12 Aprile 2024
Approfondimento Religione

Ex oriente lux, ma sarà poi vero?, sedicesima parte ˗ Fabio Calabrese

Vediamo di proseguire il discorso iniziato con l’articolo precedente. Come avete visto, mentre riserveremo a Una Ahnenerbe casalinga le questioni propriamente archeologiche, possiamo vedere che il concetto di “luce da oriente” si può interpretare anche in un altro modo, ossia quello della presunta superiorità intellettuale degli orientali su noi poveri Europei che la cultura dominante sembra voler indicare come gli “sfigati” per eccellenza, quasi a volerci persuadere che la nostra sparizione prevista e programmata dal piano Kalergi non sarebbe poi un gran danno per la specie umana. Questa favola di cui ci vogliono convincere, è composta di due parti: la presunta superiorità intellettuale degli asiatici di ceppo mongolico rispetto ai caucasici, e nell’ambito delle popolazioni caucasiche, “bianche”, degli ebrei rispetto agli indoeuropei. Poiché non è possibile sottoporre i sette miliardi e passa di esseri umani che attualmente popolano questo pianeta a test d’intelligenza, per analizzare la fondatezza di queste pretese, siamo ricorsi a un metodo indiretto, cioè valutare l’apporto degli uni e degli altri a quel complesso di idee e realizzazioni che possiamo chiamare “la civiltà”.

Dato che il “popolo eletto” sembra aver assunto una particolare importanza nel mondo attuale, ci siamo soffermati a vedere il contributo dato alla civiltà (nello specifico la forma che conosciamo come “occidentale”) degli ebrei più illustri, concludendo che questo apporto è stato essenzialmente negativo, consistendo nella diffusione di idee sostanzialmente false che hanno minato la cultura europea. La scorsa volta abbiamo parlato di Karl Marx, Sigmund Freud e Claude Levi Strauss, ma questa disamina è ancora lontana dall’essere completa.

Un fenomeno che salta agli occhi quando confrontiamo la cultura contemporanea con quella di un passato nemmeno tanto remoto, diciamo fino al XIX secolo, è la rapida degenerazione a cui sono andate incontro le arti figurative. Non è nemmeno possibile confrontare quello che è stato prodotto da un secolo in qua in questo campo, non diciamo con Michelangelo, Leonardo, Raffaello o con opere più antiche come i marmi del Partenone o le sculture di Fidia, ma nemmeno con l’opera di artisti molto più vicini a noi nel tempo: Canova, David, Delacroix. A molti darà fastidio ammetterlo, ma quando i nazionalsocialisti hanno condannato gli agglomerati informi o le macchie di colore su una tela che passano per “arte moderna” come arte degenerata, non hanno detto altro che la pura e semplice verità.

Bene, poiché a nessuno è dato di possedere il dono dell’onniscienza, vi confesserò di aver appreso solo recentemente e con sorpresa, che ad avviare il fenomeno della degenerazione dell’arte moderna, è stato proprio uno di quei “geniali” intelletti ebraici che sembrano avere il dono di contaminare tutto quello che toccano, Camille Pissarro che sembra sia stato il primo a infrangere il tradizionale tabù religioso ebraico (del tutto analogo a quello islamico) verso le arti figurative. Vale la pena, penso, di menzionare una questione che stuzzica molto la mia curiosità: questo cognome, Pissarro, anche se pronunciato alla francese con l’accento sull’ultima sillaba, denuncia un’origine iberica, ed è molto simile a quello del conquistador Francisco Pizarro, l’uomo che distrusse l’impero inca, e in effetti la rapacità dimostrata da quest’ultimo farebbe pensare a un’ascendenza circoncisa.

Secondo Silvano Lorenzoni, dietro il tabù verso le immagini che troviamo allo stesso modo nell’ebraismo e nell’islam, vi sarebbe un’insensibilità, una sorta di cecità verso le arti figurative che avrebbe un’origine genetica. Un’ipotesi che non mi sento affatto di escludere, se andiamo per esempio a confrontare la rozzezza e l’infantilismo degli idoli fenici, per esempio quelli ritrovati a Monte Sirai o nel tophet di Mozia con un’opera come la dama di Elche ritrovata in Spagna, eppure i Fenici ci sono presentati come un grande popolo, una cultura importante della storia antica da quegli stessi testi che ben raramente si degnano di nominare appena gli Iberici.

Parliamo di quello che viene universalmente considerato l’intelletto ebraico più geniale della nostra epoca, quello che ha posto le basi della fisica moderna, rivoluzionando e correggendo il lavoro già fatto da Isaac Newton, ossia Albert Einstein, il cui nome – possiamo dire – è stato associato al concetto stesso di genio.

Bisogna subito premettere che anche se si dovesse riconoscere a UN “figlio di Abramo” senza ombra di dubbio (e invece ce ne sono di ombre, e parecchie) una simile genialità, questo sarebbe in ogni caso molto lontano dal dover riconoscere agli ebrei nel loro complesso una superiorità intellettuale sui non circoncisi, anche considerando il fatto che, come abbiamo visto, finora gli apporti del “genio ebraico” si pongono regolarmente sotto il segno del negativo, della decadenza.

Inoltre, bisogna considerare il fatto che al di fuori dello specifico ambito scientifico, il “genio di Ulm” si dimostrò tutt’altro che geniale, mettendo il prestigio acquisito in tale campo al servizio di cause estremamente discutibili, come quando arrivò a sostenere la giustizia e correttezza di processi staliniani (bisogna dire che all’epoca le lobby ebraiche americane non erano ancora riuscite a imporre la completa subalternità della politica estera degli USA a Israele, come avvenne a partire dalla metà degli anni ’50, e l’Unione Sovietica era allora il principale sostegno internazionale del neonato stato ebraico; questo spiega molte cose).

In generale, tutte le prese di posizione di Einstein fuori dall’ambito scientifico sono state discutibili e non rivelano certo la genialità che gli viene perlopiù attribuita; è stato lui a fissare il cliché, verrebbe da dire la macchietta del genio che, per essere tale, occorre che sia anticonformista, ribelle, contrario all’ordine costituito, senza naturalmente porsi il problema di A CHE COSA ci si ribella, e IN NOME DI CHE COSA; è stato un po’ il padre di tutti gli anticonformisti rigorosamente uguali a tutti gli anticonformisti.

Se ricordate, tempo addietro, ho pubblicato su “Ereticamente” un articolo, I tre rabbini, in cui mi occupavo di Marx, Freud ed Einstein, e dove ho messo in luce precisamente questi aspetti del “genio di Ulm”, ragion per cui qui ora non mi sembra necessario occuparcene oltre, piuttosto ora cerchiamo di rispondere a una domanda a cui allora non avevo dato una risposta, e mi scuso fin d’ora se l’esposizione risulterà alquanto tecnica: la teoria einsteiniana della relatività è davvero quel pilastro assolutamente imprescindibile della fisica moderna?

Cominciamo subito con il notare che questa concezione è molto meno originale di quanto di solito non si pensi. Tutto l’impianto matematico della teoria, cioè la sua parte fondamentale, è stata rubacchiata a un fisico e matematico italiano oggi dimenticato, Gregorio Ricci Cubastro, ma l’idea che il tempo e lo spazio non sono “assoluti” e uniformi ma dipendono dalla presenza dei corpi contenuti in essi, è molto più antica di Einstein e perfino di Newton, risale ad Aristotele che faceva notare che se non ci fossero oggetti che cambiano, non avrebbe senso parlare di tempo.

In secondo luogo, esistono problemi di compatibilità fra la teoria della relatività e la meccanica quantistica, occorre osservare che vari ricercatori hanno tentato di proporre una “teoria del tutto” che dovrebbe unificarle, ma finora nessuno c’è mai riuscito.

Di evidenze sperimentali che contraddicano la relatività, sembra che non ve ne siano (sottolineo SEMBRA; un paio di anni fa, un fascio di neutrini “sparati” dall’acceleratore di particelle del CERN di Ginevra avrebbe raggiunto il Gran Sasso a una velocità superiore a quella della luce, e questo è in contraddizione con la teoria di Einstein, poi la cosa è stata smentita, si sarebbe trattato di un errore di misurazione; un errore o un “contrordine, compagni, la relatività non va toccata”? Considerate le manipolazioni che abbiamo visto in altri campi della ricerca, come l’archeologia e l’antropologia, il dubbio viene), tuttavia esistono degli “esperimenti concettuali” in contraddizione con essa.

Immaginiamo ad esempio una sfera che ruoti su se stessa a sufficiente distanza da qualsiasi altro corpo dell’universo per non subire effetti gravitazionali. Un corpo che si trovi sulla sua superficie sarebbe scagliato via se la forza centrifuga fosse maggiore dell’attrazione gravitazionale. Ora immaginiamo di far sparire il resto dell’universo. I casi sono due, o la forza centrifuga non dovrebbe più manifestarsi e l’oggetto rimarrebbe sulla superficie della sfera perché se ci si basa sulla relatività, la sfera non si muove dato che non c’è più un punto di riferimento esterno ad essa rispetto alla quale sia in movimento, e questo è un assurdo perché le influenze gravitazionali sfera-oggetto sulla superficie non sono cambiate, oppure il corpo continua a essere scagliato via, e allora bisogna ammettere uno spazio “newtoniano” rispetto a cui la sfera si muove.

Conseguenza della relatività è la famosa equazione e = M C al quadrato, che stabilisce un’equivalenza fra l’energia e e la massa M, secondo la quale l’energia sarebbe equivalente alla massa moltiplicata per il quadrato della velocità della luce C. Questa formula è un autentico assurdo; il rapporto fra due grandezze, infatti, dovrebbe essere un numero puro, non una grandezza a sua volta. C è una velocità, cioè spazio fratto tempo, il cui valore numerico dipende dalle unità di misura che decidiamo di assumere per il tempo e lo spazio: se misuriamo la velocità della luce in chilometri al secondo, il valore numerico di C e a maggior ragione di C alla seconda, è enorme, ma possiamo scegliere le unità di misura che vogliamo: se scegliamo l’anno luce e l’anno, il valore di C diventa 1 (La luce percorre 1 anno luce all’anno, ovviamente) e C alla seconda è sempre 1, perché 1 al quadrato rimane tale.

Semplificando, si otterrebbe e = M, il che significa che una deflagrazione nucleare non dovrebbe liberare più energia dello scoppio di un grosso petardo.

Io faccio presente di aver trovato quest’obiezione alla teoria di Einstein quando ero studente sui banchi del liceo, di averne parlato con i miei insegnanti e poi negli anni con numerosi colleghi di scienze e di fisica, e nessuno è stato finora in grado di darmi una risposta soddisfacente. La relatività: geniale scoperta scientifica o abilissima vendita di fumo? Si possono nutrire dubbi in proposito!

Sarebbe probabilmente necessario qualcuno con una competenza maggiore della mia nelle scienze fisiche, che “ripassasse” Einstein e la relatività come Michel Onfray ha fatto con Freud e la psicanalisi.

Sicuramente non ha avuto nella nostra cultura e nella nostra storia una posizione paragonabile a quella di Marx, di Freud o di Einstein, ma almeno nel campo specifico della fantascienza, della letteratura dell’immaginazione, nonché in quello della divulgazione scientifica, Isaac Asimov è stato certamente un personaggio di primo piano.

Tra il grosso pubblico, il nome di Asimov è enormemente pubblicizzato al punto da poter essere considerato praticamente un sinonimo di fantascienza, eppure, per quanto possa sembrare strano, fra gli appassionati, fra coloro che conoscono meglio il genere, è ben lontano dal ricevere la stessa stima. Perlopiù si ritiene che i suoi romanzi e i suoi racconti siano delle macchine (non sempre) ben congegnate, ma fredde, senz’anima, incapaci di trasmettere emozioni.

Anche la scientificità delle sue opere, che dovrebbe essere il suo cavallo di battaglia (talvolta, con un singolare pleonasmo, lo si è vantato come il maestro della “fantascienza scientifica”) lascia in realtà molto a desiderare; ad esempio nei romanzi del ciclo della Fondazione i suoi protagonisti balzano con disinvoltura da un sistema stellare all’altro, senza porsi nemmeno il problema delle distanze galattiche e dell’insuperabilità della velocità della luce, quando persino una serie televisiva dalla credibilità scientifica infima come Star Trek si è degnata di inventare la velocità curvatura.

Tanto meno hanno alcunché di scientificamente plausibile sono i robot che compaiono nel suo ciclo robotico: queste macchine pensanti avrebbero un “cervello positronico” cioè funzionante a positroni. Ora, per chi non lo sapesse, i positroni sono ANTIMATERIA che nel nostro mondo non può che annichilirsi trasformandosi in energia tutte le volte che entra in contatto con la materia ordinaria circostante, possono essere usati per produrre radiazioni come avviene con la PET (termografia a emissione di positroni) o al massimo una bomba, non certo l’hardware che dovrebbe fare da supporto a un’intelligenza artificiale. I suoi robot avrebbero sempre “la testa che gli scoppia”, letteralmente.

Un tratto caratteriale che Asimov aveva in comune con Freud era certamente l’enorme autostima. Una volta nel corso di un’intervista affermò, “Non credo che il genio sia ereditario, i miei figli non sono dei geni”, e in un articolo sull’ “Isaac Asimov’s Magazine” (è esistita e continua a esistere una rivista che porta il suo nome), si lamentò in tutta serietà del fatto che la scala Stanford-Binet, la scala normalmente usata nei test d’intelligenza, non permettesse di misurare quozienti superiori a 150 come quello che egli era convinto di possedere.

Mah, ho sempre avuto la strana idea che se si possiedono doti tanto eccelse non serve vantarle in giro, dovrebbero essere gli altri a riconoscerle oppure no.

“Hic Rhodus, hic salta”, dicevano gli antichi, se hai qualità così eccellenti, fammele vedere. Molti anni fa, ma me lo ricordo benissimo, la trasmissione televisiva “SuperQuark” condotta da Piero Angela mandò in onda un’intervista a Isaac Asimov sul futuro dell’umanità, e ricordo che attesi con vivo interesse il parere di un simile luminare sull’avvenire che presumibilmente ci attendeva; eravamo, per chiarire il concetto, agli inizi degli anni ’90. Per me fu una delusione tremenda. Dato che era stato intervistato in veste di divulgatore scientifico e non di autore di fantascienza, che senso aveva continuare a propalare tutto lo sciocchezzaio ottimistico dell’era di Campbell come se fossimo stati ancora negli anni ’30, come se nel frattempo non fossero emersi tutta una serie di fattori limitanti quali la scarsità delle fonti energetiche e di materie prime, la sovrappopolazione, l’inquinamento, la distruzione dell’ambiente e la massiccia estinzione di specie viventi? Un genio, si suppone, dovrebbe essere capace di vedere oltre la punta del suo naso.

Politicamente, Asimov è stato considerato esponente di una sinistra democratica, umanitaria e “liberal”. Un esempio concreto delle sue idee si può probabilmente trovare nella sua Guida alla fantascienza pubblicata in Italia da Mondadori (in realtà non si tratta affatto di una guida alla fantascienza ma di una raccolta di articoli slegati). Qui in particolare ci sono tre articoli che ci illuminano sul suo punto di vista: due dedicati alla fantascienza sovietica e uno a George Orwell. I primi due ci permettono di capire che egli aveva una visione molto positiva non solo della fantascienza di oltre la Cortina di Ferro ma anche dell’Unione Sovietica stessa, in termini tali che le origini russe dello stesso Asimov non potrebbero giustificare se non in modo molto parziale; il terzo è invece un attacco feroce, un tentativo di demolire l’autore di 1984 e della Fattoria degli animali in modo da non lasciarne pietra su pietra e, guarda caso, in questi due romanzi Orwell ha fatto del comunismo sovietico una caricatura spietata. Ovviamente, tra un intellettuale coraggioso giustamente preoccupato di quel che può fare l’eterna propensione umana alla tirannide congiunta a un uso distorto della tecnologia, e l’acritico cantore delle “Magnifiche sorti e progressive” credo che nessuno di noi abbia dubbi dalla parte di chi stare. Orwell, occorre ricordarlo, non era un uomo di destra, ma di formazione anarchica che durante la guerra di Spagna aveva fatto esperienza di chi realmente fossero i comunisti.

Soprattutto, mi chiedo, se ci si prosterna ai piedi del moloc sovietico e si odia ferocemente l’anticomunismo, la differenza fra la sinistra liberal e il comunismo che si dichiara apertamente tale, in che diavolo consiste?

In conclusione, noi possiamo riconoscere ai “figli di Abramo” un’indubbia abilità nel vendere la loro mercanzia, spesso avariata, aiutata dalla complicità reciproca e dalla mancanza di scrupoli nel prendere in giro i non circoncisi, ma fuori da questo, i segni di un intelletto superiore proprio non si vedono. Il confronto con le superiori intelligenze estremo-orientali, la verifica se esse sono veramente tali, dobbiamo ancora rimandarlo alla prossima volta.

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