Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

5 Febbraio 2025
Esteri

Spagna e Polonia: ancora campanelli d’allarme per l’Europa

Scrivo queste note domenica 31 maggio, quando in Italia si è appena iniziato a votare per il rinnovo di alcuni consigli regionali. Non ho, quindi, contezza dei risultati, che invece saranno noti quando questo numero di “Social” sarà in edicola. Comunque, non mi aspetto novità sconvolgenti: sono consultazioni fortemente condizionate da scelte localistiche (pro o contro De Luca in Campania, pro o contro Zaia in Veneto, eccetera) e sarà quindi difficile che gli elettori diano libero sfogo alla loro esasperazione antieuropea ed antiimmigrazione. Renzi, d’altro canto è stato bravo a gabellare i “rimbalzi tecnici” del Job Act per una inversione di tendenza (lo avevo anticipato su queste stesse colonne lo scorso febbraio) e quindi non assisteremo ancora ad un crollo del PD parallelo a quello di Forza Italia.

Il crollo parallelo degli eurodipendenti di destra e di sinistra c’è stato invece – domenica scorsa – in Spagna. Popolari e socialisti sono stati fatti a fettine dagli elettori, che hanno premiato gli euroscettici di sinistra (Podemos) e di destra (Ciudadanos). Certo, nessuno dei due nuovi partiti si dichiara favorevole ad un’uscita della Spagna dall’Unione Europea, ma la loro connotazione radicalmente antirigorista li porta su una rotta che è di sicura collisione con le direttive comunitarie. A meno che, non si lascino intimidire dalla campagna di terrorismo mediatico che è già iniziata: l’euro fa schifo – sintetizzo al massimo – ma fuori dall’euro (e dall’Unione Europea) la Spagna rischierebbe il tracollo.

È la stessa campagna – bugiarda – che ha fin’ora tarpato le ali di Tsipras e del nuovo governo greco, portandoli ad accettare quasi tutte le condizioni-capestro della troika (o come diavolo la chiamano adesso). In questi giorni anche il fronte greco è in movimento: assistiamo all’ennesimo braccio-di-ferro, con oggetto le due ultime porcherie che Tsipras – fino ad ora – si è rifiutato di fare: una riforma delle pensioni (modello Fornero) ed una riforma del mercato del lavoro (modello Job Act). Il giovane premier ateniese è costantemente sulla difensiva, e sembra non avere la lucidità per comprendere che, così facendo, ha fin’ora assicurato il pagamento di altri interessi alla speculazione finanziaria, ma mantenendo inalterato il debito pubblico ellenico. Cedere ancora qualche cosa – oltre a fargli perdere la faccia – servirebbe soltanto a pagare altre rate ai creditori, per ritrovarsi allo stesso punto fra quattro mesi. Soltanto riappropriandosi del diritto di creare il proprio denaro (e non facendoselo prestare dalle banche) la Grecia potrà battere la crisi economica. E ciò vale anche per la Spagna. E ciò vale anche e soprattutto per l’Italia. Ma questo è un aspetto che vorrei approfondire con maggiore calma, in una prossima occasione.

Torniamo al variegato fronte elettorale europeo. Domenica scorsa si è votato anche in Polonia, per il ballottaggio delle presidenziali. Due i candidati rimasti in lizza: il Presidente uscente Bronislaw Komarowski, espressione del partito centrista Piattaforma Civica (in vantaggio di oltre 10 punti), e il giovane sfidante Andrey Duda, leader del partito Legge e Giustizia, nettamente nazionalista, populista ed euroscettico. Ebbene, sovvertendo tutte le previsioni, ha vinto il secondo. Questa volta, il campanello d’allarme squilla nell’Europa Orientale, al confine con la Russia di Putin (che di questo risultato è certamente contento). Se le elezioni parlamentari (che si terranno in autunno) dovessero confermare questa tendenza, l’Unione Europea vacillerebbe anche ad est, con due grandi nazioni – l’Ungheria e la Polonia – saldamente in mano ai populisti, e con una terza – l’Ucraina – che non è ancora esplosa soltanto perché gli americani l’hanno riempita di miliardi per far dispetto alla Russia.

Ma a preoccupare l’Unione Europea (e le banche americane che per essa fanno un tifo da stadio) è oggi soprattutto il fronte nord, con l’Inghilterra che – entro il 2017 – terrà quel referendum che, con ogni probabilità, deciderà l’abbandono britannico dell’Unione.

E non è tutto. Perché il 2017 sarà anche l’anno delle elezioni presidenziali in Francia, con Marine Le Pen che – ad oggi – partirebbe favorita sia su Hollande che su Sarkozy.

Come scrivevo qualche settimana fa, le sorprese non sono finite.

Rallo_Social

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *