13 Aprile 2024
Archeostoria Religione

Ex Oriente lux, ma sarà poi vero? Dodicesima parte

Torniamo a esaminare la questione della presunta luce da oriente da un’angolazione un po’ diversa da quella che abbiamo visto finora; infatti, secondo i suoi sostenitori, non solo vi sarebbero influssi orientali all’origine della civiltà europea, influssi la cui esistenza appare estremamente dubbia alla luce del fatto che la cultura megalitica europea è di parecchi secoli più antica delle piramidi egizie e mesopotamiche, che nell’Europa neolitica si viaggiava da un luogo all’altro, e non soltanto isolati avventurieri, ma persone con imponenti problemi fisici e ragazzi facenti verosimilmente parte di gruppi familiari, come dimostrano le sepolture dell’arciere di Amesbury e del ragazzo con la collana di ambra, eccetera, eccetera, ma sempre secondo storici affetti da questo pregiudizio orientaleggiante, in epoche più vicine a noi, gli influssi da oriente sarebbero stati determinanti nell’aiutare l’Europa a uscire dall’impasse e dal caos dei “secoli bui”.

Qui, a mio parere, il pregiudizio di origine illuminista di generale denigrazione dell’età medievale (“secoli bui” si possono considerare quelli seguiti immediatamente alla caduta dell’impero romano, non tutto il millennio che procede la scoperta dell’America), si unisce a un altro di origine più recente che vuole vedere a tutti i costi un fattore di sviluppo nell’incontro e – diciamolo pure – nell’ibridazione di civiltà, un discorso che è in realtà volto a noi contemporanei per farci accettare col maggior garbo possibile quella che in realtà è un’invasione che non potrà avere altro che effetti disastrosi.

Io vorrei qui sostenere e dimostrarvi che, così come l’Europa ha costruito la sua antica civiltà con le sue forze interne, allo stesso modo, è uscita dal caos dei “secoli bui” contando sulle sue forze e i presunti influssi orientali hanno avuto un’importanza infinitamente minore di quanto in genere non si creda.

Un evento chiave nella storia della cultura europea, è stato il concilio di Firenze del 1438. In quella data, nel tentativo di ottenere dagli occidentali un aiuto che poi non ci fu, per resistere all’invasione ottomana, l’imperatore bizantino giocò l’ultima carta che aveva ancora disponibile: la riunificazione della Chiesa ortodossa con quella cattolica, il ripristino dell’unità della cristianità dopo un lungo lasso di secoli (considerando che la ribellione di Lutero del 1516 e la riforma protestante erano ancora al di là da venire).

Sul piano politico, questa mossa non ebbe effetti, Bisanzio rimase senza aiuti ed era destinata a cadere in mano agli Ottomani nel 1452, ma ebbe invece una grande importanza in campo culturale, perché portò alla riscoperta della cultura greca da parte dell’Europa occidentale, in particolare della filosofia di Platone, e a Firenze nacque l’accademia platonica diretta da Marsilio Ficino e sponsorizzata dalla casa De’ Medici. Non a caso, questa data è considerata il punto d’inizio del movimento umanistico-rinascimentale.

Bene, benissimo, ma questo si può considerare un influsso “orientale” solo nel senso che la penisola ellenica è posta geograficamente più a est dell’Italia. Sarebbe ridicolo voler considerare Platone un pensatore mediorientale e tanto meno asiatico!

Fin allora, la cultura dell’Europa medievale aveva conosciuto della filosofia greca soprattutto Aristotele, “riscoperto attraverso gli Arabi” si affrettano a sottolineare i sostenitori della “luce da oriente”, ma anche questa è una storia che perlopiù evitano di raccontare per intero.

Gli Arabi durante l’espansione del periodo califfale vennero in contatto con la cultura greca occupando territori che avevano fatto parte dell’impero bizantino e prima ancora del dominio romano e delle monarchie ellenistiche. Questo contatto provocò la nascita di una breve stagione di filosofia araba i cui maggiori esponenti furono Avicenna e Averroè, commentatori del pensiero di Aristotele. L’aristotelismo-averroismo passò in Europa occidentale – pare – attraverso la Spagna allora sotto il dominio mussulmano, e il lavoro di traduttori iberici. Dopo la morte di Averroè, le autorità religiose decisero la soppressione delle scuole filosofiche considerando – giustamente – che gli uomini che pensano e che vogliono capire sono pericolosi per l’ortodossia. La filosofia di Avicenna, di Averroè, di qualcun altro, scomparve senza lasciare traccia, era stata una sovrastruttura estranea alla mentalità araba-mediorientale profonda. Non si può non fare il confronto con la lunghissima e sostanzialmente fallimentare lotta della Chiesa cattolica per estirpare ogni forma di “eresia”.

E’ inutile cercare, come si dice, di nascondersi dietro un dito: l’uomo mediorientale, come gli uomini delle culture non europee in genere, non ha il desiderio tipicamente europeo di capire il mondo, di conoscere la realtà, gli basta credere, una fede – possibilmente fanatica – che da un lato gli assicuri il senso della benevolenza del suo Dio, dall’altro definisca una comunità di credenti di cui si riconosce parte.

Parliamo delle grandi invenzioni pratiche che compaiono in Europa nella tarda età medievale, che hanno rivoluzionato la vita del nostro continente e dato ad esso i mezzi che gli hanno permesso le grandi esplorazioni e il raggiungimento di quella egemonia planetaria durata fino al 1914: la bussola, la stampa, le armi da fuoco, l’attacco a collare del cavallo da tiro e l’aratro pesante, per non dimenticare l’introduzione di concezioni architettoniche del tutto nuove che, a partire dal XIII secolo, hanno permesso la costruzione di edifici mai visti fino ad allora quali le imponenti cattedrali gotiche. A tutte queste invenzioni è attribuita un’origine orientale, ma lo cose non sono esattamente come i sostenitori dell’orientalismo le raccontano.

L’invenzione della stampa è stata fondamentale per la diffusione non solo della cultura, ma anche delle conoscenze tecniche. Un dato curioso: uno dei primissimi bestseller dell’età medievale a cui la stampa permise una diffusione prima impensabile, fu “De re metallica” di Cornelio Agricola, che permise la diffusione della conoscenza delle tecniche minerarie e della metallurgia, cosa che pesò non poco in tutta l’evoluzione successiva, la bussola e i progressi nella tecnica di costruzione navale aprirono la porta alle grandi esplorazioni geografiche, e le armi da fuoco conferirono agli europei un vantaggio da non sottovalutare rispetto alle popolazioni native del resto del globo.

La bussola, la stampa, la polvere da sparo e anche gli spaghetti sarebbero venuti dalla Cina, questi ultimi sarebbero stati importati da Marco Polo, solo che la faccenda è un tantino più complessa di come viene solitamente raccontata dai patiti dell’oriente.

“Le bussole” inventate dai cinesi erano aggeggi di scarsissima efficienza e utilità: erano delle bacinelle piene d’acqua su cui galleggiava un tappo di sughero con un ago magnetico. L’idea di incernierare l’ago magnetico su di un perno e di creare così le prime vere bussole, venne ai marinai italiani di Amalfi. Il caso è un po’ simile a quello dell’invenzione dell’alfabeto. I Fenici, non tenendo conto delle vocali, semplificarono la scrittura demotica egizia, che era una scrittura sillabica, riducendola a una ventina di segni, ma il risultato era molto poco pratico, quasi illeggibile, la VERA invenzione dell’alfabeto, con la divisione della sillaba in vocale e consonante, e l’introduzione degli spazi fra le parole, fu opera dei Greci.

Oltre a ciò, va detto  che la bussola da sola non sarebbe probabilmente servita ad aprire l’era delle grandi esplorazioni geografiche, se non fosse stata accompagnate da altre due invenzioni indiscutibilmente indigene dell’Europa: un nuovo tipo di nave con chiglia profonda e sponde rialzate, il cui primo modello fu il “koggen” frisone, e il timone posteriore che migliorò grandemente la manovrabilità dei navigli.

Per quanto riguarda la povere da sparo e la stampa, il discorso è molto simile. I cinesi non realizzarono altro che petardi e fuochi d’artificio: sia le armi da fuoco sia l’esplosivo da miniera furono inventati in Europa (tra l’altro, secondo alcuni storici, “bombarda”, termine con cui erano indicate le prime armi da fuoco, sarebbe una deformazione di “lombarda”, così come “pistola” deriverebbe da “Pistoia”, sembrerebbe proprio che le prime armi da fuoco siano state create in Italia). Per quanto riguarda la stampa, i cinesi si limitarono a inventare la tecnica consistente nel trasporre immagini e ideogrammi su fogli mediante timbri inchiostrati, la vera invenzione della stampa coi caratteri mobili avvenne indiscutibilmente in Germania a opera di Johannes Gutenberg.

Perfino gli spaghetti, ci sono molti dubbi che siano stati portati in Europa dalla Cina da Marco Polo o non siano stati piuttosto reinventati autonomamente. Secondo alcune fonti, se ne producevano in Sicilia già due secoli prima del viaggio del mercante-esploratore veneziano.

Parliamo di quella che a giudizio di molti storici è stata l’invenzione più importante dell’Età di Mezzo. Nell’antichità e nell’alto medioevo la parte più popolata e più ricca dell’Europa era quella meridionale, mediterranea, mentre le regioni settentrionali, al confronto, soffrivano di una cronica arretratezza. A partire dall’XI – XII secolo, la situazione cambia al punto da capovolgersi, e le regioni del settentrione europeo finiscono per prevalere su quelle mediterranee dal punto di vista demografico ed economico. Come mai?

Il problema era di tipo economico, più esattamente alimentare. I suoli dell’Europa centro-settentrionale sono prevalentemente argillosi, poco adatti a essere lavorati con gli aratri fin allora in uso che erano invece adeguati ai suoli prevalentemente sabbiosi dell’Europa mediterranea. A partire da quest’epoca, tutto è rivoluzionato dall’introduzione di un nuovo tipo di aratro, l’aratro pesante, munito di coltro (un “coltello” per tagliare le zolle) e versoio (una lama che le rivolta). Tuttavia, l’introduzione dell’aratro pesante non sarebbe stata possibile senza la disponibilità di una nuova forza-lavoro, il cavallo da tiro. Questo ci può sembrare strano, dato che il cavallo era addomesticato da millenni, ma osservate la riproduzione di un qualsiasi veicolo dell’antichità trainato da cavalli e soffermatevi sui finimenti, si tratti di una biga, di un mezzo da trasporto, di un carro da guerra: il cavallo è collegato al veicolo da un’imbracatura, quest’ultima comprime la cassa toracica dell’animale, ne ostacola la respirazione, non gli permette di esprimere adeguatamente le sue energie sotto sforzo.

Il problema è stato risolto con l’introduzione dell’attacco a collare del cavallo da tiro. Quest’ultimo sarebbe stato portato in Europa dalle invasioni ugrofinniche (Ungari, Avari, Magiari, non sappiamo esattamente), e sarebbe nato come adattamento al cavallo dei finimenti impiegati per il cane da slitta.

Anche qui, se si vanno a vedere bene le cose, non c’è partita per i sostenitori della “luce da oriente”, infatti, le sedi originarie di queste popolazioni vanno individuate nel settentrione di quella che è oggi la Russia europea, oltre che una parte della Scandinavia – l’area finnica e lappone – con qualche propaggine a oriente degli Urali, ma certo troppo poco per considerare l’attacco a collare un’invenzione asiatica, è piuttosto di un rivolgimento interno al nostro continente, che è giusto parlare.

