10 Aprile 2024
Tradizione

La Conoscenza si trasmette in Silenzio, non attraverso il Silenzio – Valerio Avalon

Lungi dall’essere esaustivo, questa breve divagazione nasce quasi per caso, e necessita per forza di cose di un piccolo preambolo. A volte lo scontro generazionale che si manifesta nel rapporto padre-figlio può indurre (anche involontariamente) a riflessioni di notevole portata. Confrontarsi con chi non si è mai interessato di esoterismo, di metafisica, o anche semplicemente alle possibilità realizzative di una via spirituale, non è cosa affatto semplice e richiede uno sforzo non indifferente. Per vari motivi. Certo, non sarà per tutti uguale, ma nel caso del sottoscritto bisogna partire dall’assunto di base che la comunicazione sarà complicata quasi quanto come se si parlasse due lingue diverse, ognuna sconosciuta all’altro. A questa prima difficoltà, va aggiunto un elemento sociologico dai tratti inquietanti che per il suddetto genitore è comandamento: la “prova televisiva”. Cioè, se lo dicono in televisione, se lo mostrano in tv, allora è vero. Fine, punto. Le premesse non sono delle migliori. L’ingrediente finale è una cieca fiducia nelle istituzioni, forgiata in anni di lotte sindacali (quando questo voleva ancora dire qualcosa). Il risultato è una cecità (scusate il gioco di parole) quasi imbarazzante nei confronti della direzione intrapresa dal genere umano negli ultimi decenni. Si arriva a negare la realtà dei fatti, e quando questi non si comprendono allora si bollano velocemente come complotti (anche con una certa ironia, di chi la sa lunga in virtù di una maggiore età ed esperienza; cosa che, per inciso, non metto assolutamente in discussione, ma che allo stato attuale lascia il tempo che trova). In quel momento, di fronte a tali ostacoli, possono verificarsi fenomeni spiazzanti e non comprensibili nell’immediato. Come ad esempio una vocina nella testa che mi sussurra: La Tradizione afferma che “la Conoscenza si trasmette in Silenzio, non attraverso il Silenzio”. Cosa c’entra adesso? Cosa vuol dire? La dialettica dell’uomo tradizionale è l’Azione. Non le dichiarazioni altisonanti o gli annunci eclatanti, anche perché alle parole se non seguono i fatti, chi le pronuncia dimostra esattamente ciò che è. Per tentare di comprendere a fondo questa affermazione, mi dico che può essere d’aiuto ragionare sul significato e l’etimologia della parola “Runa”. La parola “Runa” deriva dalla radice protoindoeuropea Run e in alcuni casi si considera anche la forma Reu. Queste due radici sono connesse alla magia del respiro e della fonetica (la capacità dell’essere umano di articolare suoni atti alla comunicazione, attraverso la modulazione dell’aria e del respiro, che possono essere riportati in lettere) e generano termini (linguisticamente parlando) interessanti:

MORMORARE – BISBIGLIARE – SEGRETO – URLARE.

Questo è valido per il norreno, il tedesco, l’islandese, lo svizzero, il gaelico, il gallese, il sassone, e via dicendo. Indubbiamente in tutte le antiche lingue nordeuropee di derivazione indoeuropea, la parola “Runa” significa MISTERO – SEGRETO. Quindi, in una certa misura, è come se le Rune già nel nome stesso si portassero dietro la loro funzione e il loro destino. Altre sfumature della parola “Runa” in queste lingue espletano il significato di:

SUSSURRARE – CONVERSAZIONE SEGRETA.

Questi due concetti sono importantissimi e fondamentali nella mitologia nordica, poiché sono strettamente legati al destino e alla sopravvivenza dell’umanità e degli déi. E ora vedremo il perché. Attingendo alla mitologia nordica, sappiamo che alla fine del Ragnarok (e quindi alla fine del computo del tempo stabilito per questo ciclo), dopo che il gigante Surtr avrà incendiato tutto il mondo, sopravviveranno all’ombra di un bosco sacro un uomo e una donna e i figli di Odino e Thor. Questi ritroveranno nell’erba gli scacchi d’oro degli Asi (simbolo della necessità di ripristinare l’Ordine) e le Rune. In più sarà proprio in quel momento che finalmente Baldr potrà tornare dall’Hel.  Nel mito, tra i figli di Odino, Baldr è detto il “luminoso” e il suo simbolo solare è la Swastika. In una delle storie che lo riguarda (di cui consiglio vivamente la lettura), muore trafitto da un rametto di vischio per mezzo di un inganno di Loki. Gli Asi non riuscendo ad avere indietro in nessun modo il corpo di Baldr dai mondi Inferi, preparano la pira funebre. Prima di incendiarla, Odino, suo padre, gli sussurra nell’orecchio i segreti iniziatici delle Rune che nessuno può udire (perché conosce il suo destino e la sua funzione nella prossima Era che verrà). Quindi, grazie a lui e a ciò che custodisce, sarà possibile ripristinare una nuova Età dell’Oro. Come potete vedere tutta questa serie di eventi e simboli sono strettamente collegati tra di loro, e hanno a che fare con il concetto che i segreti iniziatici e le leggi cosmiche dell’Esistenza sono talmente preziosi che non vanno urlati al vento. Ma vanno appunto sussurrati con poesia, magia e delicatezza, nell’orecchio di chi è pronto a riceverli e a sacrificarsi per custodirli. Un po’ come Cristo che nei vangeli riporta il monito che “le perle non vanno date ai porci”.

Esistono molti altri episodi simili, non solo nella mitologia nordica, ma anche in altre tradizione che riconducono in qualche misteriosa maniera a quella Primordiale Iperborea.  Mi viene in mente per esempio l’eremita Trevizerant che, nel Parzival di Wolfram Von Eschenbach, il nostro cavaliere alla ricerca del Grall incontra in una capanna in mezzo al bosco. Dopo il suo lungo peregrinare e affrontare prove iniziatiche, senza giungere mai alla meta, Parzival troverà il castello del Grall custodito dai Templari solo dopo che l’eremita gli avrà sussurrato i segreti iniziatici nell’orecchio, la sera davanti al fuoco. La mia curiosità è molto eccitata da tante coincidenze in queste due storie, e l’anima è in subbuglio. Talmente tanto che, in un batter d’occhio, mi ritrovo nel lontano Giappone. Quando un samurai, per una serie di vicissitudini che potevano anche non dipendere dalla sua volontà, si ritrovava senza un signore da servire, diventava un ronin. E’ a lui che Yamamoto Tsunetomo dedica il suo Hagakure. Opera sulla quale gli aggettivi superlativi possono essere dispensati senza misura. E’ una sorta di breviario che raccoglie aforismi, riflessioni e suggerimenti trasmettendo l’antica saggezza del Bushido, la via del guerriero. Ma il titolo completo di quest’opera del XVII secolo è “Hagakure Kikigaki”, che tradotto suona come: annotazioni su cose udite all’ombra delle foglie.

E’ incredibile, ancora una volta ci ritroviamo di fronte ad una conoscenza iniziatica che viene trasmessa in segreto, sussurrando. A questo punto le sinapsi del mio cervello stanno aumentando la velocità del loro lavoro e vengo ritrasportato nell’area mediterranea, ad Eleusi. Eleusi è una cittadina greca come tante altre, a poco meno di 30 km di distanza da Atene, ma nasconde tutt’oggi segreti che forse non saranno mai svelati. Anticamente era sede del più importante luogo di culto dell’Attica (se non appunto della Grecia intera), e custodisce i resti di un santuario che sorgeva intorno al culto di Demetra e Persefone: i Misteri Eleusini. Tale culto raggiungeva l’apice in due processioni che ogni anno venivano tenute all’Equinozio di Primavera e all’Equinozio d’Autunno: rispettivamente i Piccoli Misteri e i Grandi Misteri. Si andava a piedi in processione fino ad Atene e si tornava. Non sto qui a descrivervi nel dettaglio ciò che avveniva, perché ci porterebbe troppo lontano proprio come accadeva a chi beveva il ciceneo durante tali misteriosi riti. Fatto sta, che nel momento culminante, i saggi, che ricercavano il senso delle cose nella contemplazione, si scambiavano un dono preziosissimo: un chicco di grano. Insieme ad esso, si benedivano a vicenda con l’augurio più grande che conoscevano: “nel silenzio è ottenuto il seme di saggezza“. Ancora una volta. Silenzio e conoscenza sussurrata.

Nelle scuole druidiche ancora oggi (e questo lo dico per esperienza personale) viene insegnato che la base fondamentale della “ricerca” è la meditazione del vuoto. La ricerca di un silenzio interiore che tacitando corpo, mente ed emotività, può sollevare i veli di Maya. E chissà quanti esempi ancora non riesco ad agganciare nella memoria, oppure non conosco affatto. In effetti sulla memoria poi ci sarebbe parecchio da dire, ma lo lascio fare a chi è molto più capace di me: Mario Polia. Nel suo testo Exempla (Cinabro Edizioni, 235 pag per un costo di 20€) ci sono elementi illuminanti, che mi aiutano a suggerire un senso a questa divagazione e a tutti voi che avete avuto la pazienza di leggere fino qui. Il nostro autore già dalle prime pagine offre spunti riflessivi notevoli, di cui vi riporto alcuni veloci estratti:

“- la parola del poeta sopravvive ai fatti;
– una volta compiuta, l’impresa non deve essere lasciata nascosta nel silenzio;
– il superamento dell’oblio permette di attingere alla verità, che è “ricordo”;
– occorre tacere e ascoltare;
– le Muse parlano nel silenzio;
– credere in valori comuni significa essere preparati e disposti a tramandarli “oltre”e “attraverso” la propria persona, come dimostra l’etimo “tradere” che comporta il processo di trans-dare: la consegna di valori ideali testimoniati dagli antenati da trasmettere alle generazioni future dopo averli resi operativi nel presente tramite l’impegno personale;
– il tradere diventa educere;
– l’azione esemplare possiede una forza trainante che non può essere sostituita né dalla parola né dalle intenzioni“.

Torno con la presenza al dialogo in corso con il genitore e con vergogna e rammarico mi rendo conto che alcune menti condannano velocemente tutto ciò che è oltre la loro portata. La vocina nella testa mi sussurra di nuovo: “Sii discreto perché quello che custodisci è di vitale importanza per il futuro dell’uomo… e non tutte le orecchie sono pronte ad ascoltarlo“. Allora dico a mio padre: “Finché terremo viva la memoria storica e collettiva della nostra Europa attraverso il ricordo, l’esempio e la narrazione, la Tradizione sopravviverà. Tranquillo pà, non siamo soli. Andrà tutto bene.

Valerio Avalon

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