11 Aprile 2024
Ahnenerbe

Una Ahnenerbe casalinga, settantanovesima parte – Fabio Calabrese

Anche questa nuova parte della nostra  Ahnenerbe casalinga sarà dedicata al lavoro di aggiornamento dell’attività dei gruppi FB. Nonostante tutto, anche stavolta siamo rimasti piuttosto indietro con questo lavoro, la volta scorsa ci siamo fermati attorno al 20 luglio, intanto, come avete visto, il periodo vacanziero e il clima insolitamente torrido non sembrano aver influito minimamente sull’attività dei gruppi, che non ha subito rallentamenti. Ora, come al solito, faremo riferimento soprattutto al gruppo “MANvantara” amministrato dal nostro Michele Ruzzai, poiché, e anche questo ve l’ho spiegato più volte, questi gruppi si richiamano l’un l’altro, la maggior parte dei post dei collaboratori (compresi i miei) compare contemporaneamente su più di un gruppo, e “MANvantara” è quello che presenta la maggiore completezza.

Il nostro Michele latita da diverso tempo dalle pagine di “Ereticamente”, ma, diciamolo pure, attraverso “MANvantara” continua a darci un contributo indiretto di tutto rispetto. Intanto, continua il lavoro di traduzione de L’alba dell’umanità di Hermann Wirth, e quest’opera, finora mai tradotta integralmente in italiano, dovrebbe essere soltanto il primo pezzo di una biblioteca virtuale “nostra”, e sappiamo, in un orizzonte culturale dominato ai dogmi democratici “democraticamente” impostici, quanto ce ne sia bisogno.

Una cosa che intanto non posso fare a meno di riferire con una certa soddisfazione, è che il testo della mia conferenza Ma veniamo veramente dall’Africa?, che vi ho presentato su “Ereticamente” sotto forma di tre articoli, sembra aver suscitato un discreto interesse. E’ un fatto importante non perché determinate cose acquistino un particolare valore in quanto dette da Fabio Calabrese, ma perché la “teoria” out-of-africana e la presunzione dell’inesistenza delle razze umane sono un elemento strategico nella visione delle cose che il potere sedicente democratico vorrebbe imporci ipnoticamente e coattivamente attraverso il sistema mediatico in vista della sostituzione etnica.

Allo stesso modo, appena sarà possibile (ci sono parecchie cose che sto cercando di “incastrare”), vi darò conto del testo della conferenza da me tenuta quest’anno al Triskell, il festival celtico triestino, dove stavolta ho trattato una tematica particolarmente ampia, Il fenomeno megalitico nell’Europa continentale.

Ora però concentriamoci sull’attività dei gruppi FB.

Il 21 luglio, Alessio Longhetti ha postato un link a “Preistoric, Anthropology and Genetics” del gennaio 2016, un articolo a firma di Patricia Villaescusa e altri, che si occupa di una questione quanto mai interessante: l’aplogruppo del cromosoma Y (il cromosoma che identifica il sesso maschile e si eredita per via paterna) R1b-DF27 si sarebbe diffuso nelle popolazioni europee a partire dai Baschi. Nonostante questa popolazione parli una lingua non indoeuropea, il legame genetico con gli altri europei sarebbe dunque più stretto di quanto generalmente si suppone. Da non esperto di genetica, posso ricordare che in età antica la Guascogna (Vasconia per i Romani) era appunto la terra dei Vascones, cioè dei Baschi, che dunque abitavano un’area ben più estesa di quella che occupano attualmente, tutta la zona a meridione della Gironda. E’ possibile che la popolazione di queste aree abbia finito per assimilare la lingua indoeuropea (nello specifico celtica-gallica) dai popoli circostanti, ma abbia in compenso diffuso l’impronta genetica basca fra le popolazioni vicine.

Michele Ruzzai ha poi ri-postato un suo commento del novembre 2016 a La preistoria da un continente all’altro a cura di Jean Guilaune, commento condotto con la sua tecnica abituale di estrarne i passi più significativi. Quello di maggior interesse è forse quello dove si riferisce che la presenza umana nelle Americhe risalirebbe a 50.000 anni fa. Si tratta della nota ipotesi “solutreana” che oggi sembra trovare sempre maggiori conferme, secondo la quale i più antichi abitanti delle Americhe sarebbero stati cacciatori caucasici provenienti dall’Europa che vi sarebbero giunti costeggiando la banchisa artica, e che avrebbero preceduto di gran lunga gli antenati degli Amerindi giunti dall’Asia attraverso il ponte di terra della Beringia 15.000 anni fa.

