9 Aprile 2024
Cultura Fantascienza

Narrativa fantastica, una rilettura politica, trentaquattresima parte – Fabio Calabrese

Comincio questo articolo segnalandovi una coincidenza davvero singolare. Dopo la serie di articoli dedicati a Una Ahnenerbe casalinga/L’eredità degli antenati, le serie più longeve che ho finora scritto per “Ereticamente” sono Ex oriente lux, ma sarà poi vero?, e questa rilettura politica della narrativa fantastica, ebbene, in entrambi i casi, una volta arrivato al trentatreesimo articolo, ero determinato a chiudere questa serie, sembrandomi di aver detto tutto quanto era possibile al riguardo, abbassare la serranda, per così dire, ma poi è successo qualcosa che mi ha fatto cambiare opinione, e spinto a redigere almeno un trentaquattresimo articolo.

Nel caso di Ex oriente lux, si è trattato, lo scorso maggio, di un blocco del computer che ho temuto fosse una formattazione, un blu crash simile a quello che ho subito nel dicembre 2018 che mi ha comportato la perdita di parecchio materiale e, per disperazione, ho stilato un trentaquattresimo Ex oriente lux servendomi di un computer di una delle mie figlie e di alcuni appunti che avevo salvato su una penna USB, perché diciamo, l’appuntamento settimanale con voi è diventato ormai una consuetudine alla quale tengo.

Nel caso di questa nuova Narrativa fantastica, la circostanza è meno drammatica. Semplicemente, solo di recente mi sono accorto che c’è da tempo su You Tube un video che riporta parte della conferenza che ho tenuto nel luglio 2016 alla manifestazione siciliana “Magmatica”. Per la verità, si tratta soltanto della parte finale con le domande del pubblico, ma niente paura, il testo della conferenza vera e propria lo trovate su “Ereticamente” come seconda parte di questa serie di articoli.

Tuttavia, mi è sembrato che fosse adesso il caso di riprendere l’argomento, perché le domande dei ragazzi che partecipavano a “Magmatica” (si è trattato di un pubblico prevalentemente giovanile, cosa che fa ben sperare per il futuro) e le mie risposte hanno finito per concernere il tema più cruciale di tutti, che è poi la ragion d’essere di questa serie di articoli, ossia la connessione fra la narrativa fantastica, in particolare la fantasia eroica, e la nostra visione del mondo.

Ora, sappiamo tutti della suggestione che ha esercitato su molti di noi, ad esempio l’opera di Tolkien, con il forte riferimento alla necessità di ancorare la dimensione sociale e politica, le regole fondamentali del consorzio umano a valori metastorici e trascendenti, tuttavia, nel mio intervento facevo notare che nel suo caso questi valori sono un po’ troppo sbilanciati in senso cristiano. Una circostanza da tenere in opportuna considerazione, è il fatto che Tolkien appartenesse a una famiglia cattolica inglese. In Inghilterra i cattolici sono una ristrettissima minoranza, e in queste circostanze è facile attaccarsi alla religione come se fosse il tifo per una squadra di calcio, è quindi ovvio che Tolkien non vedesse le contraddizioni, ad esempio, fra l’idea di resistere al male con le armi in pugno, concetto che del resto pervade tutta la sua opera, e il comandamento evangelico di “porgere l’altra guancia”.

Come ho spiegato nel mio intervento, questo spirito tolkieniano andrebbe quanto meno controbilanciato dalla lezione di Robert E. Howard, il suo “barbaro” Conan, in ultima analisi, non è altro che l’uomo nella pienezza dei suoi istinti vitali, una lezione di cui abbiamo bisogno soprattutto oggi che viviamo in un’epoca in cui, come aveva profetizzato Chesterton, “occorre sguainare la spada per poter affermare che l’erba è verde in primavera”.

La prima domanda mi è stata posta da un ragazzo che per la verità ha fatto un intervento piuttosto lungo, ma che in sostanza può essere riassunto così: “Noi sappiamo che i testi “filosofici” degli autori in cui è espressa la nostra visione del mondo: Evola, Guenon, Nietzsche, per non parlare ad esempio del monumentale Tramonto dell’Occidente di Spengler, sono piuttosto impegnativi. Allora è consigliabile indirizzare i giovani neofiti verso le letture di fantasia eroica come propedeutica?”

