inazione fenicia, cartaginese, romana, gotica, africana……. Fin da bambini abbiamo assistito mentalmente a tutte queste invasioni come soggetti passivi, vale a dire come membri del popolo invaso. Nessuno di noi, nella sua romanzesca infanzia ha mai smesso di sentirsi il successore di Viriato, di Sertorio, degli abitanti di Numanzia (3). L’invasore è sempre stato il nostro nemico; l’invaso il nostro compatriota.
i e abitante del Levante che si trapianta nel Marocco, a Orano, in Algeria e che vivono lì come se fossero del tutto a casa loro, come una ceppo che riconosce la terra lontana da cui sradicarono la sua ascendenza. Questa deriva meridionale e levantina verso l’Africa non ha nulla in comune con le spedizioni colonizzatrici dirette in America. Inoltre Africa e America sono state sempre quasi le consegne di due partiti politici e letterari spagnoli. Di due partiti che coincidono quasi sempre con quello liberale e quello conservatore, quello popolare e quello aristocratico; il berbero e il germanico. Era cosa quasi obbligatoria che ogni autore avverso all’aristocrazia, alla chiesa, e alla monarchia incorporasse nel suo repertorio frasi come questa “Era meglio che la Monarchia spagnola, invece di estenuare la Spagna nell’impresa americana, avesse mirato alla nostra espansione naturale, quella africana.”
E così, persa la partita prima in Europa, poi in America. quale compito di valore universale avrebbe potuto addurre la Spagna dominatrice – Monarchia, Chiesa, aristocrazia – per conservare la sua situazione di privilegio? La mancanza dì giustificazione storica causava la dimissione da ogni funzione direttiva, i suoi vantaggi economici e politici rimanevano come puri abusi. D’altra parte, con il venir meno di ogni impegno, le classi dirigenti avevano perso forza e risolutezza, anche per la propria difesa. Si può osservare una serie di fenomeni simili nel culmine della decadenza della monarchia visigota. Così la forza latente, non ancora estinta, della popolazione berbera sottomessa, intraprendeva apertamente la sua rivincita.
a la produzione letteraria spagnola degli ultimi cento anni. In qualsiasi scrittore di sinistra è presente un gusto morboso di demolire, tanto persistente e tanto pieno di fastidio che non può essere alimentato che da una animosità personale da appartenente a una casta umiliata. La Monarchia, la Chiesa, l’aristocrazia, l’esercito danno sui nervi agli intellettuali di sinistra, di una sinistra che a questi effetti incomincia già dalla destra. Non è che sottopongano quelle istituzioni a una critica; è che, di fronte ad esse li prende una inquietudine ancestrale come quelle che prende i gitani quando si nomina la “bicha”(vipera?). In fondo si tratta di manifestazioni dello stesso richiamo del sangue berbero. Quello che, inconsciamente, loro odiano, non è il fallimento delle istituzioni che essi denigrano ma l’antico trionfo di queste, il trionfo su loro stessi sopra coloro che odiano tali istituzioni. Sono i berberi vinti che non perdonano ai vincitori – cattolici, Germanici -di essere stati i portatori dei valori europei,
è il substrato di ogni civiltà occidentale.”(Pino Rauti “ Le Idee che mossero il Mondo” Centro Editoriale Nazionale, Roma, 1966 pag. 12) C.D. Darlington “in “ L’Evoluzione dell’Uomo e della Società”(Longanesi, Milano, 1969) riporta a pag. 170 l’opinione del famoso archeologo Gordon Childe secondo il quale gli ariani “appaiono dappertutto i promotori del vero progresso, e in Europa la loro espansione indica il momento in cui la preistoria del nostro continente incomincia a divergere da quella dell’Africa o del Pacifico.” Parrebbe lecito fantasticare su una “lotta finale”che, se vittoriosa, vedrebbe la cacciata di masse di alieni dal nostro continente e l’instaurazione del dominio di elementi rimasti europei al di sopra di masse informi ormai meticciate nel corpo, nell’anima e nello spirito e il modello non potrebbe essere che quello di Sparta. La prospettiva di uno scontro finale, invece di essere costretti ad assistere impotenti, alla trasformazione del pianeta in un immondezzaio infestato da una putrescente massa di bastardi, senza razza, senza patria e senza fede potrebbe apparire seducente, anche se esso dovesse concludersi negativamente. Se non altro ad alcuni sarebbe data la possibilità di finire “in bellezza” facendo proprio l’immortale grido di F. Solano Lopez “Muero con my Patria”. E oggi la nostra Patria è la nostra Razza. (10)
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