A ricordarci quanto poco in realtà sappiamo della preistoria de preistoria delle Americhe, arriva anche il 24 luglio un link di Tiziana Pompili Casanova a un articolo del sito australiano thenewdaily.com.au. Si tratta peraltro di una questione che abbiamo già visto. Secondo una ricerca condotta da un team guidato dal genetista David Reich, il DNA di alcune tribù amazzoniche sarebbe strettamente affine a quello delle popolazioni australoidi, probabile traccia di un’antica migrazione di cui non abbiamo altri indizi.

Abbiamo poi, sempre a opera di Michele Ruzzai la ri-presentazione di un post del 2016 con alcuni estratti del libro di Silvano Lorenzoni Il selvaggio, saggio sulla degenerazione umana. Si tratta di un’opera fondamentale del nostro Lorenzoni, un attacco a fondo contro le concezioni evoluzioniste-progressiste. Rifacendosi a un’idea che troviamo anche in Julius Evola, Lorenzoni spiega che il selvaggio non è un primitivo ma un decaduto, un residuo di genti che un tempo si trovavano a un livello superiore sia culturale sia antropologico. Una degenerazione che avviene a seguito dell’allontanamento dal centro ancestrale nordico-iperboreo, e infatti i soggetti maggiormente decaduti della nostra specie sono quelli che occupano le estremità meridionali del mondo umano: fuegini, tasmaniani, ottentotti.

Abbiamo poi ancora un ripescaggio, sempre una recensione-sintesi con citazione di estratti, del 2016, ma di un testo del 1980, Le razze europee di Romano Olivieri. Nei passi citati, si discute se la depigmentazione delle popolazioni nordiche sia un fenomeno recente o risalga al popolamento ancestrale del nostro continente. Tuttavia la cosa importante non è questa, la cosa importante è che ancora nel 1980 si potesse pubblicare un libro in cui si parla di razze umane. Questo ci fa comprendere quanto sia ampio e pesante il giro di vite che il sistema democratico ha dato alla libertà di espressione, soprattutto a partire dalla caduta dell’Unione Sovietica e dalla fine del sistema mondiale bipolare. Da allora si sono cominciati a imporre la globalizzazione e il meticciato a livello planetario, e a costringere la gente a credere persino il contrario dell’evidenza. Oggi possiamo dire che democrazia e tirannide sono dei perfetti sinonimi.

Il 26 luglio l’Amministratore ha postato un link a un articolo apparso sul sito dell’Università di Padova, e anche questo tratta di una questione che abbiamo già visto: il ritrovamento in Siberia di uno scheletro di mammut risalente a 45.000 anni fa, che reca chiari segni di macellazione a opera dell’uomo. Come commenta la nostra Cristina, se l’uomo viveva nella Siberia artica già 45.000 anni fa, e vi era ben adattato specializzandosi nella caccia ad animali di grossa taglia come i mammut, quante probabilità ci sono che fosse uscito dall’Africa poco tempo prima?

Il 28 luglio, Alessio Longhetti ha postato un link a un articolo di theumansarefree.com che tratta del mistero degli occhi azzurri. Secondo una recente ricerca condotta dai genetisti dell’Università di Copenhagen, essi dipenderebbero da una mutazione comparsa nella regione a nord del Mar Nero tra 6.000 e 10.000 anni fa, comparsa in una persona che sarebbe l’antenato comune di tutti coloro che ancora oggi possiedono questo carattere, ma il mistero degli occhi azzurri è più complesso, ad esempio non è chiaro il motivo per cui un po’ dovunque esso è tipico delle élite, e tradizionalmente è associato alle divinità. Naturalmente, per noi che sappiamo che le civiltà del Vecchio Mondo e probabilmente anche quelle del Nuovo, sono state fondate da élite caucasiche prevalentemente nordiche, il mistero non è affatto tale.

Il 30 luglio Pier Ferreri ha postato un link che è una recensione di Lorenzo Panizzari al libro ARIANI – Origine, storia e redenzione di un mito che ha insanguinato il Novecento  di Edoardo Castagna . Io non so se sia vero che il mito ariano ha insanguinato il novecento, ma di certo LA FAVOLA dell’inesistenza delle razze umane sta insanguinando il XXI secolo, questo secolo che si è aperto con il brutale assassinio con il pestaggio a morte senza alcuna provocazione, a Stoccolma di un ragazzo “nostro” Daniel Wretstrom, da parte di un commando multirazziale, e gli assassini, identificati sono stati “condannati” a pochi mesi di affidamento ai servizi sociali da giudici che avevano paura di parere razzisti. Poi abbiamo avuto stragi “islamiche” come quella del Bataclan, dove la motivazione religiosa è solo un risibile pretesto per una contrapposizione e un’ostilità che sono etniche, delitti come il brutale assassinio di Pamela Mastropietro squartata come un agnello sul banco del macellaio, e via dicendo, e non parliamo dell’abietto timore di parere antisemiti che spinge a chiudere gli occhi sulle atrocità dell’entità sionista israeliana, sul genocidio al rallentatore del popolo palestinese. E non contiamo neppure il fatto che gli assassini sionisti possono agire anche in Europa nella totale impunità, ne sono esempi i numerosi attentati subiti dal professor Robert Faurisson, ma anche l’omicidio di un ragazzo francese, Fabrice Benichou da parte di un commando sionista, avvenuto con modalità molto simili a quello di Daniel Wretstrom.

Abbiamo poi di nuovo un ripescaggio: una breve recensione di Michele Ruzzai a La lezione dell’Artico, un articolo di autori vari apparsi su “Le scienze” del dicembre 2002. Come Michele fa notare, gli autori evidenziano che durante quella che per le nostre latitudini fu l’età glaciale, l’Artico godeva di temperature miti, adatte alla vita umana, che lo rendono plausibile come sede ancestrale dell’umanità.

C’è poi un altro ripescaggio, un’altra recensione del 2016, del libro Uomini per caso di Gianfranco Biondi e Olga Rickards del 2004, sempre di Michele Ruzzai. In questo testo, rileva Michele, gli autori portano elementi a sostegno della tesi multiregionalista di Milford Wolpoff, e in ogni caso, contro l’Out of Africa: la presenza di un gene coinvolto nel metabolismo dello zucchero in due forme diverse negli eurasiatici e negli africani, e la forma africana non sembra per nulla ancestrale rispetto a quella eurasiatica. Poi il fossile australiano del lago Mungo risalente a 48.000 anni fa, che ha evidenziato una sequenza di DNA che non sembra minimamente rapportabile ai genomi africani.

Il 12 agosto Alessio Longhetti ha postato un link a un articolo di “Ancient Origins”. In Romania sono stati individuati i resti di una cittadella dell’Età del Bronzo che sarebbe stata tre volte più ampia della Troia omerica. Sulle rive del Danubio, lo sappiamo, sta riemergendo un capitolo scomparso della nostra storia antica, e un capitolo non poco importante. E’ alla civiltà del Danubio, ad esempio, che va attribuita l’invenzione della scrittura, un buon millennio prima che essa comparisse in Egitto o in Medio Oriente.

Il 13, Michele Ruzzai ha postato un brano che è uno stralcio di una conversazione via mail tra me e lui, dove, a proposito dell’Out of Africa fa una serie di osservazioni molto interessanti, in particolare il fatto che questa teoria ha un enorme “buco” rappresentato dal numero davvero notevole di fossili chiaramente umani ritrovati in ogni parte del mondo, di età anteriore e a volte anche molto anteriore alla presunta uscita di homo dall’Africa.

“Il Sapiens parrebbe attestato in tempi incredibilmente più antichi rispetto a quanto normalmente immaginato, e non solo di quelle poche decine di migliaia di anni che, comunque, già bastano per dare qualche grattacapo, fino a mettere in forte crisi, il modello “Out of Africa” (ovvero: Skuhl e Qafzeh in Palestina di circa 100.000 anni fa, Jebel Faya in Arabia di circa 120.000 anni fa, ma soprattutto Liujiang in Cina forse di 139.000 anni fa, ed ancora di più Kununurru in Australia forse anche di 174.000 anni fa), ma addirittura di…milioni di anni …. mi riferisco ai reperti dell’isola di Giava a Trinil; in Argentina a Miramar, a Buenos Aires e sul Monte Hermoso; in California a Calaveras e Table Mountain; in Inghilterra a Foxhall e Ipswich; in Francia a La Denise e Abbeville; in Svizzera a Delemont; in Spagna a Atapuerca; in Italia a Castenedolo e Savona; in Kenia vicino al lago Turkana con il cranio “KNM-ER 1470”, ed in Tanzania, con le famose impronte molto “Sapiens” di Laetoli.. Si tratta di reperti che, come sappiamo bene dall’andazzo generale, la ricerca “ufficiale” ha molto disagio a pubblicizzare e spesso non hanno portato molta fortuna accademica a chi li ha scoperti, anzi…”.

Ma davvero mi chiedo perché uno studioso con la competenza del nostro Michele non pubblica un po’ di più per “Ereticamente”?

Il 15 (ferragosto, ma evidentemente non è per tutti una giornata di riposo e basta), il nostro Michele ci ha fatto finalmente un regalo che aspettavamo da un anno e mezzo, ha finalmente postato su “MANvantara” il testo della sua conferenza Le radici antiche degli indoeuropei, da lui tenuta il 27 gennaio 2017 presso il circolo Identità e Tradizione di Trieste (tra l’altro, era il giorno della memoria, quindi una tematica quanto mai appropriata. Noi abbiamo, appunto ricordato, solo non esattamente quello che il potere mondialista sedicente democratico avrebbe voluto).

