11 Aprile 2024
Esoterismo Magia

La Porta Magica a Roma – Augusto Vasselli

In Roma, nel giardinetto contenuto dalla Piazza Vittorio Emanuele, addossata ai cosiddetti Trofei di Mario, in realtà il castello di distribuzione dell’Acqua Felice, e fiancheggiata da due Bes, divinità alessandrine della fecondità, dissotterrati nella zona del Quirinale nel 1888, è murato un portale, ovvero una incorniciatura di pietre, sormontato da un disco, che reca simboli e diciture alchimistiche, raro, anzi pressocchè unico, monumento architettonico di natura ermetica presente nel nostro Paese.

Questa Porta, chiamata poi Porta Magica, proviene dal muro di cinta della Villa Palombara, oggi scomparsa, di cui costituiva uno degli ingressi secondari posto a breve distanza dal cancello principale. Nel suo sito originario era allocata a non più di venti metri dall’attuale sistemazione; infatti il muro di cinta della Villa Palombara costituiva, per un tratto, uno dei lati della via di San Vito, che si prolungava sino a passare vicino al cennato castello dell’Acqua Felice.

La porta venne fatta inserire nel muro di cinta della sua villa dal marchese Massimiliano di Palombara nel 1656; la villa stessa era stata acquistata dal padre di questo personaggio, il marchese Oddone di Pietrasanta, nel 1620. Massimiliano di Palombara, uomo coltissimo dai più svariati interessi, fu anche Conservatore, ossia Consigliere Comunale, nel 1651 e nel 1677. La famiglia Palombara si estinse infine nel primo decennio del diciannovesimo secolo, e la villa fu acquistata da diversi personaggi. In seguito alla demolizione del muro di cinta, nel 1873 la porta fu smontata e conservata nei magazzini municipali, per essere poi rimontata poco tempo dopo nel luogo dove si trova attualmente, nella zona in cui anni dopo fu progettata e realizzata l’area urbanistica dell’attuale Piazza Vittorio Emanuele.

Il marchese Massimiliano fu sicuramente un “figlio di Ermete”, ovvero un adepto dell’Alchimia, l’arte mediante la quale si pretendeva di trasmutare i metalli vili in oro, mediante la cosiddetta Pietra Filosofale. La personalità di questo aristocratico, così come le sue ricerche e la stessa esistenza della Porta Magica, sarebbero però inspiegabili a prescindere dei rapporti che il Palombara intrattenne per decenni con la famosa regina Cristina di Svezia e con il suo seguito, un ambiente questo in cui l’arte, od illusione, alchimistica venne tenacemente coltivata.

Cristina Alessandra Wasa nacque nel 1626. Incoronata regina a soli sei anni, regnò sulla Svezia per tre lustri, finché  nel 1654 abdicò, convertitasi dal luteranesimo al cattolicesimo si stabilì in Roma, ove entrò in forma solenne il 20 dicembre 1655, durante il pontificato di Alessandro VII. Alloggiò dapprima in Palazzo Farnese poi in altre sedi. La bella e coltissima ex-regina raccolse attorno a se una corte composita, dove accanto a letterati, poeti, scienziati ed eruditi di gran valore, si notavano maghi, alchimisti, avventurieri e ciarlatani.

In quanto alla Porta Magica, essa venne fatta erigere dal Palombara in quell’anno 1656 in cui insieme alla ex-regina svedese e dal medico ed esoterista Francesco Giuseppe Borri, credette di aver colto il segreto della fabbricazione dell’oro alchemico. Il significativo monumento di cui ci occupiamo, insolitamente sobrio nelle formerispetto all’epoca, nella quale fioriva il barocco più elaborato, si compone di un’architrave, di due stipiti e di una soglia, sormontati da un disco recante il sigillo o stella di Salomone a sei punte,portante i simboli del Reame Celeste e dell’Oro, inserito quest’ultimo nel primo. I pilastri recano invece successivamente (guardando da sinistra), i simboli del Piombo o di Saturno, del Ferro o di Marte, del Mercurio o di Diana, dello Stagno o di Giove, del Rame Terrestre o di Venere, ed infine del Mercurio Celeste. Tali simboli rappresentano le fasi o Regimi successivi della Grande Opera, com’era chiamata la fabbricazione dell’Oro: regime di Saturno o nero, regime di Marte o bianco, regime di Diana o citrino, regime di Giove o giallo, Regime di Venere o rosso, regime del Sole od aureo. Sull’architrave è incisa in lettere ebraiche l’espressione RUACH ELOIM, ossia spirito divino: il fluido eterico che gli alchimisti ritenevano indispensabile alla formazione della Pietra Filosofale.

Sulla soglia invece è inciso il glifo del cosidetto Albero della Vita, od albero Sefirotico, uno schema dell’universo quale manifestazione divina, elaborato dai cabalisti ebrei della diaspora spagnola. Sui quattro lati della Porta sono incisi motti che, in maniera simbolica ed enigmatica, illustrano il processo di fabbricazione della pietra dei Saggi, com’era chiamata la Pietra Filosofale, ritenuta capace di operare il prodigio della Trasmutazione; segreto che il marchese volle fosse messo a disposizione di chiunque fosse riuscito ad interpretare simboli e diciture.

Ma da dove derivava questa conoscenza così riservata? Il Marchese di Palombara era un membro dell’ordine dei Rosacroce e apparteneva a un circolo culturale esoterico che si riuniva in palazzo Riario, posto alle pendici del Gianicolo, nel cui ambito operavano illustri studiosi, che tra l’altro cercavano di compendiare in una sorta di sincretismo le principali culture: quella ebraica, evocato dalla stella a sei punte di Salomone e nell’iscrizione רוחאלהים(“Ruah Elohim”, “Spirito divino”, ) il cristianesimo, la mitologia greca e romana.

Non a caso nel gradino della soglia è incisa la frase palindroma, sicuramente suggestiva: SI SEDES NON IS, che sicuramente vuole indicare che la porta simboleggia un passaggio attraverso il quale accedere ad altri piani di conoscenza, mediante una metodologia riservata agli adepti.

Certamente questa porta testimonia e trasmette ancora il messaggio della via alchemica, che seppur poco conosciuta, tranne che da pochi appassionati e da pensatori come Carl Gustav Jung o studiosi di occultismo come Julius Evola, offre ancora, a chi saprà utilizzarlo, uno strumento utile alla ricerca della conoscenza, che si rifà alla catena della Tradizione.

Per quanto possa sembrare fantastico ed irrazionale l’assunto, l’alchimia attrasse e catturò dall’antichità, e si può dire sino ai tempi moderni, importantissimi studiosi e menti di assoluta grandezza, nel contesto della cultura appartenente ad ogni epoca. Tra questi troviamo personaggi che furono insigni, anche per ben altre ragioni al di là della “fabbricazione dell’oro”, come gli arabi Avicenna, Averroè e Geber, gli europei Alberto Magno, San Tommaso d*Aquino, Raimondo Lullo, Paracelso, Leibinitz, per non citarne che alcuni. Senza poi dimenticare papi come Giovanni XXII e sovrani quali Alfonso X di Castiglia, Carlo XII e Gustavo III di Svezia, i quali anch’essi furono fra gli adepti di quest’arte sottilmente fascinosa, e così potente nel mondo dell’immaginario umano.

 

Augusto Vasselli

Presidente onorario del Nuovo Corriere Nazionale

(https://www.nuovocorrierenazionale.com/)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *