9 Aprile 2024
Fantascienza

King versus Ossessione. La “cultura della cancellazione” secondo il Re del Brivido

di Niccolò Ernesto Maddalon


Può un libro indurre una mente deviata a commettere atti delittuosi? Non stiamo parlando dei celebri pseudobiblia da tempo familiari all’ambito narrativo e cinematografico, quali The King in Yellow di Robert W. Chambers, il lovecraftiano Necronomicon o i romanzi di Sutter Cane (il malefico scrittore-demiurgo del capolavoro di John Carpenter, In the Mouth of Madness). Ma di un caso mediatico relativamente recente che riguarda colui che, tra l’altro, ispirò proprio il personaggio di Cane, ovvero Stephen King, uno degli autori horror (ma non solo) più famosi e venduti al mondo, e il suo atteggiamento nei confronti di un suo controverso romanzo, effettivamente in linea con certi dettami della “cultura” dominante attuale (l’atteggiamento dello scrittore, non il romanzo!).

Negli anni Trenta del Ventesimo secolo, quando ancora erano lungi dall’esistere i social media, videogiochi violenti o generi musicali ritenuti particolarmente estremi o “diseducativi” (ma ne esistono davvero? Ah, sì, giusto: la “trap”. Ma è un genere musicale? Non me n’ero ancora accorto… NdA), molti libri furono dei “best seller” dell’epoca, influenzando i gusti e, in un certo senso, le vite dei lettori. Ma uno in particolare ebbe delle considerevoli conseguenze in Germania e in Europa, e non si trattava di un romanzo particolarmente avvincente. A seguito del fallito putsch di Monaco del 1923, un reduce della Prima Guerra Mondiale di nome Adolf Hitler scrisse durante la propria detenzione un pamphlet autobiografico intitolato Mein Kampf, che assieme al Mito del XX Secolo (Der Mythus des 20 Jahrhunderts) del suo sodale e futuro gerarca Alfred Rosenberg, divenne rapidamente il testo di riferimento per un popolo tedesco ampiamente indottrinato e ipnotizzato dalla propaganda nazista. Il resto di quel capitolo buio del Novecento è noto a chiunque non sia un negazionista.

Mein Kampf

Il contenuto e le tesi di quei testi (soprattutto il Mein Kampf, divenuto proverbiale, mentre del trattato di Rosenberg se ne ricordano solo studiosi e cultori) sono ben note, e tenendo conto del contesto storico dell’Europa degli anni Venti e Trenta, risulta abbastanza logico come abbiano potuto ottenere un successo di massa e una profonda influenza sulle mosse sociopolitiche della Germania nei tempi immediatamente successivi (ma teniamo conto che il “maccartismo” statunitense degli anni Cinquanta funzionò secondo schemi e regole non molto dissimili dalla propaganda di massa della Germania nazista, dell’Italia del Ventennio, della Cina maoista e dell’URSS del Compagno Stalin…). Un po’ più difficoltoso risulta comprendere e accettare le varie forme di “caccia alle streghe” (espressione per la quale dobbiamo ringraziare la Santa Inquisizione e le civilissime comunità puritane del New England del XVII secolo), che imperversano occasionalmente per questioni quantomeno discutibili e solitamente montate ad arte per inferocire l’opinione pubblica.

Date un’altra occhiata alla prima riga di questo articolo: normalmente, se non si è affetti da forme di psicosi omicida, la lettura di romanzi del terrore ha tra le sue funzioni principali (oltre ad altre più profonde) quella di divertirsi, di spaventarsi “per divertimento”. Per estraniarsi momentaneamente da una vita che, proprio perché reale, ci spaventa più di un ipotetico e inverosimile incontro con un vampiro, un licantropo o un Grande Antico. La visione dei più beceri film horrorsplatter, poi, è notoriamente finalizzata a farsi quattro risate possibilmente in compagnia (e magari a stomaco vuoto). Solo un soggetto con gravi tratti psicopatici potrebbe assumersi l’onere di indossare la maschera di Karl Popper o di Francesco Cossiga (cfr. Tre uomini e una gamba di Aldo, Giovanni e Giacomo), munirsi di armi da taglio e vagare alla ricerca di vittime dopo avere guardato Halloween o Quella villa accanto al cimitero (e perché non Bloody Psyco, notoriamente il peggior film horror italiano mai girato?). È l’accusa mossa varie volte, appunto, al cinema e ai fumetti horror o thriller (solo per restare in ambito italico, da Diabolik a Jacula a Dylan Dog, che ai suoi migliori fasti negli anni Ottanta e Novanta era in realtà un grandioso concentrato di citazioni letterarie, cinematografiche e musicali), ai videogiochi o alla musica heavy metal in generale (come se ci si dimenticasse che, ad esempio, la famigerata “famiglia” di hippies pazzi assassini guidata da Charles Manson fosse particolarmente ispirata dal White Album dei Beatles, o che vari criminali nazisti fossero cultori di Wagner e Beethoven!).

Copertina Rage (Ossessione) del 1977

Che diavolo c’entra tutto ciò con Stephen King, vi starete chiedendo. C’entra, e c’entra in particolare con un romanzo scritto ufficialmente da un certo Richard Bachman. Richard Bachman, come sanno tutti i fedeli del “Re del Brivido”, era lo pseudonimo che King utilizzò per pubblicare Rage nel 1977, edito in Italia da Sonzogno nel 1988 col titolo di Ossessione. Nel romanzo, che non è un horror soprannaturale o un thriller parapsicologico come le seguenti e celebri opere dell’autore del Maine, protagonista è il giovanissimo Charles Everett Decker, detto Charlie.  Decker è in apparenza il tipico “secchione” prodotto di una America di provincia fine Anni ’70 venuta su a Pane & Happy Days, una quelle sonnolente cittadine dove l’orrore più nero (poco importa se sovrannaturale come avveniva in Carrie o verosimile come in questo caso) esplode in tutta la sua potenza devastante. Dopo essere stato sospeso dal liceo per aver pestato una settimana prima con un caccia-bulloni l’insegnante di fisica, Charlie prende una pistola, incendia all’armadietto in cui la custodiva, uccide due suoi insegnanti ed inizia una sorta di sinistro “confessionale di gruppo” con gli alunni della propria classe da lui tenuti in ostaggio. Cadute le ipocrisie e ogni forma di falso buonismo studentesco, i compagni di classe cominceranno a socializzare col proprio sequestratore (in parte per via della cosiddetta Sindrome di Stoccolma così come grazie al fatto che Charlie per far sentire a proprio agio i suoi compagni di sventura, arriverà a raccontare loro della sua disastrosa situazione in famiglia). L’unico che non parteggerà per Decker è Ted Jones, ex asso del rugby e bullo della scuola. Ted sarà costretto a confessare davanti al resto della classe di avere una madre alcolizzata e di essere affetto da impotenza sessuale, prima. e ridotto in stato catatonico permanente a suon di botte dagli altri alunni come sommo atto di rappresaglia verso il responsabile di reiterate vessazioni ai danni dell’intera classe, poi. Tutta la storia, pur essendo in linea di massima narrata dal protagonista, dà voce a pieni polmoni e senza filtri alla gioventù di una America la quale a prescindere dal ceto sociale, dall’etnia, dal Q.I. individuale o dal credo religioso o politico d’appartenenza ha sistematicamente perso il senno già dall’educazione impartita fra le proprie mura domestiche (de facto, Charlie ha una madre iperprotettiva che sogna un figlio studente-modello come metro di misura per il resto del mondo, ed un padre ubriacone che vede nel Nostro solo un perdente ed un rammollito).

Copertina del romanzo d’inchiesta Helter Skelter – Storia del Caso Charles Manson di Vincent Bugliosi & Curt Gentry

Nonostante l’impianto narrativo apprezzabile e l’importanza “storica” del romanzo nella carriera di Stephen King, a seguito di ben tre fatti di sangue avvenuti negli anni Novanta in differenti «high school» statunitensi (ultima delle quali la celebre “sparatoria della Columbine High School”, avvenuta in Colorado nell’aprile 1999) e che parevano effettivamente ispirati alla vicenda di Ossessione (nel caso della strage avvenuta nel 1996 nella scuola di West Paduach, nel Kentucky, venne ritrovata una copia del libro nell’armadietto del giovanissimo responsabile), King decise di fare ritirare dalle stampe il suo presunto “libro maledetto”, che oggi risulta appunto abbastanza introvabile (soprattutto nella sua edizione italiana, se non sborsando cifre a dir poco cospicue tramite E-bay). Questo, dopo una serie di accuse da parte dell’opinione pubblica statunitense, ovviamente, che portarono a un primo ritiro del libro nello Stato del Colorado, su ordine dell’allora governatore Bill Owens.

