11 Aprile 2024
Politica

Ribaltare la prospettiva – Enrico Marino

Dopo i fatti di Macerata, Mattarella è intervenuto per affermare che “l’Italia ha bisogno di sentirsi comunità di vita in cui tutti siamo legati da una sorte comune, in cui si vive insieme agli altri senza diffidenza”. Siamo abituati alle facce toste della politica, ma francamente sentire questo presidente parlare di “comunità” risulta oltremodo stravagante e fastidioso. Tanto spettrale quanto divisivo, tutte le volte che s’è pronunciato, Mattarella s’è sempre proposto come un uomo di parte, schierato ideologicamente e politicamente a sinistra, su posizioni talmente settarie da risultare decisamente fuorvianti e propagandistiche, com’è avvenuto con le sue recenti dichiarazioni sul fascismo apparse tanto faziose quanto storicamente fasulle e politicamente intolleranti. Perciò, è ancora più risibile e ipocrita questo suo appello alla comunità nazionale quando sono proprio personaggi come lui che, da oltre settanta anni, spargono a piene mani nel Paese i germi del rancore, della sopraffazione, dell’intolleranza e della falsità. Non ci può essere nessun legame e nessun vincolo comunitario fra noi e loro, né fra loro e la maggioranza del popolo italiano che, specialmente negli ultimi tempi, ha subito un vero e proprio processo di spoliazione economica, sociale, morale e identitaria ad opera di questo sistema.

Non può esservi comunità di destino con chi ha costruito le sue fortune politiche proprio sulla negazione e la divisione della coscienza e della comunità nazionali, con chi, dalla morte della Patria fino all’odierno tentativo di snazionalizzazione del popolo italiano, ha sempre esercitato cinicamente il potere in un’ottica di parte, per egemonizzare e manipolare la cultura, la storia, la memoria e l’educazione della Nazione.

Anzi, più passa il tempo più questo establishment si compatta dietro un rancido antifascismo, strumentale e fuori tempo, per mascherare i fallimentari esiti di oltre mezzo secolo di politiche scellerate. Non a caso nel 2018, nell’era del digitale, dell’informatica e dell’esplosione di un nuovo progresso scientifico e tecnologico, in Italia ancora si muore su un treno di pendolari a causa di linee ferroviarie antiquate o in una fabbrica per l’assenza di misure di sicurezza; in un cantiere senza tutele o in una corsia d’ospedale o per il mancato arrivo di un’ambulanza; si muore per frane e alluvioni dovute al degrado ambientale o in una scuola priva di una struttura antisismica; per il fallimento di un’azienda e la disoccupazione o per la violenza di un immigrato clandestino.

Grazie alla foia ideologica del mainstream politico mediatico, abbiamo un potere che si accanisce sul popolo italiano, ma che favorisce in ogni modo l’invasione del Paese da parte di masse di irregolari africani in cerca di facile fortuna e di comodità. Viviamo il paradosso di battaglie, in nome del politicamente corretto, per l’eliminazione della parola “razza” dalla Costituzione, ma vediamo la stessa Costituzione disapplicata e negata nei suoi fondamentali articoli che riguardano la libertà di pensiero e di associazione, la tutela dei cittadini e la garanzia del diritto al lavoro. Abbiamo uno Stato che è tollerante con i crimini degli immigrati, che crea le condizioni di disagio e di frustrazione tra gli italiani, ma che usa il pugno di ferro contro chi reagisce per disperazione a quel degrado accusandolo immediatamente, senza attenuanti, di terrorismo e xenofobia. E’ accaduto a Macerata, può accadere nuovamente ovunque. Perché ovunque assistiamo alla discriminazione attuata dalle Istituzioni nei confronti degli italiani in forme e modalità spregevoli. Nel comune marchigiano, ad esempio, il ministro della Giustizia, il comunista Orlando, s’è precipitato a visitare i negri feriti dagli spari, ma non la madre di Pamela, la ragazza squartata dal clandestino nigeriano, il crimine che ha causato la reazione del giovane italiano Luca Traini. Ovunque assistiamo a forme di prevaricazione nei confronti degli italiani, con i clandestini ospitati in strutture alberghiere, con cooperative che assumono solo stranieri, con agevolazioni sulle tariffe telefoniche solo per gli immigrati, con concorsi e opportunità riservate solo agli irregolari. Ci ritroviamo con oltre 800mila clandestini, che non sappiamo espellere e che quest’anno ci costeranno oltre 5 miliardi di euro, ma abbiamo pensionati alla fame, 10 milioni di italiani poveri, milioni di disoccupati e altri milioni di giovani sfruttati con contratti precari, privi di qualunque diritto e costretti a espatriare. E dobbiamo ascoltare le sirene del PD che, con stomachevole impudenza, si attribuiscono addirittura il merito di aver posto un freno all’immigrazione selvaggia, cosa peraltro non vera, quando i responsabili di quella stessa immigrazione sono loro che, per anni, l’hanno favorita, arrivando al punto di accettare lo sbarco di tutti i clandestini sul nostro territorio, in cambio di una maggiore flessibilità della UE sulla crescita del nostro debito pubblico e la possibilità di utilizzare i fondi degli aiuti europei come mance elettorali.

Il disgusto che suscitano questi politici è il segnale più evidente della differenza antropologica che esiste tra loro e noi e della inconciliabilità assoluta della nostra visione del mondo con la loro.

Non abbiamo, né vogliamo avere, nulla a che spartire con questa genia che ha inquinato e reso putride tutte le istituzioni del Paese, dalla politica alla amministrazione pubblica fino alla magistratura. Noi e loro siamo entità antitetiche e irriducibili.

Per questo occorre controbattere alle falsità della loro propaganda con l’intransigenza delle nostre posizioni, adottando e imponendo un totale mutamento di prospettiva nell’affrontare ogni problema.

Se è vero, com’è vero, che settant’anni di liturgie antifasciste, di medagliette dell’Anpi e di giornate della memoria non sono servite a estirpare il fascismo, non è perché il “mostro” fascista risorge quando arretra la democrazia, ma perché agli ideali sociali e nazionali fanno appello i popoli vessati da anni di politiche criminali, di progetti disumanizzanti, di distruzione di ogni valore, di irrisione della legalità, di corruzione diffusa, di demolizione dello stato sociale, di deformazione della famiglia naturale, di alterazione razziale, di svilimento della Nazione e di indegna soggezione alle altrui politiche internazionali.

Se è vero, com’è vero, che i movimenti identitari e patriottici rinascono e si affermano nelle periferie abbandonate del Paese, non è perché è venuta meno la sinistra a una “sua naturale missione”, ma perché il fascismo ha sempre espresso valori sociali e popolari, perché la partecipazione è più comunitaria e più nobile della lotta di classe, perché la sinistra non ha alcuna esclusività nel campo sociale, perché la sua presenza in mezzo ai diseredati ha sempre assunto connotati esclusivamente sovversivi, perché l’intellighenzia progressista ha sempre pronunciato parole in libertà e s’è compiaciuta di sofismi intellettuali lontani dal popolo e dalle sue reali necessità.

Se è vero, com’è vero, che si diffonde una reazione contraria all’immigrazione, non è perché gli italiani oggi ragionano in termini di superiorità e di inferiorità etnica, ma perché sono resi esausti da una propaganda bugiarda e accogliente che mira allo stravolgimento sociale e razziale del Paese. Non saranno certo le leggi a cambiare la realtà delle cose né le ideologie a smentire l’esistenza in natura delle razze, ma soprattutto non saranno le ipocrisie della sinistra a confondere ulteriormente le carte in tavola sul problema della immigrazione. Oggi gli esponenti della sinistra gettano la maschera e, dopo aver consentito per anni l’ingresso di clandestini, dichiarano l’impossibilità di espellerli, di fermare l’immigrazione e la necessità di integrare tutti gli irregolari. Non è vero. L’immigrazione si può fermare con il blocco navale, col collegamento operativo della nostra marina con le motovedette libiche, con l’emarginazione delle Ong, con le pressioni economiche sui Paesi di provenienza dei clandestini, Paesi che hanno precisi accordi commerciali e ricevono aiuti dall’UE. Gli africani vanno aiutati in Africa, ma prima va chiarito che devono restare nelle loro terre.

Quanto agli irregolari già sbarcati in Italia, vale quanto già detto circa gli accordi internazionali ed economici. Addirittura gli stranieri, in assenza di accordi coi Paesi d’origine, possono essere ricollocati presso altri Paesi. I clandestini africani entrati illegalmente in Israele, che dovranno lasciare il Paese entro tre mesi, o rischieranno l’arresto, pur essendo provenienti da Sudan ed Eritrea dovranno partire “per il loro Paese o un Paese terzo”, ovvero il Ruanda con il quale è stato stretto uno specifico accordo. In base all’intesa i migranti potranno essere espulsi nel Paese africano anche senza il loro consenso. Chi partirà entro la fine di marzo otterrà un contributo di 3500 dollari e non dovrà pagare il biglietto aereo. Il provvedimento rientra nell’impegno a far partire da Israele circa 42mila migranti africani entrati illegalmente prima che fosse costruito un muro lungo il confine con l’Egitto. A queste condizioni gli 800mila clandestini presenti nel nostro Paese potrebbero essere ricollocati in Africa con una spesa 2.800milioni di dollari, invece di pesare sul nostro bilancio per oltre 5miliardi di euro. Se queste politiche sono adottate da Israele, Paese simbolo dei nostri antifascisti, tanto più potrebbero essere adottate da noi senza alcun timore di poter essere accusati di razzismo.

Non occorre aggiungere altro per affermare ancora di più la distanza tra noi e questa sinistra indecente, che da troppo tempo occupa il potere, che ha perduto ogni contatto con la realtà e che invece di occuparsi delle richieste di tutela che provengono da larga parte della società e dalle fasce più umili del popolo italiano ha preferito fare propaganda contro i simboli e i monumenti del Ventennio. Chi semina vento, raccoglie tempesta. Sarebbe ora che una tempesta nazional popolare spazzasse via i miasmi di questi grotteschi e squallidi antifascisti.

Enrico Marino

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