11 Aprile 2024
Libreria Storia delle Religioni

Il cognitivismo di Culianu: una nuova monografia dedicata allo storico delle religioni – Giovanni Sessa

Nell’opera di Ioan Petru Culianu hanno trovato sintesi le tensioni speculative della giovane generazione di intellettuali romeni che si affermò sulla scena nazionale ed internazionale, a partire dagli anni Trenta. Il tratto eclettico della personalità di Culianu lo indusse ad un confronto serrato con le acquisizioni ultimissime della scienza moderna. Lo apprendiamo dalla stimolante lettura di una monografia dedicata allo studioso dalla ricercatrice, Roberta Moretti, Il sacro, la conoscenza e la morte. Le molte latitudini di Ian Petru Culian, edita da il Cerchio (per ordini: info@ilcerchio.it, pp. 172, euro 18,00).

   Sono stati davvero molteplici i percorsi intellettuali attraversati da Culian, lo si evince dalla prima parte del libro, dedicata alla discussione della biografia. Nato a Iaşi nel 1950 in un famiglia che vantava una sequela di docenti e rettori nell’antico Ateneo cittadino, frequentò il liceo mostrando una precocità intellettuale non comune. Avendo letto Eliade, si orientò verso lo studio delle lingue Classiche ed Orientali ma, ben presto, ebbe una folgorazione per il Rinascimento italiano, che lo portò a contattare epistolarmente l’illustre storico delle religioni e, successivamente, a discutere una tesi su Marsilio Ficino.

Dopo aver rifiutato una proposta di collaborazione da parte della Securitate, che aveva già   sorvegliato l’attività del padre, il suo iter di studioso cominciò ad essere ostacolato in patria. Ottenne, pertanto, una borsa a Perugia e, alla scadenza del visto, decise di non fare rientro in Romania. Venne condannato, per diserzione, a sette anni e visse, tra Trieste e Latina, nei campi profughi. Fu un periodo drammatico, durante il quale tentò il suicidio. La svolta decisiva per lui avvenne quando, entrato all’università di Milano, iniziò a collaborare con Ugo Bianchi, che lo indirizzò allo studio della gnosi. Nel 1974, a Parigi, conobbe di persona Eliade. Nel 1976 ottenne un incarico di docenza in Letteratura Romena in Olanda: qui incontrò la prima moglie, dalla quale presto si separò. Maturò la convinzione che anche il modello culturale occidentale fosse, per certi tratti, totalitario e pervasivo, addirittura senza speranza. Nel 1984 uscì in Francia, ricorda Moretti, la sua opera fondamentale, Eros e magie à la Renaissance. Infine, nel 1986, iniziò a collaborare con Eliade a Chicago, dove venne assassinato, in circostanze misteriose, il 21 maggio del 1991, in un bagno della Divinity School.

   Espresse, sulla stampa, motivate perplessità sulle modalità del crollo del regime comunista in Romania, pensando la «rivoluzione» fosse il risultato dell’eterodirezione esercitata dai mezzi di comunicazione e da ben individuati gruppi di potere, il che sembra non essere stato estraneo alla sua tragica fine. Sotto il profilo intellettuale, l’opera di Culianu è interamente attraversata dal pensiero del Rinascimento. L’espressione più adatta a descrivere il progetto filosofico del Rinascimento è, a suo dire, ludus globi, giocare il gioco del mondo. Non casualmente, ludus globi è il titolo dell’ultima opera di Niccolò Cusano, al centro della quale è posta la coincidentia oppositorum. Il cosmo è un gioco serio, gioioso e tragico al contempo, è gratuità multiforme.

   Il simbolo del gioco nel Rinascimento è ambiguo, malinconico ma anche esaltante, metafora rinviante alla padronanza nell’Arte magico-alchemica. La questione dionisiaca viene ridotta da Culianu, questo per noi il senso della sua opera, ad interpretazione, ermeneutica: nel pensiero europeo nulla sfugge al gioco interpretativo. Si tratta di interpretare l’interpretazione e, nello specifico, per quanto attiene alla forma mentis dell’età rinascimentale, di cogliere, quale suo tratto fondante, la prospettiva immaginale (Corbin) o fantasmologia. Questo, in sintesi, ci pare suggerire Moretti. Di cosa si tratta? E’ bene far riferimento ad uno studio di Giorgio Agamben del 1977, Stanze: nelle sue pagine è possibile rintracciare una gnoseologia non dissimile da quella rinascimentale. La cultura della Rinascenza, nella prospettiva di Culianu, è cultura del fantastico, perché l’interesse fondamentale dell’epoca si riferiva alla manipolazione dei «fantasmi». Lo strumento che consente di intervenire sulla realtà immaginale ed interiore è il «corpo pneumatico», concezione rinviante all’animazione universale, alla simpatia vigente nel cosmo propria del neoplatonismo ellenistico. Essa sarebbe giunta agli uomini della Nuova Età, dal Medio Evo. Fin dal 1200, i trattati medici, conservavano l’idea del pneuma, giunta alle soglie della Modernità attraverso la trattatistica greco-araba della Scuola di Salerno.

Fin dall’interesse giovanile per la gnosi, lo studioso aveva compreso che il simbolo che: «introduce nel discorso gnostico è quello di vita straniera» (p. 53), per superare la quale si prospettava, quale via maestra, l’ascensione dell’anima al Principio. L’originalità di Culianu va colta, in tema, come rileva l’autrice, nella comparazione che egli pose tra i dualismi mitici e la dimensione bicamerale dei due emisferi del cervello: «una volta reciso il corpo calloso, ciò che si presenta ad un emisfero viene ignorato dall’altro» (p. 57). In tali miti, egli vide uno schema-base del pensiero, capace di determinare l’interdipendenza tra mondo interno ed esterno, l’interdipendenza soggetto-oggetto. Tali relazioni sono variabili, come mostrano gli stati alterati di coscienza, atti a scardinare i principi base della logica eleatica ed identitaria.

   Muovendo da tali presupposti, in sequela con Frances Yates, il pensatore ha posto su basi innovative i rapporti tra scienza e magia. Non fu l’avvento della prima a scalzare la seconda, in quanto la scienza non ha fatto che perseguire gli scopi della magia con altri mezzi: la tecnologia. Furono le pressioni ideologiche prodotte dalla Riforma a determinare: «un mutamento dell’immaginario» (p. 68), che dette luogo ad una metamorfosi senza precedenti del rapporto uomo-mondo. Dall’immaginazione attiva e magica, espressa dall’arte della memoria, si è transitati con la scienza quantitativa, ad un’immaginazione subita, passiva. Pur essendo storicamente defunta, la «tradizione ermetica» resta uno dei paradigmi della mente umana, sempre possibile. Il suo tratto attivo e dinamico potrebbe consentire di recuperare contezza delle relazioni conscio-inconscio, che oggi paiono sfuggire ai più.

   Se l’ermeneutica, la dimensione interpretativa, determina i canoni cognitivi di un’epoca, un recupero della fantasia non può che, come l’etimologia greca suggerisce, indurre un recupero della luce, della «mente nel cuore», cosa altra dalla ratio calcolante. Ciò spiega l’interesse di Culianu per l’iperspazio mentale e la quarta dimensione, scaturite dagli sviluppi della fisica relativistica. Interesse che si evince anche nelle opere di narrativa del romeno, organicamente attraversate da Moretti, in queste pagine. Cosa che rende la monografia presentata davvero preziosa.

Giovanni Sessa

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