13 Aprile 2024
Imperialismo Usa

Pagliacciate sempre più lugubri

di Fabio Calabrese
Torniamo un’altra volta a parlare dei lugubri pagliacci statunitensi, la terza dopo i due articoli pubblicati sul sito del Centro Studi La Runa, “Lugubri pagliacci” e su “Ereticamente”, “Pagliacci lugubri e sanguinari”. Il metodo è sempre lo stesso, un’analisi della mentalità americana condotta attraverso le indicazioni che ci sono suggerite dal sistema mediatico. Onestamente, se si trattasse di qualsiasi altro popolo, un’insistenza del genere non sarebbe giustificata e, al di là di una curiosità di tipo puramente antropologico, poco ce ne calerebbe, ma trattandosi degli apparenti dominatori di questo disgraziato pianeta, la cosa cambia.
Sottolineo – occorre sottolineare – apparenti perché ad esempio quando alcuni anni fa una giovane cooperante americana in Palestina, Rachel Corrie ebbe la sciagurata idea di mettersi davanti a un tank merkava per impedire la distruzione di alcune case palestinesi, pochi istanti prima di morire crivellata da una raffica di mitragliatrice, ebbe la prova che agli occhi – e al mirino – del(l’auto)eletto popolo inventore del razzismo e del fanatismo religioso, i superuomini yankee sono dei subumani gojm incirconcisi come tutti gli altri.

