17 Luglio 2024
Libreria Tradizione

Il tempo ed i suoi due volti – Umberto Bianchi

Quello del tempo e del suo esatto significato, costituisce uno di quei temi su cui si potrebbe dire, che non si è mai trattato a sufficienza. Un tema insidioso, sottile, aperto a mille ed a nessuna soluzione e di cui l’amico Alessandro Orlandi ci ha proposto una breve, ma intensa disamina nella sua ultima fatica “I due volti del tempo”, edito nella collana “I Polifemi

” per la Stamperia del Valentino di Napoli. Il tempo “si et si”, è qualcosa di insidioso e sfuggente. Quantificato, calcolato sino al millesimo, inquadrato in tabelle e tabelline ma, se vogliamo cercare di carpirne il segreto e l’essenza, eccolo farsi d’improvviso sfuggente e dilatorio, sino a frantumarsi in una indefinibile molteplicità di aspetti contraddittori. La Modernità sorge all’insegna di quella quantificazione di cui Cartesio fu il grande preconizzatore. Dividendo la realtà in “res cogitans” e “res extensa”, il filosofo francese pensava di conferire una metafisica certezza ad una realtà che, invece, di certezza non ne presenta proprio nessuna. Razionalismo, Proto Illuminismo e successivamente, Positivismo, creeranno un edificio di certezze che si credevano inamovibili, come lo statico universo di Kant e Laplace. Ma, a fracassare quell’edificio di certezze furono due teorie scientifiche formulate nella prima metà del passato secolo. La prima, è quella della Relatività, ufficialmente formulata da Einstein. La seconda è quella della Fisica quantistica di Max Planck, W.Pauli, W. Heisenberg e N. Bohr. Anche se partendo da prospettive differenti, ambedue le teorie, conferiscono al tempo una struttura “elastica” e perciò stesso, relativa, interrelata con lo spazio e la materia. Un tempo, non più inteso quale rigido assioma, ma quale proprietà interrelata alle leggi della materia, prima tra le quali, quella del movimento.

Il tempo finisce così, con l’assurgere giuocoforza, a modalità individuale di percezione del moto della materia dell’universo. Il contemporaneo verificarsi di fenomeni, non è più frutto di un freddo caso statistico, ma della “liquidità” della dimensione temporale che si adatta ai vari stati della materia, sia nelle sue espressioni “macrocosmiche” che, in quelle più propriamente “microcosmiche”, direttamente attinenti alla sfera dell’inconscio, così come osservato da studiosi del calibro di C.G.Jung. La connessione diretta tra le più recondite dimensioni dell’animo umano e la realtà esterna in tutta la sua complessità, porta il discorso sul piano di una conoscenza “altra”.

Tant’è che il nostro Orlandi ci parla di “Tempo della Scienza” e “Scienza del Tempo”, dove il primo è da intendersi in un piano più prettamente fisico, materiale, quantificabile, mentre il secondo afferisce a quella dimensione “altra” a cui abbiamo poc’anzi accennato. E qui, non può non sovvenirci la distinzione operata in ambito greco tra “kairòs” e “aiòn”, ove il primo è inteso quale tempo storico, nella veste di computo delle umane vicende, mentre il secondo ne rappresenta l’aspetto più propriamente atemporale, strettamente legato alla dimensione del mito e dell’avvicendarsi delle vicissitudini degli Dei.

Ma ”Aiòn” o “Zurvan”, è anche il nome della divinità leontocefala iranica, lì messa a simboleggiare quel “tempo senza tempo”, la cui valenza di fluida inanità, altro non fa che riportarci alle misteriose connessioni che legano tra loro i vari aspetti della realtà. Ed a soccorso di questa impostazione, l’Orlandi ci porta tre eloquenti esempi: l’I-Ching, i Tarocchi e l’Astrologia. Tre pratiche differenti, accomunate però da una impostazione di base: la stretta correlazione tra la dimensione dell’umano microcosmo ed quella del macrocosmo, in grado di condizionarsi reciprocamente, conferendo una valenza non più casuale alla sincronicità di certi eventi, riconfermando ( se mai ve ne fosse stato bisogno), la natura quanto mai relativa di certe presuntuose asserzioni scientifiche, troppo spesso ed ancora, caratterizzate da un bieco e cieco deterministico meccanicismo. Ad onor del vero, va però ricordato che non solo la Teoria della Relatività (successivamente eretta a vera e propria assiomatica da parte di un mondo accademico “politically embedded”…) o quella della Quantistica, hanno aperto un primo spiraglio all’interno del rigido ambito della scienza ufficiale, ma anche le teorie di Karl Popper e la Teoria della Complessità, all’insegna della quale, si sta effettuando una lenta revisione di molti aspetti delle varie branche del sapere.

Al di là delle varie elaborazioni e dei vari piani, attraverso i quali si può cercare di dare una risposta il più possibile attinente alla realtà, l’intero discorso rimane comunque pervaso da un sottile alone di mistero che fa sì che, proprio quando ci sembra di aver intravisto una risposta,il quadro fa facendosi confuso e fluido, più che mai. E forse proprio questo è il segreto dell’umano sapere: il voler tendere indefinitamente a raggiungere l’irraggiungibile, al pari del tentativo di un corridore di raggiungere la linea dell’orizzonte dove sta tramontando il sole…

UMBERTO BIANCHI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *