11 Aprile 2024
Politica

Il governo che verrà. un’analisi fuori dalle righe – Umberto Bianchi

Il rullare dei tamburi mediatici, accompagnato dalle alte grida delle varie ochette del “politically correct” ha creato una specie di nebbione, di “gap” informativo, da cui, ad oggi, sembra difficile dipanarsi, a meno di non voler compiere un quanto mai dovuto esercizio di onestà intellettuale. Mai come questa volta, di fronte alla disperata situazione in cui il nostro paese versa, si è riversato un così massiccio profluvio di promesse, intenti, allettamenti d’ogni genere e tipo. Se da una parte la sinistra di governo continua spudoratamente a vantare dei quanto mai fantasmagorici successi e progressi, ottenuti in questi anni di succedersi di governi abusivi, dall’altra parte sembra regnare non meno confusione ed incertezza. Cominciamo con quello che, tra i vari “competitors” dell’agone politico nazionale, ha assurto ad indiscusso protagonista delle aspettative di questi ultimi tempi, e cioè il Movimento 5 Stelle.

Nato quale forza anti sistema, ammantata dalla pretesa di un rigorismo e di uno spirito neo francescano, spinti al limite dell’assurdo, dopo aver, per l’appunto, inaugurato la propria presenza sugli scranni parlamentari, cacciando anche chi solo osava farsi vedere in tivvù o concedeva interviste, senza il consenso del proprio barbuto padre-padrone, Beppe Grillo, nel giro di pochi anni, è andato via via assumendo, grazie a tutta una serie di capriole, sfondoni e giravolte, la valenza di entità politica proteiforme che un giorno dice una cosa ed il giorno seguente ne fa un’altra diametralmente opposta. Si strizza l’occhio all’insofferenza verso il fenomeno migratorio salvo, in parlamento, votare contro il reato di immigrazione clandestina o a favore dell’inserimento dei minori stranieri nel nostro paese e tutta una serie di altre, simili amenità. L’anima dura ed antimperialista del “movement” svenduta dal nostro azzimato Di Maio nazionale, con puntatine negli Usa ed a London City, che tanto hanno il dolciastro sapore del perpetuarsi dell’antica ed italica pratica del lecchinaggio ai Poteri Forti. Da ferrei censori del rigore morale, ad inquisiti qua e là per varie schifezzuole (l’accusa di firme false in quel di Trinacria, tanto per fare un esempio…), sino, e qui viene il peggio, ad una gestione immobilista ed incapacitante della res publica, in vari e poco esaltanti esempi, come quello della disastrosa gestione Raggi, in quel di Roma.

Oh per carità! Nessuno accusa nessuno di corruzione, ci mancherebbe altro… e poi, sinché uno non è condannato, non lo si dovrebbe esporre ad alcuna gogna mediatica; ma, il fatto della totale inefficienza ed incapacità di queste persone, con il caso Roma, è sotto gli occhi di tutti. Senza se e senza ma. Urlano che loro mai e poi mai, si coalizzeranno con alcuno, salvo scoprire, a conti fatti, che se vorranno avere un peso reale sulla futura scena politica nazionale, dovranno, guarda un po’, allearsi con qualcuno. Due nomi a caso. O la Lega di Matteo Salvini o i Liberi e Uniti di Grasso e della Boldrini. Sarebbe a dire, come scegliere tra il Sole e la Luna. Nulla di più. Sarebbe forse il caso che, stavolta, i nostri pentastellati, una bella schiarita se la dessero per davvero. Farebbero una gran cosa a loro stessi ma, anche e specialmente, agli italiani, sempre più stanchi ed annoiati di insensate giravolte e di paroloni roboanti. Senza poi contare, l’immagine vomitevole e squallida, della carica degli esclusi, ovverosia di quella manica di sfigati che, pur di farsi mettere in lista, nonostante non credano in una sola delle parole del Verbo grillino, sono capaci anche di ricorrere in tribunale, nonostante i calci in faccia ed i “vaffa”, amorevolmente ricevuti dal popolo penta stellato.

Un capitolo a parte merita, invece, il centro destra o, quanto meno, quel che ne rimane sulla piazza. Se nelle sue precedenti gestioni, pur tra mille distinguo, la coalizione delle tre principali forze del centro destra era coesa sul tema del liberismo economico, ora le cose hanno subito una inaspettata metamorfosi. Se Berlusconi si aspettava un ritorno sulla scena simile a quello degli anni precedenti, stavolta pensiamo che dovrà abbondantemente ricredersi. Di fronte all’appiattimento berlusconista per pura convenienza personale, sulle posizioni globaliste e buoniste del PPE, presentate in una salsa un pò più “conservative”, con la Lega di Matteo Salvini e le realtà che le girano attorno, le cose sono alquanto differenti. Da una fase eminentemente localista e liberista, la Lega ha compiuto il grande balzo verso una dimensione nazionale e comunitaria, finendo con l’incarnare appieno le ansie ed i mal di pancia di un’opinione pubblica, spaventata e preoccupata dai disastrosi esiti di quel mix di politiche progressiste e neoliberiste che, sempre più, hanno caratterizzato gli ultimi anni della vita del nostro paese e dell’intera Europa.

