11 Aprile 2024
Pio Filippani Ronconi

Metafisica ed Eternità romana in Pio Filippani Ronconi – Roberto Siconolfi

Commento alla relazione di Luca Valentini

Sabato 16 marzo 2019, si è tenuto a Napoli il convegno “Pio Filippani Ronconi, un sapiente tra Oriente e Occidente” organizzato dall’“Associazione Il Cervo Bianco”, dalla rivista “Ereticamente” e dal “Gruppo di Ricerca Spirituale – La Via Solare”. Sono stati toccati vari aspetti del “pensiero” di Filippani Ronconi in ambito “tradizionale”, “filosofico” e “magico”. Una delle relazioni più interessanti, tra le altre, è stata quella di Luca Valentini, sul tema “Metafisica ed eternità della Tradizione nell’esegesi di un sapiente del XX secolo”.

Per Luca Valentini, da Pio Filippani Ronconi viene la lezione che la metafisica non è una conoscenza “astratta”, per cui lo “spirito” è tale perché si “vivifica nella materia”– ricordiamo che Filippani Ronconi, insieme a Scaligero e Colazza, è l’esponente della scuola del “pensiero vivente”, scuola che in Italia si è differenziata dalla corrente antroposofica internazionale. Per Valentini, questa differenza è legata alla “dimensione dell’eternità”, il riferimento della metafisica di Pio Filippani Ronconi, “dimensione” non legata al tempo. Infatti, come affermava Corallo Reginelli, ultimo dei viventi del gruppo di Ur, la vera Tradizione non è legata al tempo, poiché quella legata al tempo concepisce la Tradizione come un “tradimento”, non come una “trasmissione”. La vera Tradizione ha il riferimento dell’“eternità” nel momento in cui “supera” e “sublima” il tempo.

Altro punto fondamentale da comprendere è che “non siamo altro rispetto al divino, ma siamo il divino!” Un aspetto che non deve presupporre una forma di “tracotanza”, bensì un riconoscimento della realtà secondo l’insegnamento paracelsiano – tutte le divinità sono all’interno del nostro microcosmo –,e secondo l’insegnamento apollineo e platonico della Tradizione occidentale – il divino va riconosciuto “primariamente” all’interno dell’individuo e “contemporaneamente”, “simultaneamente” nel cosmo. Altra lezione fondamentale che viene di Pio Filippani Ronconi è la volontà di trasformare la vita e l’individuo, un insegnamento che procede dallo stesso Evola. Infatti, ricorda Filippani Ronconi: «la realizzazione magica dell’uomo moderno come individuo assoluto non si fa con la cultura, non si fa con la filosofia, né tantomeno con le ideologie e ancor meno con le tematiche».

Quindi è necessario trattare “concretamente” le “discipline arcane ”che conducono l’uomo a realizzare la propria essenza più “intima” – il cuore del mondo e di ogni cosa –,tutto il resto per Pio Filippani Ronconi “sono foglie secche”. Una capacità di vivere la vita e di “trasformarla”, come dicevamo, che valorizza le opportunità offerte dalla realtà e dal Kali-Yuga, anziché limitarsi al suo sterile disprezzo. Il Kali-Yuga, come insegna Massimo Scaligero, è l’“ultimo gradino” ma anche il “primo” della “risalita”.

Ed è proprio Filippani Ronconi a chiarire questo punto in “L’esilio occidentale e il ritrovamento della Luce”, Mos Maiorum, rivista di studi tradizionali, Marzo 1995: «Non fuga dalla realtà oppressiva del mondo materiale, postulata da tutti i cosiddetti “spiritualisti”, bensì la contemplazione degli archetipi attraverso gli accadimenti esistenziali nei quali essi si riflettono — come, ingenuamente, già la Scienza nel suo momento iniziale, intuitivo — può condurre alla resurrezione del mondo dello spirito di ciò che nel mondo della parvenza appare come sconnesso incomprensibile e transeunte, poiché la sua esistenza è legata al volgere del tempo che la falce di Saturno irremissibilmente sbriciola nella serie infinita degli attimi pereunti».Infatti, il vero spirito, come ci insegna la stessa pratica alchimica, è in Saturno, che è il Dio sia del “piombo”che dell’“oro”, “oscurità” e “sole”. Quindi solo “trattando” la “materia oscura” è possibile ricavare la “luce”, l’“oro”.

Poi la relazione di Valentini si sofferma sulla Tradizione romana, della quale si occupò Pio Filippani Ronconi. La nascita di Roma, non fu un semplice “assemblamento di popoli”, ma la conformazione di essi ad un’“idea superiore”. Roma è stata la prima Tradizione ad avere un “diritto pubblico”, la prima Tradizione fondata sulla Pax Deorum, che non è semplicemente la “pace” ma una cosa ben diversa: un “patto” – notare che i patti si stringono tra uomini dello stesso “rango”, eciò a testimonianza della concezione che si aveva del divino.

Fondamentale, è comprendere che Roma era un’idea portata avanti non solo dai romani – al netto di ragionamenti “cosmopolitici”, gli ultimi difensori di Roma furono schiavi, genti che venivano dal Nord o anche dal Nord Africa, come alcuni Imperatore dimostrano. Il redattore di Ereticamente si sofferma, poi, sul fatto che “essere romani” non è una semplice questione di “appartenenza identitaria”, pur importante, ma una “predisposizione interna”, una “qualità dello spirito” riscontrabile in diverse zone del pianeta, e chesi sostanzia in vari aspetti: la “presenza”; il non essere “soggetti” alla natura ma “dominanti” rispetto ad essa; il saper mantenere la parola – sinonimo di “presenza a sé stessi”; il divenire “pari” alla divinità.
Queste ultime vanno viste come emanazioni di “stati di coscienza” degli uomini (come nell’India vedica).Il fatto che i romani creino Minerva, ricorda Maurizio Bettini, sta a significare che la divinità non è intesa in chiave “dualistica”, bensì come espressione “unitaria” dell’“anima del popolo”, alla stregua del calore che si sprigiona mediante tecniche di “meditazione”, “alchimia”, e “magia”.

E’ proprio sul “calore alchimico” che Valentini si sofferma, tracciando un collegamento col “fuoco primordiale” della Tradizione romana, concepitoin maniera non prettamente “materiale” e “delimitata” ma “espansiva”. Luca Valentini, poi, riferisce su quella che dovrebbe essere la concezione generale di “sapienza”, vista non come opposizione di correnti, ma come un qualcosa che va ritrovato “dentro di sé”, laddove ognuno ha svolto il proprio “ruolo”. Quindi, i vari insegnamenti vanno “compresi” e non letti in chiave “contrappositiva”.

Ed è proprio Filippani Ronconi ad insegnare il “trascendimento” degli “stessi”e“propri” punti di riferimento, e che, quindi, come affermato, la lezione fondante della “magia operativa” si incentra “sulla trasmissione di un pensiero”, “un pensiero che trasforma la materia”. Diversamente, gli atti vanno interpretati al massimo come “religiosità”, non essendo attinenti alla propria dimensione “interiore”. Infine, Valentini chiude sulle “scuole”, che vanno intese come migliorative l’una dell’altra, perché come direbbe René Guénon “la Tradizione è un prisma”, di cui ogni faccia è una esperienza diversa, e di conseguenza è importante “condividere” e “integrare” le varie esperienze.

Roberto Siconolfi

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