertura, il lavoro compiuto dai gruppi è certamente molto importante ma noi nell’immediato futuro saremo costretti a trascurarlo per un po’. Prossimamente, conto di mettere in dirittura d’arrivo il testo della mia conferenza sulle presunte origini africane della nostra specie e, come potrete vedere, le cose da dire non sono davvero poche.

NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra la copertina del libro La terra di luce di Christophe Levalois. Al centro un’immagine che correda un articolo ripubblicato nel mio nuovo gruppo FB “L’eredità degli antenati” (ma che proviene da “Ereticamente”), a destra la copertina di Iperborea di Gianfranco Drioli.

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