Dal canto mio, oltre che scrittore e saggista attivo sulle pagine digitali di EreticaMente e di altri portali, sono un ex giocatore semi-professionale di softair (simulazioni sportive di guerriglia con repliche di armi ad aria compressa).

Opinione di King sulle armi da fuoco in America dal suo saggio Guns

Ho imbracciato fedeli riproduzioni realistiche di semiautomatiche, mitragliette e carabine d’assalto solitamente in dotazione alle Forze Speciali, ho sparato in “azioni” ludico-sportive durante simulazioni militari praticate (con regolare permesso!) in aree boschive e semi-urbane delimitate ed isolate per evitare futili “incidenti diplomatici anti-Legionari della Domenica” o “potenziali procurati allarmi dovuti a fraintendimenti di eventuali escursionisti e campeggiatori abusivi”, utilizzando specifiche protezioni corporee e pallini di plastica che, se mal deflagrati, possono lasciare vistosi lividi e far male quanto la puntura di un calabrone. Tuttavia non ho mai utilizzato le mie repliche di armi d’assalto ad aria compressa al di fuori del campo da gioco, né ciò fa di me un guerrafondaio o un appassionato di armi da fuoco vere. Ogni strumento nelle mani sbagliate può essere utilizzato come un’arma. Dai droni (ricordando che tali velivoli vengono utilizzati non solo per finalità belliche, ma anche per effettuare riprese documentaristiche), ad un’automobile (si pensi a chi si mette alla guida ubriaco o drogato, e che può automaticamente risultare pericoloso quanto gli jihadisti improvvisati!), al comune coltello da cucina a lama lunga, allo spray al peperoncino anti-aggressione, fino al contenuto di una pendrive o all’articolo da me scritto e che ora voi state leggendo! È l’uso che se ne fa a determinare la differenza fra un mezzo di progresso e prosperità o uno di oscurantismo e distruzione. E se il film o il romanzo horror potrebbe traviare il pazzo assassino di turno (che potrebbe benissimo ispirarsi a Il Padrino o a Vacanze di Natale, in mancanza d’altro), ritirarlo dal mercato per questo motivo suona anche come un insulto allo spettatore “sano”!

Copertina Unico Indizio, La Luna Piena di Stephen King

Da molto tempo sono estimatore del (a mio modesto avviso, generalmente sopravvalutato) Re del Brivido, avendo scoperto e apprezzato le sue opere migliori già nell’adolescenza, come molti lettori. Ultimamente, però, ho come avuto l’impressione che, forse a causa dei suoi evidenti disturbi ossessivo-compulsivi, o più probabilmente per tentare di rimpinguare gli incassi già stratosferici di quarant’anni di narrativa popolare, Stephen King si sia ridotto a scrivere romanzi e racconti-fotocopia, opere che ripropongono stancamente le medesime trovate narrative e stilistiche. Per non parlare di quelle “bandite” e praticamente rinnegate da lui stesso, quali Unico Indizio: la Luna Piena o, per l’appunto, Ossessione. Un romanzo che di certo non aveva come suo obiettivo incrementare la violenza giovanile, e non è certo colpa di Stephen King se la popolazione statunitense dimostra una notevole percentuale di psicopatia collettiva, ma a quanto pare lui stesso ha come sentito l’esigenza di “scusarsi” in pubblico…

