12 Aprile 2024
Musica

Il Museo Casa Scelsi di Roma: la musica come punto d’incontro tra Oriente e Occidente – Riccardo Rosati

Cosa si potrebbe dire di un uomo che seppe prevedere il giorno della propria morte? Se dovessimo aggiungere poi che si tratta del massimo esponente della cosiddetta musica contemporanea colta? Beh, la fantasia corre e la curiosità pure. Ciò malgrado, Giacinto Scelsi (1905 – 1988) ha riscosso il meritato apprezzamento in gran parte solo dopo la sua scomparsa. Il motivo per cui un altro Grande Italiano sia finito a lungo nel dimenticatoio è, come vedremo, sempre lo stesso. Chi decide e impone ciò che è giusto o sbagliato nel nostro Paese da sin troppi anni è costantemente il medesimo gruppo politico-culturale, benché abbia cambiato nome e veste pubblica. A loro si deve la distruzione dell’anima italiana; eppure son sempre lì, al Potere. Fortuna vuole che il Maestro, probabilmente anche in virtù della sua origine aristocratica, volasse assai più in alto di siffatti, per dirla con Julius Evola, pigmei spirituali. A cavallo delle sue note intrise d’Oriente, legato al numero fortunato per eccellenza in Cina; Scelsi visse e morì nel segno dell’«8», risiedendo in via San Teodoro 8, dove ci ha lasciato una casa piena di ricordi e oggetti curiosi, amministrata da tempo dalla coraggiosa Fondazione che porta il nome della sorella minore (Isabella) e che promuove la fondamentale eredità musicale di questo artista. Va da sé, che della sua abitazione nulla si sa, nondimeno andrebbe conosciuta!

Immergiamoci allora negli ambienti di un piccolo appartamento in un palazzo davanti al Palatino. Il primo è il salone, nel quale si raccolgono le due grandi anime di Scelsi: la musica e l’Asia, specialmente l’India. Egli era infatti un esperto praticante di Yoga. Questa è la stanza principale di questo atipico museo, che è alla fine più una casa – come è giustamente ricordato nel nome stesso della Istituzione – dove è custodito il pezzo di maggior pregio della collezione: il dittico di Salvador Dalí, Coppia con le teste piene di nuvole (1936). Purtroppo, è possibile ammirarne soltanto una ottima copia fotografica, poiché l’originale è in deposito presso il MART di Rovereto.

Il salone è un luogo «magico», punteggiato da varie opere orientali, che pur essendo dei semplici souvenir di viaggio, dialogano perfettamente con l’atmosfera della casa. Troviamo perciò esemplari di porcellane d’esportazione, giapponesi del tipo Imari e cinesi Blanc de Chine. Ben più interessanti sono i pezzi alle pareti, è il caso di una Thangka tibetana, un disegno di un Deva (divinità induista) della musica e delle statuette in legno di Bodhisattva suonatori su delle nuvole. Tutto intorno al pianoforte di Scelsi ci sono vari strumenti etnici, dove spicca una grande tromba, anche essa tibetana. Una particolarità è rappresentata dalle tante campanelle che il musicista utilizzava per cercare il suono giusto, in perfetta tradizione orientale. L’ultima cosa da segnalare presente in questa stanza dice molto su Scelsi, sulla sua spiritualità universale. Su un tavolino fa bella mostra di sé una copia di quel caposaldo del Taoismo che è I Ching (conosciuto anche col titolo de: Il libro dei mutamenti). Quale edizione poteva mai avere il Maestro? Chiaramente quella con la celebre prefazione di Carl Gustav Jung! Una sorpresa? Non certo per chi conosce Scelsi.

Passiamo al corridoio, con appesi due piccoli quadri di Giorgio De Chirico e una cartolina con dedica (1960) di Jean Cocteau, che Scelsi conobbe durante una visita a Capri. Di gran suggestione sono inoltre i disegni del musicista dove si raffigurano alcune posizioni dello Yoga. Il corridoio termina con una teca trasparente che conserva sia dei ricordi familiari che delle tante amicizie internazionali, tra le quali quella assai stretta con Henri Michaux (1899 – 1984). Lo Yoga, non certo inteso nel modo volgarmente americanizzato di ginnastica, è stato dopo la musica la grande passione di Scelsi. Egli soggiornò in India, dove ebbe modo di incontrare personaggi come Sri Aurobindo e la compagna di questi, la francese Mirra Alfassa, meglio conosciuta col nome di Mère de Pondichéry.

L’ultimo ambiente è la camera da letto di Scelsi, nella quale, guardando con attenzione, si nota il suo interesse per l’Antroposofia. Tra libri, fotografie e bibelot di varia natura, colpisce la presenza di un segmento di affresco staccato ritraente un angelo musicante. Un cerchio che si chiude se pensiamo che nel salone si viene accolti da immagini di divinità musicali asiatiche, mentre al termine dell’appartamento ritroviamo una iconografia occidentale; e non avrebbe potuto essere diversamente nel caso di Scelsi. Non per nulla, il suo simbolo, con il quale firmava ogni cosa, era un cerchio sopra una linea: l’infinito precipuo dell’Oriente e la progressione continua che anima da sempre l’Occidente.

Una cosa abbiamo, volutamente, tralasciato di dire su quel salone che andrebbe effettivamente considerato a metà tra una sala da concerto e un luogo di meditazione. Ci riferiamo alle due rarissime ondiola francesi che Scelsi utilizzava per la sua ricerca dei suoni. Egli portò molto in alto le potenzialità di questo strumento. Lo amava, forse, persino al di sopra dello stesso pianoforte, essendo capace di riprodurre i quarti e gli ottavi di tono, e grazie al quale Scelsi improvvisava in uno stato privo di condizionamenti molto vicino al vuoto dello Zen, come ci hanno rivelato le sue opere, basta pensare a capolavori quali Okanagon (1968) e Pfhat (1974). A tal proposito, va ricordato come egli non solesse stendere di persona le partiture, ma le registrava, per poi farle trascrivere da altri. La musica o meglio il suono era la unica cosa che contasse per lui; segnare delle note su carta sarebbe stata una perdita di concentrazione ed energie, visto che egli sosteneva di comporre in una condizione di «lucida passività».

Obliato per non essere stato iscritto a un partito, ovvero a IL partito; all’estero si accorsero eccome di lui: Martin Scorsese utilizzò dei lavori di Scelsi nel film Shutter Island (2010). In barba ai «pigmei» di cui sopra, di Eco, Settis, ecc. non rimarrà traccia, mentre Scelsi resterà per mezzo della sua musica, il cui spirito sta tutto in queste parole: «Vivo a Roma in una casa situata di fronte al Palatino e che poggia esattamente su una linea ideale di demarcazione tra Oriente e Occidente – e per chi intende – spiega la mia vita e la mia musica».

Riccardo Rosati

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