Parliamo di un argomento che per me è di particolare interesse: le cattedrali gotiche. Quel che caratterizza questi edifici che non è esagerato definire prodigiosi, non è soltanto la loro imponenza, il loro incredibile sviluppo verticale, ma una concezione architettonica del tutto nuova: attraverso il sistema degli archi rampanti, il peso si scarica prevalentemente sulle costolature anziché sulle pareti, è come se fossero delle gigantesche tende di pietra (è ovvio che una tenda si regge sull’intelaiatura e non sui teli).

E’ forse il caso di fare alcune osservazioni di grande interesse anche se non riguardano direttamente l’argomento della “luce da oriente”: vi sono molte chiese che hanno la parte inferiore romanica e quella superiore gotica, questo perché il romanico precede il gotico: iniziate con un determinato stile, sono state completate in un’epoca in cui il gusto era ormai cambiato, ma, anche se così non fosse, mentre è possibile sovrapporre una struttura gotica a una romanica, fare il contrario risulterebbe impossibile.

Gli edifici gotici italiani, sia quelli civili, come la Ca’ d’Oro e il Palazzo Ducale di Venezia, sia quelli religiosi come il duomo di Firenze, presentano un ornato gotico, ma la loro struttura fondamentale rimane ad andamento orizzontale, non verticale, e da questo punto di vista non si discosta dalle tradizioni costruttive precedenti. Il duomo di Firenze, realizzato dal Brunelleschi ha anche una cupola, cosa che per un edificio gotico risulta del tutto inedita. Evidentemente, i nostri maestri comacini si erano adeguati al gusto dell’epoca venuto da oltralpe, ma le tecniche costruttive di cui erano in possesso, erano pur sempre quelle ereditate dai loro padri, e sappiamo che all’epoca le conoscenze tecniche erano trasmesse in segreto da una generazione all’altra.

Il termine “gotico” non sembrerebbe avere a che fare con i goti, ma deriverebbe dal nome dell’ “argot”, il gergo dei maestri carpentieri francesi, perché è in Francia che lo stile gotico avrebbe avuto il suo centro di diffusione, il che però non ha impedito che “gotico” fosse interpretato come “germanico” e che per conseguenza fosse ribattezzato come “romanico” lo stile precedente.

Torniamo ai sostenitori della “luce da oriente”: anche per le tecniche costruttive delle cattedrali gotiche, si è voluta proporre o fantasticare un’origine orientale. In che modo? Attraverso i cavalieri templari che si suppone – senza uno straccio di prova, s’intende – sarebbero venuti in possesso di queste e altre più esoteriche conoscenze durante la loro permanenza in Terrasanta.

La storia dell’ordine templare è piuttosto nota: i “poveri cavalieri di Cristo” si erano assunti il compito di proteggere i pellegrini che si recavano in Palestina, essi tra l’altro potevano versare la cifra che desiderassero presso qualsiasi capitania (ovvero sede dell’ordine) di cui gli veniva rilasciata quietanza, e ritirarla una volta giunti a destinazione, evitando il rischio di essere derubati nel tragitto; in pratica furono gli inventori dell’assegno, e questo li portò a impegnarsi sempre più intensamente nell’attività bancaria.

Terminate le crociate, l’ordine si trovò ricchissimo quanto privo di scopo, e il re di Francia Filippo il Bello che era fortemente indebitato con esso, penso bene di scioglierlo con la forza, accusando i templari di eresia, stregoneria, sodomia e quant’altro. Tutto quanto “sappiamo” dell’esoterismo templare viene in realtà dai verbali degli inquisitori di Filippo il Bello, è un’invenzione di questi ultimi. Non fosse stato per il processo-messinscena fatto mettere in piedi dal re di Francia per sbarazzarsi dei propri creditori, i templari interesserebbero gli esoteristi moderni tanto quanto i cavalieri di Malta.

