9 Aprile 2024
Antico Egitto

Divinità e potere nell’antico Egitto – Marco Calzoli

 Nel mondo dell’antico Egitto il sacro era parte fondamentale di tutta la vita. Non esisteva il “profano” separato dal “sacro”. L’Egitto era suddiviso in Alto Egitto (dove sgorga il Nilo, a sud, nell’odierno Sudan, che era detto Nubia) e in Basso Egitto (che culmina nel Delta del Nilo, dove il fiume sfocia nel mare). A ovest del Delta del Nilo, nel grande deserto occidentale, vi erano sette oasi nelle quali gli egiziani sostavano per attraversare la distesa sabbiosa e recarsi in Africa. Sono luoghi carichi di mistero e mito. In tutta la letteratura egiziana solo una iscrizione del tempio di Edfu ci parla di queste sette oasi dell’antico Egitto. L’espressione è: wḥAwt sfkw nw tA pn, “sette (sfkw) oasi (wḥAwt) di (nw) questa (pn) terra (tA)”. La parola “sette” è scritta in geroglifico con una soluzione molto particolare: una stella a cinque punte (simbolo del numero 5) assieme a due trattini verticali (simbolo del numero 2).

 Oggi ne esistono principalmente cinque Ciascuna di queste oasi ha una caratteristica indicata dal nome. L’oasi Kharga, che in arabo vuol dire “uscita”, è la più vicina alla valle del Nilo (quindi è quella che esce verso il deserto) ed è l’oasi più a sud. Dakhla vuol dire in arabo “entrata” ed è quella più interna, che entra di più nel deserto. Farafra ha una etimologia incerta e è situata all’interno di un sistema desertico molto variegato. Bahariya significa “situata a nord” ed è l’oasi più settentrionale. Siwa è quella più occidentale, quindi la più vicina alla Libia.

 Gli egittologi cercano di capire ancora oggi quali sono le due oasi mancanti menzionate nella iscrizione di Edfu. In merito la bibliografia è sterminata.

 Le oasi erano anche abitate e a volte erano luoghi di esilio. Prova ne sia la Stele detta “degli esiliati”: si tratta di un decreto oracolare di Amon-Ra Sonter – il grande dio di Karnak – in occasione della sua festa per l’apertura del nuovo anno. Il gran sacerdote e gran ufficiale dell’esercito scende nell’Alto Egitto per ristabilire l’ordine e la pace nella regione e incontra durante la processione l’effige del dio Ammone. Dopo avergli presentato le offerte e dedicato un inno, gli rivolge questa petizione oracolare nella quale è scritto, tra le altre cose: “Ti pacificherai con i servi rivoltosi che hai esiliato nell’Oasi (probabilmente Kharga) così che siano ricondotti in Egitto?”.

 Il dio Ammone era la divinità di questa oasi e il comandante dell’esercito chiede se sia possibili riportare a casa gli esiliati nell’oasi confinati. Quindi l’oasi era anche un luogo di esilio. Il responso del dio avviene mediante la portantina che oscilla (in egiziano antico il verbo è hn/hnn). Gli oracoli erano dati dalla portantina del dio in processione con la sua statua. Mediante l’oscillazione della portantina era possibile in qualche modo interpretare la volontà del dio (il suo responso).

 Le divinità delle oasi, pur presentando spesso nomi egittizzati, sono per lo più il risultato di un sincretismo tra la religione egizia e quelle locali ancestrali delle oasi. Queste figure divine dovevano tutelari i viaggiatori nel deserto e scacciare gli spiriti maligni e i pericoli nel deserto. Le figure divine preminenti sono:

 

  • Ammone (era una divinità non egiziana e poi unita al dio egiziano Ra nella forma Amon-Ra)
  • Osiride
  • Seth
  • Shu (il dio dell’aria, la divinità ancestrale dei deserti e delle popolazioni autoctone; aveva come simbolo la piuma di struzzo, segno tipico delle popolazioni del deserto occidentale, le quali portavano in testa la piuma dello struzzo in onore del dio come emblema della loro origine non egiziana).

 

Il termine egiziano è ta wḥAt, “l’oasi”. La parola non sembra avere una origine egizia, ma piuttosto libica-berbera. È allora un calco egizio di una parola straniera in uso presso le popolazioni autoctone delle oasi o delle genti libiche successivamente insediatesi nel territorio. Questa parola passò in copto, in greco e quindi in arabo, giungendo fino a noi e dando la parola italiana “oasi”.

 Per l’etimologia di wḥAt, gli egittologi propongono varie ipotesi:

 

  • Una delle più assodate nel mondo della egittologia è che derivi da un termine che significa “calderone”, “pentolone”, in riferimento alla forma che le oasi hanno, cioè una depressione sotto il livello del mare. L’oasi è circondata da una serie di altipiani ma il terreno fertile è in depressione: gli altipiani somigliano al bordo della pentola e la depressione al fondo.. Non per nulla ci sono alcune attestazioni della parola egiziana con un determinativo che somiglia a una pentola. Non solo, ma esiste una parola egiziana omofona e dal significato di “pentolone” sempre con lo stesso determinativo della pentola;
  • Un’altra ipotesi è da un termine libico-berbero che significa “villaggio”;
  • Un’altra da un termine libico-berbero che significa “isola”, quindi l’oasi sarebbe un luogo appartato lontano dalla civiltà quasi fosse una isola separati dal mondo, nel quale si vive in pace. Forse è un ricordo legato al passato preistorico ove al posto del deserto vi era il mare (ancora oggi nelle oasi si trovano fossi di animali marini, come le stelle marine, a testimonianza di un lontano passato).

 

 Il termine usato per indicare gli abitati delle oasi è un nisbe derivato da wḥAt, quindi wḥAtyw, “oasiti”. Oggi gli oasiti non sono né totalmente egiziani né totalmente berberi. Hanno un DNA misto, al quale contribuirono anche i greci e gli arabi.

 Un’altra parola legata al mondo delle oasi è skt, “campo coltivato”, che non è specifico delle oasi, ma in alcuni casi lo troviamo applicato a questo mondo del deserto occidentale. Il più antico romanzo della storia è il Racconto dell’Oasita Eloquente, in cui il protagonista proveniva da skt ḥmA(t), “il campo del sale”, una oasi la cui collocazione è ancora dibattuta.

 È interessante l’espressione skt imA/gs, “campo delle acacie” o “campo del fianco”. Non si sa a quale oasi si riferisca con precisione. L’espressione in questione compare in un testo egiziano (quello di Edfu) che così testimonia: “Egli (il faraone) ti porta in dono i nemici sconfitti di Skt imA/gs, cioè gli stranieri (o oasiti) che si trovano a ovest dell’oasi di Farafra, i quali vivono in virtù dell’acqua del Nilo ad ovest di essa e dell’acqua dei pozzi a est di essa”.

 In questo testo c’è l’immagine di un ermafrodito (vestito da uomo ma con i seni da donna) che porta un vassoio con delle offerte, dal quale colano degli elementi vegetali, cioè delle piante di papiro e dei fiori di loto. Insomma è un personaggio che trasporta i doni del Nilo, come il papiro e il loto. Personaggi così bizzarri compaiono nelle cosiddette “processioni geografiche”, quando gli abitanti di luoghi ben precisi portano in dono alla divinità i prodotti dei loro stanziamenti. Quindi queste popolazioni che abitano nelle oasi portano alla divinità (Horus, la divinità di Edfu) alcuni doni in processione geografica. La processione geografica di Edfu ha il faraone ermafrodito come colui che porta doni a Horus, vale a dire i nemici sconfitti.

 Nell’Inno a Aton, famoso testo nel Nuovo Regno, il faraone Amenofi IV parlando del dio Aton e delle sue capacità di essere un creatore, ad un certo punto dice: “Tutti i lontani paesi stranieri, tu crei ciò di cui vivono, poiché hai posto un Nilo nel cielo … per bagnare i loro campi”. Si sta parlando dell’acqua piovana che irriga i campi come fosse un Nilo nel cielo. Sono le grandi piogge periodiche del deserto che sono accompagnate da forti venti. Quindi gli abitanti del deserto, gli stranieri, vivevano delle coltivazioni rese possibili dall’immagazzinamento dell’acqua piovana. Probabilmente sono queste le acque del Nilo di cui parla il testo di Edfu.

 Nella iscrizione del tempio di Edfu ci sono indicazioni riguardo queste sette oasi.

 Partiamo dalla prima. Il testo dell’iscrizione recita: “Il re viene al tuo cospetto, o Horo-Behedetide (di Edfu), dio grande, signore del cielo, che presiede a Edfu. Egli ti porta l’oasi stabilita a sud-ovest del Nomo Tinita. Amon Nakht è il dio che si trova in essa, l’alto di volo”. Si tratta presumibilmente dell’oasi di Kharga, la più vicina alla valle del Nilo, nella porzione meridionale del deserto occidentale. In essa si venerava il dio Ammone: ancora oggi vi sono i resti del suo tempio.

Continua l’iscrizione, abbiamo la seconda oasi: “Il re viene al tuo cospetto Horo-Behedetide, dio grande, signore del cielo; Egli ti porta l’oasi di Kenemet … che si trova a nord-ovest del nomo Tinita … carica delle proprie grandi offerte, per mettere in festa il tuo petto, Horo-Behedetide, dio grande, signore del cielo, variopinto di piume che esce all’orizzonte, che presiede Utjes-Hr (= Edfu)”. Secondo il testo dell’iscrizione che abbiamo appena citato, l’oasi di Dakhla era detta dagli egiziani Kenemet. A Dakhla sono state ritrovate delle tavolette lignee scritte in ieratico (nella necropoli di Balat), molto rare perché gli egiziani scrivevano di preferenza su papiro. Anche a Dahkla si venerava il dio Ammone nel tempio di ‘Ain-Birbiya; c’è anche il complesso al genio leone Tutu; in una mastaba è stata ritrovata la coppa della Dama Igit.

 La terza oasi che compare nella iscrizione del tempio di Edfu è quella di Farafra, dove si venerava Osiride. Rispetto alle due precedenti Farafra è molto più piccola. Non ci sono ancora molti studi su questa oasi, ma le cose sicuramente cambieranno nel corso del tempo. Era importante come piccola stazione di passaggio verso altre oasi più grandi. Ecco il testo dell’iscrizione relativo alla terza oasi: “Il re viene al tuo cospetto Horo-Behedetide, dio grande, signore del cielo …; Egli ti porta il Paese della Vacca, che si trova a nord-ovest di Kenemet. Osiride è il Dio che si trova in essa”. Il Paese della Vacca riguarderebbe l’oasi di Farafra, la quale rimanderebbe a quel culto particolare di Osiride.

Quarta oasi: “Il re viene al tuo cospetto Horo-Behedetide, dio grande, signore del cielo, che presiede il nomo Apollinopolitano. Egli ti porta l’oasi stabilita sulla collina del Nun (=l’oceano primordiale); il suo nome è Sekhet-ima/ges (=il “Campo dell’albero-Ima” o “del fianco”). Il Nascosto … questo suo fratello è dietro di lei con suo figlio per unirsi al lei ogni giorno; e questo è un segreto, che non deve essere visto, né sentito; veramente un mistero che non deve essere conosciuto”. La quarta oasi è stata oggetto di dibattito: si pensava che fosse l’oasi Siwa, oggi invece si pensa al gruppo di oasi di El-‘Areg, delle quali Bahrein si presenta come la più interessante. È scritto che questa oasi è stabilita sulla collina del Nun, cioè dell’oceano primordiale; un dio misterioso, cioè suo fratello, assieme a figlio, sta dietro di lei per unirsi a lei ogni giorno, ma è un segreto che non deve essere conosciuto. Nel 2003 l’Università di Torino ha ritrovato nell’oasi di Bahrein il tempio di Ammone. In esso il governatore delle oasi porta sulla testa una piuma di struzzo: il nome del governatore è racchiuso nel cartiglio, come avveniva per i faraoni, quindi veniva considerato a tutti gli effetti un re dell’oasi. Studi incrociati con l’oasi di Siwa ha permesso di ricostruire una dinastia di re di Siwa e Bahrein.

 La quinta oasi presente nella iscrizione di Edfu è Bahariya, l’oasi del nord, quella più settentrionale. Il nome attuale arabo Bahariya significa “quella che si trova verso il mare”, cioè “quella che sta a nord”. Si tratta di un’oasi ricchissima, che continua a stupire per la quantità di scoperte e testimonianze archeologiche. C’è anche un tempio che data a Alessandro il Grande, dove egli è rappresentato in una immagine faraonica. Le divinità dell’oasi e della zona erano molteplici. Pensiamo anche alla Valle delle Mummie d’Oro. Ecco il testo dell’iscrizione: “Il re viene al tuo cospetto Horo-Behedetide, dio grande, signore del cielo, che presiede alla grande vittoria. Egli ti porta l’oasi settentrionale stabilita a nord-est del Paese della Vacca (Farafra), Djesdjes, come è scritto nel rituale della festa”.

 La sesta oasi: “Il re viene al tuo cospetto Horo-Behedetide, dio grande, signore del cielo, che presiede Set-Netjeru. Egli ti porta Sekhet-Hema, stabilita a nord di presso la collina misteriosa di Onnofri, giusto di voce: è Sherep, è Sekhet-Hema, è Sekhetyu, è la dimora della Valle, è la sede dell’occhio di Horo. Horo figlio di Isi (Horsiesi) è stabilito in qualità di signore di Sherep” Anche questa oasi non è di chiara collocazione. Tuttavia nel testo vi sono molte indicazioni geografiche, forse segno di indecisione. Compare il nome “campo del sale” (skt-ḥmA). Forse Nitria, uno dei luoghi nel quale gli egizi prelevavano il sale natron per l’imbalsamazione e altri usi? Ma non sappiamo se lì esisteva un’oasi. Compare un altro nome: šrp, cioè vocalizzato Sherep. Potrebbe riferirsi a Siropon? È stata identificata perché lì Alessandro Magno è passato per arrivare a Siwa. Quindi potrebbe riferirsi alla piccola oasi di Qara.

 La settima oasi è quella di Siwa: “Il re viene al tuo cospetto Horo-Behedetide, dio grande, signore del cielo, che presiede Gembau-es. Egli ti porta Sekhet-Hema, stabilita a sud-ovest di Sherep, Ta…; … Gli dei del paese dei Tjemehu vengono a lei accompagnati dagli dei di Sekhet-Ima a causa dell’amore che nutrono per lui”. Come quasi sempre il testo della iscrizione del tempio di Edfu è lacunoso, e spesso gli studiosi integrano il testo egiziano con delle congetture. Le traduzioni che abbiamo riportato sono di: Dümichen, Die Oasen der lybischen Wüste und ihre Bewöner. Relativamente alla settima oasi, la lacuna non ci dà il nome. Ma sulla base delle considerazioni precedenti si tratta sicuramente dell’oasi di Siwa.

