28 Aprile 2024
Economia

 Le grandi manovre – Umberto Bianchi

Mai come stavolta, il Bel Paese si è trovato al centro delle attenzioni mediatiche internazionali. Ma stavolta non per vicende mafiose o di corruttele varie, né per strabilianti gesta calcistiche ma, guarda caso, per una certa manovra economica che sta mettendo in agitazione i piani alti di Bruxelles ( e non solo!). Appena si è parlato di fine dell’austerity, di politiche economiche espansive, di differente ristrutturazione di aziende come Alitalia ( con un aiutino pubblico attraverso la partnership con Ferrovie…), di freno all’invasione migratoria, alto si è levato il coretto delle prefiche del politically correct, stavolta supportato da un robusto apporto di coreuti, tutti, guarda un po’, rappresentati dalle varie istituzioni economiche e finanziarie internazionali.

A partire dalla scontata alzata di scudi della solita Commissione Europea con i vari Juncker e Moscovici, passando attraverso alcune arcinote Agenzie di rating, sino, manco a dirlo, al Fondo Monetario Internazionale e dalla sua Lady di Ferro Christine Lagard, nessuno ha risparmiato serrate critiche e lazzi all’italica manovra.

Il fatto è che, senza tante storie ed al di là delle varie sfumature ideologiche dei protagonisti di questa nuova stagione di governo, questa è la prima manovra economica “al rialzo”, almeno nelle intenzioni e nel suo presentarsi alle Camere, dopo decenni di traballanti ammiccamenti, promesse non mantenute e masochistici allineamenti alle disposizioni dei vari Poteri Forti. Il tutto condito da, neanche tanto, velate minacce e pressioni psicologiche, per cui il nostro governo vorrebbe portar fuori l’Italia dall’Euro e/o distruggere la Comunità Europea (magari!), con tanto infinito nocumento e dolore per tutti i poveri cittadini delle varie nazioni d’Europa. Se, da una parte, la cosa dovrebbe esser interpretata quale comico e disperato tentativo di mantenere in piedi una situazione che in piedi, oramai, non sta più, dall’altra, invece, è sintomatica di uno stato di fatto molto più grave di quel che può sembrare e su cui occorre, giuocoforza, appuntare la nostra riflessione.

Quello di democrazia, oggidì in Europa, sembra esser un concetto dotato di una eccessiva elasticità. Si gode della patente di “democratico” o “sinceramente” tale, solo a patto di condividere in toto i parametri ideologici del “politically correct”. Non appena si professa qualcosa che esce dal seminato, immediati scattano ostracismo ed interdizioni morali per coloro che tanto hanno osato. Ostracismi ed interdizioni che, tanto per esser chiari, non rimangono quasi mai confinati sul piano teorico, ma trovano, invece, concreta attuazione in strategie volte a destabilizzare, sabotare ed isolare quei paesi che in qualche modo,“sgarrano” dalle linee guida globaliste.

E, proprio tornando ai fatti di casa nostra, ecco che certe famigerate Agenzie di “rating”, vengono a cianciare di “inaffidabilità” del debito italiano. Proprio loro che, agli inizi della ultima, famigerata, crisi finanziaria globale, garantivano ai quattro venti l’affidabilità di una J. P. Morgan, i cui dipendenti, nel frattempo, si trovavano costretti a fare i bagagli a causa della crisi che aveva investito la loro tanto decantata e blasonata azienda…Ricatti, minacce, amplificazione mediatica di irrazionali paure ed insicurezze per mobilitare l’opinione pubblica, in un crescendo che non esclude l’uso della forza, sia tramite l’arma del ricatto giudiziario, sia arrivando a gesti eclatanti, come nell’ “affaire” Mattei.

Certo, l’attuale coalizione di governo, di sicuro non rappresenta la perfezione in terra. Ancora si possono riscontrare posizioni ondivaghe, come la recente vicenda della “manomissione” del testo sulla pace fiscale o le posizioni non proprio collimanti su temi come l’immigrazione o i vaccini, ma, tant’è…In poco tempo è già stato fatto moltissimo. In tema di economia decisivi segnali tutti in controtendenza rispetto a quelle coordinate dettate dalla Ue ( e dai soliti, immarcescenti, Poteri Forti, sic!) hanno gettato scompiglio e timore tra coloro che hanno impunemente creduto di andare avanti con un andazzo, tutto a detrimento dei cittadini italiani e della comunità europea.

Il fatto è che, sinora, nessuno sembra aver voluto prender atto di due decisivi elementi,quasi sottaciuti nel nome di una forma di rancoroso e risentito pudore. Il primo è l’innegabile constatazione del manifesto fallimento della sinistra mondiale e dell’intero suo portato ideologico “progressista”, passato da un codino asservimento al dogmatismo marxista-leninista, alla “doxa” di un relativistico individualismo, tutto imperniato su quanto mai vaghi ed aleatori “diritti”.

Dal pensiero “forte” al pensiero “debole” “liquido”, agganciato a tutto un portato di scelte politiche che hanno via via, allontanato la sinistra dai reali interessi della gente, tutte quelle istanze alla base della grande spinta propulsiva del ’17, sono state contraddette, imbrigliate ed introiettate nel paradosso ontologico della Modernità, andando a perdere di senso, con il risultato di un clamoroso fallimento. In Italia in due decenni di di governi “spot” a guida progressista (Prodi, D’alema, Prodi, Letta, Renzi, Gentiloni…) la sinistra ha portato il nostro Paese sull’orlo della bancarotta economica e morale. Fiscalismo, burocratismo, asservimento totale ai desiderata dell’Alta Finanza, apertura senza limiti all’ingresso di turme di allogeni e di sradicati provenienti da ogni parte del mondo, con un disastroso impatto sul benessere e sicurezza degli italiani, costretti a pagare di tasca propria il mantenimento di questo sistema.

La sinistra occidentale si è oramai fatta portabandiera di un’elitaria utopia, che vede nella realizzazione di una società burocratica, turbocapitalista e multirazziale, il cui perfetto paradigma ideologico è perfettamente rappresentato da quel tanto auspicato “Impero” di negriana memoria, la perfetta realizzazione di quella Gerusalemme in terra, la tappa finale di un lungo percorso ideologico fatto di speranze, aspirazioni ed utopie che andrebbero a coniugarsi ed integrarsi perfettamente con quel neoliberismo conservatore che, della sinistra progressista rappresenta la logica e funzionale controparte interlocutoria.

E qui veniamo al secondo assunto, rappresentato dal fallimento del liberismo. Gli anni ’90, con la dissoluzione del blocco sovietico marxista, avevano assistito al sorgere a quella vera e propria “distopia” rappresentata dagli scritti di Francis Fukuyama. Fine della Storia, come fine della politica e del divenire storico, sostituito dalle interazioni competitive tra blocchi economici, realizzantisi al fine di soddisfare le materialistiche istanze di un individuo ed una società sempre più atomizzati e, perciò stesso, condizionati da un’economia volubile ed eterea come i desideri di quelle masse individualizzate che ad essa aspirano…

Ma dietro a tale idilliaco quadretto sta l’incontrollato ed illimitato desiderio di umana sopraffazione. Forti contro deboli. Grandi holding contro piccole imprese. Finanza contro produzione. Banche contro consumatori. Valuta virtuale contro umano manufatto. Pochi ricchi e molti, troppi poveri, sfruttati. La reazione oligarchica e turbo capitalista che si incarna nella Sinistra progressista e le aspirazioni alla difesa dei più deboli ed alla soddisfazione delle esigenze materiali di una collettività che si incarnano nella Destra.

Ed ecco il Populismo. Una fase di transizione che, come la Storia ci ha insegnato, precede o succede a grandi narrazioni ideologiche delle quali raccoglie l’eredità o alle quali spiana la strada. Ma che sia giallo-verde o rosso-bruna o di qualsiasi altra tipologia, quella di adesso, non è solamente una fase di transizione fine a sé stessa, ma il chiaro, ineludibile segnale, che qualcosa è cambiato e sta cambiando nelle menti degli italiani e degli europei. Non capire o far finta di non capire, è stupido e dannoso. Sinistra e Destra, utopia progressista e liberismo conservatore, hanno perduto la loro grande scommessa. La loro tanto agognata Gerusalemme Celeste, la loro Utopia in terra, è fallita. In Europa e nel mondo, è tutto un risorgere di istanze (confuse ed ondivaghe quanto si vuole…sic!) volte a dar corpo al senso di rivalsa delle genti contro le prepotenze e le sopraffazioni delle oligarchie finanziarie e dei loro scherani. Inutile negarlo, inutile finger di nulla: stanno perdendo terreno di fronte alla Storia ed ai popoli che si sono rimessi in moto, con buona pace per chi vorrebbe, invece, dietro il dolciastro sapore del solidarismo e dei “diritti”, propinarci una cimiteriale “fine della Storia”.

UMBERTO BIANCHI

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