13 Maggio 2024
Metapolitica

Uscire dal XX secolo. Un’idea nuova per il Terzo Millennio.  Per una Quarta teoria politica. – Roberto Pecchioli (5^ ed ultima parte)

“Chi ha rinunciato alla sua terra, ha rinunciato anche al suo Dio”

(Fedor Dostoevskij- L’idiota)

Capitolo IX

Andare oltre

Centro e periferia

Il centro è dunque il mondo dominato dagli Usa e dal cosiddetto Occidente, la periferia è il resto del mondo. Principi come quelli di Toni Negri e Michael Hardt teorici della “moltitudine”, di neomarxisti come Immanuel Wallerstein non sono altro che “altermondialisti”. La loro critica, come quella dei movimenti che in varia maniera a loro si ispirano, riguarda la superficie del modello, l’ingiustizia sociale di cui è veicolo, la denuncia di singoli aspetti, dall’ecologia alla proposizione di qualche spiritualismo di maniera, come il “new age”, ma non va oltre, resta, nella sostanza, una corrente diversa dello stesso movimento, tesa verso il basso e l’identico.

Un fronte inter-nazionale

La 4TP parla di civiltà al plurale, proponendo in chiave nuova un concetto antico delegittimato dalla modernità. Lo stesso Samuel Huntington ((Samuel Huntington (1927-2008). Politologo americano, studioso del Nuovo Ordine Mondiale. “Lo scontro delle civiltà”. )) ne ha preso atto, scuotendo l’albero dell’ottimismo progressista di chi era, ed è convinto della marcia inarrestabile del progresso che crea civiltà, “la” civiltà al singolare, quella tecnologica, industriale e materialista. Compito di una teoria politica all’altezza della sfida è il riorientamento, l’organizzazione dell’ostilità che avanza ovunque nei confronti del modello unico in un “fronte delle civiltà”. Accennavamo, con un gioco verbale più serio dell’apparenza, all’urgenza di un fronte inter-nazionale, schierato contro il globalismo e la potenza egemone americana. In termini europei, esso deve consistere nella presa d’atto che gli interessi concreti e le forme civili delle nostre nazioni sono diversi ed incompatibili da quelli del fronte “atlantico”. In definitiva, serve un colpo di reni, un lampo di vita che affermi la fine del mondo e delle idee del 1945.
Le radici nostre hanno almeno trenta secoli, da Omero alla fisica quantistica. Dobbiamo essere un impero autonomo, democratico in senso postmoderno, partecipativo, abbiamo l’obbligo morale di riappropriarci di ciò che fu nostro, del senso del sacro, dei simboli, pena l’ estinzione, che sarà prima culturale e subito dopo biologica.
Se c’è un’idea universale, è che non esiste alcuna civiltà universale. Un pensiero forte, specularmente opposto al relativismo corrente, secondo cui la verità è l’assenza di verità. I popoli hanno, in quei momenti scintillanti in cui nasce la passionarietà, riflessi di vita e di ri-generazione; è allora che germoglia la “molteplicità fiorente” pensata da Konstantin Leontiev, sale della bellezza del mondo.

Terra e mare. Geopolitica e metafisica.

La geopolitica è lo studio dei fattori geografici che condizionano l’azione politica. Dobbiamo il termine allo svedese Rudolf Kjellen ((Rudolf Kjellen (1848-1922) geografo svedese. E’ il padre della geopolitica.)), per “indicare quel complesso di problemi politici che traggono origine da fatti d’ordine territoriale, specie quando si consideri lo Stato come un organismo che nasce, si sviluppa e decade, e che, al pari degli esseri viventi, ha bisogno di uno spazio vitale”. (Enciclopedia Treccani). Materia vista con sospetto per il suo successo in area tedesca, è stata però sempre coltivata nei circoli riservati anglosassoni a fini di dominio. Noi oggi abbiamo il dovere di riprendere gli studi geopolitici, allargando il cerchio all’analisi storica, sociologica ed antropologico-culturale, per comprendere sino in fondo i rapporti di forza che presiedono al controllo dello spazio e delle risorse, e modificarli in profondità sulla base del principio di pluralità e libero sviluppo di ciascuna civiltà.
Serve un nuovo “nomos della Terra”, per riprendere un concetto tematizzato da Carl Schmitt. Nomos vuol dire regola, norma, organizzazione, legge. L’opposizione intuita dal giurista tedesco tra Mare e Terra deve comprendere una dimensione metafisica. Tradizione (Evola, Guénon) contro Modernità, Terra (la geopolitica da Mackinder allo stesso Schmitt) contro Mare. Il mare non ha legge, non ha un vero limite, l’orizzonte si sposta continuamente in un luogo immaginario che sta davanti, il mare è di chi lo sfida e si fa corsaro. Nel mondo della Terra vivono e si radicano le idee di gerarchia, l’elemento della permanenza, di ciò che si può e deve trasmettere ed intanto conservare, esistono dei confini naturali, costituiti da monti, fiumi, vallate, e frontiere istituite da genti che si sono sentite distinte, diverse da quelle “di là”.
Scaturisce dalla terra il diritto, elemento primario di civilizzazione, insieme con la sepoltura dei morti e l’istituzione del matrimonio (“dal dì che nozze, tribunali ed are /diero alle umane belve esser pietose / di se stesse ed altrui”, canta nei Sepolcri Ugo Foscolo, il grande poeta romantico), a tutela della casa che vi si costruisce, dei terreni che si coltivano, della comune prossimità che obbliga a regole comuni.
Nel mare si muove la nave, l’acqua conosce solo correnti e flussi, non frontiere, e simboleggia il polo di una modernità fondata sullo sradicamento. Alla geopolitica si è spesso rimproverato il determinismo, forma suprema di materialismo. La 4TP la pensa in maniera opposta, inserendo la geopolitica nella filosofia della storia, dotandola quindi di una dimensione ulteriore, in qualche misura metafisica.

Lo spazio della vita

René Guénon chiamò “spazio qualificato” ogni luogo potenzialmente in grado di essere teatro ed insieme artefice di eventi. Come già affermato, il “lebensraum” di Karl Haushofer deve essere letto ed interpretato come spazio vivente, sovrapponibile al luogo-sviluppo caro a Savitzky ed agli euroasiatisti. Questa visione della geopolitica implica un ritorno ad una prospettiva che risale ad Aristotele, al principio che lo spazio, quel certo spazio è il luogo naturale dove avvengono determinati fatti e non altri, fatta a pezzi dalla scienza galileiana, ma recentemente ripresa da Paul Feyerabend.
E’ facile rendersi conto che “popoli che vivono in ambienti naturali diversi creino lingue e sistemi culturali differenti di cui lo spazio ed il rilievo sono la matrice “ ((Alexsandr Dugin (1962-) The fourth politically theory.)). Mackinder stesso, britannico, mostrò che la sua piccola isola si fece impero quando i suoi abitanti più intraprendenti scelsero il mare e divennero pirati, mentre fu la steppa a creare l’impero dei briganti di terra, l’orda mongola.
Questi si sono trasformati in esseri stanziali, quelli, per dominare il mare ed asservire le popolazioni che incontravano sulle rive raggiunte, hanno dovuto affinare tecniche e tecnologie, inventare lo spirito di intrapresa e lo stesso capitalismo, produrre di più e di meglio. Il Mare è all’origine della modernità, mentre la Terra è la permanenza, la ciclicità che il contadino conosce e padroneggia nei tempi della semina e del raccolto, che è Eterno Ritorno. La Terra è Tradizione: in questo senso, anche lo strumento della geopolitica assume una valenza nuova, metafisica.

Le religioni

La 4TP non ha una religione da prescrivere o raccomandare. Una sua premessa è che tutte e tre le ideologie del passato erano, in varia maniera, ispirate dalla fine del sacro. Nucleo della modernità fu l’uomo che rimpiazza Dio, la scienza e la filosofia che sostituiscono la religione, mentre la Rivelazione è oscurata dai costrutti razionali e tecnologici. Insieme con la Tradizione e la Gerarchia, la religione deve essere ricollocata al posto che le spetta nel cuore dell’Esserci. La post modernità, se non verrà sconfitta, ripiegherà su una pseudo religione globale, fondata su scampoli disparati di vari culti, in un caotico ecumenismo centrato su una generica “tolleranza”. Una prospettiva ancora più disperante dell’ateismo materialista o della sazia indifferenza occidentale, ma che consente di intravvedere fenditure nelle quali reimpiantare l’idea di Dio.
Alexsandr Dugin è personalmente un credente cristiano ortodosso, e la sua teoria politica esprime un forte spiritualismo. Prende atto dell’immensa importanza delle tradizioni religiose, delle credenze dei popoli e, tra gli obiettivi che si pone c’è la desecolarizzazione delle società occidentali. L’ambito geopolitico euroasiatico è così grande e variegato da comprendere civiltà in cui sono professate tutte le religioni, dal cristianesimo nelle sue tre varianti, cattolica, protestante ed ortodossa, all’ebraismo, all’islam, anch’esso con le sue distinte scuole, il buddismo.
La libertà religiosa è irrinunciabile, con almeno tre elementi di forte differenziazione dalle precedenti teorie politiche, a cominciare da quella liberale. La prima riguarda il riconoscimento del carattere originario, “naturale”, consustanziale ad ogni cultura umana dell’elemento religioso, apertura alla trascendenza ed all’infinito ed insieme modello esistenziale. Nessun ateismo di Stato, e neppure il laicismo ideologico alla francese che respinge come nemico della Repubblica financo la presenza sul corpo di simboli di fede. Non può sussistere alcuna chiusura o totale separatezza dell’ambito spirituale e religioso dalla dimensione pubblica e comunitaria. La seconda, effetto e corollario della prima, è il rifiuto di considerare le pratiche religiose, le convinzioni che le sostengono, i principi morali e civili che ne conseguono fatti privati ed indipendenti dalla sfera sociale e politica. Nessuna concessione al liberalismo, indifferente alla dimensione spirituale degli uomini, che relega nel privato o addirittura dell’intimo della coscienza individuale.
L’ultima è quella di riconoscere il valore nazionale costitutivo dell’ethnos di diverse confessioni. Pensiamo innanzitutto al ruolo dell’ortodossia a Bisanzio, in Russia, in Serbia, in Grecia, del cattolicesimo nelle nazioni dell’Europa del Sud e di quelle mitteleuropee soggette all’impero asburgico, dell’ Islam sciita e sufista, del buddismo del cosiddetto Grande Veicolo, del chassidismo o misticismo ebraico. In linea teorica, tutte le religioni sono viste come alleate naturali della 4TP, con l’ovvia esclusione del radicalismo islamico di matrice sunnita wahabita (Arabia Saudita) e salafita, protagonista dell’attuale ondata di violenza ed incultura.