E’ importante tornare a occuparsene, perché attraverso il gigantesco sistema mediatico mondiale da essi controllato, costoro hanno modo di diffondere la loro mentalità a livello planetario, e per resistere a qualsiasi forma di condizionamento, la prima cosa da fare che occorre, è esserne consapevoli. Nel nostro caso poi, nel caso dell’Italia e dell’Europa si tratta di contrastare la cancellazione di una cultura ricca, articolata, millenaria e la sua sostituzione con forme di pensiero rudimentali, infantili, pagliaccesche che danno a volte l’impressione che si stia davvero scendendo a un livello subumano.
Io vorrei che riguardo agli esempi che riporto, nessuno avesse l’ingenuità di pensare che dopotutto si tratta SOLO di fiction. Questo significherebbe non avere idea del ruolo che il sistema mediatico gioca nell’ambito di quella che ormai possiamo ben definire la società della comunicazione globale a livello planetario.
Il ruolo del sistema mediatico è da un lato quello di riflettere la mentalità, i costumi, gli atteggiamenti, la visione del mondo, i valori o i disvalori di una data società, dall’altro però esso è fortemente NORMATIVO, nel senso che tutto ciò viene mostrato in forma estremamente persuasiva come il modo ovvio, logico, normale di comportarsi e di pensare.
In effetti, se ci pensiamo con un po’ di attenzione, nel nostro tempo in cui la famiglia e la scuola hanno perso enormemente la capacità che avevano un tempo di plasmare le nuove generazioni, di trasmettere valori, il sistema mediatico è di fatto l’unica “agenzia educativa” o diseducativa realmente funzionante.
Si tratta, inutile dirlo, di una relazione fortemente asimmetrica nella quale i valori o disvalori di una cultura che comprende un ventesimo degli abitanti del pianeta vanno in maniera assolutamente unilaterale a condizionare e plagiare gli altri diciannove ventesimi.
Pagliacci, perché tutto ciò che è americano è palesemente sotto il segno dell’esagerazione, del fracasso, dell’infantilismo, della mancanza di sobrietà e di serietà, lugubri perché, che una bizzarra serie di circostanze storiche abbia messo le sorti del nostro mondo nelle mani di gente di tal fatta, non può essere considerato senza preoccupazione, e infine sanguinari come recita l’approfondimento già pubblicato su “Ereticamente”, perché la violenza è certamente uno dei motivi ricorrenti dell’americanismo, sia per quanto riguarda, a livello istituzionale, i rapporti con le restanti nazioni del globo, sia per quanto riguarda le vite private dei presunti superuomini a stelle e strisce, violenza oltre tutto il più delle volte dettata da motivi futili e bambineschi, ossia ottenere il fatidico quarto d’ora di celebrità mediatica.
Un quarto elemento che non compare nei titoli dei due articoli, ma che ho considerato, è la tendenza degli yankee a credersi dei superuomini o quanto meno esseri superiori e migliori della comune umani
tà, tendenza che ha spesso portato a manifestazioni che è poco definire aberranti. Un esempio: da più di un decennio, la vita di almeno due famiglie (ma probabilmente di più) è stata rovinata dal boicottaggio e dall’ostilità dei vicini perché un loro parente morto nell’attentato delle Twin Towers dell’11 settembre 2001 è stato sospettato di essere “the falling man”, “l’uomo che cade” inquadrato da una celebre ma tutt’altro che chiara fotografia, un uomo che, come del resto molti altri quel giorno, si sarebbe gettato da uno dei grattacieli in fiamme e abbreviato la propria vita di pochi minuti preferendo una fine rapida a una morte lunga e atroce, ma per l’opinione pubblica americana, mossa da un misto di prepotenza e bigotteria, è inaccettabile che un superuomo a stelle e strisce possa aver commesso un suicidio. 
Occorre tuttavia ammetterlo, due articoli non sono sufficienti per esplorare il grande deserto (di intelligenza, di cultura, di maturità, di sentimenti, di buon senso) che si trova tra Messico e Canada.
Inizieremo questa nuova esplorazione partendo da un punto apparentemente distante dagli Stati Uniti (in realtà nessun punto del nostro pianeta è distante da essi a sufficienza per essere ragionevolmente al sicuro), e precisamente da casa nostra.
Sul Carso triestino si trova la foiba di Basovizza, che è stata alla fine della seconda guerra mondiale lo scenario di una delle tante atroci mattanze compiute dai comunisti jugoslavi contro la nostra gente colpevole soltanto di essere italiana, e che il 10 febbraio 2006 è stata dichiarata ufficialmente monumento nazionale, anche in ricordo dei numerosi altri luoghi rimasti oltre l’iniquo confine tracciato a guerra finita, che sono stati teatro di eccidi analoghi portando il numero degli Italiani trucidati dai boia con la stella rossa a molte migliaia (anche se non esiste un computo preciso).
Ora prescindiamo dal fatto che la sinistra, questa sinistra falsa e ipocrita che negli ultimi anni è arrivata a fingersi patriottica, è riuscita a imporre per oltre sessant’anni sulla tragedia della nostra gente un muro mafioso di omertà e di silenzio. In occasione dell’inaugurazione del monumento, l’allora sindaco di Trieste Roberto Dipiazza tenne un discorso in termini talmente vaghi da non lasciar capire a chi non fosse già per conto proprio informato dei fatti, chi fossero stati gli assassini che avevano colpito la nostra popolazione con tanta devastante crudeltà. E’ da notare che Dipiazza non è un uomo di sinistra, ma di centrodestra, del PDL, tuttavia, sappiamo bene che a dimostrarsi troppo anticomunisti, CIOE’ A DIRE LE COSE COME STANNO, si rischia automaticamente di essere considerati fascisti.
E’ uno dei grandi paradossi della democrazia: se ami davvero la libertà, l’onestà nel raccontare la verità storica, il rispetto per la vita umana e per i diritti umani, allora non c’è nulla da fare, sei un fascista, un nemico della democrazia.
Oggi Dipiazza ha dovuto cedere la mano a Roberto Cosolini, uomo del PD, che il centrosinistra ha portato al governo cittadino dopo che il suo nome era emerso di stretta misura da primarie andate praticamente deserte, un tipico apparatcik, un burocrate di partito, ma il fatto che una città con un vissuto storico come Trieste abbia un sindaco del PD, cioè dell’erede del partito comunista, è come se Gerusalemme avesse oggi un sindaco nazista. Il vissuto storico c’è sempre, è là sanguinante, ma la memoria sta rapidamente svanendo per la difficoltà di trasmetterla alle giovani generazioni.
I giornalisti del “Piccolo”, il quotidiano locale intervistarono i ragazzi presenti alla cerimonia domandando loro se sapessero o avessero capito chi fossero stati gli autori dell’eccidio. Alcuni risposero semplicemente “Non so”, ma molti risposero senza esitazione “I nazisti”. NESSUNO dei giovani sotto i vent’anni presenti dimostrò di aver capito che gli assassini erano stati gli adoratori dei macabri feticci della stella rossa e della falce e martello.
Ora provate a capire quello che c’è dietro questa grossolana distorsione della verità storica: nello psicodramma a cui è ridotta la seconda guerra mondiale “i nazisti” sono i cattivi per antonomasia, di conseguenza responsabili di tutto; i vincitori sono sempre i buoni, E SONO BUONI IN QUANTO VINCITORI. Alla fine – si sa – i buoni vincono sempre. E’ LA MENTALITA’ DA FILM HOLLYWOODIANO CHE HA CONTAGIATO PROFONDAMENTE I NOSTRI GIOVANI, PRIVI COME SONO DI PUNTI DI RIFERIMENTO DIVERSI.
La mentalità americana così come ci viene presentata dal sistema mediatico e imposta poco per volta anche a noi, facendo diventare normale e di moda quello che per sua natura è anomalo e perverso, lo abbiamo già visto nei due articoli citati, si presenta come infantile in tutto, tranne che nella sessualità che viene spesso esagerata ed esasperata, precocizzata fino a diventare invito alla pedofilia, terreno di perversioni assortite, quelle che nell’anacronistico linguaggio dei nostri avi erano chiamate turpitudini
Tuttavia, forse con quello che da parte mia potrebbe essere un lapsus freudiano, nell’evidenziare i comportamenti sessuali come ci vengono proposti dai media di oltre Atlantico, mi sono dimenticato di menzionare quello che è forse l’esempio più eclatante, il seguitissimo serial televisivo “Sex and the City”.
La storia di base che attraversa i vari episodi del serial, è presto detta: si racconta di quattro amiche, quarantenni, nubili, di ceto alto-borghese newyorkese, senza preoccupazioni economiche né impegni di lavoro o di famiglia, che nella vita hanno un solo scopo: farsi SCOPARE da quanti più uomini possibile, senza costruire legami sentimentali che non siano di breve durata. 
Occorre sempre ricordare che, se da un lato i media rispecchiano un frammento magari inizialmente piccolo della realtà, finiscono per avere un valore normativo, propongono un “modello ideale” che poi la gente tende a imitare, ed è chiaro il significato di queste cose, l’influenza che possono avere sul comportamento delle donne non solo americane.
