17 Luglio 2024
Crisi Ucraina

L’arma segreta della Nato – Umberto Bianchi

È oramai cosa risaputa, che le guerre si vincono anche a colpi di propaganda. Un fenomeno questo, che con la massiccia diffusione delle tecnologie legate all’informazione, ha oggi assurto a vero e proprio paradigma. Ed il caso del conflitto in Ucraina, sta lì a dimostrarcelo. Mai come in questo frangente, i media “embedded”, hanno saputo distorcere ed orientare tutte a favore di una certa narrazione, le vicende legate a questo evento. Che le guerre non siano mai una cosa, né bella né edificante, è fatto risaputo. Ma è anche vero che, la Federazione Russa di Vladimir Putin, si è praticamente trovata costretta, nel vero senso della parola, a procedere “manu militari” nei riguardi dell’Ucraina di Volodimyr Zelenskij.

Il solo fatto di paventare l’ingresso dii questa nazione nella Nato, significava porre le basi concrete, per un decisivo e micidiale accerchiamento della Federazione Russa da parte delle forze del Patto Atlantico, a partire proprio da un territorio, quale quello ucraino per l’appunto, che da sempre ha rappresentato, sin dai tempi dell’invasione napoleonica e del successivo attacco tedesco dell’ultimo conflitto mondiale, un vero e proprio comodo varco d’ingresso per il grande paese. E già da qui, il “mainstream” ha iniziato a distorcere gli eventi, narrando dei vani tentativi di trattativa che, sino all’ultimo, sarebbero stati esperiti dalla presidenza ucraina di Zelenskij, per giungere ad un accordo con i “cattivacci” russi, evidentemente dimenticando l’ambivalente atteggiamento di quest’ultimo.

Un modus operandi da piccolo giocatore delle “tre carte”, da una parte chiedendo la trattativa, salvo rimanere, sino all’ultimo, fermo sul proposito di voler entrare a far parte della Nato. Con la famosa “rivoluzione arancione” del 2014 e con i fatti di Piazza Maidan, con la fine traumatica della presidenza neutralista di Janukovic, l’Ucraina assumerà una sempre maggior connotazione filo atlantista. Non solo. Il non aver voluto riconoscere, come invece previsto dagli accordi di Mnsk del 2014, il risultato del referendum, con cui le popolazioni russofone del Donbass decidevano sulla propria indipendenza da Kiev e l’aver voluto, contro costoro, scatenare una feroce guerra che ha sinora provocato tra i 14.000 ed i 18.000 morti, ce la dovrebbe dir lunga.

Ancor più lunga, ce la dovrebbe dire il fatto che, di tale feroce conflitto in Occidente non si è parlato, se non sporadicamente. Le solite Vestali del buonismo e del “politically correct”, con tutta le loro coorti di buonisti d’accatto, non hanno levato una voce per l’occasione, anzi. E questo perché, i poteri forti del Globalismo che, negli Usa e nella Nato hanno il proprio braccio operativo, hanno necessità di fare dell’Ucraina la propria rampa di lancio puntata verso quella Federazione Russa, rimasta l’ultimo ostacolo continentale all’incontrastato dominio Usa sullo scacchiere eurasiatico. L’intervento russo in Ucraina assume, pertanto, la valenza di un tentativo di coprire preventivamente il proprio fianco ovest, ponendo una ulteriore distanza tra di sé e lo stato ucraino, proprio attraverso la presenza delle repubbliche separatiste russofone.

In tal modo, si terrebbero a distanza le mire espansionistiche della Nato e si sarebbe, nel contempo, posto fine al sin troppo lungo e destabilizzante stillicidio bellico del Donbass. Di fronte a questo scenario, il Globalismo Atlantista attraverso i media “embedded”, ha messo su una formidabile macchina da guerra, consistente, non tanto nella fornitura di armamenti all’Ucraina, quanto in un continuo e martellante “battage” pubblicitario, volto a distorcere la realtà, accusando le truppe della Federazione Russa, dei peggiori crimini contro la popolazione civile, dando inoltre del conflitto, l’idea quanto mai falsa, di un conflitto tra un eroico governo e le sue forze armate, in lotta per difendere l’indipendenza di una nazione, occupata da un feroce occupante.

Da notare che, contrariamente a quanto avveniva in precedenti conflitti, quasi tutte le immagini e le dirette sono di repertorio e quasi sempre, da parte degli ufficiali delle forze armate ucraine, viene ai giornalisti negato l’accesso alle prime linee. Tra l’altro, le stesse immagini dell’esercito ucraino sono cosa rara, dando invece più risalto all’immagine di milizie spontanee, improvvisate da civili o da combattenti stranieri. Il che ci lascia con l’idea di forze armate raffazzonate, per lo più composte da milizie autonome (vedi il famigerato “battaglione Azov”… sic!) e dalla realtà di pochi effettivi.

E tornando alle stragi. Che la guerra non sia una cosa bella e troppo spesso, sia foriera di tragedie e lutti, provocati da tutte le parti in gioco, è cosa altresì risaputa. Ma ora, bisognerebbe anche avere il coraggio di chiedersi, quale interesse potrebbe avere la Federazione Russa, in questo momento, a deteriorare in modo così vistoso la propria immagine. Da parte di non poche voci, si sono levati dubbi sulla paternità o la veridicità di certe stragi. Che si tratti di missili obsoleti, ancora in uso presso le forze armate ucraine o delle molteplici testimonianze sul disinvolto uso, da parte delle truppe ucraine, della popolazione civile a mò di scudi umani o dell’atroce sospetto di massacri appositamente compiuti per addossare al nemico la responsabilità di certi fatti, una cosa è certa.

Mai come in questo conflitto, la propaganda globalista occidentale ha mostrato tanto perfido accanimento, nel distorcere in modo scientifico la realtà dei fatti. Tutto questo, ci lascia intendere la reale natura di questo conflitto, condotto da un governo-fantoccio, attraverso un improvvisato e raffazzonato esercito, per lo più composto da mercenari stranieri, a loro volta armati e riforniti di mezzi militari dalla Nato, la cui vera arma segreta però, è rappresentata da una quanto mai martellante e distorsiva propaganda mediatica. Distorcere, falsificare, nascondere, sono i tre principi cardine su cui si muove tutta la macchina propagandistica, alla bella faccia dei tanto osannati principi di libertà e democrazia.

Ed in tutto questo, il non eletto governo del nostro paese, sta offrendo uno spettacolo di vergognoso ed acritico asservimento ai diktat d’Oltreoceano. Senza oramai alcun freno inibitorio, il non-eletto Presidente Draghi, ha deciso unilateralmente, di inoltrare altri 500 milioni di Euro in armi all’Ucraina, dimentico delle gravi condizioni economiche, in cui versa il nostro paese. Il tutto arricchito dalla continua e suicida erogazione di sanzioni economiche contro coloro, con i quali, abbiamo sempre mantenuto degli ottimi e vantaggiosi rapporti economici. Eppure, proprio a causa delle pessime condizioni economiche del nostro paese, l’Italia avrebbe potuto mantenere un atteggiamento neutrale e non aderire alle sanzioni, come fatto, per esempio, dall’Ungheria di Orban o, esempio ancor più calzante, con gli sforamenti dei tetti di bilancio e delle regole UE, durante l’ “emergenza” pandemica.

Inoltre, non è detto, che il nostro paese non possa mantenere una posizione di maggiore autonomia rispetto alle scelte atlantiste. La nostra posizione geo strategica, il nostro ruolo di co-fondatori della Comunità Europea, ma specialmente, il nostro potenziale economico, ce lo potrebbero tranquillamente permettere. Il tutto, non senza dimenticare che, a settant’anni e passa, dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale, si possa tranquillamente rimettere in discussione l’ordine di Yalta. L’Italia non può rimanere legata alle scelte strategiche degli Stati Uniti, ora più che mai, volte ad affossare le economie europee, per legarle indissolubilmente ai propri interessi.

Al pari del Patto di Varsavia, la Nato è oramai divenuto uno strumento obsoleto, sempre più volto a perseguire mire espansionistiche ed aggressive, il tutto a detrimento dei suoi stessi soci. Finita l’era di Bretton Woods, è iniziata l’era di una finanziarizzazione a tappe forzate, delle economie di mezzo mondo, il tutto a detrimento della produzione di beni reali e del benessere dei popoli. E da qui, appunto, che bisognerebbe ripartire; ovverosia dalla possibilità di conferire al nostro paese quel ruolo di voce critica, in un contesto, quello occidentale odierno, nel quale di una tale voce si sente la mancanza.

Umberto Bianchi

 

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