9 Aprile 2024
Attualità Breviario Ribelle

Giulia, Eliogabalo e il patriarcato – Roberto Pecchioli

Non se ne può più: dinanzi alla volgare operazione mediatica in atto dopo l’omicidio della povera Giulia Cecchettin da parte del fidanzato, prende un senso di frustrazione e di rabbia. La vittima – di cui non importa nulla a nessuno dei maestrini e maestrine dalla penna rossa saliti in cattedra al fischio del padrone – sarebbe stata uccisa dal “patriarcato”. Una volta di più è evidente come una tragedia che ha travolto due vite e due famiglie fosse in qualche modo attesa da un’orda di sciacalli impegnati a montare un immenso circo di menzogne, o, come scrive il grande psichiatra Claudio Risé, “una stupefacente campagna di stupidaggini”. Nella quale, giova ripeterlo, attorno alla povera Giulia si svolge una vergognosa danza macabra. Stavolta il bersaglio è il patriarcato. Come sempre, la neolingua stravolge le parole , imponendo significati del tutto impropri. Patriarcato, infatti significa dominio dei padri e, in senso lato, degli adulti maschi. Che cosa c’entri questo concetto, del tutto estraneo ai tempi nostri, non è dato sapere. Poco importa: conta il messaggio che “deve” passare.

Cerchiamo di mettere un po’ d’ordine e di seguire – alla rovescia – l’ esortazione di Nanni Moretti nel film Aprile. “ Dì qualcosa di sinistra”, chiede l’intellettuale al politico. Noi diremo qualcosa “non di sinistra”, non progressista, non allineato al pensiero dominante. Talmente dominante che abbiamo ascoltato mea culpa anti patriarcali pronunciati da almeno tre ministri di centrodestra , uno dei quali è titolare della pubblica istruzione e propone un’ora di “educazione affettiva” nelle scuole. C’è da ridere, se non ci fosse da piangere e rispettare una giovane vita spezzata. Peraltro, l’educazione sessuale – non lasciamoci ingannare dall’ eufemistico “ affettiva” – non mette al riparo la società: la statistica mostra più violenza, più omicidi laddove si impone l’educazione sessuale a scuola, estromettendo quel che resta della famiglia.

Un ministro in carica ha detto di vergognarsi di essere uomo. Gli consigliamo la chirurgia, ma questo è il punto: l’uomo è polverizzato, il padre distrutto. Altro che patriarcato: se esistesse, il delitto probabilmente non ci sarebbe stato, poiché il padre è la legge, il limite, colui che discerne il bene dal male, insegna la responsabilità, indica i principi da seguire. Uno dei quali, nelle società “normali”, era il rispetto per la donna, che, ci dicevano, non si tocca nemmeno con un fiore. Se vivessimo in una società patriarcale, i padri non sarebbero ridotti alla caricatura che sono. Bancomat dei rampolli nel migliore dei casi, assenti nella maggioranza delle non-famiglie, esautorati tra separazioni, divorzi, preferenza accordata dai genitori d’ambo i sessi alla carriera o ai piaceri del consumismo.

Se il patriarcato ci fosse, il povero papà dell’assassinio non direbbe – confuso e sconcertato com’è chi subisce una tragedia così grande – che il figlio era così tranquillo, normale, senza contrasti. I giovani maschi in genere sono esuberanti e ben poco tranquilli. Proprio quell’apparente mansuetudine, quel silenzio apparentemente rassicurante avrebbe dovuto insospettire. Ma poi perché, se va tutto liscio, se non ci sono conflitti da dirimere o divieti da imporre? Se esistesse il patriarcato, o almeno il rispetto di sé, non ascolteremmo affermazioni del tipo di quelle dello scrittore Maurizio Maggiani, per il quale “la mascolinità è un carattere recessivo della specie umana”. Un impressionante odio di sé unito all’astio contro la natura. Magari avesse ragione un giornalista di Repubblica, autore di una lagnosa omelia anti maschile secondo cui “il maschio progressista non esiste”. Purtroppo esiste e fa danni incalcolabili a se stesso, ai figli, alla società tutta.

Infine, se il patriarcato esistesse, i bambini e i ragazzi non sarebbero così spesso affidati alle madri. Colpa di padri latitanti, certo, irresponsabili, ma anche di un atteggiamento che mette al centro la cura (l’elemento materno, femminile) piuttosto che la guida o l’esempio. Non avremmo generazioni di maschietti e adolescenti educati a scuola prevalentemente da insegnanti donne, seguiti soprattutto da psicologhe donne. Figure non certo incapaci, ma i bambini e i ragazzi hanno bisogno di modelli virili. Madri, inseganti donne e psicologhe non possono fornirli. Ma sa Dio quanto bisogno c’è di virilità , intesa come fortezza, temperanza, sicurezza, dominio di sé, capacità di imprimere una direzione. Per istinto e per seguire la cultura dominante, troppe madri giustificano tutto mentre le docenti donne instillano nei giovani maschi un insidioso senso di colpa.

Sono vietate le attività in cui si mette alla prova l’ardimento e la forza: violenza da condannare, prova di attitudini regressive, primitive dei maschietti. E’ esattamente il contrario: un caso evidente di primitivismo è proprio Filippo, perfino nella tragicomica programmazione dell’omicidio, nell’incapacità di valutarne le conseguenze, sino a una fuga finita per mancanza di benzina. Ai giovani di sesso maschile non viene insegnato il rispetto della donna, ma il disprezzo di sé. Sei un violento, uno stupratore, un prevaricatore, gli grida un possente apparato di menzogne. Se diventa padre, lo si costringe a essere un “mammo”, amicone dei figli, abile solo nel cambio dei pannolini. A noi sconcerta la moda che impone ai padri di neonati di tenerli in grembo o in marsupi dietro la schiena, anziché tra le braccia, con forza, calore, protezione.

Dobbiamo credere , noi uomini – già colpevoli, in questa parte del mondo, di essere bianchi e normali, ossia etero – di essere il prodotto malriuscito della creazione, o dell’evoluzione al contrario. Negli stessi giorni della grancassa mediatica sulla morte di Giulia, la neo cultura batte un altro colpo. L’imperatore romano del III secolo Eliogabalo è riabilitato: la nuova sentenza – assoluzione in attesa della santificazione- è che era transessuale. In realtà era un sacerdote della divinità orientale di Iside e tentò di introdurre a Roma il culto del Sole Invitto, provocando forti resistenze che portarono al suo assassinio. Era noto per gli eccessi sessuali ed ebbe almeno cinque mogli e due “ mariti”. Wikipedia, bibbia del politicamente corretto, dà conto delle controversie sul suo “genere “ e sull’”orientamento sessuale”.

Diciamolo senza paura: episodi terribili come l’omicidio di Giulia sono sfruttati senza ritegno per portare nelle scuole, sin dall’infanzia, l’indottrinamento alla fluidità sessuale, i cui primi obiettivi sono la distruzione dell’ identità maschile e femminile. Il mondo di Eliogabalo. Non è un caso che siano tornati all’attacco i sostenitori del decreto Zan e l’intramontabile signora Cirinnà, quella del simil-matrimonio “per tutti”, madre, dice, di “ figli non umani”, i suoi amatissimi animali. Amano gli animali, detestano gli umani di ambo i sessi. Sì, perché la distruzione della figura del padre non risparmia la madre.