Rispondere a questa domanda è stato un tantino imbarazzante, soprattutto perché non potevo rispondere a un intervento così ampio con un semplice “Si”. Così, nella mia risposta ho fatto notare che la fantasia eroica non è soltanto Tolkien e Howard ma vi sono ad esempio molti romanzi e racconti ispirati al Ciclo Bretone. Non so se sia opportuno averlo fatto, ma nel corso della mia risposta è uscito un riferimento a un romanzo su queste tematiche che avevo appena letto riportandone un’impressione del tutto negativa: Le nebbie di Avalon di Marion Zimmer Bradley. A mio parere questa autrice ha trattato la materia arturiana come peggio non si potrebbe, trasformandola in gossip, le vicende di Artù, Ginevra, Lancillotto, Morgana, Mordred raccontate sotto forma di pettegolezzo fra le dame della corte di Camelot. Come se non bastasse, si evidenzia una concezione, più che femminista, matriarcale. Lo scontro finale, distruttivo per entrambi, fra Artù e Mordred, è equiparato a quello fra i maschi di animali da harem come i cervi, dove il più giovane di solito sconfigge il vecchio “re” e gli subentra assicurando il ricambio generazionale, laddove l’elemento femminile del branco rappresenta l’indiscussa continuità. Un volto del femminismo da far ribollire il sangue, che trasforma l’uomo in una semplice appendice del potere generativo della donna.

Marion Zimmer Bradley è una delle autrici emerse con l’ondata femminista che ha attraversato la fantascienza e la fantasy dagli anni ’70 del XX secolo in poi. Nella trentatreesima parte vi ho parlato di questa ondata nella fantascienza, che abbia interessato anche la fantasia eroica, questo non fa certo meraviglia, se considerate che le opere dei due generi sono spesso scritte dagli stessi autori o dalle stesse autrici.

Sul femminismo bisognerebbe dire una volta per tutte una parola chiara: si tratta di una realtà complessa e variegata quanto l’universo femminile. Da un lato, si tratta di rivendicazioni legittime e sacrosante, come la parità giuridica e lavorativa/salariale fra uomo e donna, ma dall’altro, soprattutto ma non solo negli Stati Uniti, vi sono delle estremiste che non guardano alla parità, ma decisamente al matriarcato.

Sentendo i loro discorsi si può avere l’impressione che uomo e donna siano due specie diverse e rivali, invece che il maschio e la femmina della stessa specie.

Come è successo praticamente per ogni movimento letterario, l’ondata femminista ha prodotto molta spazzatura, ma anche una leva di nuove autrici valide che sono rimaste, tanto nella fantascienza quanto nella fantasy, esattamente come la New Wave, i Cyberpunk, o per quanto riguarda la fantasia eroica, il boom tolkieniano ispirato alla pubblicazione del Signore degli anelli. Credo che il sesso c’entri poco, ci sono lavori buoni, mediocri o pessimi in uguale proporzione sia nel caso di autori uomini che in quello di autrici donne.

Fra le autrici di fantasia eroica che si sono rivelate di qualità, ho citato Ursula Le Guin, in particolare con il ciclo del Mago di Earthsea, anzi mi pare che i suoi romanzi di fantasy siano migliori di quelli di fantascienza, per la quale una cultura scientifica basata sull’antropologia non è proprio l’ideale.

Al contrario, un’autrice che, come la Bradley ho citato come un caso deteriore, è stata Catherine Lucille Moore. Nei romanzi di C. L. Moore troviamo sempre uno stereotipo al contrario che vede eroine rivestite di ferro, amazzoni o valchirie, contrapposte a personaggi negativi sempre maschili, che sono infidi negromanti o stregoni, ma sempre imbelli all’uso di altre armi se non quelle della magia, il massimo per solleticare l’ego di casalinghe frustrate.

C’è una circostanza che non ho potuto fare a meno di menzionare: C. L. Moore era la moglie di un altro scrittore di fantascienza, Henry Kuttner, e capita che i due abbiano scritto alcuni lavori in collaborazione. Beh, secondo alcune femministe esagitate, tutti i libri pubblicati con la firma di Henry Kuttner sarebbero in realtà opera della Moore, perché a parer loro, il cervello maschile sarebbe del tutto incapace di creatività. Ce n’è da far imbufalire l’uomo meglio disposto verso il gentil sesso!

Io, in una carriera letteraria che dura ormai da una vita, ho scritto quattro romanzi e più di 370 racconti, e vi posso assicurare che non ho mai impiegato mia moglie né alcuna altra donna, né nessun altro a prescindere dal sesso come ghost writer, eppure penso ci siano ben pochi dubbi sul fatto che il mio corpo, i miei ormoni, il mio cervello siano prettamente maschili.

A questo punto ha preso la parola una signora (di età un po’ superiore alla media dei presenti perlopiù molto giovani) che ha precisato di essere un’insegnante, e si è espressa sostenendo, cosa che io non mi sono mai sognato di negare, che il femminismo è una realtà molto variegata e che al lato delle posizioni estremiste, ne esistono altre di ben altro spessore, senza scomodare Bachofen e le sue in parte superate teorie sul matriarcato, ad esempio Marija Gimbutas. Marija Gimbutas è stata un’archeologa e un’antropologa molto interessante, e io ho fatto più di una volta riferimento a lei nei miei scritti. Io non so se la sua teoria dei kurgan sia da prendere come oro colato, ma di sicuro il fatto di spostare l’area di interesse all’Eurasia settentrionale come luogo di origine degli Indoeuropei, rispetto a quel Medio Oriente da cui l’archeologia ufficiale è letteralmente ossessionata, ha rappresentato un bel passo avanti.

