10 Aprile 2024
Politica

Lontani dal mondo – Lorenzo Merlo

Viviamo su un piano di realtà inclinato, vertiginosamente ripido. Salvo imprevisti, ci porterà alla morte. E sarà una buona sorte, almeno dal punto di vista della rinascita.

Qualche riga manichea che salta molti grigi della realtà, con il solo intento di riferirsi alle tendenze di fondo.

Forse vivo o vengo da un altro mondo. In questi ultimi due anni sono accadute cose che ci avrebbero fatto perdere la casa e qualunque patrimonio se ci avessero proposto di scommettere su una simile distopia. Eppure, a cose fatte, la maggioranza ha accettato con indifferenza – al massimo con malesseri individualistici – la sua realizzazione. Anche la sovranità individuale è stata delegata, il guinzaglio attaccato e i canini mostrati ai propri simili meno disponibili ad alienare se stessi.

Abbiamo assistito a cambi di versione di verità, a minacce, a dichiarazioni di persecuzione, a preghiere di morte e di esclusione dallo stato sociale, a elicotteri a caccia di solitari in riva al mare, a cambi di definizione del concetto di pandemia; abbiamo saputo dell’obbligo contrattuale di irresponsabilità delle case farmaceutiche del siero e sapevamo della sua eterodossia, abbiamo sentito affermare bugie da capi di stato e di governo, da politici e giornalisti, mai seguite da dimissioni né smentite, tanto meno mea culpa; abbiamo visto affermare posizioni come fossero verità definitive, ci hanno fatto credere fosse per il nostro bene e tutto si è rivelato una strategica azione politica per alzare il controllo necessario al nuovo assetto socio-economico che ne azionava le mosse. Abbiamo visto ricatti nascosti sotto trasparenti foglie di fico tinte di verde, olezzanti di merda. Abbiamo visto la gioia in volto ai Figliol-codanti, che sarebbero potuti tornare a sciare e in discoteca, che credevano di scambiare un buco tossico per l’immunità. Abbiamo visto la frattura sociale alimentata dalla cosmologia del regime. Abbiamo visto ridicolizzate le manifestazioni nazionali e internazionali, come non contassero, come non esistessero, come fossero quattro gatti. Abbiamo visto ignorare i cambi di politica protopandemica di un crescente numero di paesi. Abbiamo assistito al miglior mondo che gente e agende meschine potessero realizzare. Abbiamo assistito ai peggiori tradimenti felici di vedere Fiorello a Sanremo e di applaudire ai suoi insulti ai sofferenti. Tutto ciò in mezzo al tradimento [nessun aggettivo disponibile, nda] dei 5Stelle, alla sideralizzazione del Pd, alla falsa fermezza delle destre, alla farsa dell’elezione presidenziale e a quella dell’Italia che riprende dopo essere stata veramente condannata.

E nessuno ha detto nulla.

Meglio, anche se ultimamente qualcuno sta dicendo qualcosa, per lungo tempo nessuno ha detto nulla.

Nessuno ha reagito. Tutti hanno seguitato ad accreditare la classe politica, i sindacati e le istituzioni, nonostante i fatti discriminatori così sostanzialmente identici a ciò che la storia dei totalitarismi ci ha mostrato fino a poco fa. Nessuno della maggioranza, infatti, nonostante la quantità di società andate a gambe all’aria, di lavoratori e di studenti impediti ad accedere alle sedi di lavoro e di studio, di bambini sottratti dal gioco, di medici non solo non ascoltati nonostante i loro successi di cura, ma anche sospesi dai loro ordini, di disoccupati condannati da probiviri governativi che offrono lavoro solo ai sottomessi, di malati rifiutati se privi della vergognosa tessera, ovvero di ciò che non serve a nulla, ha ritenuto di indignarsi, di cessare di dare il proprio accredito a chi ci ha offerto il peggior esempio della cosiddetta democrazia. E miglior campione di educazione sociale in vista delle prossime vessazioni per l’ambiente, per il clima, per l’energia, per i poveri, per la guerra. Nessuno ha reagito, se non contro chi gli faceva presente che un nuovo modello socio-politico-economico si era attestato nella spaccatura sociale, e l’hanno chiamato complottista e gli hanno augurato la morte.