 Per di più, gli storici greci non ci forniscono maggiori informazioni, ma ci dicono che lì vi erano gli Ammoniti (donde il nome ammoniaca), quindi anche qui il dio era Ammone (Zeus Ammone che dava gli oracoli – i greci lo hanno assimilato a Zeus). Siwa è una delle oasi più affascinanti per la storia, i suoi abitanti e le importantissime testimonianze archeologiche. Anche ad Aghurmi, come a Bahrein, è presente una bipartizione est/ovest dei rilievi sulle pareti del tempio: ad est un faraone (XXVIII-XXIX Dinastia?), ad ovest due governatori libici di Siwa (gli ETEARCHI di cui parla Erodoto?); l’iscrizione recita: “Il Grande dei deserti Sutekhirdis, figlio del Grande dei deserti Rerutek”. È evidente la commistione di nomi egizi (Sutekhirdis) e nomi che hanno invece un’origine libica (Rerutek). Nel tempio di ‘Umm-Ebeyda Il governatore in ginocchio offre al dio Ammone di Siwa: “L’Horo forte di braccio, il grandissimo dei deserti Unamon (lo stesso di Bahrein), figlio di colui che ha avuto gli stessi incarichi, Nakht-tit, giusto di voce, partorito dalla dama Renepet-neferet”. Poi il dio Ammone, di aspetto ieracocefalo, accoglie le offerte: “Parole dette da Amon-Ra’, signore del dare i consigli (ir-sxrw è l’epiteto tipico di Ammone a Siwa nella sua forma oracolare), il dio augusto”. Inoltre a Siwa dovrebbe esserci anche la tomba di Alessandro Magno.

 Il regime egiziano era teocratico. Il faraone era il rappresentante del popolo e, scelto dagli dei, era una persona divina, un po’ come l’imperatore romano o Alessandro Magno. In un sistema teocratico il potere politico non può sbagliare (anche se nei fatti era cosa diversa). Nell’antico Egitto non esisteva una storiografia come la intendiamo noi oggi, ma gli eventi bellici erano narrati in maniera simbolica mediante schemi espositivi sempre tra loro analoghi per indicare la vittoria della civiltà (Egitto) sulle forze del caos (gli altri popoli).

 Nel Papiro Westcar vi è una importante testimonianza della nascita dei primi tre re della V Dinastia. Il Papiro in questione presenta il loro concepimento in chiave mitica: sono tre gemelli della madre Regedet messa incinta dal dio Ra. Nel testo del Papiro abbiamo letteralmente “la quale è incinta (jwr.ti: pseudoparticipio) dei tre bambini di Ra, signore di Sakhebu”. Ad un certo punto, preconizzando la nascita miracolosa dei tre pargoli, il testo egiziano presenta questo passaggio: iw.sn r jr.t jAwt twj mnxw.t m tA pn r Dr.f, “essi svolgeranno questa funzione di eccellenza (mnxw.t) in questa terra (m tA pn) fino ai suoi confini (r Dr.f)”. il Papiro Westcar è scritto in un ottimo medio egiziano, la lingua classica dei faraoni, seppur con molti errori dovuti ai forse 17 scribi che lo hanno tramandato. I filologi notano la perfezione stilistica di questa espressione che dà ancor più valore al grande ideale della politica antica: il faraone deve svolgere una funzione di eccellenza! Non vogliamo in questa sede occuparci della forma verbale r jr.t, molto pregnante, che indica una azione futura (“svolgeranno”). Consideriamo però che la parola tradotta con “eccellenza” è in egiziano antico mnxw.t, espressa dal segno del cesello, uno degli strumenti più precisi di cui si disponeva allora, se pensiamo alle meravigliose rappresentazioni artistiche egiziane, che sono un lavoro per l’appunto “di cesello”. E questa “eccellente perfezione” deve essere portata avanti “fino ai suoi confini” (dell’Egitto), espressione idiomatica egiziana che indica la totalità dell’impegno politico che i tre re della V Dinastia porteranno avanti. Il potere è totale solo perché è divino, abbiamo qui ammiccata in qualche modo l’idea della salvezza contro il caos rivolta agli egiziani fino a ogni dove si estendeva la civiltà.

Marco Calzoli

 

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