Negli anni scorsi alla vigilia del 25 aprile, questa festa ridicola nella quale l’Italia celebra la sconfitta nella seconda guerra mondiale come se si fosse trattato di una vittoria, attirandoci, suppongo, il sarcasmo e la derisione del mondo intero, non ho mancato di dedicare a essa un articolo, e talvolta anche più di uno. Anno dopo anno, mi era sembrato di aver detto a questo riguardo tutto quanto fosse possibile dire, al punto che questa volta avevo pensato di non scrivere più nulla in proposito.
Forse l’ultima e unica cosa che resta da dire, è che, anche se stavolta c’è da aspettarsi che, essendo ormai trascorsi ottant’anni da quegli eventi e cadendo giusto l’ottantesimo anniversario, i media di regime battano la grancassa con strepito maggiore del solito, e ci possiamo aspettare di vedere le televisioni pubbliche inondate da stucchevoli e falsissimi film resistenziali, la presa sulla gente di tutto ciò è andata progressivamente e irreversibilmente scemando.
Con il tempo, nonostante tutti gli sforzi di regime, è diventato sempre più chiaro che la cosiddetta resistenza, ben lungi dal mostrare alcunché di eroico, fu un fenomeno prevalentemente banditesco, e non fu certo un’esperienza largamente condivisa, ma coinvolse prevalentemente una fazione, quella rossa che non aspirava a dare la libertà a popolo italiano, ma a instaurare nel nostro Paese una nuova e peggiore tirannide comunista, e ancora oggi è la celebrazione dei superstiti di questa ideologia cadaverica che ha intriso la storia del XX secolo di sangue, morte e oppressione.
Ancora oggi, i veri nemici della libertà difendono le loro menzogne per impedire alla gente di sapere e capire, con lo strumento della repressione, si vedano, ad esempio, ma non è un caso isolato, le disavventure giudiziarie a cui è andato incontro lo scrittore Gianfranco Stella, l’autore di Compagno mitra, per aver osato sollevare il velo sulla realtà brutale e criminale della cosiddetta resistenza.
Ma, come vi dicevo, mi sembrava di aver già detto praticamente tutto in proposito, tuttavia, per non lasciare sguarnita la posizione, e per di più proprio quest’anno che ricorre l’ottantesimo anniversario della fittizia “liberazione”, ho pensato di ripresentarvi uno stralcio di un mio testo, e però mi sono reso conto di non poterlo fare senza un’adeguata presentazione, che è appunto quella che avete ora sotto gli occhi.
Si tratta di uno stralcio dal mio libro Ma davvero veniamo dall’Africa?, riguardo al quale devo dirvi che è composto, a differenza del precedente Alla ricerca delle origini, da una serie di saggi e scritti relativamente indipendenti.
Uno di questi, Scienza e democrazia, affronta un discorso che io ritengo particolarmente importante, e affatto non privo di connessioni con la questione fascismo-antifascismo, e che ritengo opportuno ripetere qui.
Sappiamo che nei nostri ambienti è diffuso un atteggiamento anti-scientifico che porta molti di noi verso lo spiritualismo, l’esoterismo e altre cose che, violando il principio che la conoscenza deve riguardare l’interazione con un mondo altrettanto reale di quanto siamo reali noi, finiscono per non portare a nulla, se non a dare la sensazione di essere al di fuori della realtà, tuttavia è innegabile che esso è almeno psicologicamente giustificato dal fatto che i concetti e le teorie della “Scienza” democratica appaiono, e in effetti sono, altrettante armi puntate contro la nostra visione del mondo, dall’economia marxista alla psicanalisi freudiana, all’antropologia culturale, allo strutturalismo della Scuola di Francoforte, alla negazione dell’esistenza delle razze umane, eccetera, e la presunta teoria dell’origine africana della nostra specie, di noi tutti, è appunto una di esse.
Ma all’origine di tutto ciò, c’è un grosso malinteso o un inganno ben calcolato, infatti, se andiamo a esaminarla da vicino, ci accorgiamo che la “scienza” democratica non è affatto scienza, se con questo termine intendiamo la corretta applicazione del metodo galileiano di indagine del mondo basato su osservazione, esperimento, formulazione di teorie da mettere alla prova e da correggere mediante ulteriori esperimenti, ma ciarlataneria, fuffa, inganno anche grossolano, e tanto irrazionalismo, che fa appello alle emozioni o le manipola, piuttosto che alla ragione.
L’antifascismo fa parte di questo irrazionalismo dai toni spesso isterici, infatti si comprende bene che se la faccenda si svolgesse su un piano razionale, non avrebbe alcun senso prolungare all’infinito una lotta immaginaria contro regimi scomparsi ottant’anni fa, se non quello di dimostrare il proprio servilismo verso i vincitori di allora che sono diventati e continuano a essere i padroni di oggi.
E non si sottolineerà mi abbastanza il fatto che la seconda guerra mondiale si è conclusa con la sconfitta di tutta l’Europa, anche degli stati nominalmente vincitori, Gran Bretagna, Francia e tutti gli altri, che hanno perso i loro domini coloniali e hanno visto ridurre enormemente la loro importanza sulla scena del mondo, e a cui oggi, non meno che a noi, dopo la fine della Guerra Fredda, viene presentata la seconda rata del debito contratto con la sconfitta del nostro continente, la più pesante e dalle conseguenze più disastrose a lungo termine, la morte dei popoli europei per sostituzione etnica.
In questo triste scenario, c’è almeno un’amara soddisfazione, possiamo dire che i nostri padri che hanno affrontato i colossi americano e sovietico, hanno combattuto dalla parte giusta.
Eccovi dunque la mia analisi, che vi ripropongo, sull’irrazionalismo di base dell’antifascismo.
Ho scritto questo brano nel 2022, e davvero mi pare che non vi sia nulla da aggiungere, se non il fatto che il residuale e sempre meno credibile antifascismo non perde mai un’occasione per dimostrarsi, volgare, stupido, violento e soprattutto anti-italiano. Ne abbiamo avuto uno spiacevole esempio qui da noi a Trieste, dove alla vigilia della ricorrenza del 10 febbraio, il monumento della foiba di Basovizza, che ricorda non solo i triestini trucidati in quel luogo dai partigiani comunisti jugoslavi per la colpa di essere italiani, ma anche le migliaia di altri nostri connazionali barbaramente massacrati in tutta l’Istria e la Venezia Giulia prebellica dai boia con la stella rossa per la medesima colpa, imbrattato da scritte in sloveno inneggianti alle foibe e all’odio anti-italiano.
Ecco cosa sono questi nuovi partigiani: topi di fogna che imbrattano i monumenti e se la prendono coi morti perché sono troppo vigliacchi per avere il coraggio di affrontare i vivi.
C’è infine un’altra forma di irrazionalismo democratico il cui impatto sulla nostra cultura al di fuori della dimensione politica è certamente sottovalutato: l’antifascismo. L’antifascismo non ha principalmente lo scopo di combattere un fascismo che non esiste più da tre quarti di secolo, ma piuttosto quello di legittimare il potere che i vincitori del secondo conflitto mondiale esercitano sull’Europa, ed è questo che spiega ad esempio perché, apparentemente contro ogni logica storica, vediamo a decenni dalla fine di quel conflitto, inasprite le leggi sui “reati d’opinione” contro quest’area politica. Oggi che il potere ha deciso la fine dei popoli europei per sostituzione etnica, è per esso più che mai necessario tappare gli occhi e le bocche, ottenebrare le coscienze, e lo strumento più semplice per farlo, è condannare come “fascisti” tutti i movimenti di opposizione e resistenza all’invasione e alla sostituzione etnica.
Per questo, non deve stupire che l’antifascismo sia una forma di “pensiero” superstizioso e stregonesco che tende a spostare sempre di più il confronto dal terreno dell’analisi storica e politica a quello della demonologia.
Alcuni esempi, tanto per fare chiarezza su questo punto: al termine della seconda guerra mondiale, i reparti dell’Aviazione Repubblicana che avevano combattuto nelle file della Repubblica Sociale (e salvato le vite di migliaia di nostri connazionali, abbattendo i quadrimotori “alleati” che nonostante il voltafaccia dell’8 settembre continuavano a martoriare le nostre città e a massacrare la nostra gente) furono puniti trasformandoli in reparti di artiglieria contraerea. Ma poiché nessun combattente della RSI ha poi militato nelle forze armate postbelliche, a essere “puniti” da questa retrocessione furono le insegne, i simboli di quei reparti.
Un altro esempio più recente: non molto tempo addietro sono stati messi fuorilegge i tradizionali bottoni dei loden, perché il disegno formato dalle striscette di cuoio incrociate ricorderebbe – dicono – la svastica. E’ chiaro che nessuno può o poteva essere sospettato di simpatie naziste per il fatto di indossare un loden, è proprio il simbolo in sé a fare paura.
Un altro esempio ancora: nel dopoguerra in Germania fu impedito all’ex generale Hanns Speidel di occuparsi di politica militando nella Democrazia Cristiana tedesca. Speidel era sicuramente un antinazista, aveva fatto parte della cospirazione del 1944 nota come operazione Valchiria, culminata nell’attentato di von Stauffenberg, ed era miracolosamente sopravvissuto alle “cure” della Gestapo, ma tutto ciò non contava o gli si ritorceva contro: aveva avuto a che fare con Hitler, ed era quindi un uomo “contaminato”.
In qualche modo analoga è stata anche la vicenda dello scrittore tedesco Gunther Grass. Solo in tempi relativamente recenti è venuto alla luce suscitando un notevole scandalo, un fatto che Grass (che è oggi uno dei più apprezzati autori di lingua tedesca) aveva tenuto accuratamente nascosto per gran parte della sua vita: che nel 1945, allora sedicenne, era stato arruolato in un battaglione carri delle Waffen SS.
Su ciò, considerando i riflessi negativi che ciò nel clima postbellico avrebbe potuto avere sulla sua carriera di scrittore, penso che Grass abbia fatto benissimo a mantenere il silenzio, ma se ci pensate è non solo paradossale ma un indice della perversione morale dei nostri tempi, il fatto che un uomo debba nascondere come una vergogna quello che per chiunque, in qualsiasi epoca e in qualsiasi circostanza dovrebbe essere il maggior motivo di fierezza: aver difeso in armi la propria patria.
Le Waffen SS, lo sappiamo, furono molte cose, tra l’altro la “legione straniera del Terzo Reich”, in ogni caso unità combattenti che nulla avevano a che fare coi campi di concentramento. Dopo l’attentato di Von Stauffenberg e la repressione che ne seguì che lasciò la Wehrmacht decapitata, rimasero in pratica quasi l’unica forza combattente organizzata della Germania, e non fa alcuna meraviglia che l’ultima leva di giovani combattenti tedeschi fosse indirizzata verso di esse.
Il punto è che noi queste cose le sappiamo, ma le sanno anche gli antifascisti, almeno quelli non proprio trinariciuti e del tutto privi di cultura storica. Allora perché Grass è stato costretto al sotterfugio mentre se fosse stato arruolato nella Wehrmacht la cosa non gli avrebbe verosimilmente provocato alcun discredito? E’ abbastanza semplice da capire: perché comunque ha portato sul colletto le stesse rune dei guardiani dei lager. Sono queste ultime, le rune, i simboli, a scandalizzare e spaventare gli antifascisti. Una volta di più torniamo all’antifascismo come “pensiero” irrazionale, superstizioso, “magico” e stregonesco.
Siamo, lo si vede bene, a livello di “operazioni magiche” in un universo simbolico. Attraverso l’antifascismo, un altro filone di irrazionalità si riversa a contaminare la nostra cultura.
NOTA: Nell’illustrazione, il monumento della foiba di Basovizza, che ci ricorda quale orrore e quale odio anti-italiano si nascondono dietro l’antifascismo.
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