Non è del matriarcato che vanno in cerca: sarebbe comunque una forma di autorità, una linea di continuità. L’obiettivo è la decostruzione della donna. Le prove sono evidenti. Nel momento in cui si afferma – con uno sprezzo della verità che può sfuggire solo a soggetti cui è stato sottratto l’uso della vista e del cervello – che la maternità è costrutto “culturale”, imposto dal patriarcato, anzi dall’eteropatrircato ( gli omosessuali sono assolti dalle colpe maschili) si getta nell’immondizia la figura materna. Padre e madre sono figure complementari, espressione della polarità maschio femmina voluta dalla natura o dal Dio che abbiamo ucciso: simul stabunt, vel simul cadent, insieme staranno oppure insieme cadranno.

Qual è il modello femminile post moderno ? Innanzitutto non-madre, tanto che esiste la corrente delle donne child free, libere dai figli, come se generare fosse una prigione. Poi la virago interessata solo al successo, alla carriera, la cui iconografia è rigorosamente in pantaloni e giacca, un’imitazione peggiorativa, per cinismo e disumanità, dei modelli maschili negativi. Oppure una sballata che rivendica pseudo libertà che si trasformano in dipendenze.

Un manifesto “femminista” (?) del governo spagnolo, impegnatissimo sulle questioni di “genere”, mostra una ragazza in preda all’alcool, dall’aspetto deplorevole, reduce da una notte brava, accanto a una didascalia – slogan: sola e ubriaca voglio tornare a casa. Nessun dubbio sul diritto di non essere importunata o aggredita sessualmente, ma non sarebbe meglio impegnare il denaro dei contribuenti in campagne contro l’alcolismo e le droghe? Impossibile: si lederebbe la libertà, ridotta al diritto indiscutibile di fare qualsiasi cosa aggradi, ticchio o capriccio, anche distruttivo e autodistruttivo. Episodi ripugnanti come le accuse di stupro riguardanti figli di personaggi famosi hanno in comune l’abuso di alcool e “sostanze”, un divertimento volgare, compulsivo di persone vuote (maschi e femmine) tra musiche assordanti e una promiscuità figlia probabilmente della pornografia e dell’indistinzione tra reale e virtuale.

Se Filippo e altri esplodono in atti orribili è anche perché il modello dominante è la forma merce, il consumo. Gli esseri umani non sono cose, Giulia non era di Filippo, ma come spiegarlo a chi ha imparato dalla società che tutto è un “diritto”, anche capricci, anche gesti di possesso dell’Altro che un’educazione sana avrebbe quanto meno stigmatizzato. La reazione al rifiuto diventa il piagnucolio del bambino che non sa difendersi e “lo dice alla mamma, o alla maestra”; oppure la destabilizzazione rancorosa che sfocia talvolta in violenza vendicativa, drammatica nelle conseguenze, ma infantile perché è la reazione di chi ha perduto il giocattolo. Generazioni infantilizzate, confuse in quanto non viene mostrato loro un limite, insegnata la differenza tra bene e male. Chi non riceve mai rifiuti, chi non ascolta mai qualche salutare “no” da parte di un padre e di una madre, come può accettarne nel corso della vita?

Un ulteriore elemento di questa e di altre vicende è di tipo proiettivo, sostitutivo. Sconfitta la lotta di classe, impera la guerra dei sessi. Divide et impera, come sempre. Il mondo-mercato è individualista, nega la dimensione comunitaria, insegna a odiare l’altro in quanto concorrente, competitor, dicono i comici cultori della neolingua globish. Nulla di meglio, per l’oligarchia al potere, che la guerra tra uomini e donne, l’invenzione del femminicidio, l’omicidio “più” che abbatte l’uguaglianza di fronte alla legge.

La contrapposizione agonistica, vissuta nella forma della lotta continua tra minoranze rissose, incomunicabili, vittimiste, decise a rivendicare privilegi o risarcimenti, è un’assicurazione sulla vita e la riproduzione del vigente modello sociale, economico e antropologico, orribile quanto fallimentare. In tutto ciò fa capolino uno strano convitato di pietra, il satanismo. Riferimenti di quel tipo erano presenti sulla maglietta indossata dalla sorella di Giulia, una giovanissima Erinni che ha incolpato il mondo intero della tragedia, inanellando in poche frasi l’intero repertorio di luoghi comuni della subcultura sedicente progressista.

Va scusata, perché il dolore toglie il senno e per la giovane età. Certamente non immagina i significati degli strani simboli del suo abbigliamento. Tuttavia ci sembra di intravvedere nelle derive in atto l’azione di qualcosa di razionalmente indefinibile, maligno. Scrisse Emil Cioran che ogni civiltà morente aspetta sempre il suo barbaro, quello che le assesta il colpo di grazia. Come definire diversamente il mondo che produce troppi Filippo, che applaude orgogliosa ogni inversione , distrugge il padre, criminalizza gli uomini e la famiglia, svilisce le donna, irride la madre, ridotta a incubatrice al servizio di coppie danarose (gay ed etero) per le quali un figlio è un “diritto” da pagare in denaro? Il tempo di Eliogabalo.

4 Comments

  • Primula Nera 24 Novembre 2023

    Filippo Turetta non sembra affatto espressione di una società patriarcale, piuttosto appare come il prodotto di un processo di graduale devirilizzazione della figura maschile, incapace di sopportare ogni minima frustrazione e pieno di fragilità psicologiche
    Ridicole le scuse “a nome di tutti gli uomini” professate da certuni. Le responsabilità sono solo individuali, le “colpevolizzazioni collettive” hanno solo prodotto mostri nella Storia(e oggi il “white guilt” è uno dei pilastri dell’orripilante ideologia woke). Io sono maschio, bianco e non ho mai alzato le mani su una donna, ragion per cui non sento alcun bisogno di scusarmi di alcunchè. Il fatto che questo spregevole omicidio abbia scatenato(sui media) molta più attenzione di altri casi simili ,mi fa (un po’ maliziosamente) pensare che ciò sia dovuto, oltre che all’identità dell’assassino(giovane, bianco, di buona famiglia, presunto bravo ragazzo)utile alla bisogna, anche(forse soprattutto) come distrazione di massa(seppur temporanea) alla terrificante mattanza di civili palestinesi a Gaza ad opera degli Israeliani. La compattezza dei media mainstream non è riuscita qui a creare quel consenso(quasi) di massa nell’opinione pubblica, perfettamente riuscito in altri ambiti: vaccinazioni e green pass, crisi climatica, guerra russo-ucraina,etc,etc…

  • Gio 26 Novembre 2023

    Condivido la lucidissima analisi e sono disgustata dall’uso infame che si fa di Giulia e della sua vita, messa in piazza su copertine di rotocalchi come fosse una Belen. Nessun rispetto, nessuna pietas… una moltitudine di profittatori che alimentano e cavalcano lo sdegno collettivo, di categorie professionali le più disparate

