11 Maggio 2024
Storia

Oreste Abate, un missino dimenticato – Pietro Cappellari

Nelle prime ore del 1° Ottobre 1950 veniva aggredito a Ciliverghe di Mazzano, in provincia di Brescia, il missino Oreste Abate.

Oreste Angelo Stefano Abate, questo il suo nome completo, era nato in questa piccola frazione il 18 Ottobre 1909. Fascista, combattente della RSI, imprigionato nel campo di concentramento di Coltano (Pisa), ritornato a casa era stato oggetto di continue discriminazioni, tanto che nessuno voleva assumerlo. Costretto a condizioni di indigenza, aveva trovato nel costituendo MSI una comunità d’amore e d’affetti.

Entrato nel mirino degli antifascisti per la sua fede politica mai rinnegata, aveva già subito una prima aggressione. La notte del 1° Ottobre 1950, come abbiamo detto, cadde in un agguato.

Il missino Oreste Abate. Si noti all’occhiello il distintivo del PNF

Tutto era nato poche ore prima, il 30 Settembre, intorno alle 22:00, quando Abate aveva avuto un acceso diverbio con tale Orlando Tellaroli, militante del PCI di 19 anni, durante una partita a morra (gioco vietato) nell’osteria Piovanelli, in Via Conciliazione, a Ciliverghe.

Abate, che stava vincendo, aveva scherzosamente preso in giro il giovane comunista che, per tutta risposta, reagì brandendo una sedia e scagliandosi contro l’avversario. Solo l’intervento di alcuni avventori aveva evitato il peggio. Stante la pioggia, i due rimasero nel locale fino alle 2:00 del mattino.

Tellaroli, però, non si era sentito soddisfatto della conclusione della lite, tanto che era stato avvistato nei pressi dell’abitazione del missino per chiudere, con spirito tutt’altro che pacifico, la discussione.

La moglie di Abate, Amabile Bonini, venuta a conoscenza di quanto stava accadendo proprio dalla voce del giovane comunista che sostava nei pressi della sua abitazione, corse con degli amici a cercare il marito che, rientrato a tarda ora a casa, era di nuovo uscito.

La donna riuscì a convincerlo a tornare immediatamente a casa e a non far degenerare la situazione. Tuttavia, appena giunto nei pressi della sua abitazione, il missino venne aggredito alle spalle, di sorpresa, dal Tellaroli che, presa una grossa pietra, gli fracassò il cranio (la squamma del temporale e dell’occipitale destri).

Tuttavia, la ferita parve non grave. Abate, dopo un attimo di sbandamento, parve riprendersi e venne portato a casa e messo a letto. Solo verso le 11:00 del mattino fu chiara la situazione di estrema gravità in cui versava il missino. Subito soccorso, Abate venne portato d’urgenza all’ospedale civile di Brescia, in Via Moretto n. 44. Morì dopo due giorni di agonia. Erano le 20:20 del 3 Ottobre 1950. Lasciava nell’indigenza una moglie e tre figli in tenerissima età.

I Carabinieri arrestarono la sera stessa dell’aggressione il giovane comunista, ma la stampa cercò di depotenziare il fatto, confinandolo in articoli di cronaca secondaria (cfr. Assassinato dai comunisti un iscritto al MSI, “Lotta Politica”, a. II, n. 42, 21 Ottobre 1950).

L’omicidio fu subito derubricato da volontario a preterintenzionale, in quanto, secondo i Giudici, non vi fu nel Tellaroli volontà omicida. Venne altresì esclusa la motivazione politica, essendo i due, comunque, stati visti giocare insieme amichevolmente, prima dello scoppio della lite.

L’8 Marzo 1951, il giovane comunista fu condannato a 10 anni di reclusione (di cui tre anni saranno poi condonati dall’amnistia e l’indulto stabiliti con il DPR n. 922 del 19 Dicembre 1953).

Sebbene il delitto non fu politico, l’eco della morte di Abate scosse le coscienze di molti fascisti bresciani che, fino ad allora, avevano esitato a schierarsi per timore di ritorsioni contro di loro e, soprattutto, le loro famiglie. Questo ennesimo atto di violenza contro un missino, sebbene nato in un contesto non politico, fu la classica goccia che fece traboccare il vaso: dopo il tragico evento, i fascisti della zona decisero di passare all’azione e costituire ovunque fosse possibile Sezioni del MSI, “casa comune” per difendersi dall’offensiva antifascista in atto (cfr. A. Baldoni, La Destra in Italia 1945-1969, Pantheon, 2000).

Ad oltre cinque anni dalla fine della guerra, il clima stava finalmente cambiando e all’orizzonte v’erano i primi grandi successi del Movimento Sociale Italiano che, almeno fino al 1960, misero all’angolo l’antifascismo comunista.

 

Pietro Cappellari

(“L’Ultima Crociata”, a. LXXII, n. 7, Novembre 2022)

 

 

 

1 Comment

  • Roberto mancini 25 Novembre 2022

    Questa è la storia che il sistema del pensiero unico ha deliberatamente dimenticato, un oblio che in questo caso dura da più di 70 anni. L amico Pietro la ricorda con il suo articolo a tutti quegli italiani che sanno che senza memoria non ci potrà essere futuro per il nostro popolo

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