Una cosa che per me è sempre stata un problema, è il fatto che, a differenza di quanto succede per i pezzi di altri collaboratori di “Ereticamente”, i miei articoli ricevano in genere pochi commenti, ho sempre provato il timore che ciò dimostrasse uno scarso interesse da parte di chi legge, sebbene diversi amici mi abbiano assicurato che la spiegazione di ciò è un’altra, forse sarà deformazione professionale – o meglio professorale – mi hanno detto, ma somigliano molto a delle lezioni, e in genere sono così completi, da lasciare ben poco spazio ad approfondimenti ulteriori. Spero che sia vero.
Comunque, recentemente sono stato accontentato, alcuni miei articoli hanno ricevuto commenti a pioggia. Adesso mi ripropongo di esaminarne alcuni, i più interessanti fra di essi.
Devo però dire che si distinguono subito due specie del tutto diverse di commentatori. C’è chi si esprime in appoggio alle mie tesi, cercando semmai di approfondirle, e chi invece sembra cercare a tutti i costi di contraddirmi. Solitamente, i primi si firmano con nome e cognome, e fra tutti non posso non citare il buon Michele Simola. I secondi, invece si celano perlopiù dietro pseudonimi, secondo la prassi di scagliare la pietra e nascondere il braccio. Se un uomo è davvero convinto di quello che dice, e non lo fa solo per provocare, dovrebbe avere il coraggio di metterci il nome e la faccia, come io non mi sono mai astenuto dal fare.
A chi si nasconde dietro uno pseudonimo palesemente falso e alle sue argomentazioni, non si dovrebbe dare maggior peso che a una lettera anonima, ma il mio innato fair play mi ha spinto a rispondere a costoro come se le avessero presentate in modo rispettabile, anche e soprattutto, però, per chiarire le idee a voi.
E’ un fatto abbastanza sorprendente, ma il mio primo articolo su “Ereticamente” che in tempo relativamente recenti ha ricevuto una selva di commenti, è stato un pezzo che i temi “caldi” della politica li sfiorava appena, Sulla spianata del Ferdinandeo, pubblicato sulle nostre pagine elettroniche il 23 settembre 2024, dove vi ho fatto un resoconto delle conferenze da me tenute nello scorso anno al festival celtico triestino Triskell, quindi proprio una di quelle cose che trattando prevalentemente temi storici e archeologici, sarebbero perlopiù dovute filare lisce ma, come sempre accade, il diavolo ci mette la coda quando meno lo si aspetta.
Per ragioni che adesso non sto a ripetervi, ho dovuto tagliare il testo di una delle due conferenze previste, e così, per non lasciare gli ascoltatori in sospeso dopo nemmeno mezz’ora, ho improvvisato a braccio, dando loro qualche anticipazione di una delle conferenze previste per quest’anno, I Celti e la transizione altomedioevale, sicuramente ne riparleremo in modo più esteso quando, dopo averla tenuta ve ne metterò il testo su “Ereticamente”, cosa che per scaramanzia non faccio mai in anticipo.
Nella transizione fra l’antichità (anzi, fra l’Età del Ferro, perché si può dire che fuori dall’ecumene mediterraneo classico greco-latino l’antichità non sia esistita) e il medioevo, di cose nel mondo celtico ne sono successe parecchie, e una di queste, certamente poco nota, è il fatto che i Celti romanizzati che abitavano a sud del Vallo di Adriano, per difendersi dalle scorrerie dei Pitti scozzesi, reclutarono mercenari anglosassoni, e questo fatto aprì la strada alle invasioni anglosassoni dell’Isola britannica che portarono alla fisionomia etnica dell’Inghilterra come la conosciamo oggi.
Non potevo non far notare che questo è un tipo di eventi che si è verificato più volte nella storia. Gli stessi Romani dell’età imperiale, sempre meno propensi a fare il servizio militare, si affidarono sempre più a mercenari germanici, con il risultato che alla fine i Germani divennero i loro padroni, ponendo fine all’impero romano e all’età classica.
La stessa cosa avvenne agli Arabi del periodo califfale che si affidarono sempre più a Turchi provenienti dall’Asia centrale, col risultato che l’impero ottomano si sostituì al potere dei califfi, creando una dipendenza destinata a durare fino al 1918.
Ancora, i ricchi mercanti italiani dell’età comunale, sempre meno propensi a impugnare le armi, affidarono la loro difesa alle compagnie di ventura, col risultato che i più audaci tra i capitani di ventura divennero i Signori, ponendo fine alle libertà comunali.
Per la verità avrei potuto aggiungere ancora un’altra storia simile. I Bizantini, nel loro tentativo di strappare l’Italia agli Ostrogoti, ricorsero a mercenari longobardi, e questo provocò l’invasione longobarda della nostra Penisola.
La morale è chiara, alla lunga, e talvolta non tanto alla lunga, colui che ha le armi, ha il potere.
Non potevo esimermi dal fare il confronto con la situazione attuale, che vede gli Europei dipendenti dalla NATO, cioè dal sistema militare statunitense per la propria difesa, e che ciò significa che di fatto siamo delle colonie americane.
L’articolo, postato su “Ereticamente” ha sollevato una ridda di commenti indignati, ma io mi sono limitato a elencare dei fatti storici facilmente verificabili, e non credo che sia buona politica chiudere gli occhi di fronte alla realtà, scambiare per un’alleanza alla pari quella che invece è un’umiliante soggezione.
Gli articoli che di solito provocano meno commenti da parte dei lettori, sono quelli della serie L’eredità degli antenati, forse perché sono quelli che appaiono più “professorali”, anche se io mi sono sforzato di farvi capire – magari non riuscendoci sempre – che il loro scopo non è quello di esibire un’erudizione riguardo al nostro passato, ma di confutare le menzogne che corrono su di esso a opera del sistema mediatico e di quello “educativo” che discendono entrambi – legati saldamente mediante i cordoni della borsa – dal potere, menzogne che hanno lo scopo di tenerci tranquilli e addomesticati, di negare la centralità del nostro continente nella storia umana, in modo da farci accettare senza ribellarci la sostituzione etnica, ma sono consapevole che tutto ciò non è sempre evidente. Devo quindi ammettere che non mi aspettavo una contestazione proprio qui.
Una contestazione, per la verità alquanto strana. Commentando la centosessantaquattresima parte de L’eredità degli antenati pubblicata il 7 gennaio, tale Cucù (e figuratevi se questo non è uno degli pseudonimi a cui ricorrono i soliti coraggiosissimi leoni da tastiera) commenta una mia frase in cui dicevo che “gli storici e gli archeologi ufficiali distorcono frequentemente ritrovamenti e notizie varie per renderle gradite al potere ufficiale”. Gli esempi di ciò, lo sappiamo, sono numerosi, uno dei più plateali è stato quello dell’uomo di Cheddar, presentato falsamente con una pigmentazione da subsahariano allo scopo di avallare la bufala della nostra presunta origine africana.
“Cucù” trova da ridire sulla mia espressione “potere ufficiale”, e mi chiede – ironicamente? – se io ritenga che esista anche un potere non ufficiale.
Chiaramente, si tratta di un pleonasmo, a cui è ridicolo attaccarsi, potere e ufficialità sono due concetti che coincidono. Non esiste un potere non ufficiale, esiste il potere che ha la capacità di condizionare i media e il mondo accademico, e poi ci sono le persone abbastanza intelligenti e di buon senso da non accettarne a occhi chiusi le mistificazioni, ricercatori indipendenti come Felice Vinci, Silvano Lorenzoni, lo scomparso Ernesto Roli, Tom Rowsell, e chissà che non possa essere compreso anch’io in questa ristretta cerchia di persone capaci di usare davvero il cervello.
Un altro articolo che ha dato origine a una vivace discussione, riaprendo un dibattito su una questione della quale mi ero già occupato diverso tempo fa, è stato la trentottesima parte di Narrativa fantastica, una rilettura politica, pubblicato il 13 gennaio.
Il punto del contendere è stato, per l’ennesima volta, la collocazione politico-ideologico-culturale che possiamo (o non possiamo) attribuire a John R. R. Tolkien, l’autore del Signore degli anelli.
Io, forse lo ricorderete, in tempi che furono, ormai anni fa avevo scritto un articolo pubblicato su “Ereticamente” il 6.7.2012 e intitolato appunto John R. R. Tolkien, un “maestro della tradizione”?, avanzavo serie perplessità sul fatto che l’autore inglese potesse essere considerato tale, prima di tutto perché il suo atteggiamento era un fascio di contraddizioni, si veda il suo ostentato cattolicesimo a confronto con la morale pagana che spira dai suoi romanzi, i cui eroi non porgono l’altra guancia, ma combattono il male con le armi in pugno.
Tuttavia, una cosa che bisogna ammettere, è che i tentativi della sinistra di accaparrarselo, sono sempre risultati falsi e ridicoli.