Ricordo di aver visto molti anni fa un film di guerra dove degli americani catturati erano portati davanti a un ufficiale tedesco per interrogarli, e che per prima cosa li ingiuriava con varie espressioni fra cui: “Le vostre donne sono tutte puttane”.
Allora mi parve un’esagerazione dettata dall’intento offensivo. Dopo aver visto “Sex and the City”, sono incline a pensare che quell’immaginario ufficiale tedesco avesse detto la verità o fosse stato quanto meno profeta.
Il fenomeno delle quarantenni, cinquantenni e oltre, con aspetto (quest’ultimo grazie alla chirurgia plastica) e appetiti da adolescenti, è oggi così diffuso che per queste donne è stato coniato un apposito termine: “cougar”, cioè “puma”, “leone di montagna” (esiste anche un serial televisivo al riguardo: “Cougar Town”). I serial americani ci presentano spesso madri indistinguibili da coetanee delle loro figlie, che potrebbero anche essere benissimo interpretate da attrici effettivamente coetanee; in ogni caso è un’esaltazione nemmeno tanto indiretta dei miracoli della chirurgia plastica: un esempio palmare in questo senso è rappresentato da “Beautiful”, dove è impossibile distinguere una cinquantenne da un’adolescente).
In modo parallelo-complementare, si è sviluppato anche un altro fenomeno, quello dei “toy-boy”, letteralmente “ragazzi-giocattolo”.
La maggior parte delle coppie è composta da persone coetanee o con pochi anni di differenza fra marito e moglie, e la ragione biologica di ciò è facilmente comprensibile: molti anni di possibile convivenza è la prospettiva migliore per l’allevamento della prole. Fino a qualche decennio fa, se all’interno di una coppia vi era una forte differenza di età, il più anziano era l’uomo, e generalmente si trattava di uomini con una posizione economica e sociale elevata.
Oggi che vi sono molte signore in carriera, donne manager e naturalmente attrici, cantanti, ereditiere, la tendenza pare essersi invertita, con coppie formate da danarose signore in età e ragazzi-giocattolo.
Parlare di biologia e comportamenti riproduttivi non crea problemi finché si tratta del rospo smeraldino o della drosofila, ma diventa ostico quando si parla di esseri umani, perché qui entrano fortemente in gioco emozioni e sentimenti, tuttavia è sempre l’habitus mentale del naturalista, quello che permette di capire ciò che accade veramente.
Piaccia o non piaccia, tra uomini e donne esiste questa fondamentale asimmetria, che un uomo è fertile praticamente per tutta la vita dopo la pubertà, mentre la fertilità di una donna cessa con la menopausa.
E’ una sorta di saggezza della biologia, ma un uomo anziano in posizione di ledership, un “silverback”, unendosi a una compagna giovane, è come se ricevesse una specie di bonus riguardo alla possibilità di trasmettere i suoi geni, e il minore vigore fisico nel difendere la famiglia e procacciarle il cibo, sarà ampiamente compensato dai vantaggi dello status sociale, ma la coppia cougar-toy boy non è riproduttivamente valida (e alla fine conta solo questo). La chirurgia plastica può ridare-mantenere a una donna un aspetto giovanile, ma non può ritardare la menopausa, e di solito, se la leonessa di montagna di cui sopra è ancora in età fertile, tende a concentrare i suoi istinti materni sul suo ragazzo-giocattolo.
Poiché il fenomeno negli Stati Uniti e oggi anche in Europa tocca soprattutto persone di classe alta o medio-alta e di etnia europea, se qualcuno volesse insinuare il sospetto che esso sia un fenomeno (non certo il solo) parte di un progetto teso ad assicurare il declino della razza bianca, quello che in Europa conosciamo come “piano Kalergy”, io non avrei elementi per smentirlo.
I serial polizieschi rappresentano davvero un capitolo a parte, una volta che si analizzino con attenzione i loro “messaggi”, si scopre che sono letteralmente dei surrettizi “manifesti” che esportano gli stereotipi culturali americani. Forse è addirittura secondario il fatto che alcuni di essi sono estremamente violenti, tendono a instillare nello spettatore l’idea inconscia che la violenza sia il modo normale di rapportarsi nelle relazioni umane. Osserviamo quali sono i motivi, le motivazioni dell’azione criminosa in questo genere di pellicole: generalmente si tratta di disturbi caratteriale, follia, nevrosi o perversione sessuale, in qualche caso gelosia; le poche volte che compare un movente economico, è costantemente riferito a persone di classe sociale alta, un’eredità o gelosia professionale.