Io ero appena reduce da un esame di maturità, in veste di commissario, praticamente non me ne sono perduto uno in tutto l’arco della mia carriera di docente, e così ho raccontato un episodio accadutomi pochi giorni prima: una studentessa aveva presentato una tesina su Riane Eisler, che della Gimbutas è stata allieva.

“Ah”, faccio io, “Riane Eisler, l’allieva di Marija Gimbutas”.

La ragazza mi ha rivolto uno sguardo stupito, non si aspettava che un docente avesse competenze al di fuori della sua area professionale.

La cosa interessante della Eisler, è il fatto che ha ipotizzato nel passato l’esistenza, oltre che di società patriarcali e matriarcali, di società che ha chiamato “gilaniche”, cioè basate su un rapporto paritario fra i sessi. Non so se avesse ragione riguardo al passato, ma certamente è un auspicio per il futuro.

Questo termine, “gilaniche” da dove salta fuori? Nel pantheon della saga di fantasia eroica Dragonheart, Gilean è il dio dell’equilibrio, e perché mai i ricercatori, fuori dalla loro attività professionale, non dovrebbero dedicarsi a letture più “leggere” ma ugualmente ricche di insegnamenti?

E’ poi intervenuto un ragazzo che ha raccontato di essere disturbato da una certa “sinistra” interpretazione del ciclo bretone che vede nella tavola rotonda di re Artù dove nessun posto è più eminente degli altri, un simbolo di uguaglianza, e farebbe di Artù un proto-comunista, in stridente contrasto con tutto lo spirito medioevale che è invece basato sul principio di gerarchia.

Lo ho rassicurato sul fatto che tale interpretazione è del tutto falsa, infatti, si tratta dell’uguaglianza fra i membri di una ristretta e selezionata élite di cavalieri.

Ho colto l’occasione per ricordare che una falsificazione dello stesso genere è stata compiuta dalla sinistra, sempre nel tentativo di accaparrarselo come uno dei suoi precursori, anche nei confronti del pensiero politico espresso da Platone nella Repubblica (che, ricordiamolo, non è quella fondata da Eugenio Scalfari): l’abolizione della proprietà privata, la messa in comune delle donne e dei figli, al punto da non sapere chi è figlio di chi, in modo da rendere impossibili favoritismi, personalismi e nepotismi, secondo Platone dovrebbe riguardare le classi superiori dei filosofi e dei guerrieri, mentre i lavoratori, che poi costituirebbero la stragrande maggioranza della società, è bene che abbiano una proprietà privata, e Platone precisa che si dovrebbe aver cura che nessuno sia troppo ricco né troppo povero. Quindi, quello previsto da Platone non è affatto un comunismo ante litteram, ma semmai un comunitarismo sul tipo di quello degli ordini monastici.

Ho osservato poi che anche Tolkien è stato vittima di un’analoga falsificazione per fare del Signore degli anelli la “bibbia” degli hippies californiani, presentando la lotta dei suoi eroi contro il potere dell’Oscuro Signore come una ribellione contro il potere in generale, il che è del tutto falso, infatti al potere tirannico di Sauron non si contrappone un caos anarchico, ma l’autorità legittima nella sua doppia veste regale (Aragorn) e sacrale (Gandalf).

Io riprenderei come conclusione un paio di concetti emersi nell’intervento del primo ragazzo che mi ha posto delle domande, proprio evidenziando, cosa che come vi ho detto condivido, il valore propedeutico per la fantasy alla nostra visione del mondo, infatti, ha evidenziato due punti di particolare interesse: prima di tutto la visione ecologica che si evince dall’opera di Tolkien, in particolare con l’introduzione nel Signore degli anelli delle figure degli Ent, i “pastori di alberi”. Gli alberi, non potendo muoversi sono gli esseri più indifesi, tuttavia sono indispensabili alla nostra sopravvivenza.

L’altro punto importante è l’insegnamento del valore della collaborazione. Il male rappresentato da Sauron può essere vinto solo se ciascuno collabora con gli altri nel ruolo che gli spetta. Aragorn affronta Sauron in battaglia per dare modo agli hobbit di giungere inosservati fino a Monte Fato. E’ un insegnamento utile a correggere tanti personalismi e “ducismi” che purtroppo abbondano nei nostri ambienti e vi hanno causato parecchi disastri.

Vorrei concludere osservando che quella di “Magmatica” è stata un’esperienza estremamente utile, e una riprova della verità del detto secondo il quale, mentre si insegna, si impara.

NOTA: Nell’illustrazione, l’anello di Sauron, dal film Il signore degli anelli, tratto dal romanzo di Tolkien, forse l’opera più classica della fantasia eroica.

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