L’equivoco – forse voluto – nasce negli anni ’70 del XX secolo, quando Il signore degli anelli viene assunto come “bibbia” dagli hippies californiani, che vedono, o fingono di vedere nella lotta degli eroi tolkieniani contro il potere dell’Oscuro Signore un’immagine della ribellione contro qualsiasi forma di autorità, ma si tratta di un’interpretazione non solo falsa, ma di una falsità grossolana, infatti, basta scorrere il libro senza pregiudizi per accorgersi che l’alternativa che Tolkien pone all’oscuro e tirannico potere di Mordor non è un confuso libertarismo e ribellismo anarchico, bensì l’autorità legittima, incarnata da Aragorn nella sua veste civile e militare, e da Gandalf in quella sacerdotale.
Altri tentativi della sinistra di annettersi Tolkien, sono del pari caduti nel ridicolo. E con questo, la questione dovrebbe essere definitivamente chiusa.
Un altro articolo che ha provocato una serie di commenti inaspettati è stato Il vaso di coccio, pubblicato su “Ereticamente” il 20 gennaio. Il vaso di coccio è ovviamente questa nostra povera Italia che, a somiglianza della celebre metafora manzoniana del vaso di coccio tra i vasi di ferro, si trova in una posizione di fragilità perché perlopiù i nostri concittadini si credono citoyen du monde, si illudono di essere universalmente amati e si trovano del tutto impreparati e spiazzati di fronte al nazionalismo altrui. In particolare, facevo il confronto con l’Ungheria, con l’eroica resistenza all’invasione sovietica del 1956, e la resistenza oggi ai diktat della UE.
Un tale che si è firmato Romeo mi ha replicato in un commento che poi ha cancellato, andando, come diceva lui, “alle origini del problema”, chiedendosi in sostanza come faccia una persona intelligente e colta, come ammetteva – bontà sua – che io sia, ad avere le idee che ho, e passava a elencare non solo gli errori storici del fascismo, ma i lati grotteschi del regime che ha governato l’Italia tra 1922 e 1943, e che, ben s’intende, ce n’erano.
Vi trascrivo tale e quale la risposta che gli ho dato, perché mi pare che tocchi un punto assolutamente fondamentale.
“Caro Romeo, come dice lei, andiamo alle origini del problema. Lei, come tutti gli antifascisti, ha la testa ruotata di 180 gradi verso il passato. Si preoccupa delle assurdità – che indubbiamente ci furono – e degli errori – che indubbiamente furono commessi – di un regime scomparso da ottanta anni. Io invece mi preoccupo del presente e del futuro, di dove ci sta portando la democrazia antifascista, verso la sostituzione etnica, cioè verso la nostra scomparsa come popolo”.
In altre parole, i veri nostalgici, quelli che guardano al passato ma non si curano del presente e del futuro, e forse nemmeno se ne accorgono, non siamo noi, ma loro, gli antifascisti.
Aggiungerei che questo oggi vale in particolar modo per una sinistra che, tutta presa dai gay e migranti e da una petalosa armocromia, sembra aver del tutto dimenticato i problemi dei nostri lavoratori, di cui toccherà a noi farci carico.
Io vorrei concludere questo articolo con una nota più lieta, infatti, un altro mio pezzo che ha ricevuto un discreto numero di commenti, ma in questo caso si è trattato di commenti di congratulazione, è stato
Official 2025 Robert E. Howard Awards. Final Nominee (il titolo in inglese è semplicemente l’intestazione della comunicazione che è arrivata a me, e che ho girato a “Ereticamente” munita di due parole d’introduzione) del 1 marzo.
E’ accaduto che ho ricevuto dalla Robert E. Howard Foundation, associazione statunitense che raccoglie gli appassionati dell’autore dei romanzi del barbaro Conan, una comunicazione in data 28 febbraio con la quale sono stato informato di essere finalista per l’assegnazione dell’edizione 2025 dell’Hyrkanian Award, premio per la saggistica, con l’articolo H. P. Lovecraft e Robert Howard: letteratura fantastica e visione del mondo, pubblicato su “Ereticamente” in data 9.7.2012. Un bel risultato, tenendo conto che, a differenza di quello che accade da noi, gli statunitensi non sono affatto esterofili, e considerando anche il fatto che si è trattato di un articolo non scritto in inglese, ma in italiano.
A parte la soddisfazione personale, ho voluto subito condividere la notizia con gli amici di “Ereticamente”, perché è una chiara dimostrazione del fatto che la nostra pubblicazione fa anche cultura.
NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra il logo di “Ereticamente”, al centro locandina di una mia conferenza, a destra, locandina di una presentazione del mio libro Alla ricerca delle origini.
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