20 Giugno 2025
Attualità

Un amerikano a roma. Un papa per tutte le stagioni – Umberto Bianchi

Ora che è cessato il frastuono mediatico per la morte di papa Francesco/Bergoglio, ora che al soglio pontificio, in tempi più che rapidi, è stato eletto il nuovo successore di Pietro, ora che tutti i “rumors” del gaudio mediatico per questo evento, si vanno acquietando, si può iniziare ad analizzare con maggiore obiettività e chiarezza, lo scenario che si va prefigurando. La straordinaria rapidità con cui il nuovo pontefice è stato eletto ci pone, anzitutto, dinnanzi alla considerazione di un potere molto più saldo e stabile di quel che, a prima vista, si sarebbe potuto pensare. Quella del cardinal Robert Prevost/Leone XIV, è un’elezione avvenuta all’insegna di quella che potremmo tranquillamente definire quale una “continua discontinuità”, con la precedente “gestione” di papa Bergoglio. Continuità, in quanto il nuovo papa proviene da quell’ambito missionario, sicuramente aperto alle suggestioni di un universalismo che guarda ai popoli del Terzo Mondo e che vede con occhio critico, le posizioni di chiusura al fenomeno migratorio ed all’accoglienza da parte dei vari governi animati da un’ideologia sovranista, quale quello di Trump, per esempio.

Suggestioni globaliste, pacifismo spinto, ma anche, (e qui sta la novità) un certo ritorno all’osservanza dell’etichetta e dei dettami di certa tradizione liturgica, testimoniati dall’apparire del nuovo papa, abbigliato con quei paramenti a cui Bergoglio aveva rinunciato. Stessa musica, per la scelta di tornare a risiedere in quegli appartamenti papali, siti nel palazzo apostolico, ai quali, invece, Bergoglio aveva preferito la più austera sede di S, Marta. Mai come stavolta, il “Toto-Papa” è stato condizionato dal latente e mai cessato, conflitto tra l’ala più “progressista” e modernista, della quale lo scomparso papa Francesco era il rappresentante più in vista, assieme agli esponenti più in vista della nomenklatura cardinalizia alla Zuppi, alla Parolin e ad altri ancora e un’ala più “tradizionalista”, rappresentata dai vari Burke, Sarah, Turkson, Erdo, Gambetti ed altri. Questi ultimi, hanno sempre avversato le posizioni di papa Bergoglio, finendo per essere messi ai margini delle decisioni ai vertici ed arrivando, come nel caso di Burke, ad essere privati di cariche, privilegi e stipendi vari. Nel mezzo, vi sono anche nominativi come quello di Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, considerato un “moderato”, ovverosia in una posizione mediana tra quelle dei bergogliani più intransigenti ed i tradizionalisti duri e puri.

Se, da un lato i progressisti rappresentano l’ala più aperta alle istanze del mondo globalizzato, quali quelle inerenti all’immigrazione ed all’accoglienza, all’apertura ed al dialogo con le altre fedi, alla problematiche delle coppie omosessuali ed a quelle del “terzo sesso”, sino alle politiche ecogreen ed all’appoggio alle linee guida sanitarie dettate dal Fmi e dalle varie agende globaliste, dall’altro i tradizionalisti si rifanno alla chiesa pre conciliare, rigorista, chiusa ed impermeabile alle influenze esterne, animata da una profonda ostilità verso le innovazioni e le aperture a tutte quelle suggestioni della modernità, a cui abbiamo, poc’anzi, fatto cenno. Espressione più appariscente di questa impostazione, l’istanza per il ritorno alla ritualità tridentina, in lingua latina. Tra tutti questi personaggi, a primeggiare è la figura di monsignor Viganò, che, a causa delle sue coraggiose posizioni avverse alle politiche vacciniste e globaliste in genere, è stato direttamente scomunicato da papa Francesco.

Ora, a seguito di quanto sin qui descritto, parrebbe che all’interno della compagine vaticana esista una vera e propria fronda “sovranista”, rappresentata da quei prelati, quali il già citato Burke, molto vicini e solidali con le posizioni trumpiane. Ed altrettanto vero è che, la chiesa cattolica Usa contribuisce per ben il 40% al Pil delle deficitarie finanze vaticane e pertanto ora, la chiesa Usa, con l’elezione di Leone/Prevost, ha direttamente aggiudicato a sé stessa ed indirettamente agli Usa, un primato spirituale che ha spostato in modo significativo, il baricentro geospirituale dal Vecchio al Nuovo Mondo Usa che, così, oltre al primato finanziario, ora potrà vantare un altro e sicuramente, più incisivo primato. E sembra proprio che le uscite di Trump, autoritrattosi in abito talare, abbiano, in tal senso, rappresentato un segnale premonitore. È vero che, se da un lato l’elezione di Leone/Prevost, a causa della matrice ideologica di questi, rappresenta sicuramente un segnale avverso alle politiche sovraniste, visto che la maggioranza della chiesa Usa è schierata su posizioni progressiste, dall’altro conferirà agli Usa un ulteriore primato spirituale, oltre a quello già rappresentato da quello del vetero testamentarismo, protestante e capitalista.

A questa considerazione bisogna aggiungerne un’altra che, impostata ad un principio di real politik, scalza definitivamente dall’immaginario collettivo, l’idea che all’interno della chiesa esista realmente una fronda di matrice sovranista ed “identitaria”. Se davvero tale fronda esistesse, animata da una sincera volontà di contrapposizione al globalismo dominante, si sarebbe fatta sentire in modo molto più vigoroso e deciso, a tutti i costi, non affidando, pertanto, le proprie velleità ad un quanto mai isolato ed emarginato, monsignor Viganò o a qualche altra, altrettanto isolata, individualità. Abbiamo, invece, assistito ad una sotterranea lotta, condotta nei salotti delle varie nunziature vaticane, unicamente per l’attribuzione delle poltrone. La chiesa cattolica è sempre stata, è e rimane tuttora, universalista, globalista, con tutto quel che ne comporta.

Essa, de facto, costituisce la premessa storica ed ontologica dell’attuale Globalizzazione. L’universalismo religioso monoteista, si è andato trasponendo sul piano dell’immanenza, trasferendo ed informando di sé il principio che animerà di sé il nuovo Occidente, ovverosia quello della Tecno Economia Globale. Il tanto decantato agostinianesimo del nuovo pontefice, ci riporta alla dottrina del primato della “civitas Dei” sul primato spirituale della civitas degli uomini, di quella Res Publica, di quell’Imperium che, a suo tempo, diedero luce, armonia e potenza al mondo classico. Inutile illudersi. L’odierno uomo occidentale si trova affacciato davanti ad un abisso, davanti al quale dovrà prendere una decisione. O lasciarsi attrarre e cadere, nell’alienante oscurità dell’orrido globalista o procedere verso nuove forme di spiritualità, che lo sospingano a fare della Techne un fondamentale supporto, al fine di superare i propri umani limiti e ritornare, così, ad affermare la propria cosmica centralità…

E, credetemi, non sarà certo un Leone americano qualsiasi, a capo di una decrepita organizzazione, oramai giunta al proprio capolinea, a poter imprimere all’Occidente quella tanto necessaria spinta ad andar “oltre”.

 

UMBERTO BIANCHI

3 Comments

  • Lupo nella Notte 15 Maggio 2025

    La conclusione transumanistica circa la Techne quale fondamentale supporto alla spiritualità, proprio non me l’aspettavo… potrebbe, in effetti, essere auspicabilmente intrisa di amaro sarcasmo, ma in tal caso temo che esso non risulti troppo evidente…

  • UnUomo.InCammino 16 Maggio 2025

    Universalismo (il tutto che procede in un solo verso) primo precursore della globalizzazione.
    Qui siamo nello spazio del problema, non di quello della soluzione.

  • Luciano 20 Giugno 2025

    Il punto di partenza è errato, anzi più di uno: la globalizzazione non è un concetto moderno/contemporaneo, bensì risalente addirittura al Medioevo, con le prime missioni cristiane in Oriente che aprirono le vie dei traffici (Giovanni da Pian, Guglielmo da Rubruck, Giovanni da Montecorvino ed altri) . Altro: la Chiesa Romano Cattolica è emanazione diretta del Cristo, per questo da sempre universale (ovvero, cattolica).
    Dopo le fantasie finto – dottrinarie del card.Bergoglio, si ritorna finalmente a centrare l’attenzione solo su Cristo, riferimento per ogni uomo di buona volontà e cuore non indurito: e questo è un merito enorme di Leone XIV.
    Per chi pensava di ridurre la Chiesa ad uno scherzo antropologico e potersela mettere sotto i piedi (vd. gli ultimi sopravvisuti marxisti polverosi, o i se dicenti teologi fioriti sotto il papato del card.Bergoglio – con esso colpevolmente d’accordo -), il gioco è terminato: la Chiesa Romano Cattolica, Chiesa del Cristo, è lì da 2.000 anni e, malgrado malizie e discorsi male argomentati, si rigenera ogni volta e riprende a svolgere la sua funzione di salvezza. Evviva Leone XIV.

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