10 Aprile 2024
Religione

Il culto del Sacro Cuore: tradizione e universalità di un simbolo (IV parte) – Walter Venchiarutti

Dalle pratiche dei figli del Sacro Cuore alle fasi dello yoga

Il manuale in dotazione al perfetti Figli del Sacro Cuore dedicato alle pie pratiche, apre con una serie di cenni riferiti alla storia di questa devozione. Impressionante risulta essere la presenza delle analogie che fanno assumere a questo percorso iniziatico e spirituale tratti comuni con le forme di ascetismo orientale. L’ignoto autore dei testi, approvati dal Vescovo Francesco Sabbia (1871-1893) conferma l’antica consuetudine di rendere omaggio al Sacro Cuore la cui nascita è contemporanea a quella della Chiesa. Durante i primi secoli della cristianizzazione questo culto sarebbe

rimasto in embrione ma a partire dal XVII sec., con le apparizioni a Margherita Maria Alacoque, figlia dell’ordine fondato da San Francesco di Sales (1567-1622) e da Santa Giovanna Francesca di Chantal (1572-1641), si è andato sempre più sviluppando. La pratica della carità è stata trasmessa dalla santa francese con le visioni del cuore sopra un trono in fiamme, circondato da una corona di spine, squarciato da una ferita, sormontato da una croce ardente di fuoco. Secondo le spiegazioni dell’illuminata visitandina alla generosità dell’offerta divina di Gesù non era rimasta che l’ingratitudine, il disprezzo e l’irriverenza generale degli uomini. Erano quindi necessari atti riparatori, finalizzati a ricostituire un nuovo patto di alleanza tra Dio e l’uomo.

La teologia del Sacro Cuore si fonda sul preteso conseguimento di un triplice impegno perseguibile con:

1) Un atto di fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, “che ha il suo cuore infiammato con tutta la pienezza dell’amore infinito di cui il Verbo della conoscenza arde per l’eternità”.

2) Un atto di riparazione, poiché questa osservanza tende a “consolare l’amabile cuore nelle sue afflizioni e agonie della morte e risarcirlo degli affronti e degli oltraggi che Egli soffre ogni giorno specialmente nel Sacramento dell’Altare”.

3) Un atto di religione e carità, giacché l’esercizio “cerca di promuovere sentimenti di adorazione e di gratitudine verso il Sacro Cuore pei benefici compartiti nella redenzione, e per quelle grazie copiosissime che da questa sorgente inesausta si versano ogni di nelle anime dei fedeli”.

Ma di quali grazie vengono colmati i praticanti che volontariamente si sottopongono a questa regola?

La risposta viene data dalle parole della santa quando parla di grazie di conversione e testimonia la fonte delle misericordie nel Cuore di Gesù che “vuol manifestarsi agli uomini per arricchirli con quei preziosi tesori che racchiudono grazie santificanti valevoli a ritirarli dalla loro perdizione”. Si tratta di un recupero della centralità, di un riequilibrio dell’anima che si traduce in uno stato “di pace nella famiglia, sollievo nelle fatiche e benedizione nelle imprese della vita” poiché il cuore adorabile è “fornace ardentissima” capace di far evaporare ogni altra passione, un “meraviglioso nutrimento… rifugio nel tempo della vita e molto più nell’ora della morte”.

 

Ogni istante della vita dei “serve apostoli” si apre fin dal mattino con il ringraziamento tributato a Gesù per la protezione notturna. L’iter di perfezionamento che l’oblato persegue continua con l’offerta delle azioni; il proponimento e la volontà di adesione alla glorificazione del Sacro Cuore assicura la difesa dai pericoli. La consacrazione avviene attraverso il dono esplicito del proprio cuore ed il proposito di non abbandonarsi mai più alle insidie dell’errore rappresentato dal peccato.

L’infrazione ha per conseguenza l’uscita da questa sfera protetta.

Anche il termine della giornata è regolato da apposite orazioni; ai sospiri mattutini subentrano i sospiri di pentimento per le eventuali mancanze commesse sentite dalla neofita come colpe e tradimenti agli impegni presi in precedenza. L’abbandono al sonno non deve costituire mancanza per una costante vigilanza. L’assopimento può facilitare un involontario cedimento alle “diaboliche insidie” e solo la difesa delle schiere angeliche può supplire facendo corona.

Un simile aiuto giunge grazie a suppliche che comportano sospiri di sincero pentimento, di amore, di gratitudine e di adorazione per l’infinita misericordia. Se Dio è amore il devoto non può essere che l’amato. Alla stessa stregua nella poesia del taςawwuf /percorso iniziatico Dio viene cantato come l’Amico, il Diletto, l’Amato (Rumi, Poesie mistiche, 1980 58), un rapporto che va inteso come connubio tra conoscenza e amore.

L’iter di perfezionamento del fedele continua con il ringraziamento.

Prima di coricarsi ogni Figlio del Sacro Cuore proferisce: “Gesù, mio dolce amore; Gesù dolce mia speranza; Gesù dolce mia misericordia, Gesù mio sommo bene, io coll’affetto di tutto il cielo e di tutta la terra vi saluto,vi adoro, vi abbraccio, e la ferita di amore teneramente vi bacio” (segue il bacio al crocefisso).

La sottomissione al processo di ascesi presuppone la corretta esecuzione di una serie di esercizi preparatori che perseguono il cammino rivolto alla realizzazione spirituale. Per far questo occorre sempre “ricordare”, cioè ricondurre il cuore a Dio. I pii esercizi prescritti per i venerdì dell’anno, per le sei domeniche e la novena in preparazione alla Festa del SS. Cuore costituiscono sorprendenti paralleli e ravvisano affinità rispetto alle tappe proposte per favorire l’ekāgratā, cioè quel processo di concentrazione in un solo punto che sta alla base della tecnica delle fasi/anga seguite nella procedura dello yoga.

L’abbattimento della coscienza profana e la sua dispersione del pensiero rendono possibile la riconduzione del molteplice all’uno, un ritorno all’origine e al tempo stesso un affrancamento, o meglio una liberazione da compiersi attraverso i vari gradi previsti dal cammino ascetico.

 

Le Costanti comuni nelle tecniche yoga e nella via del S. Cuore

1°                                 

A) I raffrenamenti /yama, costituiscono la condotta preliminare inevitabile riguardante i comportamenti che, come sottolinea Eliade, appartengono a qualunque tipo di ascesi: non recare dolore ad alcuno, non rubare, non mentire, astinenza sessuale, non essere avaro. Le azioni dell’accumulare, conservare o distruggere recano pregiudizio alla riuscita.

B)Il perdono.

Dopo l’esame dei peccati commessi il neofita è invitato al pentimento, alla richiesta di perdono ed alla promessa “… che io muoia, prima di offendervi e certo viva sol per riamarvi…” (consigli presenti nelle istruzioni date ai Figli e alle figlie del Sacro Cuore).

A) Le discipline /niyama

Ai raffrenamenti seguono le discipline corporali e psichiche. Per giungere alla meta occorrono purificazione dello spirito e del corpo (con il digiuno), serenità, studio della metafisica, sforzo, l’assenza dei desideri, delle tentazioni e dei dubbi, la rinunzia delle passioni.

B) Il buon esempio

Benedizione e ringraziamento per la contemplazione e l’incitamento alla imitazione del Cuore di Cristo “…seguir voglio Voi, e conseguir pace e salute” (AA.VV., I figli e le figlie del Sacro Cuore di Gesù, 1877).

 

A) Le attitudini e le posizioni del corpo /āsana. Assumendo una posizione che inizialmente può risultare scomoda e fastidiosa di rinunzia al movimento lo yogin compie uno sforzo per sopprimere le distrazioni naturali del corpo per far cessare il turbamento degli opposti attraverso la concentrazione in un solo punto.

B) Nell’esempio evangelico la neofita assorta nella contrizione in raccoglimento percorre i momenti delle invitte sofferenze patite dal Maestro sul Calvario. Le mette a confronto con la propria delicata mancanza di resistenza alla piu piccola pena e chiede soccorso per sopportare con amore tribolazioni, croci e mortificazioni.

A) I ritmi della respirazione /prānāyamā divisi nei tre momenti inspirazione/pūraka, conservazione dell’aria/kumbhaka, espirazione/recaka, debbono occupare ciascuno un tempo uguale. Rallentati e armonizzati con il battito cardiaco mirano all’unificazione degli stati della coscienza, preliminari per entrare nel processo meditativo. Lo yogin arriva a prolungare questi tre momenti di pari durata per un tempo notevole.

Le tecniche oranti dei monaci del monte Athos prevedono la preghiera accompagnata dalla momentanea ritenzione del respiro e l’accordo ritmato delle giaculatorie ai battiti cardiaci. La recita della giaculatoria equivale alla ripetizione dei nomi di potenza indù/ mantra che vengono coordinati al ritmo della respirazione/pranayama.

 

 

Analogo esempio è fornito dal salmodiare delle litanie/selihot. Nella preghiera classica ebraica il devoto con il ciondolare ritmato del corpo simula il movimento della fiamma. La parola, il verbo, la voce assumono nelle rispettive religioni l’identità stessa attraverso la quale si è manifestata la genesi. L’inizio del mondo, il momento primordiale in cui compare la creazione è contraddistinto dalla presenza del suono.

Dall’acustica deriva l’ascolto e da questo sorge la possibilità di comprensione delle cose.

B) Lo scopo della disciplina respiratoria e delle positure del corpo predispongono all’orazione mentale. In questo passo il candidato contempla l’inalterabile mansuetudine del Cuore di Gesù. I Sospiri del mattino e della sera, le Aspirazioni, le Elevazioni così vengono significativamente chiamate le prescrizioni invocatorie, fanno sentire vicino il raggiungimento della perpetua santa pace: “… Accettate Gesù amabilissimo i sospiri dell’anima mia diretti all’amoroso vostro Cuore nel termine della giornata, sospiri di sincero pentimento per le colpe commesse, sospiri di amore, di gratitudine e di adorazione per l’opera infinita della vostra misericordia” (Orazione della sera al S. Cuore).

A) Emancipazione dell’attività sensoriale/pratyāhāra. Si tratta della ritrazione o astrazione delle attività sensorie nelle rispettive facoltà di percezione, lontano dagli oggetti dei sensi. Astrazione dal condizionamento della percezione, dalla memoria con il risultato che l’intelletto acquista le sensazioni come se il contatto con le cose fosse reale.

B) L’invocazione mattutina della supplicante si apre con queste parole:

“… Degnatevi di custodire e di difendere la purità del cuor mio; regolate tutte le mie intenzioni, i miei affetti, le mie parole, le opere mie…

(Preghiera del mattino dedicata al S. C.).

A) La concentrazione/dhāranā è la fissazione del pensiero in un solo punto con l’aiuto di un oggetto.

B) Tutti i pensieri e le azioni vengono rivolte al Cuore di Gesù: “…Concedetemi, Gesù dolcissimo, che io riposi sul vostro petto, che prenda sonno nel vostro Cuore e qui sia custodito e difeso da ogni diabolica insidia”

(Orazione della sera al S. Cuore).

A) La meditazione /dhyāna. Per poter recepire la padronanza del processo cosmico occorre identificarlo, penetrarlo e assimilarlo. Questo processo favorisce l’apertura del livello e il passaggio dal conoscere all’essere.

B) Il fedele mette in relazione il proprio cuore con quello del Cristo sorretto dalla volontà di annullamento della propria individualità in quella divina: “… io oso chiedervi che gli affetti vostri si confondano co’ miei e si uniscano ai palpiti del mio povero cuore” (Dagli Affetti al Sacro Cuore di Gesù).

A) La contemplazione/samādhi è lo stato in cui avviene la rottura del piano, quando l’oggetto si rivela in ciò che ha di essenziale. La stasi permette il passaggio dall’essere al conoscere e si realizza grazie all’identificazione di colui che medita con quel che medita creando un assorbimento estatico nell’assoluto.

B) L’identificazione dell’uomo con Dio si perfeziona attraverso l’unione dei cuori. Nell’atto annuale di consacrazione rivolto al Sacro Cuore il devoto pone l’offerta del suo cuore: “…Voi solo sarete la mia parte ed il Dio del mio Cuore… voglio che si consumi tutto in voi… Prendetelo Gesù questo cuore e quando l’abbiate fatto vostro una volta, guardatelo e custoditelo nel vostro Cuore” (Atto di consacrazione al Santissimo Cuore di Gesù).

A) La realizzazione e centralità

La samprajnāta samādhi si verifica quando si ottiene il congiungimento e la piena comprensione attraverso il sostegno di un oggetto o di una idea. La rivelazione/shruti determina come conseguenza la realizzazione /sādhana. La liberazione dai vincoli materiali /moksa porta alla coscienza deliberativa /buddhi, passaggio che implica il ricongiungimento (yoga > jungere) con il principio ottenuto meditando sulla felicità che si manifesta nella luminosità/Ānadanugata.

Un altro stato di contemplazione avviene con l’isolamento completo dell’intelletto/Āsmitanugata.

La questione relativa alla realizzazione-centralità trova riscontro anche nell’Islam. Il santuario più importante la Kaaba corrisponde al cuore stesso di questa religione. Uno dei cinque pilastri su cui si basa la realizzazione del perfetto muhsinin è il pellegrinaggio /hajj alla Mecca. Come il cuore è l’organo umano sede della presenza divina, il movimento circolatorio effettuato dai pellegrini attorno all’edificio sacro ricorda quello dei pensieri e delle meditazioni che evolvono incessantemente attorno all’inafferrabile centro dell’anima. Il rituale deambulatorio dei giri rituali compiuti dai fedeli che giungono dalle diverse parti del mondo è assimilabile alla circolazione del sangue che attraversa il corpo dell’uomo per giungere al cuore/qalb (Kaaba). Gli idoli, in quel posto, distrutti da Maometto sono stati assimilati alle passioni che assediano il cuore e con la loro rimozione si perviene alla purificazione ( T. Burkhardt, L’arte dell’Islam, 2002).

B) Dopo la comunione l’adepto ripetuto il “paratum cor meum, Deus, paratum cor meum” recita “….ora che siete dentro di me, deh, parlate al mio povero cuore, e ditegli ciò che torna a vostra gloria e a sua salute….Operate in esso i prodigi inesprimibili della vostra potenza e del vostro amore…”.

Walter Venchiarutti

 

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