13 Aprile 2024
Padovan Primo Maggio

Primo Maggio

di Gianluca Padovan
Primo Maggio. È un giorno che ricordo, il quale voglio fermamente che rimanga nel mio ricordo. Si tratta della Festa di Primavera dei Pagani. È Beltane, il Fuoco Luminoso. In talune città italiane si festeggia il cosiddetto Calendimaggio. In tempi a noi recenti è diventata la «festa dei lavoratori» e poi solo la festa di taluni lavoratori e non certo dei proletari che lavorano (o lavoravano) nelle fabbriche. Lo voglio ricordare anche perché il Primo Maggio del 1945 a Berlino era ancora Primavera. Ma veniamo brevemente agli antefatti. 1939: dopo due secoli e mezzo di «signoraggio della moneta» la Germania dice basta. Nel giugno del 1939 è promulgata la legge sulla Reichsbank e finalmente lo Stato tedesco può battere moneta propria, per il proprio Popolo, per i propri Lavoratori: «La Banca Tedesca del Reich è, in quanto banca d’emissione, alle dirette dipendenze della totale sovranità del Reich». Pertanto la Germania si svincola dalle banche apolidi le quali, come oggi, non fanno gli interessi della Nazione e del Popolo, ma sono al servizio dell’Alta Finanza internazionale. In poche parole, quell’Alta Finanza che ha creato l’attuale stato di grave crisi economica in Europa.

Il 3 settembre del 1939 comincia la Seconda Guerra Mondiale a seguito della dichiarazione di guerra della Francia e dell’Inghilterra alla Germania, e non viceversa. In realtà l’Alta Finanza teme per il proprio impero, teme che altre nazioni seguano l’esempio della Germania, svincolandosi dal signoraggio. I banchieri angloamericani sono assai preoccupati. L’altro Stato che si ribella al signoraggio della moneta è il Giappone. Anch’esso, purtroppo, sarà attaccato. E già nel 1939 Stalin, con il comunismo bancario internazionale, progetta di attaccare la Germania e d’impossessarsi militarmente dell’Europa. Gli riuscirà solo in parte: l’Operazione Barbarossa da parte tedesca lo frena e la capacità di reazione non solo della Germania, ma di tutti coloro che in Europa e nel Mondo comprendono ciò che sta accadendo limita l’invasione. Vi sarà un immane sacrificio, che l’Alta Finanza racconterà poi a proprio tornaconto, falsando la storia, per ottundere le generazioni successive. Ma non tutti tacciono.
Siamo a Berlino, nel 1945. Così scrive un Ufficiale Francese della XXXIII Waffen Gren Division der SS “Charlemagne”: «Martedì 1° maggio. Inizia ora il quarto giorno della battaglia per la Wilhelmstrasse. I rossi hanno progredito di circa trecentocinquanta metri. Sebbene ogni metro di questo vantaggio sia costato assai caro, la strada si trova ancora in loro mani. Hitler è morto. Il Cancelliere della Germania Josef Goebbels, Martin Bormann, Burgdorf e Krebs cercano di trattare la tregua. Ma i rossi che, in quel 1° maggio avrebbero dovuto, secondo Radio Mosca, risalire trionfalmente la Wilhelmstrasse e sfilare sotto la Porta di Brandeburgo, non sono padroni della strada. Non è un viale di trionfo quello che hanno davanti, ma sempre una via mortale, fiancheggiata da enormi cespugli ardenti, il cui rogo sono costretti ad attizzare con i lanciafiamme per scacciarvi i Francesi. Un ufficiale della divisione Charlemagne che partecipò a questa battaglia, il capitano X, scrive: “Per tutta la notte e la mattina del 1° maggio, la tempesta degli assalti rossi si abbatte su di noi con estrema violenza, ma siamo ben decisi a rispondere alla sfida. La fanteria rossa si è rinforzata e lancia le ondate d’attacco quando i carri armati si mettono in moto… Ad ogni assalto è la posta essenziale della battaglia – la Cancelleria – ad essere ferocemente contesa. Una mancanza, una distrazione da parte nostra ed è la catastrofe, e questa minaccia incombe sempre più netta mano a mano che le forze si logorano e i nostri contingenti si assottigliano in questa lotta infernale”. I combattenti francesi ignorano che l’uomo che, a torto o a ragione, rappresentava il simbolo della lotta anticomunista è morto; non sanno che, mentre il loro sangue scorre, si sta cercando di trattare con Mosca. E questo loro sacrificio che dal punto di vista militare non ha più il minimo senso, ha forse ancora un senso politico e morale? Diremo anzi che è dal 30 aprile alle ore 14, che gli atti degli ultimi combattenti di Berlino acquistarono un significato che prima non avevano. Il regime nazionalsocialista, esistente in funzione di Hitler, era appena scomparso. Se avessero saputo della morte del Fürer, i volontari – tutti sono d’accordo su questo punto – avrebbero continuato a combattere con lo stesso coraggio, dato che non erano là per proteggere Hitler ed il suo regime, ma per difendere duemila anni di civiltà» (Saint-Paulien, I Leoni Morti. La Battaglia di Berlino, Ritter, Milano 1999, pp. 193-194). Mi permetto di aggiungere una sola cosa: i nostri sono ben più di duemila anni di civiltà!
Le banche hanno il colore dei soldi. I soldi hanno colori differenti da nazione a nazione, ma sempre un solo emettitore, incolore, che desidera controllare il Mondo. Gli esseri umani che fanno parte delle banche hanno il sangue colorato come le banconote. Altri ce l’hanno rosso, il sangue. E, in ogni caso, nelle loro vene scorre veramente sangue. Ad alcuni scorre più impetuoso che ad altri e lo hanno dimostrato, sempre, nel corso del tempo. Che altro dire? Ricordiamo il Primo Maggio.

4 Comments

  • Anonymous 2 Maggio 2012

    Meraviglioso. Oggi come allora siamo noi gli unici Socialisti esistenti, gli altri, inclusi i compagni di allora e di oggi, sono melma a difesa del capitalismo.

    Alberto

  • Anonymous 2 Maggio 2012

    Meraviglioso. Oggi come allora siamo noi gli unici Socialisti esistenti, gli altri, inclusi i compagni di allora e di oggi, sono melma a difesa del capitalismo.

    Alberto

  • Gianni140 3 Maggio 2012

    Ho letto tempo fa “I leoni morti”, una storia di uomini veramente eccezionali. Consiglio a tutti di leggerlo per capire cosa sono l’onore e il coraggio.

  • Gianni140 3 Maggio 2012

    Ho letto tempo fa “I leoni morti”, una storia di uomini veramente eccezionali. Consiglio a tutti di leggerlo per capire cosa sono l’onore e il coraggio.

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