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3 Maggio 2025
Politica

Che cos’è veramente l’antifascismo – Fabio Calabrese

Negli anni scorsi alla vigilia del 25 aprile, questa festa ridicola nella quale l’Italia celebra la sconfitta nella seconda guerra mondiale come se si fosse trattato di una vittoria, attirandoci, suppongo, il sarcasmo e la derisione del mondo intero, non ho mancato di dedicare a essa un articolo, e talvolta anche più di uno. Anno dopo anno, mi era sembrato di aver detto a questo riguardo tutto quanto fosse possibile dire, al punto che questa volta avevo pensato di non scrivere più nulla in proposito.

Forse l’ultima e unica cosa che resta da dire, è che, anche se stavolta c’è da aspettarsi che, essendo ormai trascorsi ottant’anni da quegli eventi e cadendo giusto l’ottantesimo anniversario, i media di regime battano la grancassa con strepito maggiore del solito, e ci possiamo aspettare di vedere le televisioni pubbliche inondate da stucchevoli e falsissimi film resistenziali, la presa sulla gente di tutto ciò è andata progressivamente e irreversibilmente scemando.

Con il tempo, nonostante tutti gli sforzi di regime, è diventato sempre più chiaro che la cosiddetta resistenza, ben lungi dal mostrare alcunché di eroico, fu un fenomeno prevalentemente banditesco, e non fu certo un’esperienza largamente condivisa, ma coinvolse prevalentemente una fazione, quella rossa che non aspirava a dare la libertà a popolo italiano, ma a instaurare nel nostro Paese una nuova e peggiore tirannide comunista, e ancora oggi è la celebrazione dei superstiti di questa ideologia cadaverica che ha intriso la storia del XX secolo di sangue, morte e oppressione.

Ancora oggi, i veri nemici della libertà difendono le loro menzogne per impedire alla gente di sapere e capire, con lo strumento della repressione, si vedano, ad esempio, ma non è un caso isolato, le disavventure giudiziarie a cui è andato incontro lo scrittore Gianfranco Stella, l’autore di Compagno mitra, per aver osato sollevare il velo sulla realtà brutale e criminale della cosiddetta resistenza.

Ma, come vi dicevo, mi sembrava di aver già detto praticamente tutto in proposito, tuttavia, per non lasciare sguarnita la posizione, e per di più proprio quest’anno che ricorre l’ottantesimo anniversario della fittizia “liberazione”, ho pensato di ripresentarvi uno stralcio di un mio testo, e però mi sono reso conto di non poterlo fare senza un’adeguata presentazione, che è appunto quella che avete ora sotto gli occhi.

Si tratta di uno stralcio dal mio libro Ma davvero veniamo dall’Africa?, riguardo al quale devo dirvi che è composto, a differenza del precedente Alla ricerca delle origini, da una serie di saggi e scritti relativamente indipendenti.

Uno di questi, Scienza e democrazia, affronta un discorso che io ritengo particolarmente importante, e affatto non privo di connessioni con la questione fascismo-antifascismo, e che ritengo opportuno ripetere qui.

Sappiamo che nei nostri ambienti è diffuso un atteggiamento anti-scientifico che porta molti di noi verso lo spiritualismo, l’esoterismo e altre cose che, violando il principio che la conoscenza deve riguardare l’interazione con un mondo altrettanto reale di quanto siamo reali noi, finiscono per non portare a nulla, se non a dare la sensazione di essere al di fuori della realtà, tuttavia è innegabile che esso è almeno psicologicamente giustificato dal fatto che i concetti e le teorie della “Scienza” democratica appaiono, e in effetti sono, altrettante armi puntate contro la nostra visione del mondo, dall’economia marxista alla psicanalisi freudiana, all’antropologia culturale, allo strutturalismo della Scuola di Francoforte, alla negazione dell’esistenza delle razze umane, eccetera, e la presunta teoria dell’origine africana della nostra specie, di noi tutti, è appunto una di esse.

