11 Aprile 2024
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La divina nostalgia di Marcello Veneziani – Umberto Bianchi

A guardarlo, potrebbe a prima vista sembrare un “memento” nostalgico sui bei tempi del Politeismo, di contro all’impetuoso incedere della fede cristiana ed invece no, il testo si appropria di una metafora divina, al fine di condurci in direzione di una più articolata riflessione sull’Occidente e le sue prospettive. Un Occidente che, di fronte alla crisi ingenerata dall’avvento di una Globalizzazione che, nel nome della Tecno Economia ha fatto strame di valori e punti di riferimento, deve andare a riscoprire quei valori conferendo a questi ultimi una mistica valenza di archetipo, in grado di ridare un senso ed una direzione ad una civiltà che tale senso ha da tanto demandato ad un arido e materialistico meccanicismo.

Civiltà, Destino, Patria, Famiglia, Tradizione, Comunità, Mito, Anima, Dio, Ritorno. Temi che ritornano e sovente riaffiorano nelle narrazioni e nelle speranze di altri scrittori e che, anche in questo caso, non possono lasciarci con il, sinora, classico ed insoluto interrogativo, di cui Martin Heidegger si fece poderoso portavoce: di fronte all’inarrestabile avanzata di una Globalizzazione imperniata su una sintesi Tecno- Economica, in grado di vanificare qualunque elaborazione di pensiero o di mistica che dir si voglia, è possibile addivenire ad una forma di pensiero in grado di tener testa sino a sopravanzare questo processo? Heidegger ci indica la via di un pensiero imperniato su un parmenidismo all’insegna dell’ “Ereignis”, ovvero dell’ “eventuarsi/farsi evento” di quest’ultimo. Il Veneziani sembra in qualche modo, con l’immagine di Idee-Dei, in grado di tornare a vivificare un mondo inaridito, volerci ricollegare a queste suggestioni, non senza però, insistere sulla immagine di un “pensiero vivente”, che ci riporta ad una ulteriore riflessione. Se, a detta dello stesso Veneziani, Heidegger ci riporta ad una dimensione puramente “rammemorante”, nostalgica, dell’Essere, gli Dei qui richiamati, sembrano invece indirizzarci verso una dimensione effettivamente “vivente” di un pensiero, in cui trascendenza ed immanenza coincidono nel momento medesimo in cui esso va manifestandosi, in una forma di “satori” occidentale, richiamandoci a vaghe suggestioni scaligeriane. Con la differenza che, quella del Veneziani sembra essere una metafisica “civica”, volta alla realizzazione “in terris”, nel concreto, di ciò che maggiormente giace nascosto nei più profondi recessi dell’animo umano o nelle più lontane dimensioni siderali e non solo una linea di indirizzo, per una forma di realizzazione interiore.

E’ l’ulteriore contributo ad un percorso che parte da lontano, animato da più voci e che nasce proprio dall’esigenza di poter coniugare Immanenza e Trascendenza, al pari di Essere e Divenire, in una sintesi di pensiero appunto “vivente”, in grado di controbattere efficacemente la sintesi opposta, quella tra Tecnica ed Economia, alla base dell’ attuale Occidente-Mondo Globalizzato e Globalizzante. Una sfida alla quale, ora, anche da parte di certune individualità dell’ufficialità intellettuale, sembra si voglia iniziare ad imprimere un carattere totalmente diverso, dalle aride e spesso inani confutazioni delle varie scuole di pensiero,a proposito delle problematiche legate alla vicenda dell’Occidente ed alla sua costitutiva ambiguità, che di questo costituiscono, invero, fascino e mistero inestinguibili.

UMBERTO BIANCHI

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