Diffidenza e chiusura verso l’Europa, deciso stop al fenomeno migratorio, un più attento occhio a politiche economiche di stampo protezionista, che vanno nella direzione opposta di quella auspicata dai guru dell’economia neoliberista ed anche di quella a cui, ancora, guarda speranzoso Silvio Berlusconi. E qui viene il bello. Cosa accadrà all’indomani di una possibile vittoria della coalizione di centro-destra? Chi il Premier? L’immarcescente Berlusconi o il muscolare Salvini? Un altro paralizzante compromesso sino ad un appuntamento elettorale nuovamente spostato alle calende greche o una rottura netta e definitiva? O…? Tutto questo senza considerare quel micidiale mix di malcontento ed indecisione, per l’occasione calcolato dai vari istituti di sondaggio, in percentuali tali, da poter condurre ad un quadro politico fluido ed instabile, come non mai. Di fronte ad un simile scenario, per chiunque voglia costruire una concreta alternativa al sistema globale ed alle sue multiformi sirene, in questo caso rappresentate da partiti tutti, in egual modo, più o meno delegittimati, non rimane altro che approntare una strategia che, nel medio lungo termine, sappia prendere in considerazione varie modalità di azione.

La prima, dall’apparenza sicuramente più semplice ed attraente, potrebbe consistere nel cercare di entrare in una tra le varie formazioni politiche che, ad oggi, sembrano più di altre, avvicinarsi ad un milieu ideologico sovranista ed identitario rischiando però, di rimanere incagliati nelle secche di un berluschismo di ritorno o nelle pastrette dei contrasti tra le varie anime di un arcipelago politico, che invaliderebbero qualunque seria istanza antagonista. La seconda opzione, quella di entrare in una tra le varie formazioni “minori” anti-sistema, al fine di farne una forza dotata di un peso politico a livello nazionale, rischia di rimanere prigioniera del diffuso settarismo che informa di sé la maggior parte di queste formazioni. La terza opzione, forse più lunga e “scomoda” è rappresentata da una via più “meta politica”, ovverosia dalla capacità di un nucleo di persone di assumere, nel tempo, la valenza di un vero e proprio gruppo “ di pressione”, attraverso una costante azione di formazione-informazione, volta ad orientare i consensi in una certa direzione. Obiettivo difficile ed ambizioso, ma non irraggiungibile, caratterizzato dall’indubbio vantaggio dal poter costituire una forza autonoma in grado di veicolare messaggi destabilizzanti. Non dimentichiamoci che, mai come adesso, il sistema globale nella sua euforica arroganza, nella sua tracotanza ed intolleranza culturale, mostra una inaspettata fragilità.

E’ di appena un giorno fa, la notizia di un’altra grave caduta delle borse valori di mezzo mondo, che rimette così in discussione i tanto decantati risultaticchi in tema di crescita economica dei paesi occidentali e non solo, tornando ad agitare lo spauracchio di una recessione che rischia, così, di cronicizzarsi. Il conclamato fallimento delle politiche di accoglienza ed integrazione dei “migranti”, con i vari attentati in mezza Europa firmati ISIS e con l’esponenziale aumento del consenso dei movimenti sovranisti ed identitari. Qui in Italia, una perdita dei consensi elettorali a detrimento degli schieramenti di maggioranza, può rendere difficilmente governabile il paese, spalancando la porta a scenari completamente inaspettati, considerando anche un generalizzato e diffuso malcontento. Il modello neoliberista ed i suoi addentellati tardo-progressisti stanno oramai agli sgoccioli e, prima o poi, la Storia presenterà loro un conto da saldare molto salato. Nel frattempo, qualunque strada è buona per iniziare ad organizzarsi, al fine di arrivare ad esser pronti a riempire quel vuoto di potere che, il graduale venir meno per autoconsunzione del modello liberista, ci lascerà in eredità. Non senza ricordare né sottovalutare, la gattopardesca adattabilità di un Potere Globale che tutto farà, perché “tutto possa cambiare, per nulla cambiare”.

UMBERTO BIANCHI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *