13 Aprile 2024
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Soluzione finale … per la storia

di Enrico Marino


Pochi sanno che in questi giorni si sta discutendo in tutta fretta e in gran silenzio una legge che vorrebbe mettere nella condizione di non nuocere alcuni soggetti socialmente pericolosi, cioè gli storici cosiddetti “revisionisti”.
Mercoledì 12 dicembre 2012 nella Seduta Pomeridiana n. 367 delle (14,30 – 15,50) la 2ª Commissione permanente (Giustizia) del Senato ha trasferito in sede referente l’esame dell’A.S. 3511 in materia di genocidio, il disegno di legge, secondo quanto si legge nella relazione illustrativa, che si pone l’obiettivo di modificare l’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654 («Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966»), per il contrasto di quelle forme di «negazionismo», cioè negazione o minimizzazione, del fenomeno del genocidio degli Ebrei e di altre minoranze etniche, che costituiscono uno degli aspetti più odiosi delle pratiche razziste.

Tra le novità del provvedimento, si legge nella comunicazione del Senato diffusa sul sito istituzionale, la previsione della reclusione fino a tre anni per chiunque, con comportamenti idonei a turbare l’ordine pubblico o che costituiscano minaccia, offesa o ingiuria, fa apologia, ovvero: “nega o minimizza la realtà dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, e dei crimini definiti dall’articolo 6 dello Statuto del tribunale militare internazionale, allegato all’accordo di Londra dell’8 agosto 1945 (tribunale di Norimberga)”.
Di per se il riferimento normativo già suscita motivate perplessità, se si considera che il citato accordo di Londra del 6 agosto 1945 fu firmato dal governo degli Stati Uniti, che non si fece scrupolo di sganciare due bombe atomiche sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, il 6 e il 9 agosto 1945, che rase al suolo con bombe al fosforo intere città della Germania e che mandò i suoi “Liberartors ” sulle nostre città colpendo scuole e ospedali; e fu parimenti sottoscritto dal governo dell’URSS, responsabile dell’eccidio di Katyn che compiacenti giudici delle nazioni vincitrici addossarono per anni ai Tedeschi.
Ma accantonata ogni pregiudiziale politica, anche un esame esclusivamente logico giuridico suscita non pochi dubbi.
Quindi, il ddl si propone di punire non semplicemente chi “con comportamenti idonei a turbare l’ordine pubblico o che costituiscano minaccia” offende, ingiuria o fa apologia, ma anche chi “minimizza” o “nega”.
Sono ormai circa sessant’anni che ci ossessionano col racconto di una guerra combattuta per la “libertà” e di una democrazia intesa come il migliore sistema possibile per garantirla, anche se nessuno di noi ha mai creduto nel demagogico culto della libertà né, tanto meno, nella “neutralità ideologica” delle istituzioni democratiche, dal momento che ogni sintesi politica si fonda su una Weltanschauung e lo stesso Stato liberal-democratico contemporaneo si fonda su una serie di convinzioni per nulla neutrali.
Un lungo elenco di assunti ideologici vengono imposti nelle odierne costituzioni europee e la così detta “laicità” delle istituzioni non è affatto un segnale di neutralità ideologica, ma nelle sue conseguenze ultime rappresenta un preciso traguardo verso cui puntano i fautori di un relativismo assoluto morale e sociale, che propugnano a loro modo una società radicale nelle sue scelte e nelle sue condotte aliene a ogni ordine superiore, metafisico e trascendente.
Ogni potere politico, nell’esercizio della sua funzione, si muove perciò secondo una serie di opinioni che ne informano le azioni e individua opinioni “socialmente pericolose” da stroncare sul nascere.
Ma la nostra Costituzione (secondo una recentissima trasmissione televisiva) sarebbe addirittura “la più bella del mondo” e agli articoli 9 e 21 promuove la cultura e tutela la libertà di pensiero e allora come potrebbe subire il condizionamento e la restrizione di fondamentali spazi di libertà che verrebbero imposti dalla previsione normativa in esame?
Infatti, cosa s’intende per minimizzare? Negare? In quale senso? Quanto? Fino a che punto? Dal punto di vista storiografico un testo del genere non meriterebbe nemmeno un rigo di commento.
Gli storici dovrebbero iniziare a far ricerca sulle gazzette ufficiali o tra gli atti parlamentari e non più tra i documenti d’archivio? Diventerebbe obbligatorio tenere conto esclusivamente delle sentenze dei tribunali militari e non più delle memorie dei testimoni degli ev
enti passati?
Alla luce delle innovazioni prospettate, sarebbero perseguibili anche quegli storici “non revisionisti” (o mainstream) che riportano nei loro studi cifre poco più basse di quelle ufficialmente accettate per legge e la cosiddetta “minimizzazione” implicherebbe anche una responsabilità penale per chi operi l’analisi dei fatti precedenti o relativi alla Seconda Guerra Mondiale e alle sue cause scatenanti e/o a questa collegate (si pensi alle dichiarazioni sioniste sulle opportunità offerte dall’antisemitismo per la costruzione dello Stato ebraico).
Inoltre, l’immodificabilità pubblica di una serie di avvenimenti storici significherebbe imporre la fine di ogni ricerca e la deliberazione definitiva che tutta la documentazione da visionare è stata esaurita.
Si conferirebbe con ciò a un tribunale il carattere di supremo garante accademico dell’analisi storica prodotta, con risultati dal punto di vista scientifico e culturale, a dir poco, grotteschi.
Sorgono spontanee alcune domande sul perché quest’attenzione del Parlamento italiano sia ossessivamente rivolta solo verso un determinato gruppo etnico e non anche a quegli altri italiani che furono assassinati e infoibati alla fine del conflitto e sul perché chi pretende questa legge sia così terrorizzato dalla ricerca storica.
Evidentemente, chi sentiva la necessità e l’urgenza di impegnare il Parlamento per varare queste riforme era convinto che, specie nell’attuale periodo di crisi, i problemi veri del Paese fossero questi oppure che, proprio in ragione della crisi, l’attenzione dei più fosse sviata e meno pronta a cogliere le insidie della riforma prospettata.
Non è irragionevole pensare che nel quadro di un dominio anodino e planetario, ogni dissenso debba essere messo a tacere, ogni forma di reazione debba essere sedata e il controllo debba essere esteso dall’economia alla storia imponendo regole e divieti anche là dove l’innovazione, il dubbio, l’analisi e la verifica dovrebbero essere invece la normalità. Imporre a una scienza una verità assoluta per legge è quanto di più assurdo, illiberale e stupido si possa immaginare di perseguire.
Eppure, seguendo certi indirizzi, dalla locuzione ciceroniana che vorrebbe la storia come “magistra vitae” si rischia di scivolare verso la magistratura come tutrice della storia.

Enrico Marino

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