;spezzando l’asfalto dell’idealismo con il martello pneumatico del realismo>, dall’altra essa è la città definitivamente sedata, il <luogo di sensazioni deboli e rilassate>, il trionfo di una <terribile quiete>, che si compie <tramite l’evacuazione della sfera pubblica>…”
sapevano niente di te, tranne chi eri, (…scegliete Voi), con il sorrriso amaro di aver, da decenni, appunto, dovuto vedere ogni cosa trasformarsi per rimanere uguale, inno contro la noia (versus ordine-misura/disordine-dismisura), – peccato laico (e loico) per eccellenza ed a cui le masse oggi debbono fuggire più della peste… le discoteche di plastica… le code in autostrada… le incongrue insegne, anche le più prevedibili e provinciali, tramutarsi da povere/immediate a sgargianti/cialtrone… ed il proliferare inarrestabile dappertutto e su tutto degli stupidi intelligenti che per decenni avevano ironizzato sul colonialismo diretto,che supportano e sopportano, con un ghigno scollacciato e risibile alla Salone Kitty, (con il visivo/letterario culto paranoico dell’atroce, che è tipico di una cultura pantofolaia), un’indiretta induzione coloniale ben più invasiva e pervasiva… (ma, si conferma, mitridatizzata, anche l’altra).
rescita dell’umanità sia esponenziale implica che il passato ad un certo punto diventi troppo ‘piccolo’ per essere abitato e condiviso da chi è vivo. Noi stessi lo esauriamo. Nella misura in cui la storia si sedimenta nell’architettura, l’attuale quantità umana inevitabilmente esploderà e consumerà la sostanza precedente. L’identità concepita come questo modo di condividere il passato è un’affermazione perdente: non solo in un modello stabile di continua espansione demografica c’è proporzionalmente sempre meno da condividere, ma la storia stessa possiede un’emivita odiosa: più se ne abusa meno si fa significativa, finché i suoi vantaggi depauperati diventano dannosi.” (9)
smentita non appena l’ingegno umano riuscirà a sovvertire le norme sinora accettate. (E la scienza è davvero la nostra ultima avventura, il nostro ultimo grande racconto, che porta in sé incubi e sogni, l’unico capace di combinare insieme poesia, azione, utopia.)”. P. B., cit., pag. 185.