Se l’operato dei giornalisti è fuori dalle classiche del demerito, quello dei medici gli è pari. Quello dei politici e della magistratura non è neppure più esorcizzabile. Il barcone che tutti insieme governavano nelle bonacce della paura si è subito riempito di piccoli uomini le cui doti di coraggio e determinazione si sarebbero subito palesate per gettare a mare gli ipotetici untori, solo perché si ponevano interrogativi elementari su quanto stava accadendo. Non è un’illazione. Chiunque, in questi anni, si sia mosso senza maschera, ha potuto vedere spettacolari salti di marciapiede e udire alle spalle insulti ed improperi a lui destinati dal popolo solerte alla vanitosa ubbidienza. Da pochi giorni abbiamo visto cadere il governativo obbligo di maschera, ma non abbiamo visto perdere la condizione di zerbini alla buona percentuale che ancora, forse con orgoglio, lo protrae come pusillanimi proboviri capoclasse.

Ma ci vorrebbe qualcuno che avesse preso nota strada facendo o qualcun altro che avesse voglia di spulciare l’archivio dei giorni per moltiplicare gli argomenti annotati in queste poche righe, che vogliono essere soltanto evocative di uno stato di incantesimo diffuso.

Alla stessa maniera è accaduto che i paesaggi si siano popolati di ciminiere, la strada di scatole meccaniche, il pensiero di pretese e vanità. Di volta in volta, nessuno ha detto nulla. E chi diceva era screditato, criminalizzato, colpevolizzato, ciarlatanizzato. E chi non lo è stato era solo un cantante, un cantautore o un teatrante: Celentano, Faber e Gaber. E se proprio rompeva, poeta, scrittore o regista che fosse, per ragion di stato si poteva anche fare ciò che essa richiede.

Quello di ora, come per tutti gli altri che in nome del progresso materiale hanno ammazzato più di Pasolini, è stato un processo di realtà che nulla aveva a che vedere con la conoscenza. Non quella dei saperi analitici, tanto utili quanto stupidi se concepiti come i soli degni di epistemologia, ma quella che fa riferimento alla natura, senza lucro né colore.

Rispetto a quanto accaduto in passato, il tempo di ora ha beneficiato di mezzi di comunicazione a terminale digitale. La quantità di attenzione che questa implica ha comportato assuefazione e, quindi, dipendenza. Significa che la tecnologia domina il nostro fare. Oppure che il fare naturale che terrebbe legati alla terra e alle sue verità è, per la maggioranza, divenuto lontano vaneggiamento new age. Nuovamente da screditare, criminalizzare, colpevolizzare e, se necessario, eliminare. Niente più.

Se ci vuole una rara virginea visionarietà per tracciare un progetto capace di interrompere il declino spirituale abbozzato in queste considerazioni, osservare cosa comporta proseguire secondo le logiche dell’attuale politica, è cosa più accessibile a molti. Se ne potrebbero scrivere volumi. Probabilmente se ne sono scritti. E se ne scriveranno. Basterebbe una loro pagina, una loro briciola per evocare l’impressionante esigenza di fermare la folle corsa. Ma sarebbe un’evocazione raccolta da pochi, da quelli che alla maggioranza piace chiamare apoti.

Se ne può scrivere, allora, anche qualche riga, almeno come pianto e invocazione.

Privati di identità sociale e individuale, come la politica globalista richiede, non solo siamo perduti, non solo siamo volatilmente disponibili a quella della maggioranza, dell’occasione e della moda, ma diveniamo definitivamente incapaci di evolvere, di divenire individui compiuti, il cui destino è nel sentire la dignità che ci viene data e quella che necessariamente daremo, nel riconoscere la natura come madre e maestra, come fonte e dimora, come essere e non più come oggetto. O nessuna storia potrà essere diversa da quella di un incantesimo. Il cui principio è di essere mossi da entità a noi aliene.

Forse vivo o vengo da un altro mondo. Davanti a queste considerazioni, il meglio che mi sono sentito dire è di essere disadattato, che non mi occupo di realtà, che devo dimostrare ciò che esprimo, che devo studiare. Erano le voci della maggioranza, quelle lontane dal mondo. Dentro l’incantesimo.

 

4 Comments

  • Kami 11 Aprile 2022

    La dura lezione che ci siamo trovati a dover imparare in questi due anni è stata, almeno secondo me, che le nostre vite sono completamente irrilevanti di fronte al leviatano (come è sempre stato, direi) e che il benessere di cui abbiamo goduto (in questa parte del mondo dal secondo dopoguerra in poi) era funzionale all’instaurarsi di un certo modello sociale, ancor prima che economico, e non un diritto umano. Questa lezione inizialmente mi ha impaurita e mi sono sentita un po’ smarrita sulle prime, anche se era da un po’ a dirla tutta che avevo iniziato a comprendere come la nostra civiltà non avesse un futuro e fosse completamente marcia dal di dentro, pur conservando un’esterno lucido e pomposo (come quelle mele che vendono dopo averle decongelate e che sono belle di aspetto, ma quando le vai a mangiare sono tutte marroni al centro). Al timore, poi, è subentrata la quieta e pacifica consapevolezza che anche ai miei occhi il leviatano non conta nulla e che pertanto non ho obblighi morali o doveri verso di esso, inclusa la nostra società che ne avvalla le decisioni e che d’altronde ne è la conditio sine qua non. Inizialmente trovavo duro conciliare il concetto di compassione verso l’umanità con quello che vedevo e sentivo (disprezzo, rabbia, delusione); poi ho compreso che l’amore per l’umanità è bene lasciarlo ai filantropi di professione, e che semmai era bene esercitarsi nella compassione verso il proprio prossimo, verso il singolo individuo.
    Come sia possibile che in così tanti non si rendano conto, non so; è proprio un incantesimo, come dici tu. Mi sono anche posta il quesito se una quota di persone che realizzassero l’idiozia della situazione fosse un risultato voluto, un tassello di una grande opera di ingegneria sociale dai fini oscuri e sconosciuti. Di nuovo, non so. Ho l’impressione che molti abbiano capito, ma abbiano solo paura di ammettere a se stessi che sono gli unici responsabili delle loro vite, e per questo continuino a stare al gioco. Per quel che mi riguarda, preferisco 100, 1000 volte guardare in faccia un tassellino di Verità piuttosto che crogiolarmi in una menzogna, pertanto sono felice di essere un’esclusa, ma non un’alienata. Forza e coraggio. Un saluto!

  • Rita Remagnino 14 Aprile 2022

    Caro Lorenzo, mi aggrego volentieri al gruppo dei “disadattati”. Ho tuttavia l’impressione che il Leviatano a cui fa riferimento anche Kami sia meno importante di quanto si creda.

    Non lasciamoci suggestionare dalle sparate dei media di regime che usano formule altisonanti quali “consesso internazionale”, “universalmente riconosciuto”, “comunità mondiale” e via dicendo. Questi signori stanno parlando del cosiddetto “Occidente” che comprende il 14% della popolazione planetaria, un numero che si riduce al 5,4% se si considera l’Europa. Siamo una minoranza rumorosa, insomma.

    La comunicazione è la nostra forza. La potenza di fuoco mediatica dell’America e dell’Europa è fuori discussione, come sta dimostrando la guerra in corso. Poi, però, arriverà il momento di fare i conti con il resto del mondo, e lì il Leviatano avrà ben poco da sbraitare, non essendo il più ricco né il più intelligente.

    In alto i cuori.

  • lorenzo merlo 14 Aprile 2022

    Kami e Rita, belle cose dite.

    Indipendentemente da quale sia l’effettiva forza-base del Leviatano, bisognerà fare i conti con i colpi di coda che ogni moribondo getta nel mondo senza curarsi di cosa prende e cosa evita.

    Forse ci voleva Putin per modificare la rotta della motonave occidentale.

    Forse è vero che in lui si muovono azioni determinate dalla consapevolezza spirituale che qui da noi al massimo è merce da bancone.

    Con amore lorenzo

  • Ereticamente 14 Aprile 2022

    E’ incoraggiante leggervi. Con profonda stima. Grazie Lorenzo, Rita e Kami. Eugenio

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