Il messaggio è chiaro: la società, la società americana modellata dal liberal-capitalismo è una società pressoché perfetta, dove non esistono contrasti sociali degni di nota, e la delinquenza è sempre una fastidiosa deviazione individuale.
Soprattutto le pellicole e i serial di generazione più recente ci mostrano una specie di miracolo: niente più lunghe e faticose indagini con il paziente rilevamento di impronte e indizi, lunghi interrogatori confrontando testimonianze, tutto ciò è stato sostituito da una meravigliosa scienza chiamata “profiling” (nella realtà dei fatti, il profiling, cioè la ricostruzione del profilo psicologico del criminale, è semplicemente uno strumento d’indagine in più). Con una semplice occhiata al corpo della vittima, il profiler dei serial televisivi è in grado di dirvi sesso, età, razza, aspetto fisico dell’assassino, che numero di scarpe porta, che automobile guida, se possiede o no un cane.
Ma tanto, prima che inizi la puntata, lo conosciamo già il profilo che sarà tracciato dal detective-psicologo: invariabilmente, come tutte le volte precedenti, l’assassino sarà “maschio, bianco, tra i trenta e i cinquant’anni, alla guida di un pick-up bianco”.
Questa storia del pick-up bianco fa veramente morire; di questo passo succederà che i più impressionabili correranno a nascondersi terrorizzati tutte le volte che vedranno il furgone del panettiere o del lattaio. Prima di ridere, però ricordate che nel delitto di Brembate dove le indagini si stanno trascinando già ben oltre l’umanamente accettabile, esse per un certo periodo sono state ulteriormente depistate proprio perché qualcuno aveva visto nella zona un veicolo di questo tipo.
Ma esaminiamo gli altri elementi ricorrenti del profiling. Maschio: diciamo che ci può stare, poiché di solito quelli che vediamo in serial come “Criminal Minds” sono delitti a sfondo sessuale, ma perché “tra i trenta e i cinquant’anni”, forse che tra l’adolescenza e il trentesimo compleanno una persona non è altrettanto e anche maggiormente capace di commettere un omicidio? Perché chi è più giovane dovrebbe essere necessariamente migliore di chi è in eta? Qui non è difficile riconoscere l’eco di un’ideologia giovanilista sviluppatasi soprattutto perché essendo i più giovani meno dotati di filtri critici, sono maggiormente permeabili ai messaggi mediatici e pubblicitari, oltre che dell’immarcescibile pregiudizio rousseauiano.
Ma la chicca migliore è quel “bianco”, l’assassino è sempre immancabilmente di razza bianca. A giudicare da questi sceneggiati, i neri sembrerebbero incapaci di commettere crimini violenti. E’ un esempio, una pluralità di esempi lampante di effetto Prentice, ossia di pregiudizio a favore di persone con un’alta percentuale di melanina nella pelle verso le quali non si osa essere obiettivi per il timore di apparire razzisti.
Eppure, se guardiamo la realtà, le prigioni americane sono strabocchevoli di neri detenuti per crimini violenti. Qui da noi gli immigrati, in gran parte di origine africana, sono il 5-6% della popolazione residente e rappresentano oltre metà della popolazione carceraria (senza contare che alcune comunità di immigrati, come i Cinesi, hanno un tasso di criminalità bassissimo).
L’obiezione prevedibile a questo discorso è che i neri americani o gli immigrati da noi si trovano a vivere in condizioni di disagio sociale che certo non favoriscono la rettitudine di comportamento. Guardiamo allora il comportamento dei neri di classe alta: Naomi Campbell, le cui scenate isteriche con il lancio di oggetti contro il personale di servizio sono tristemente famose, il boy friend della cantante caraibica Rhianna che l’ha più volte mandata all’ospedale a forza di percos
se, “la belva” Mike Tyson, l’uxoricida O. J. Simpson.
Il caso di O. J. Simpson, cioè di un atleta famoso resosi responsabile dell’assassinio della propria compagna, ricorda da vicino quello di Oskar Pistorius. E’ vero che Pistorius è un bianco, ma è anche un figlio del nuovo Sudafrica di Nelson Mandela e del post-apartheid, uno dei Paesi più violenti del mondo, e a fare da innesco alla violenza sono proprio i difficili rapporti fra le diverse etnie. Prepariamoci, perché questo è proprio il tipo di realtà che l’immigrazione porterà sempre più anche da noi. 
In modo surrettizio, sottile, non dichiarato, l’americanizzazione rischia di stravolgere sempre più e cancellare la nostra cultura, e c’è solo un modo per sfuggire ai condizionamenti: esserne consapevoli.

10 Comments

  • Anonymous 14 Marzo 2013

    IL MALEAMERICANO
    di Giorgio Locchi e Alain de Bonoist
    L’America di oggi é un cadavere in buona salute. Con la sua immensa potenzamateriale, con la sua estensione geografica, col suo gusto del
    gigantic
    , e con lafruttificazione del suo capitale, l’America (proprio come l’Unione Sovietica) ha potuto creare delle illusioni. Ponendo l’accento sui fattori materiali, sugli elementi.quantificabili, ha imposto al mondo l’ideale della superproduzione. Ma questo esufficiente a garantirne l’eternità? Prigionieri del desiderio di «vivere allasvelta», gli Stati Uniti scompariranno brutalmente come sono sorti; più presto diquanto non si

    creda, forse, poiché all’interno del l’universo americano non esistono possibilità di salvezza, a destra come a sinistra, al nord come al sud.Il
    male americano
    e una malattia sottile, indolore; una malattia dello spiritoche ormai ha attaccato anche i corpi ma di cui continuiamo a non accorgerci..Come difenderci? Come ci si difende da tutte le malattie: comprendendone imeccanismi di azione e le cause, De Benoist e Locchi hanno voluto fare proprio questo: il loro libro è un’analisi serrata ma precisa e spietata del
    maleamericano
    , e

    la spiegazione di questo male nella sua genesi e nelle suemanifestazion

  • Anonymous 14 Marzo 2013

    IL MALEAMERICANO
    di Giorgio Locchi e Alain de Bonoist
    L’America di oggi é un cadavere in buona salute. Con la sua immensa potenzamateriale, con la sua estensione geografica, col suo gusto del
    gigantic
    , e con lafruttificazione del suo capitale, l’America (proprio come l’Unione Sovietica) ha potuto creare delle illusioni. Ponendo l’accento sui fattori materiali, sugli elementi.quantificabili, ha imposto al mondo l’ideale della superproduzione. Ma questo esufficiente a garantirne l’eternità? Prigionieri del desiderio di «vivere allasvelta», gli Stati Uniti scompariranno brutalmente come sono sorti; più presto diquanto non si

    creda, forse, poiché all’interno del l’universo americano non esistono possibilità di salvezza, a destra come a sinistra, al nord come al sud.Il
    male americano
    e una malattia sottile, indolore; una malattia dello spiritoche ormai ha attaccato anche i corpi ma di cui continuiamo a non accorgerci..Come difenderci? Come ci si difende da tutte le malattie: comprendendone imeccanismi di azione e le cause, De Benoist e Locchi hanno voluto fare proprio questo: il loro libro è un’analisi serrata ma precisa e spietata del
    maleamericano
    , e

    la spiegazione di questo male nella sua genesi e nelle suemanifestazion

  • Anonymous 14 Marzo 2013

    http://www.scribd.com/doc/94498088/Il-male-americano

    IL MALE AMERICANO del 1974 dei grandissimi Giorgio Locchi e Alain de Benoist.
    Stampatelo e diffondetelo.

    Correte subito al capitolo LA CAPITALE DEL NEOMARXISMO. Per completare l’analisi dell’ottimo F.Calabrese manca solo l’esame di queste culture della contestazione, hippie, liberal,no global ecc che hanno comunque una radice puritana e giudaicodiscesa.
    Buona lettura e avanti così!!

  • Anonymous 14 Marzo 2013

    http://www.scribd.com/doc/94498088/Il-male-americano

    IL MALE AMERICANO del 1974 dei grandissimi Giorgio Locchi e Alain de Benoist.
    Stampatelo e diffondetelo.

    Correte subito al capitolo LA CAPITALE DEL NEOMARXISMO. Per completare l’analisi dell’ottimo F.Calabrese manca solo l’esame di queste culture della contestazione, hippie, liberal,no global ecc che hanno comunque una radice puritana e giudaicodiscesa.
    Buona lettura e avanti così!!

  • Anonymous 22 Marzo 2013

    Ottimo articolo.

  • Anonymous 22 Marzo 2013

    Ottimo articolo.

  • Yondo 8 Settembre 2013

    Leggere questo blog mi sta dando punto di vista che avevo solo abbozzato nella mente. GRAZIE.

  • Yondo 8 Settembre 2013

    Leggere questo blog mi sta dando punto di vista che avevo solo abbozzato nella mente. GRAZIE.

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