13 Aprile 2024
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‘viva la nazione!’…terza parte

di Mario M. Merlino


Portando i saluti introduttivi al convegno il comandante della scuola di fanteria ha ricordato quanta importanza egli attribuisca alle Massime di Confucio. Al momento di iniziare il mio intervento, ultimo relatore della mattinata, mi sono ricordato di un aneddoto che avevo riportato in Inquieto Novecento. Nel febbraio del 1945 il poeta americano Ezra Pound aveva fatto stampare delle strisce di carta colorata con dei pensieri confuciani. Ad esempio ‘Il tesoro della Nazione è la sua onestà’. Mi è servito come spunto per ricordare quanto ho già scritto nel precedente articolo sugli incontri avuti con Mario Castellacci e Armando Cossutta e, in quello ancor precedente, sulla menzogna che si accompagna alla propaganda. Ci si chiede, anche o forse soprattutto a noi insegnanti, di costruire una memoria condivisa per le nuove generazioni. Io rifiuto di condividere i valori le idee gli uomini e le donne della mia parte con coloro che di quei valori di quelle idee di quegli uomini e donne hanno fatto dispregio e scempio. Accetto, però, in nome di un Bene comune di un patrimonio comune il reciproco rispetto. Se a Migliano Montelungo c’è un sacrario ai soldati italiani caduti nel Corpo Volontario di Liberazione, voluto dalle istituzioni e da queste onorato con annuali cerimonie, poco distante c’è una stele in marmo a ricordo del capitano Rino Cozzarini, prima medaglia d’oro della R.S.I., voluta privatamente da ‘i camerati’. Questa non è una memoria condivisa, questa è una offesa alla memoria del nostro paese.

Parlare dunque delle possibili o presunte ideologie della Seconda Guerra Mondiale si corre il rischio d’essere fuorvianti, schierarsi a priori per una delle tante forze in atto. (Far coabitare le democrazie liberali con lo stalinismo era una necessità per stringere in una morsa mortale la Germania non certo una sinergia d’idee riguardanti le istituzioni l’economia la concezione dell’uomo; nello stesso fronte dell’Asse, se facciamo riferimento alla interpretazione dello storico Renzo De Felice, nazismo e fascismo hanno poco o nulla di simile). Forse sarebbe più corretto utilizzare il termine di ‘dottrina’, ma questo comporterebbe spazi e tempi imperdonabili in un convegno come questo. Del resto, prima e durante e dopo il conflitto, soltanto l’Unione Sovietica e i partiti comunisti autodefinirono se stessi portatori di una ideologia e se ne fecero vanto (con buona pace delle proprie origini affondanti nella filosofia di Carlo Marx). Va, però, ricordato come, nel momento in cui le armate tedesche si trovavano a meno di cento chilometri da Mosca, Stalin si rifece alla ‘santa madre Russia’, a Pietro il Grande che fermò gli svedesi del re Carlo XII o allo zar Alessandro I e la distruzione dell’ armata napoleonica. La patria, insomma…
(Qui introduco una bozza di contributo alle affermazioni precedenti che mi ero ripromesso proporre al convegno e che sono rimaste nella testa per non appesantire il mio intervento. Possono forse interessare qualche cultore e non di studi filosofici). Nella Ideologia tedesca, scritta con Engels tra il 1845 e il ’46 e ritrovata soltanto agli inizi del ‘900, Marx recupera il termine ‘ideologia’ nell’accezione negativa che già, pur se con significato ironico, veniva dato al tempo di Napoleone. Una sorta di chiacchiera inutile per individui balzani e privi di concretezza nell’agire. Marx si spinge ben oltre nel denunciare che ‘non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza’. Insomma l’insieme delle idee politiche culturali sociali religiose ecc. non sono altro che il frutto determinato dalla società e questa dal lavoro e dalle forze di produzione. E’ la concezione materialistica della storia che tanta fortuna avrà e che domina, fra l’altro, la gran parte dei libri di testo nelle nostre scuole. Non come ci rappresentiamo il mondo è ciò che siamo, siamo nel mentre forze e mezzi di produzione operano per renderlo diverso. (A questa critica Giovanni Gentile saprà opporre l’acuta osservazione come la definizione stessa  della realtà sia già di per sé mettere in atto ogni forma di cambiamento. Non è casuale che Lenin apprezzasse l’opera di Gentile su Marx considerandola la migliore fra quelle espresse dalla critica borghese). L’ideologia diviene la mistificazione della realtà.
Su espresso desiderio di un allievo sottufficiale, ideatore del convegno, ho portato con me Gina R., la cui storia l’avevo inserita in uno dei racconti di Atmosfere in nero. Con la camicia nera e il basco del S.A.F. (il Servizio Ausiliario Femminile, istituito con decreto del 18 aprile 1944). Ovviamente avendole chiesto di poter scrivere e poi raccontare, con tutto il garbo e rispetto possibile, della sua vicenda. Perché Gina ha conosciuto le radiose giornate della liberazione e le ha conosciute sulla sua pelle – e non metaforicamente. Sono le donne le vittime prime, le più deboli e facili prede desiderate, quando gli uomini, trasformati in branco, nell’arroganza prepotenza ferocia di sentirsi impuniti, pretendono di arrogarsi ogni diritto in quanto vincitori. Non tutti i vincitori sono questo, lo so bene, ma quei partigiani erano l’avanguardia di coloro che avrebbero comandato in questo paese e, sebbene la fisiognomica non sia una scienza, i loro volti erano la premessa di quelli che vediamo, ad esempio in questi giorni, sorriderci in osceni ghigni dai manifesti sui muri e tabellon
i. Quando ho ricordato l’offesa da lei subita, ma anche tutta una vita al servizio dell’Idea, quei giovani sottufficiali sono scattati in piedi e in un lungo caloroso sincero applauso. E un mazzo di grandi fiori gialli l’è stato consegnato direttamente dal generale…
Ancora una volta mi accorgo che ho tralasciato molte cose del mio intervento e che, forse, potrebbero essere di un certo interesse (io dico sempre, modestamente, cose interessanti!)… è la premessa di una ulteriore aggiunta ai tre ‘viva la nazione!’? Chissà…

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