Ma all’origine di tutto ciò, c’è un grosso malinteso o un inganno ben calcolato, infatti, se andiamo a esaminarla da vicino, ci accorgiamo che la “scienza” democratica non è affatto scienza, se con questo termine intendiamo la corretta applicazione del metodo galileiano di indagine del mondo basato su osservazione, esperimento, formulazione di teorie da mettere alla prova e da correggere mediante ulteriori esperimenti, ma ciarlataneria, fuffa, inganno anche grossolano, e tanto irrazionalismo, che fa appello alle emozioni o le manipola, piuttosto che alla ragione.

L’antifascismo fa parte di questo irrazionalismo dai toni spesso isterici, infatti si comprende bene che se la faccenda si svolgesse su un piano razionale, non avrebbe alcun senso prolungare all’infinito una lotta immaginaria contro regimi scomparsi ottant’anni fa, se non quello di dimostrare il proprio servilismo verso i vincitori di allora che sono diventati e continuano a essere i padroni di oggi.

E non si sottolineerà mi abbastanza il fatto che la seconda guerra mondiale si è conclusa con la sconfitta di tutta l’Europa, anche degli stati nominalmente vincitori, Gran Bretagna, Francia e tutti gli altri, che hanno perso i loro domini coloniali e hanno visto ridurre enormemente la loro importanza sulla scena del mondo, e a cui oggi, non meno che a noi, dopo la fine della Guerra Fredda, viene presentata la seconda rata del debito contratto con la sconfitta del nostro continente, la più pesante e dalle conseguenze più disastrose a lungo termine, la morte dei popoli europei per sostituzione etnica.

In questo triste scenario, c’è almeno un’amara soddisfazione, possiamo dire che i nostri padri che hanno affrontato i colossi americano e sovietico, hanno combattuto dalla parte giusta.

Eccovi dunque la mia analisi, che vi ripropongo, sull’irrazionalismo di base dell’antifascismo.

Ho scritto questo brano nel 2022, e davvero mi pare che non vi sia nulla da aggiungere, se non il fatto che il residuale e sempre meno credibile antifascismo non perde mai un’occasione per dimostrarsi, volgare, stupido, violento e soprattutto anti-italiano. Ne abbiamo avuto uno spiacevole esempio qui da noi a Trieste, dove alla vigilia della ricorrenza del 10 febbraio, il monumento della foiba di Basovizza, che ricorda non solo i triestini trucidati in quel luogo dai partigiani comunisti jugoslavi per la colpa di essere italiani, ma anche le migliaia di altri nostri connazionali barbaramente massacrati in tutta l’Istria e la Venezia Giulia prebellica dai boia con la stella rossa per la medesima colpa, imbrattato da scritte in sloveno inneggianti alle foibe e all’odio anti-italiano.

Ecco cosa sono questi nuovi partigiani: topi di fogna che imbrattano i monumenti e se la prendono coi morti perché sono troppo vigliacchi per avere il coraggio di affrontare i vivi.

C’è infine un’altra forma di irrazionalismo democratico il cui impatto sulla nostra cultura al di fuori della dimensione politica è certamente sottovalutato: l’antifascismo. L’antifascismo non ha principalmente lo scopo di combattere un fascismo che non esiste più da tre quarti di secolo, ma piuttosto quello di legittimare il potere che i vincitori del secondo conflitto mondiale esercitano sull’Europa, ed è questo che spiega ad esempio perché, apparentemente contro ogni logica storica, vediamo a decenni dalla fine di quel conflitto, inasprite le leggi sui “reati d’opinione” contro quest’area politica. Oggi che il potere ha deciso la fine dei popoli europei per sostituzione etnica, è per esso più che mai necessario tappare gli occhi e le bocche, ottenebrare le coscienze, e lo strumento più semplice per farlo, è condannare come “fascisti” tutti i movimenti di opposizione e resistenza all’invasione e alla sostituzione etnica.

Per questo, non deve stupire che l’antifascismo sia una forma di “pensiero” superstizioso e stregonesco che tende a spostare sempre di più il confronto dal terreno dell’analisi storica e politica a quello della demonologia.

Alcuni esempi, tanto per fare chiarezza su questo punto: al termine della seconda guerra mondiale, i reparti dell’Aviazione Repubblicana che avevano combattuto nelle file della Repubblica Sociale (e salvato le vite di migliaia di nostri connazionali, abbattendo i quadrimotori “alleati” che nonostante il voltafaccia dell’8 settembre continuavano a martoriare le nostre città e a massacrare la nostra gente) furono puniti trasformandoli in reparti di artiglieria contraerea. Ma poiché nessun combattente della RSI ha poi militato nelle forze armate postbelliche, a essere “puniti” da questa retrocessione furono le insegne, i simboli di quei reparti.

Un altro esempio più recente: non molto tempo addietro sono stati messi fuorilegge i tradizionali bottoni dei loden, perché il disegno formato dalle striscette di cuoio incrociate ricorderebbe – dicono – la svastica. E’ chiaro che nessuno può o poteva essere sospettato di simpatie naziste per il fatto di indossare un loden, è proprio il simbolo in sé a fare paura.

Un altro esempio ancora: nel dopoguerra in Germania fu impedito all’ex generale Hanns Speidel di occuparsi di politica militando nella Democrazia Cristiana tedesca. Speidel era sicuramente un antinazista, aveva fatto parte della cospirazione del 1944 nota come operazione Valchiria, culminata nell’attentato di von Stauffenberg, ed era miracolosamente sopravvissuto alle “cure” della Gestapo, ma tutto ciò non contava o gli si ritorceva contro: aveva avuto a che fare con Hitler, ed era quindi un uomo “contaminato”.

In qualche modo analoga è stata anche la vicenda dello scrittore tedesco Gunther Grass. Solo in tempi relativamente recenti è venuto alla luce suscitando un notevole scandalo, un fatto che Grass (che è oggi uno dei più apprezzati autori di lingua tedesca) aveva tenuto accuratamente nascosto per gran parte della sua vita: che nel 1945, allora sedicenne, era stato arruolato in un battaglione carri delle Waffen SS.

Su ciò, considerando i riflessi negativi che ciò nel clima postbellico avrebbe potuto avere sulla sua carriera di scrittore, penso che Grass abbia fatto benissimo a mantenere il silenzio, ma se ci pensate è non solo paradossale ma un indice della perversione morale dei nostri tempi, il fatto che un uomo debba nascondere come una vergogna quello che per chiunque, in qualsiasi epoca e in qualsiasi circostanza dovrebbe essere il maggior motivo di fierezza: aver difeso in armi la propria patria.

Le Waffen SS, lo sappiamo, furono molte cose, tra l’altro la “legione straniera del Terzo Reich”, in ogni caso unità combattenti che nulla avevano a che fare coi campi di concentramento. Dopo l’attentato di Von Stauffenberg e la repressione che ne seguì che lasciò la Wehrmacht decapitata, rimasero in pratica quasi l’unica forza combattente organizzata della Germania, e non fa alcuna meraviglia che l’ultima leva di giovani combattenti tedeschi fosse indirizzata verso di esse.

Il punto è che noi queste cose le sappiamo, ma le sanno anche gli antifascisti, almeno quelli non proprio trinariciuti e del tutto privi di cultura storica. Allora perché Grass è stato costretto al sotterfugio mentre se fosse stato arruolato nella Wehrmacht la cosa non gli avrebbe verosimilmente provocato alcun discredito? E’ abbastanza semplice da capire: perché comunque ha portato sul colletto le stesse rune dei guardiani dei lager. Sono queste ultime, le rune, i simboli, a scandalizzare e spaventare gli antifascisti. Una volta di più torniamo all’antifascismo come “pensiero” irrazionale, superstizioso, “magico” e stregonesco.

Siamo, lo si vede bene, a livello di “operazioni magiche” in un universo simbolico. Attraverso l’antifascismo, un altro filone di irrazionalità si riversa a contaminare la nostra cultura.

NOTA: Nell’illustrazione, il monumento della foiba di Basovizza, che ci ricorda quale orrore e quale odio anti-italiano si nascondono dietro l’antifascismo.

2 Comments

  • Claudio Antonelli 22 Aprile 2025

    In un’Europa unificata che avrebbe dovuto seppellire gli odi, assistiamo ogni anno, sotto la regia americana, alla vibrante ma ossessiva celebrazione della seconda Guerra mondiale, alias guerra civile europea. Da cui l’Europa mai piu’ si riprenderà. L’apoteosi celebrativa è raggiunta, ogni anno, dal “D Day”, presentato come il momento culminante di una vicenda di tipo hollywoodiano. Il tutto serve a rinfocolare l’odio verso i tedeschi di ieri, assurti ad eterna incarnazione del male assoluto. Cio’ avviene in un’Europa che ha come sua ragion d’essere il superamento degli egoismi nazionali e delle divisioni, in nome dell’unità e dell’armonia. E in questa nuova Europa, proiettata verso l’avvenire, i tedeschi, quelli di oggi, paradossalmente sono divenuti i primi della classe.
    Delle terribili incursioni aeree subite dall’Italia per opera delle forze alleate nel corso della Liberazione si dice poco o nulla. Forse perché quei momenti storici potrebbero dar la stura a un pericoloso revisionismo che è doveroso tener invece ben tappato nelle pieghe del tempo.
    Ebbene, vi sono libri che non possono ignorare certe tremende pagine di storia che videro i bombardamenti indiscriminati di città e paesini italiani, con alte perdite tra la popolazione civile, e guasti tremendi a case e monumenti. Questi libri sono le guide turistiche cartacee dedicate all’Italia ossia i libri di viaggio, in cui gli autori cercano di trovare le parole giuste per spiegare perché in questa o quella località italiana, che stanno descrivendo, non ci sono piu’ certi monumenti storici di cui oggi abbiamo solo una ricostruzione.
    Immagino che anche un viaggiatore non completamente digiuno di nozioni storiche rimanga stupito, perché non adeguatamente preparato, di fronte all’entità dei disastri provocati dai liberatori nei luoghi italiani piu’ belli, con pietre storiche polverizzate dai bombardamenti “intelligenti”. Cassino ne è un tragico esempio. Il tutto a fin di bene, naturalmente. Tutti noi sappiamo che il fine giustifica i mezzi. E di mezzi – occorre dire – non fu fatto certamente risparmio. E inoltre, secondo la vulgata, dopo quel cosmico “lieto fine” che mise fine al male assoluto, l’umanità conquisto’ il diritto di vivere felice e contenta; anche se con nuove guerre e nuovi bombardamenti…
    In Italia, nel celebrare la Liberazione, mai che qualcuno della torre eburnea, alias stanza dei bottoni, ricordasse la perdita delle nostre terre dell’Adriatico orientale e la triste sorte toccata alle popolazioni autoctone italiane, vittime, attraverso le foibe e altri metodi fantasiosi di morte, della ferocia del comunismo slavo. E mai che il presidente di turno della repubblica italiana, nei suoi discorsi celebrativi della Liberazione, facesse un semplice accenno agli aspetti tragici della tremenda nostra sconfitta militare, con i bombardamenti subiti dalla popolazione, e con le marocchinate, con la guerra civile, con la perdita di parti del territorio nazionale.
    Ma tutto ciò che è nazionale suscita allarme e riprovazione nell’Italia delle fazioni, degli opportunismi, e della celebrazione del mondialismo finanziario, vaticano o comunista anzi ex comunista. E non dimentichiamoci che da allora, nelle stanze del potere, sono stati ben presenti anche i compagni di partito di coloro che in quel glorioso periodo lottarono per cedere anche Trieste alla Jugoslavia, e per i quali noi profughi adriatici eravamo “nemici del popolo”. Quella Jugoslavia tanto ammirata e amata anche in Italia, ma che non ritroviamo più sulle carte geografiche perché dissoltasi nel sangue. E che neppure è visibile in quelle antiche, perché inesistente anche allora.

  • Claudio Antonelli (Antonaz) 26 Aprile 2025

    Le nuove “marocchinate”
    L’Italia, che pur è conosciuta all’estero come il paese della Mafia, della ‘Ndrangheta, della Camorra e degli uomini violenti e traditori, è in realtà un paese di paurosi; come io, purtroppo, constato ogni volta che vengo in vacanza nell’ex Bel Paese. Nello Stivalone, infatti, pochissimi sono pronti a farsi avanti per prendere le difese di chi subisce il comportamento insistente e spesso anche tracotante e minaccioso di un extracomunitario. Vedi la situazione nelle stazioni ferroviarie, su certi treni, e un po’ ovunque. Nessuno interviene. E questi extracomunitari subito capiscono, sbarcati in Italia, che l’italiano medio è un tipo che se la fa sotto, e quindi approfittano per fottersi oppure rompere alcuni dei tanti balocchi che si trovano a portata della loro mano, in questo straordinario paese dei balocchi che è l’Italia.
    “Tutto il mondo è paese” si sente ripetere continuamente in Italia. In realtà esistono razze guerriere e predatorie, e l’italiana non è certamente una di queste. A queste appartengono invece, con orgoglio – ma fatte salve le numerose, lodevolissime eccezioni – i marocchini e i magrebini pronti un tempo ad aggredire le loro prede di guerra (vedi anche il film la Ciociara) e oggi quelle di pace. Ma non sono le sole razze guerriere (o se volete “etnie”, “gruppi culturali”, ecc. ecc), come la cronaca nera ci insegna, con rappresentanti, infatti, di ogni angolo dell’Africa. A loro non deve sembrare vero di trovarsi in una terra di vecchi e di paurosi dove nessuno reagisce. Dovrebbe invece essere sufficiente il ricordo delle marocchinate da noi subite nell’ultima guerra – donne e uomini senza distinzione, perché i nostri liberatori non discriminavano troppo quanto al “genere” delle prede da violentare – per infiammare i nostri animi e spingerci ad intervenire. Ma nessuno mai che facesse un parallelo tra le “marocchinate” di ieri e quelle di oggi… Cosa volete, siamo un popolo senza memoria e senza dignità nazionale. Ci ricordiamo, invece, con piacere ed orgoglio della nostra sconfitta e della guerra civile.
    No, tutto il mondo non è paese: basta attraversare la frontiera e andare in Slovenia o Croazia, dove trionfano ordine e pulizia, per rendersi conto che, lì, lo straniero che volesse fare il prepotente o volesse lordare i luoghi sarebbe preso immediatamente a calci dalla gente presente.
    Del resto, tra gli stessi mendicanti, alcolizzati, e criminali, vi è una forte rappresentanza di individui provenienti dall'”Ex Jugoslavia”, terra inospitale per i trasgressori sia quelli locali sia soprattutto per i tragressori stranieri. Cosa volete, vengono da noi perché sono attratti dal paese dei balocchi dove la gente è capace soprattutto di “portare avanti il discorso” e dove le forze progressiste sono coraggiosamente impegnate a combattere un inesistente fascismo.
    Potete immaginare i sentimenti di un esule, originario di un angolo di terra dell’ex-Jugoslavia, da cui forse proviene uno di questi individui (è la triste realtà di Trieste e dintorni), dallo spirito combattivo e che confrontano, voi, ormai in avanti con gli anni, con fare spesso aggressivo. Vi hanno preso la terra e oggi, non soddisfatti, vengono a casa vostra.
    Se ci fosse una guerra civile allora, sì, la gente del Bel Paese si scatenerebbe contro i suoi nemici: gli altri italiani. Come è già avvenuto e forse, chissà, un giorno avverrà. La celebrazione in gran pompa, ogni anno, in un crescendo alla Bolero di Ravel, della cosiddetta Liberazione, ne è la triste conferma. Del resto il conflitto civile è tenuto vivo grazie anche alle ricorrenti incursioni violente degli squadristi dalla bandiera rossa dei centri sociali, in prima linea nel combattere un fascismo morto e sepolto tre quarti di secolo fa.
    Siamo un popolo abituato da sempre ad essere dominato dallo straniero. Un tempo erano degli stranieri a cavallo o in carrozza, e con sontuosi abiti o luccicanti armature, e talvolta con la parrucca. Oggi sono degli stranieri spesso con le pezze al c…o, e di cui le nostre autorità spesso non conoscono neppure l’identità anagrafica. Ma che sono rifocillati e beatificati dalle forze poltiche progressiste, cosi’ amanti del diverso, ma un diverso straniero, ma mai e poi mai di un diverso nostrano amante della Nazione, la nostra Nazione.
    Forse anche questo è progresso: progresso buonista. Il tutto in nome dell’antifascismo, del mondialismo, dei buoni rapporti con l’Altro – ricordate i famigerati rapporti di buon vicinato, in posizione supina, con la gloriosa Jugoslavia di Tito? – e dell’abusivismo, della vigliaccheria e della mancanza di spirito nazionale e di spina dorsale. E in nome di una falsa Liberazione.

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