Insomma, se ad attuare una autocensura e ad applicare la “cancel-culture” sulle proprie stesse opere è uno dei più strombazzati autori di narrativa fantastica viventi (di cui molte pagine, ribadiamo, restano tuttora grandi) in base a come tira il vento (e le vendite), come minimo si potrebbe restare un poco delusi e perplessi. Si potrebbe anzi dire, come cantava qualcuno, che si nasce incendiari e si finisce pompieri, e Stephen King si è comportato come un agile e scattante vigile del fuoco in azione sui suoi stessi “incendi” letterari-mediatici! E con queste premesse, se un domani aumentassero su scala planetaria i casi di violenza contro le donne (ed auguriamoci vivamente che ciò non avvenga) l’autore di Shining e It potrebbe avere la brillante idea di sequestrare le copie in circolazione della sua notevole antologia Notte buia, niente stelle per poi darle tutte al rogo. Forse stiamo esagerando: al massimo si muoverebbero gli attivisti del #MeToo.

Sbaglio oppure, oltre agli ipotetici pompieri brucia-libri descritti in Fahrenheit 451 di Ray Bradbury (tra l’altro, uno degli autori preferiti da King), qualcuno ha già attuato in passato qualcosa di simile nella storia del Genere Umano? Sbaglio, o qualcuno sta ancora facendo la stessa cosa in forma metaforica (ma non troppo) su molti argomenti ritenuti “pericolosi”, perché contrastanti con il pensiero unico imperante?

 

Niccolò E. Maddalon

3 Comments

  • Primula Nera 30 Novembre 2023

    Trovo molto interessante la riflessione su arte e censura. E ,di certo, letteratura e cinema sono stati spesso colpiti da polemiche furibonde, non solo in ambito prettamente horror( gli esempi di “Arancia meccanica” di Kubrick per il cinema e “American psycho” di Ellis per la letteratura lo testimoniano).
    In generale ,soprattutto per quanto riguarda l’ambito artistico, sono piuttosto libertario e a favore di tutte le forme di creatività(anche di quelle che veicolano messaggi che non condivido).Rimanendo in ambito horror concordo che certo cinema splatter(così come i tanti slasher) avevano pura funzione di intrattenimento e nessuna pericolosità sociale ; tuttavia certe strade intraprese dal cinema horror contemporaneo le trovo discutibili(pur non essendo d’accordo con una loro censura) ; mi riferisco al filone del cosiddetto “tortute porn”(dove la trama sta quasi tutta in psicopatici che torturano gente inerme…) che ,in un certo periodo storico, sembrava potesse monopolizzare il genere(robaccia come “Hostel”,”Wolf creek”,”Saw””The human centipede”,etc). Fortunatamente questo filone sembra essersi ridimensionato da solo e ,negli ultimi anni, stanno emergendo registi interessantissimi come Ari Aster e(soprattutto)Robert Eggers, oltre che(purtroppo) pellicole iperpoliticizzate che (più che spaventare) fanno sociologia d’accatto(le opere di Jordan Peele, ma anche il “Candyman di Nia Da Costa,etc).

  • Primula Nera 30 Novembre 2023

    Concordo appieno, alla musica heavy metal sono state date sempre tante colpe, bastano un paio di pazzoidi che ascoltano i Rammstein prima di fare una strage…
    La storia, però, ci parla di tanti casi molto differenti, giusto ricordare Charles Manson e la sua ossessione per “Helter skelter” dei Beatles ; ma anche un soggetto come Robert John Bardo ,l’omicida dell’attrice Rebecca Schaeffer era ossessionato da “Exit” degli U2(forse il gruppo rock mainstream per eccellenza di questi decenni). Quando si parla di menti fortemente disturbate, anche il “ballo del qua qua” può servire da spunto per commettere un omicidio…

  • Primula Nera 30 Novembre 2023

    I romanzi e i racconti di King pur non essendo eccezionali(e con una qualità, sono d’accordo anche su questo, via via decrescente), credo abbiano però il merito di essere fortemente rappresentativi di quella che è stata l’America profonda negli ultimi decenni.
    Thomas Ligotti, ad esempio, è uno scrittore molto superiore, ma le sue opere hanno una valenza più universale, meno tipicamente americana.
    King(cui non fa onore l’essersi autocensurato) ,però, non riesco più a leggerlo, a differenza di Ligotti del quale scopro particolari inediti ogniqualvolta riprendo qualche suo libro in mano…

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