10 Aprile 2024
Natale di Roma Tradizione Romana

Il significato esoterico della fondazione dell’Urbe – Umberto Bianchi

I Natali di Roma sono una ricorrenza che, ai più, passa inosservata, o, quanto meno, ne viene recepito l’aspetto più puramente superficiale, attinente alla “Gloria Urbis”, esaltata da un’immaginario collettivo da cartolina postale, assolutamente privo di significati di ben altra profondità e caratura di cui, invece, l’intera vicenda della fondazione dell’Urbe, è caratterizzata. Roma, anzitutto, non nasce casualmente, a seguito dell’atto volitivo di uno o più singoli. La vicenda della sua nascita, sembra esser, in tutto e per tutto, frutto di un vero e proprio piano divino. Romolo ed il suo gemello Remo, sono figli del Dio Marte e della mortale Rea Silvia. La fondazione dell’Urbs viene effettuata con il tracciamento di un solco, lungo un percorso a forma di quadrato. La decisione della nomina del Rex attraverso sotto il segno augurale del passaggio di uccelli, l’inviolabilità delle mura e la stessa uccisione di Remo, da parte del gemello Romolo, la fine di Romolo stesso, le cui membra, dopo esser stato ucciso, vengono sparse lungo quelli che saranno i principali caposaldi della neonata Urbs, conferiscono un valore altamente simbolico all’intera vicenda fondativa.

Possiamo pertanto affermare che, quello della fondazione di Roma è, anzitutto un atto dalla forte valenza iniziatica, perché ad esser fondato non è solamente un puro e semplice conglomerato di abitazioni, ma un vero e proprio assetto spirituale,di cui la civiltà romana, costituirà la perfetta realizzazione “in terris”. Il processo iniziatico parte dalla umile condizione dell’iniziando,abbandonato in una cesta alla imprevedibilità degli elementi ed animato da una doppia natura (i gemelli). A fronte della fondazione di una città, all’interno di un solco, la cui forma quadra è riflesso di perfezione, è necessario il sacrificio di uno dei gemelli (Remo), per riportare l’animo dell’iniziato ad una perfetta unità costitutiva, eliminando la parte più spuria del proprio “Sé”. La stessa morte del “Rex” Romolo, sancisce la definitiva assunzione della sua persona, a vero e proprio “corpo di gloria”, dalle cui parti sparse nasceranno le varie zone di Roma,finendo quest’ultimo con l’essere identificato con Roma stessa. La civiltà romana, trova la propria massima e compiuta espressione, in quella Res Publica, che vedeva per l’appunto, nell’identificazione del cives romano con quest’ultima, il proprio momento fondante. Questo, attraverso tutte quelle istituzioni partecipative quali comizi curiati,comizi centuriati, tribunato della plebe, senato, consolato, alle quali il cives partecipava attivamente e nelle quali, in virtù dello “ius publicum”, il momento religioso trovava il suo organico ed armonico collocamento, tramite la figura del “pontifex/facitore di ponti”, tra la dimensione divina e quella terrena.

L’idea di organica partecipazione che caratterizzava le istituzioni repubblicane, passerà indenne attraverso le varie epoche storiche. L’istituzione senatoria ed il consolato permarranno integre, durante tutta l’età imperiale, sinanche dopo la fine della civiltà romana e sino alla fatidica data del 1870, con la riunificazione d’Italia, tali cariche saranno sempre vigenti, all’interno della stessa Roma papalina. Senza ulteriormente addentrarci negli innumerevoli ed ulteriori significati connessi alla vicenda della fondazione dell’Urbs, sarà quindi necessario interrogarci su quale lezione si possa trarre da questo evento. Ci sovviene, a questo punto, l’esempio di una vicenda molto più vicina ai tempi nostri che, in qualche modo, proprio dalla “romanitas” , volle trarre uno spunto di azione. Il sodalizio esoterico del “Gruppo di Ur” ufficialmente attivo nel biennio 1927/29, con le sue pubblicazioni, vide come protagonisti tutta una serie di personaggi, dalle diverse provenienze culturali, accomunati però dall’idea della possibilità di poter effettuare una vera e propria azione “magica”, al fine di veicolare il ritorno della religiosità pagano-romana nell’Italia fascista. Personaggi come il Pitagorico e Massone Arturo Reghini ed il suo sodale Giulio Parise, lo studioso Julius Evola, l’antroposofo Giovanni Colazza, il kremmerziano Ercole Quadrelli e Colonna di Cesarò, provenienti da un ambito massonico-pagano, lo psicanalista Emilio Servadio, lo stesso Massimo Scaligero (anche se non organico al Gruppo) e tanti altri, furono i protagonisti dell’inedito tentativo di applicare le arti magiche, al fine di deviare il corso di eventi di natura politica.

Tentativo inedito, perché esperito in Età Moderna, poi fallito,ma che, comunque ci lascia una precisa indicazione operativa. La Magia, qui intesa, non tanto quale superficiale e fenomenologica, popolaresca “superstitio”, quanto vera e propria “scientia”, è la tecnica che permette all’iniziato di addivenire ad un piano di realltà “altro” da quello dell’immanenza. Un piano di realtà superiore, dal quale emana o dipende quello della sottostante materialità ed attraverso la manipolazione del quale, si può pervenire alla modifica sostanziale della sottostante realtà. Un insegnamento questo che, con l’avvento della Modernità, sempre più andrà risentendo, della inquietante presenza di un “Io” posto di fronte alla realtà della propria frammentazione in un’anima cosciente ed in un’altra incosciente,che va ad attingere e riporta a galla, i più profondi e nascosti motivi archetipici, comuni a tutto il genere umano. Da quei motivi muove la Magia e le sue scuole per smuovere la realtà nel suo complesso. La presenza degli Dei, oggidì soffocata da una civiltà imperniata sul sensibile e sulla sua quantificazione, è oggi sostituita dalla riscoperta dell’archetipo, ovverosia, come suggeriscono le maggiori scuole esoteriche ( da quella antroposofica, al magismo kremmerziano, non senza passare per l’ermetismo di alcune obbedienze massinche e pitagoriche…), dal partire dalla prefigurazione del dato sensibile per arrivare all’oltrepassamento dell’Io sensibile. E pertanto, ricollegandoci ai motivi-guida dell’irrazionalismo filosofico del 19° e del 20° secolo da Schopenauer a Stirner, da Nietzsche ad Heidegger ed altri ancora, superare l’elemento umano dell’Io, per pervenire alla dimensione del sovrumano, di quell’ “oltreuomo” che dell’umano percorso, costituisce la fase finale, il completamento, alla base del quale, sta quel costante lavoro di “Iniziazione”, quell’opus alchemico, in grado di generare in noi una trasformazione qualitativa.

Parole queste che sembrano dar per scontato, ciò che, in verità, non lo è affatto. Roma, con la sua luminosa storia, ci indica una via che, altri già hanno tentato ed altri ancora, tenteranno di percorrere. Quella della Modernità, è una via irta di insidie e difficoltà, alla quale le varie scuole di pensiero hanno dato risposte sicuramente affascinanti, ma non ancora sufficienti. Ad indicarci la strada, il simbolo di Mercurio e del suo caduceo, sormontato da due serpenti, ovverosia, la sovrumana capacità del sapere ermetico di ricavare forza e vitalità, dal materiale veleno delle forze del Kosmos. Ancora una volta, la dimensione del mito, che sembrava confinata nelle nebbie del senza tempo, irrompe decisa nella contemporaneità e ci indica risolutamente la strada in grado di portarci fuori dalle secche della Post- Modernità.

UMBERTO BIANCHI

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