Non solo non c’è alcuna prova che la tecnica costruttiva delle cattedrali gotiche sia pervenuta in Europa dall’oriente attraverso i templari, ma ci sono forti indizi in senso contrario, che fanno concludere chiaramente che questa sia la solita escogitazione dei fanatici dell’oriente tendenti a negare ogni originalità alla cultura europea. Innanzi tutto, gli edifici di origine templare che sono pervenuti fino a noi, sia civili sia religiosi non mostrano alcuna tendenza verso il gotico. Secondo, bisogna ricordare che le cattedrali gotiche con la loro ricca ornamentazione erano fortemente disapprovate da san Bernardo di Clairvaux, ideologo del movimento templare ed estensore della regola dell’ordine.

Contrariamente a quello che si dice, la tendenza a costruire questi edifici dall’imponente verticalità non era dettata da motivi mistici ma da questioni di prestigio del clero; infatti per tradizione la parrocchia di una chiesa coincideva con il territorio da cui la stessa era visibile. Esse comportavano un costo economico che Bernardo disapprovava aspramente: “Noi vestiamo d’oro i muri delle nostre chiese”, diceva, “E lasciamo nudi i poveri”.

Infine, non dimentichiamo che in nessun edificio orientale o mediorientale troviamo l’impiego di tecniche costruttive analoghe a quelle delle cattedrali gotiche, che furono in tutto e per tutto una creazione europea.

In generale nell’Età di Mezzo, europei e islamici erano assai meno propensi a scambiarsi nozioni di qualsiasi tipo che non colpi di spada, fra gli uni e gli altri esisteva uno spesso muro di incomunicabilità. Si pensi che nel poema quattrocentesco “Morgante” di Luigi Pulci, quando questi incontra Margutte che diventerà il comprimario della vicenda, per chiedergli se è cristiano o mussulmano, gli domanda “Sei seguace di Cristo o d’Apollino (Apollo)?”. Gli Europei avevano ormai a che fare con gli islamici da diversi secoli, eppure li confondevano ancora con i pagani, li facevano rientrare in un vago e nebbioso concetto di non-cristiani. Oggi questo muro di incomunicabilità continua a esistere in forma unidirezionale, noi ci sforziamo di comprendere le culture non-europee, mentre l’incomprensione islamica nei nostri confronti rimane assoluta.

E’ un concetto tipico della democrazia, cioè un’idea assolutamente falsa, che una civiltà non possa svilupparsi senza apporti e ibridazioni con altre culture, una falsità che serve oggi a farci accettare come progresso quella che è in effetti la distruzione della nostra.

Già altre volte ho espresso l’idea che non si possa propriamente parlare di civiltà islamica, e quindi tanto meno che sia possibile parlare di un suo apporto a quella europea. Tanto l’impero arabo califfale quanto quello ottomano, nella loro espansione inglobarono territori di antica ed elevata civiltà, appartenuti all’impero bizantino, a quello persiano e all’antica presenza romana in nord-Africa, penisola iberica, Sicilia, territori che hanno continuato a rimanere civili NONOSTANTE l’islamizzazione. Là dove l’islam ha dovuto costruire da zero, in realtà nulla ha prodotto.

Un giudizio drastico? In un recente articolo che ho già avuto occasione di citare, Maurizio Blondet, uno che il Medio Oriente e la sua storia li conosce bene, ci informa che l’islam non solo non è mai stato un creatore, ma dovunque è arrivato, un sistematico distruttore di civiltà:

“Verso il 650, gli Ommyadi si stabiliscono nei territori conquistati del Maghreb. Subito cominciano a distruggere le strade romane: i suoi lastricati non servono ai cammelli, anzi sono dannosi ai loro zoccoli molli, ma in compenso sono materiale di recupero già squadrato, prezioso per elevare moschee e fortezze. Secondo le loro usanze, i beduini tagliano gli alberi per i loro bisogni, senza il minimo scrupolo. I terreni scoperti si screpolano, le piogge dilavano l’humus, i campi coltivati, abbandonati dai contadini in fuga davanti ai predoni, diventano steppa e poi deserto. Ormai sulle alture non ci sono più i boschi, dunque nemmeno il legname per eventuali carriaggi. Le pianure non più verdeggianti, non possono più mantenere bovini. Il beduino ha creato attorno a sé il suo ambiente nativo, e ci resta felice”. (“Le tecnologie intelligenti che ci rendono idioti”, EffeDiEffe, aprile 2014).

Una desertificazione ambientale, culturale, psicologica, che oggi l’immigrazione sta portando anche dentro casa nostra. Per non disperdere il prezioso deposito culturale ereditato dai nostri antenati, per noi, per i nostri figli e i nostri discendenti, abbiamo un dovere preciso, quello di resistere a qualsiasi costo.

Fabio Calabrese

2 Comments

  • Antonio Puccinelli 21 Settembre 2014

    Ottima analisi come al solito e come tutte le altre parti della serie.
    soprattutto la parte riguardante l’opera di desertificazione operata dall’Islam, che è vera più che mai ! (io li conosco piuttosto bene)
    Solo una precisazione, se mi posso permettere: a volte si rischia di buttare via il bambino insieme all’acqua sporca. Dall’oriente e dall’oriente Islamico in particolare non tutto è fanatismo ortodosso; dalle civiltà pre-islamiche , alla filosofia più esoterica, che molto si discosta dall’ortodossia più ceca : la filosofia Sufica in particolare, quanto ne è venuto nell’Europa del XIII e XIV e XV secolo ha apportato molto alla crescita del pensiero “occidentale” (non volermene se uso questo termine) :
    dalle conoscenze geometriche e architettoniche importate dai poveri Cavalieri di Cristo che hanno apportato del nuovo all’architettura dell’Europa del 1300, dalla poesia dei Fedeli D’amore e del Divin Poeta che tanto aveva assimilato della cultura Sufica, all’avvento della tradizione Ermetica alla base della fondazione della Accademia Neoplatonica di Firenze.
    Lungi da me l’idea di difendere la teoria de “dall’oriente Lux” ma tutto sommato gli influssi ci sono stati e sono stati tutti positivi grazie a chi ,già elevato, ha saputo prenderne solo il meglio.
    Antonio Puccinelli

  • Antonio Puccinelli 21 Settembre 2014

    Ottima analisi come al solito e come tutte le altre parti della serie.
    soprattutto la parte riguardante l’opera di desertificazione operata dall’Islam, che è vera più che mai ! (io li conosco piuttosto bene)
    Solo una precisazione, se mi posso permettere: a volte si rischia di buttare via il bambino insieme all’acqua sporca. Dall’oriente e dall’oriente Islamico in particolare non tutto è fanatismo ortodosso; dalle civiltà pre-islamiche , alla filosofia più esoterica, che molto si discosta dall’ortodossia più ceca : la filosofia Sufica in particolare, quanto ne è venuto nell’Europa del XIII e XIV e XV secolo ha apportato molto alla crescita del pensiero “occidentale” (non volermene se uso questo termine) :
    dalle conoscenze geometriche e architettoniche importate dai poveri Cavalieri di Cristo che hanno apportato del nuovo all’architettura dell’Europa del 1300, dalla poesia dei Fedeli D’amore e del Divin Poeta che tanto aveva assimilato della cultura Sufica, all’avvento della tradizione Ermetica alla base della fondazione della Accademia Neoplatonica di Firenze.
    Lungi da me l’idea di difendere la teoria de “dall’oriente Lux” ma tutto sommato gli influssi ci sono stati e sono stati tutti positivi grazie a chi ,già elevato, ha saputo prenderne solo il meglio.
    Antonio Puccinelli

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