21 Ottobre 2025
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centosettantottesima parte – Fabio Calabrese

Riprendiamo il nostro percorso sulla pista dell’eredità degli antenati questa volta da agosto 2025 inoltrato, e anche stavolta seguiamo le orme di “MANvantara” che, a essere sincero, la scorsa volta ho seguito poco, anche se il gruppo creato da Michele Ruzzai si è rivelato uno strumento utilissimo per proseguire comunque questa serie di articoli una volta accantonata l’ambizione di un’esaustività totale per tutto quanto riguarda il nostro passato. Nella centosettantasettesima parte, come avete visto, ne ho seguito poco le tracce, perché l’ennesima riprova che la sindone, il famoso “sacro lino” è un falso di età medioevale, è troppo bella e troppo importante per non metterla nella dovuta evidenza, accanto a quella che il famoso “muro del pianto” al centro dei piagnistei dei devoti dell’ebraismo e di quanti vanno a rendere loro un immeritato e ingiustificato omaggio, non è il resto del famoso tempio, ma di un edificio di età romana.

Come vi ho già raccontato, a metà luglio il gruppo ha avuto l’adesione che altamente ci onora e di cui siamo francamente lieti, di Felice Vinci, l’autore di Omero nel Baltico, e il primo post di Vinci viene ad avanzare seri dubbi – che noi stessi condividiamo – sulla favola, oggi spacciata per “verità scientifica” secondo la quale, non solo la specie umana avrebbe avuto origine in Africa, ma che i nostri antenati sarebbero stati neri fino a poche migliaia di anni fa, fin addentro ai tempi storici.

Gli ha risposto sia pure tardivamente Michele Ruzzai, e i commenti del nostro amico meritano sempre di essere segnalati, perché dimostrano una profonda cultura e conoscenza degli argomenti, ma d’altra parte, non se ne vedono spesso, a causa di impegni lavorativi stringenti.

Ve ne riporto uno stralcio:

“Concordo con le sue valutazioni ed aggiungo che da un commento del genetista Razib Khan che a suo tempo avevo letto (ora però francamente non ricordo bene in quale contesto), sembrerebbe che epidermidi con forte pigmentazione costituirebbero un tratto derivato e non originario, al contrario di quelle a scarsa pigmentazione. Lo stesso tema, peraltro, era stato in precedenza portato anche da Charles Goodhart (se non erro, al tempo presidente della Linnean Society in GB) che negli anni ’90 aveva sostenuto che tutte le epidermidi mondiali si sarebbero sviluppate a partire da una, di base, sostanzialmente chiara (come corollario di una evoluzione nordica)”.

Il che ci lascia facilmente intuire il fatto che, prima che il potere imponesse come “verità scientifica” la favola dell’origine africana allo scopo di negare l’esistenza delle razze umane e favorire un atteggiamento accogliente nei riguardi dell’immigrazione – sostituzione etnica, gli indizi disponibili puntavano verso un’origine nordica della nostra specie, guarda un po’ come hanno sempre insegnato le dottrine tradizionali.

Torniamo per prima cosa in Spagna, e precisamente vicino ad Almendralejo, dove gli archeologi hanno rinvenuto di resti di una fortezza dell’Età del Rame che è stata chiamata Cortijo Lobato per la sua forma a pianta pentagonale con cinque torri poste agli angoli.

Nella stessa zona sono state trovate anche sepolture di età romana, fra cui quella di un legionario il cui corpo era stato mutilato, sepolto a faccia in giù, e gli era stato conficcato un pugnale nella schiena, si pensa a una sepoltura disonorevole, forse di un disertore o di un traditore.

L’8 agosto troviamo un link a un post di “Parsi Zoroastrian Worldwide” di Hyderabad. Come è noto, i Parsi sono i seguaci dell’antica religione zoroastriana che, dopo la conquista araba dell’Iran e l’imposizione dell’islam, hanno trovato rifugio in India. Il contenuto del post è piuttosto sibillino, “Non esiste un “tipico iraniano”, solo echi ancestrali in ogni volto”.

Sarà, ma la foto della giovane donna nell’immagine che accompagna il post, mostra un volto tipicamente europide, molto diverso da come sono di solito le donne indiane.

