9 Aprile 2024
Storia

8 Settembre, l’Italia badogliana e l’Italia che non si arrese

Articolo a cura di Nicole Ledda dell’Associazione culturale Zenit

«Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.» Sono le ore 19 e 42 dell’otto settembre 1943, quando con queste parole, pietro badoglio (il minuscolo è voluto) è costretto ad annunciare ai microfoni dell’EIAR, la resa alle truppe angloamericane, rendendo noto l’armistizio di Cassibile, datato tre settembre. L’Italia è ancora alleata della Germania e il coraggioso maresciallo, vogliate perdonarci l’ironia, è ben cosciente di ciò, motivo per cui cerca di tergiversare. Gli alleati vogliono però che l’armistizio venga immediatamente reso pubblico e per mettere alle strette badoglio, utilizzano l’unico metodo che conoscono alla perfezione: le bombe. “ai serva Italia di dolore ostello”, bersaglio del piombo dei centotrenta B-17, sono dapprima le città di Viterbo e Civitavecchia, a seguire Napoli. Si dice “vedi Napoli e poi muori” ma pretendere dagli americani questa sensibilità è a dir poco utopico. Dal governo italiano non arrivano risposte ma il tempo messoci a disposizione è finito. E’ la voce del Generale Eisenhower ad annunciare la resa dai canali di Radio Algeri. Per tutta la Penisola è il delirio. Al sud Italia sbarcano i “conquistatori”, mentre i vertici militari, la famiglia reale e il capo del governo, fuggono da Roma, dapprima verso Pescara e poi verso Brindisi, lasciando l’esercito allo sbando e senza direttive. Al nord le truppe tedesche danno luogo all’operazione ACHSE (asse) con l’intento di occupare tutto il suolo Italiano: è una corsa contro il tempo. Qui si fa la storia è il caso di dirlo, è il punto di non ritorno e ambo gli schieramenti ne sono consapevoli. La sempre eterna battaglia del Sangue contro l’oro, la civiltà che sfida il nulla imperante che avanza, lo spirito che si scaglia contro gli interessi, il sogno imperiale che assalta il colonialismo più bieco e mondialista.

Barricate contro l’invasore da subito padrone in casa nostra, barricate contro chi è entrato massacrando i nostri uomini e violentando le nostre donne, perlopiù le nostre bambine. Come non ricordare le rappresaglie che vedevano il rapporto di uno a cinquanta uomini, in caso venisse toccato un soldato alleato? Vergogniamoci! Abbiamo permesso che queste bestie vengano considerate eroi, i valorosi liberatori. Ci vuole coraggio per non salire sul carro dei vincitori ormai in marcia da settant’anni. Incazziamoci! Affinché la storia si ricordi che i nostri eroi son ben altri. Per non cedere ai colpi in pieno volto e sotto la cinta del pensiero unico dominante, scaviamo idealmente le nostre trincee in cui asserragliarsi quando ci sembrerà inutile credere, quando ci sentiremo più soli e persi, poiché questo è il nostro appuntamento con la storia, è la nostra battaglia e non è ancora persa.

Un dovere. Per le generazioni future e per chi ci ha preceduto; per le oltre diecimila vittime civili di bombe e rappresaglie; per chi è stato mutilato, vessato, stuprato; per chi è stato costretto ad avere paura e per chi ha avuto coraggio e ardore. Per tutti quegli uomini e quelle donne, non solo dimenticati dalla storia, ma la cui memoria è stata addirittura infangata. Per i seicento giorni d’onore d’Italia, parafrasando il motto della Repubblica Sociale; per l’ambizioso e rivoluzionario progetto voluto con i Diciotto Punti di Verona; per Alessandro Pavolini che pur potendo non fugge e va a cercare la bella morte; per le brigate nere; per quei patrioti che si arruolano volontariamente, con il sorriso, spavaldi come solo gli adolescenti quali erano, sanno essere. Per Renato Ricci e la Milizia Volontaria della Sicurezza Nazionale; per Borghese ma soprattutto per la Decima MAS, che si distinse più di ogni altro reparto. E ancora per le guerriere della SAF (servizio ausiliario femminile) esempio di ferrea volontà, sconvolgente amor di Patria, dedizione ed abnegazione, guidate da Piera Gatteschi Fondelli un nome sconosciuto ai più e ricordiamole, belle da togliere il fiato, soprattutto per il loro operato lungo la linea Gotica e ad Anzio e Nettuno. Troppo poche queste righe per poter rendere onore alla grandezza di quel sogno Italiano, distrutto quel giorno di settembre; troppo poche queste parole per rendere omaggio tutti coloro che per provare a consegnarci un futuro dignitoso hanno lottato e sacrificato la propria vita. Molta è invece l’amarezza, molto il senso di disonore, ma finché saremmo disposti a raccontare la nostra storia, la battaglia del sangue contro l’oro e contro loro, non vedrà il suo epilogo.

Lasciamo la conclusione di questo pezzo che non ha pretese, alle parole di Giuseppe Solaro, l’ultimo federale, raccolte in un bigliettino per la moglie, scritto prima di essere impiccato e gettato nel Po: “Cara Tina, prima di morire ti esprimo tutto il mio amore e la mia devozione. Sono stato onesto tutta la vita e onesto muoio per un’Idea. Che essa aiuti l’Italia sulla via della redenzione e della ricostruzione. Ricordami ed amami, come io ho sempre amato l’Italia. Cara Tina, Viva l’ Italia libera! Viva il Duce! “

2 Comments

  • stelvio dal piaz 17 Settembre 2015

    Noi sopravvissuti volontari RSI abbiamo un solo dovere: combattere per la VERITA’ ! Questa la nostra VENDETTA. Questa è la consegna che lasciamo ai giovani ancora sensibili all’amor di Patria.

  • Sepp 18 Settembre 2015

    Vi voglio rendere partecipi di fatti storici che non vengono divulgati ma io ho avuto la fortuna di avere mia madre che ha vissuto l’ultimo conflitto.
    Mi raccontava che gli aerei americani passavano sulla Sicilia e invece di sganciare bombe lasciavano cadere dei piccoli paracaduti a questi paracaduti vi erano attaccati, bottigliette di profumo, bambolotti e altri giocattoli, quando i bambini li raccoglievano e ne svitavano il tappo oppure giravano la testa o le braccia dei bambolotti questi esplodevano ferendo, mutilando e uccidendo coloro che si erano radunati attorno.
    Finita la guerra qualcuno d’estate sfruttava questa idea facendosi pubblicita’ sulle spiagge lanciando da un aeroplano prodotti pubblicitari con lo stesso sistema, la gente aveva gia’ dimenticato il precedente.
    Poi questi fatti si ripetono in Veneto e per distrarre l’opinione pubblica vengono intitolati all’unabomber amaericano che invece non colpiva innocenti ma persone che lavoravano per le multinazionali, cosa incredibile di questi misfatti in veneto viene incriminato un italiano e nessuno si fa premura di dare uno sguardo alla vicina base militare americana di Aviano.
    Gli alleati dei nostri carissimi connazionali antifascisti.

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