Ora, per la verità si tratta di un testo piuttosto scarno, quattro paginette, poco più di 2500 parole, a fronte di un’esposizione durata un’ora e mezza, escludendo il tempo sia dell’introduzione del sottoscritto, sia quello delle domande, piuttosto numerose, del pubblico che ha seguito con buona partecipazione. Cercherò adesso di darvi un’estrema sintesi del suo contenuto.

Come sappiamo, la somiglianza fra le lingue indoeuropee, somiglianza crescente man mano che si risale indietro nel tempo, rimanda a una lingua primordiale, una Ursprache, e questa a un popolo primordiale che la parlava, un Urvolk. Noi sappiamo anche che il rapporto fra etnie e lingue è stato contestato da antropologi “democratici” e di sinistra, a cui però si può facilmente rispondere che le società multietniche e quindi il caso di gruppi del tutto eterogenei dal punto di vista etnico che parlano la stessa lingua, ad esempio anglosassoni e afroamericani che parlano l’inglese-americano, è un’aberrazione moderna che non trova riscontro nell’antichità e nella preistoria. La genetica è venuta incontro a questa concezione, sbugiardando gli antropologi “democratici”. Gli Europei attuali discendono in gran parte, con sorprendente omogeneità, da un tipo umano, il cosiddetto eurasiatico settentrionale, diffuso sul nostro continente fin dal paleolitico.

Assodata l’esistenza di un Urvolk indoeuropeo da cui noi tutti discendiamo, rimane il problema della collocazione dell’Urheimat, la patria ancestrale. Al riguardo le opinioni degli autori, anche tradizionali, divergono. Il nostro Michele, sulla scorta in particolare di Tilak, ma anche del fatto che le ricerche più recenti dimostrano che durante quella che per le nostre latitudini era l’età glaciale, l’artico godeva invece di un clima mite e propizio all’insediamento umano, propende per una sede artica.

Per adesso ci fermiamo qui, ma le ricerche continuano, e continua l’impegno a diffondere e difendere la verità delle cose da tutte le mistificazioni “democratiche” e “progressiste”.

NOTA:

Nell’illustrazione, a sinistra la copertina del libro di Silvano Lorenzoni Il selvaggio, saggio sulla degenerazione umana, al centro quella di Le razze europee di Romano Olivieri, a destra la locandina della conferenza Le radici antiche degli Indoeuropei tenuta da Michele Ruzzai al Circolo Identità e Tradizione di Trieste il 27 gennaio 2017, e il cui testo è stato pubblicato nel gruppo facebook MANvantara il 15 agosto 2018.

2 Comments

  • Daniele Bettini 10 Settembre 2018

    Ecco qui il la raccolta ggiornata di tutti gli articoli di
    Una Ahnenerbe-Casalinga 1-79
    liberamente scaricabile e riproducibile.

    https://www.scribd.com/document/388251874/Una-Ahnenerbe-Casalinga-1-79-Calabrese-PDF

  • Daniele Bettini 10 Settembre 2018

    E qui la Raccolta dei brani di Ruzzai
    https://www.scribd.com/document/334814053/MANVANTARA-Antologia-di-testi-sull-origine-dell-uomo-e-delle-sue-razze-secondo-la-tradizione

    INDICE da : Ereticamente.net/tag/ruzzai  1 L’uomo originario e l’iniziale etàparadisiaca  8 Il demiurgo e la possibilità positiva : la plasmazione  11 Il demiurgo e la possibilità negativa : la caduta  15 I Diluvi acquei – L’origine dei mongolidi attuali  20 Il Paradiso iperboreo – Siria e Seconda Thule di Celti E Iranici (chiarita l’origine di At-Al-Land)  25 Madre Africa?  31 Le piu’ antiche caratteristiche razziali  36 Il Colore della Pelle  40 La seconda metà dell’età Paradisiaca : alcuni concetti preliminari  47 Unità dualità e molteplicità umana  54 La seconda metà dell’età Paradisiaca : alcuni concetti preliminari  59 Bipolarizazzione sessuale,il femminile e l’avvento della corporeità umana  64 L’iniziale Razza rossa  69 Nord-Sud : la prima dicotomia umana e la separazione del ramo australe  74 Il ramo Boreale dell’Uomo tra Nord-Est e nord-Ovest  80 Titani, antenati mitici ed eroi culturali  86 Dopo la caduta : l’età della madre e la luce del Sud  92 Giganti,Eroi,Razza Bianca 97Quale evoluzione?

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