Un post del 10 agosto riporta il filmato di una conferenza tenuta da Kanaka Maoli, esponente della comunità canaca hawaiana nativa in North Carolina. Hawaiani e statunitensi del sud, “confederati” presentano nelle loro culture forti analogie, entrambe basate sull’attaccamento alla terra e alla famiglia, ma entrambe sono state devastate dall’invasione yankee a cui si è sommata l’immigrazione indiscriminata e meticcia da ogni parte del mondo, come stormi di cavallette.

E’ una vicenda sulla quale occorre riflettere, perché, a differenza di quanto è avvenuto ad esempio negli Stati Uniti continentali, dove la sostituzione etnica ha incontrato qualche episodio di resistenza come Little Big Horn, nelle Hawaii, essa è avvenuta “pacificamente”, e nondimeno ha portato la comunità nativa praticamente all’estinzione, essa rappresenta “il modello”, “l’esperimento pilota” di ciò che il NWO sta riservando a noi Europei.

L’11 abbiamo un link a RaiNews Multimedia che ci racconta una storia davvero interessante, il ritrovamento nelle isole indonesiane di utensili di pietra risalenti a 1,5 milioni di anni fa ha indotto i ricercatori a pensare che gli uomini di allora, classificati nella specie Homo erectus fossero già in grado di solcare i mari.

A mio parere, l’importanza di questa scoperta non deve essere assolutamente sottovalutata. Se l’Homo erectus era già sostanzialmente umano 1,5 milioni di anni fa, ci vorrà sempre più facciatosta per sostenere che l’umanità sia uscita dall’Africa tra 100 e 50 mila anni fa, Non solo, ma diventa sempre più difficile, se era un Homo a tutti gli effetti, spacciarlo per una creatura intermedia fra la scimmia e noi, a sostegno del classico darwinismo, che ne esce ulteriormente indebolito.

Il 13 abbiamo un link a un articolo di “Starsinsider” che ci riporta ancora una volta a Pompei dove le ricerche degli archeologi continuano. Secondo i dati recentemente emersi, ha raccontato il direttore del sito Gabriel Zuchtriegel, essa non sarebbe stata del tutto abbandonata dopo l’eruzione del Vesuvio del 76 dopo Cristo, ma gli abitanti superstiti sarebbero tornati a viverci, costituendo una sorta di favela tra le rovine, ben lontana comunque dai fasti di un tempo.

Sempre il 13 abbiamo un link a un comunicato ANSA che ci parla di nuovi ritrovamenti a Orvieto, dove sono emersi grandi altari etruschi, fra i più grandi finora rinvenuti in Etruria, decorati con teste di leone e di ariete finemente incise.

Un link del 14 ci porta in Irlanda. A Crosshaven nella contea di Cork, si è svolto, e vi si svolge annualmente un singolare festival, quello dei capelli rossi, che quest’anno ha visto oltre 2000 partecipanti dalle fulve chiome. Il colore rosso di capelli è una caratteristica presente in Irlanda tra il 10 e il 30 per cento della popolazione, ma a livello mondiale la sua frequenza è solo del 0,06 per cento, ed è perciò considerato un indicatore della più pura eredità celtica.

A ferragosto torniamo alle nostre latitudini con una breve recensione del libro di Anna Polo Le spirali nei templi neolitici di Malta e Gozo. La spirale è uno dei simboli umani più ricorrenti, ed appare particolarmente diffusa in età neolitica, e nei templi maltesi se ne trova una profusione. La sensazione dell’autrice è che essa non fosse soltanto un simbolo, ma un vero e proprio strumento per catturare una sorta di energia spirituale. Oltre a ciò, rimane il mistero della presenza di enormi complessi templari su di un modesto fazzoletto di terra circondato dal mare, come è l’arcipelago maltese.

Sempre a ferragosto, troviamo un post che ci illumina appunto sul significato di questa ricorrenza. Per la Chiesa cattolica essa è la festa dell’Assunta che celebrerebbe la presunta assunzione in cielo di Maria, ma ha un’origine ben diversa, infatti nella religione romana coincideva con i Nemoralia, celebrazioni in onore di Diana che si svolgevano intorno al lago di Nemi dal 13 al 15 agosto, ricorrenza molto sentita soprattutto fra le donne. Non riuscendo a sradicarla, la Chiesa ha pensato bene di battezzarla o meglio travestirla da festa cristiana.

Non è la prima volta che abbiamo visto in opera una simile prassi, lo stesso si può dire ad esempio per ognissanti e per il natale (in origine dies natalis solis invicti, mentre nessuno sa quando sia realmente nato Gesù Cristo, o se sia realmente esistito), e probabilmente per la maggior parte delle festività ancora presenti nel nostro calendario.

Abbiamo poi una recensione al libro Essere italiani, volume primo, di L. M. A. Viola pubblicato dalle Edizioni Victrix. Questo primo volume è dedicato all’identità religiosa e alla missione universale di Roma. Un testo che si può considerare un tributo amoroso a Roma, al suo mistero sacrale, al significato trascendente dell’essere romani-italiani. Qualcosa di cui c’è davvero bisogno specialmente oggi, che l’italianità rischia di disperdersi nel marasma multietnico.

Il 23 agosto abbiamo un link a un articolo di Manuela Chimera su “Storia, che passione”, che ci parla di un insediamento romano straordinariamente ben conservato ritrovato ad Alés nella Francia meridionale. Notevole fra le altre cose un ampio pavimento a mosaico policromo che faceva parte di un vasto complesso residenziale.

La notizia del 24 non la traggo da “MANvantara”, ma dal profilo FB personale di Michele Ruzzai. La rivista spagnola di studi tradizionali “Mos Maiorum” non solo ha pubblicato sul numero IX il suo articolo Madre Africa? Alcune riflessioni critiche sull’ipotesi Out-of-Africa, ma gli ha dedicato la copertina del numero. Vi riporto uno stralcio dell’introduzione all’articolo stesso di Angel Fernàndez:

“Il nostro grande amico Michele Ruzzai, uno studioso e grande conoscitore di temi dell’antropologia tradizionale, ci offre un articolo molto rivelatore su questioni scientifiche che fanno parte della narrazione dominante ai nostri giorni. Il pregiudizio ideologico della teoria «Out of Africa» aiuta anche ad aprire gli occhi a molti che credono nella scienza come un dogma di fede, come un oracolo di verità incontestabili”.

Penso che non possiamo altro che complimentarci con il nostro amico, la cui statura di autore internazionale si rivela sempre più solida.

Una comunicazione personale di data 28 agosto da parte di Sabine Steinmeyer vedova del compianto Ernesto Roli mi informa che per i tipi delle edizioni Arbor Sapientiae è stata pubblicata una nuova edizione del libro dello stesso Roli Omero nell’Egeo, la caduta dell’impero ittita e la guerra di Troia. Questo testo è una versione ampliata di La caduta dell’impero ittita e la guerra di Troia.

Ernesto Roli è stato un importante studioso di dottrine tradizionali, nonché amico e collaboratore di Adriano Romualdi. Riguardo ai poemi omerici e alla guerra di Troia, la sua ipotesi ittita è ovviamente in contrasto con quella baltica di Felice Vinci. Come vi ha già spiegato, io penso che non siamo tenuti a giurare né su una né sull’altra, ma che tuttavia i ricercatori convenzionali farebbero bene a prendere entrambe in seria considerazione.

Come sempre, non chiudo e congedo questo articolo senza esporvi alcune considerazioni conclusive e riassuntive in ordine alla nostra visione del mondo.

Avrete notato che forse mai come come questa volta, esso si situa su due piani diversi. Da un lato, abbiamo il riferimento all’antico mondo romano e italico, con la nuova sepoltura rinvenuta in Spagna, le ricerche che proseguono su Pompei, i nuovi ritrovamenti etruschi reperiti a Orvieto, i templi maltesi, la celebrazione delle Nemoralia, vera radice di quella che oggi è la festa dell’Assunta, e naturalmente e soprattutto il libro di L. M. A. Viola Essere italiani, che ci spiega che la nostra italianità affonda le sue radici nella missione universale e nel significato sacrale di Roma. Siamo gli eredi più diretti di una grande civiltà che ha dato un senso all’Occidente e al mondo intero, non dobbiamo dimenticarcene mai.

Su di un altro piano, siamo andati indietro fino alla preistoria più remota, con le considerazioni di Felice Vinci e di Michele Ruzzai sull’inverosimiglianza dell’ipotesi africana sulle nostre origini, e tanto più sulla pretesa assurda ed evidentemente falsa, ma che oggi il potere cerca di imporre attraverso il battage mediatico, che i nostri antenati sarebbero stati neri fino a pochi millenni or sono, nonché il saggio di Michele Ruzzai sul medesimo argomento pubblicato su “Mos Maiorum”.

In questo contesto, mi permetto di ricordare che io stesso sono autore di un libro, Ma davvero veniamo dall’Africa?, dedicato appunto alla contestazione dell’ipotesi dell’origine africana.

Inoltre, altro fatto estremamente importante, quanto segnalato da Rainews Multimedia l’11. Se gli Homines erecti di 1,5 milioni di anni fa disponevano di qualche mezzo di navigazione per raggiungere le isole della Sonda, ciò significa che erano uomini non troppo diversi da noi. Ripercorrendo la nostra storia biologica, noi troviamo solo o uomini pienamente umani o creature scimmiesche la cui reale appartenenza al nostro albero genealogico è perlomeno dubbia (è il caso degli australopitechi africani), e a questo punto, anche sulla teoria evoluzionistica, almeno come viene ordinariamente presentata, si possono sollevare dubbi.

Devo però ora esporvi un altro tipo di considerazioni. Questo articolo si riferisce ad eventi del mese di agosto 2025, ma la mia tabella di marcia mi avverte che è improbabile che esso possa vedere la luce sulle pagine di “Ereticamente” prima di settembre-ottobre. In altre parole, la “forbice”, cioè la discrepanza temporale fra gli eventi di cui mi occupo e il momento della pubblicazione dei rispettivi articoli si sta di nuovo allargando, nonostante la robusta potatura cui li ho sottoposti, mantenendo quasi esclusivamente “MANvantara” come traccia.

In tutta sincerità, ho di nuovo pensato di sospendere definitivamente questa serie, ma so che ci sono alcuni di voi che la seguono con passione. D’altro lato, la “forbice” è tornata ad allargarsi sia per la pausa estiva di “Ereticamente”, sia perché in questo periodo abbiamo avuto notizia, al di fuori di “MANvantara”, di scoperte come quelle riguardanti il Muro del Pianto e la Sindone, di cui era impossibile non parlare, e non è affatto detto che essa non rientri.

Non so, ovviamente, cosa porterà il futuro. Quello che vi posso garantire, è il mio impegno a darvi sempre il meglio che mi è possibile.

NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra, da “Parsi Zoroastrian Worldwide”, una donna parsi di Hyderabad, si notino i lineamenti europidi per nulla somiglianti a quelli della maggior parte delle donne indiane, al centro Essere italiani volume I di L. M. A. Viola, a destra la copertina del n. IX di “Mos Maiorum” dedicata al saggio Madre Africa? Alcune riflessioni critiche sull’ipotesi Out-of-Africa di Michele Ruzzai.

3 Comments

  • Michele Simola 7 Ottobre 2025

    Oggi, complice una scuola che insegna ben poco, non sempre per colpa dei docenti ma spesso per scelte politiche poco ortodosse, per una inclusività non dovuta, abbiamo dimenticato la grandezza dei nostri antenati, della grande Roma “caput mundi” che ha plasmato e civilizzato l’occidente europeo, che ha eretto monumenti millenari sopravvissuti alla sua scomparsa. L’Europa e l’Italia sono mostrano ovunque la capacità dei nostri avi con la presenza di strade, ponti, acquedotti ancora agibili dopo oltre duemila anni, manufatti irripetibili. Se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere quando leggiamo di ponti inaugurati e crollati dopo qualche settimana, le opere di Roma hanno sfidato i millenni uscendone vincitrici.
    La “sacra sindone” apparsa nel basso medioevo, considerata sacra dai cristiani, è un manufatto non risalente al I° secolo a.e.v. ol I° secolo e.v. ma molto più recente che la curia romana approvò nel XIII°/XIV° secolo come reliquia degna di culto. Trovo un simpatico scherzo del destino che il muro del pianto che tanti politici visitano per rendere omaggio agli “israeliani” sia opera di Roma!
    Quasi tutte le festività cattoliche hanno origine pagane, invenzioni cristiane per soppiantare in maniera quasi atraumatica gli antichi dei, per costringere i “nuovi fedeli” a voltare pagina sui culti millenari in cui spesso continuarono a credere. La maggioranza dei “santi” sono invenzione della chiesa romana, non ci sono figure storiche di riferimento.
    I “MOS Maiorum” furono i precetti base della Romanità fino all’avvento di Cesare Ottaviano Augusto, scriveva Cicerone: “Sebbene la natura abbia destinato per tutti la morte, la virtù, che è propria della stirpe e della generazione romana è solita respingere questa crudeltà e il disonore della morte. Conservate di grazia questa virtù, Quiriti, che i vostri antenati vi hanno lasciato in eredità.
    La parola romana “religio”, significa culto da offrire agli Dei, cioè l’insieme dei riti e pratiche cultuali. La decadenza cominciò quando le feste e i riti continuavano a susseguirsi, meccanicamente, ma era morto lo spirito originario che ne era alla base, si era persa la comprensione del rito stesso. La “piètas” non è la pietà cristiana, bensì il dovere verso gli dei, la patria, la famiglia, l’onore individuale che non lede i valori della società romana.
    Costantino, fu il dissolutore dell’antica tradizione, la sua empietà deve essere collegata all’abbandono del culto degli antichi dei della tradizione occidentale a favore della nuova religione di matrice semitica, cui egli stesso non si convertì.
    In Indonesia nell’isola di Sulawesi, la più grande delle isole indonesiane, nel sito di Calio, archeologi della Griffith University del Queensland (Australia), hanno rinvenuto utensili di pietra risalenti ad 1,5 milioni di anni, epoca in cui i nostri parenti Neanderthal e Denisova, pare, non esistessero, pertanto sono ascrivibili all’Homo Erectus che essi affermano, sappiamo essere presente sulla terraferma.
    Ciò ci permette di affermare che già 1,5 milioni di anni addietro degli “ominidi” Homo Erectus e non esseri bestiali, “anello di congiunzione” con l’uomo odierno solcavano i mari. A mio avviso due cose sono da sottolineare, 1) finora si riteneva che l’uomo intraprese la navigazione, peraltro costiera, circa dieci dodici mila anni addietro, mentre con questa scoperta andiamo indietro nel tempo di 1,5 milioni di anni. 2) L’OOA è improponibile e ridicolo, dimostrazione che serve solo ad indirizzare la sostituzione etnica dell’europa bianca, in poche parole renderci sempre più accoglioni!
    La spirale secondo me ha sempre simboleggioato l’eternità, l’infinito, tuttavia nulla vieta che possa anche essere stata considerata dagli antichi come uno strumento.
    Oggigiorno purtroppo manca il senso di appartenenza, l’orgoglio di essere Italiani, la fierezza di discendere da una delle più grandi civiltà che hanno plasmato il mondo moderno. Manca la volontà di vedere nei nostri avi della Grande Roma il primo popolo che portò ovunque, assieme alle conquiste militari, civiltà e progresso, non la democrazia made in USA. (Questi di contro hanno portato solo lutti, barbarie e decadenza. Più simili ai lanzichenecchi che ai soldati di Roma).
    In ultimo mi permetto di associarmi alle congratulazioni a Michele Ruzzai per le sue pubblicazioni.

  • Azeglio Spanu 12 Ottobre 2025

    Io propendo per la tesi di Roli sull’origine ittita della famosa guerra di Troia ma non identifico Troia con Hattusa; Ilio esistente veramente, nelle tavolette della corrispondenza diplomatica ittita è citata e ben nota la città di Wilusa. Ilios il nome originario di Troia, in origine era scritto con il digamma ossia con la V, Vilios. Inoltre i documenti ittiti citano ampiamente un loro nemico, probabilmente sostenuto dagli Ahiyawwa (Achei), Pihamaradu (Priamo). Insomma i luoghi e alcuni personaggi della guerra di Troia esistettero veramente ma non come Omero successivamente li narrò.

  • roberto 21 Ottobre 2025

    Solo grazie per gli interessantissimi e preziosi spunti di riflessione!

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