  • Claudio Antonelli 26 Novembre 2023

    Femminicidi e violenze fatte alle donne

    In Italia, con toni allarmati e direi quasi isterici, si denunciano i femminicidi. L’uccisione di Giulia Cecchettin ha creato un clima da caccia all’uomo, anzi al “patriarca”. I dati statistici, mai menzionati, attestano invece che gli omicidi, in generale, sono in calo a causa dell’invecchiamento della popolazione, e che il femminicidio, in Italia, è meno diffuso che in altri paesi; anche se un contributo notevole alle violenze inflitte alle donne è ormai apportato, nella penisola, dagli stranieri, spesso residenti illegali.
    Stranamente è la Lettonia, Paese acclamato per il suo modernismo tecnologico e il suo progressismo, a far registrar in Europa il più alto numero di femminicidi. Mentre la Grecia, ancora patria del maschio tradizionale, è all’ultimo posto. Nel virtuoso Canada, e nel virtuosissimo Québec – dove io vivo – il numero dei femminicidi è molto più alto che nella penisola.
    La spiegazione di questo presunto boom di femminicidi: “È la reazione contro l’indipendenza delle donne. Più si rendono autonome, più la violenza contro di loro aumenta”. Il maschio, insomma, reagisce con la violenza alla sua perdita di potere e di prestigio. Il patriarcato è il mostro da abbattere. Ma occorrerebbe prima resuscitare questo mostro, dato che il patriarcato, in Occidente, non esiste.
    L’uomo di ieri si è certamente reso responsabile di molte prepotenze nei confronti delle donne. Ma oggi si tende a dare una rappresentazione caricaturale e grottesca del maschio tradizionale, che molti di noi hanno conosciuto dal vivo grazie ai nostri padri e ai nostri nonni. Si dimentica di menzionare il pesante fardello che le responsabilità famigliari e sociali imponevano al pater familias, in tempi che erano duri e difficili.
    Le femministe hanno voluto spogliare l’uomo dei suoi privilegi, veri o presunti, con il risultato che l’ex “uomo tutto d’un pezzo” si è trovato alleggerito di una serie di obblighi e di responsabilità nei confronti del gentil sesso. Ciò è evidente nei rapporti tra i giovani. Oggi si inneggia dalla mattina alla sera all’amore. Ma l’amore, quando è basato sull’attrattiva sessuale ossia sugli spermatozoi, può condurre ad eccessi anche fatali. Inoltre, l’esaltazione dei sentimenti, la libertà anarchica, il culto del piacere, il rifiuto di certe regole di un tempo connesse al ruolo di maschio, non possono che spingere certi giovani, ormai liberati dal giogo dei ruoli tradizionali e dagli interdetti, a comportarsi da predatori. E così questi maschi liberati vogliono accoppiarsi, senza troppo aspettare, con questa “donna-uomo” molto più debole fisicamente di loro, e che, libera, tende ad abbandonarsi al piacere dei comportamenti svincolati da ogni tabù, attraverso promiscuità, alcol, talvolta droga, e grande disinvoltura sessuale.
    Questa parificazione ha posto la donna in una posizione di vulnerabilità a causa di quel prezioso bene che è il suo apparato sessuale, potentissima calamita. E così si diffonde il fenomeno di giovani che nel corso di un party o dopo una serata in discoteca usano violenza sessuale, anche in gruppo, nei confronti dell’amica, che sarebbe ormai lecito chiamare l’“amico con la fi…a”, dato che la “political correctness” non ammette che esistano differenze tra i generi.
    In sintesi: questi comportamenti da giungla sono in parte anche i frutti tossici della liberazione dagli obblighi e tabù che gravavano sul maschio tradizionale nei confronti della donna; di cui l’immagine virtuosa era allora quella di madre, sorella, figlia, moglie, o addirittura nei paesi più retrogradi di “madonna”.
    Immagini fatte bersaglio incessante di fragorose pernacchie da parte delle nostre femministe, che sempre più numerose continuano, incattivite, a bersagliare non solo un patriarca che non esiste più, ma a combattere lo stesso ruolo di padre; personaggio evanescente e depotenziato di cui si fa volentieri a meno. E che quando esiste e agisce appare come il rudere di un modello famigliare ormai rottamato.

  • Alessandro 6 Dicembre 2023

    Tutto giusto. Ciò a cui abbiamo assistito è il matrix neofemminista andato in scena finalmente con tutti gli effetti speciali, visto che abitualmente preferisce procedere più sottotraccia.
    Di fronte a tutto questo viene da domandarsi se chi ne è divulgatore lo faccia scaltramente a ragion veduta oppure sia solo un ingranaggio inconsapevole del meccanismo. Probabilmente ci sono sia i primi che i secondi all’opera. Raccogliamo oramai i frutti di almeno trent’anni di devastazione culturale in Occidente. Ci siamo oramai ridotti a una marea di conformisti tronfi, inetti e stupidi.

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