Di talune tradizioni religiose si constata la distanza profonda con le posizioni della 4TP: ci riferiamo alla riforma protestante, con il suo individualismo e, per converso, le spinte millenariste dei pentecostali; il talmudismo tradizionale, tendente a riconoscere ai soli ebrei un diritto alla dominazione della terra, in cui la Gerusalemme promessa sembra grande quanto il mondo: lo stesso cattolicesimo ufficiale dell’ultimo mezzo secolo, che ha accentuato il suo carattere universalista, ha posto in ombra la trascendenza, allineandosi su molti temi al mondialismo globalista, nuovo ordine mondiale. Al centro, resta imprescindibile l’idea che, presso i popoli europei, “senza i valori presenti nella Cristianità, senza gli standard morali che si son formati nei millenni, gli uomini perderanno inevitabilmente la loro dignità umana” (Vladimir Putin)

Le due destre, le due sinistre

Destra e sinistra sono schemi del passato. Nata come posizionamento rispetto all’emiciclo dell’assemblea parlamentare post rivoluzionaria in Francia, la distinzione non interessò per decenni i socialisti alla Proudhon e neppure Marx,. Tuttavia il crinale destra/sinistra ha avuto un potente valore emotivo oltreché un chiaro significato di divisione politica ed esistenziale sino alla fine del comunismo. Da allora, trascina un lento declino per insignificanza (o per fraintendimento) che non è sfuggito a molti tra i più lucidi osservatori: pensiamo a Jean Claude Michéa, che si definisce socialista e non di sinistra, o ad Alain Sorel, il cui motto è “destra dei valori, sinistra del lavoro”.
La 4TP, nella testata del suo sito Internet lo ribadisce con decisione: Oltre la destra e la sinistra, ma contro il centro. Ribadito che per centro non si intende l’equivoco territorio dei moderati di ogni risma, ma il luogo di incontro ed intersezione dell’affarismo, dei compromessi materiali ed etici, del colore grigio, della depoliticizzazione, essa concorda con chi ha abbandonato l’antica segnaletica politica. Lo schema di cui si fa portatrice è piuttosto lo sforzo per una convergenza tra la critica antiliberale di settori della destra e della sinistra di ieri, alla ricerca di un punto di sintesi che sblocchi, finalmente, il sistema.
Attenendosi per motivi euristici alle vecchie denominazioni, la 4TP rileva che esistono due sinistre e due destre, con riferimento, rispettivamente a politica e società ed ai modelli economici. Il liberalismo/liberismo classico è la destra economica, mentre la sinistra economica comprende le varie componenti politiche di orientamento socialista, dirigista e solidarista.
La destra politica, che potremmo anche definire morale o civica, è la casa di chi vuol conservare valori morali e tradizionali. Spesso, ma non necessariamente, è associata a nazionalismo, patriottismo e statalismo. La sinistra politica è il luogo del radicalismo e del progressismo sociale, l’ideologia dei diritti dell’uomo, l’enfatizzazione delle marginalità di ogni sorta (immigrati, omosessuali, eccetera).
Nell’Europa e nell’intero Occidente, in cui l’egemonia della ragione mercantile soffoca ogni dibattito sui principi, viviamo quella che Jean Claude Michéa ha definito “alternanza senza alternativa”, lo stucchevole teatrino di una destra e di una sinistra in versioni talmente simili che i programmi restano indistinguibili, poiché entrambe dipendono dai padroni del mercato e del sistema finanziario transnazionale. Destra del denaro e sinistra dei valori coincidono quasi su tutto: tutt’al più è diversa la velocità dei processi che promuovono. Un briciolo di stato sociale in più a sinistra, qualche emendamento antiradicale sui diritti civili, ma il catalogo è pressoché identico. Cambia, e non sempre, solo l’ordine dei fattori.
L’avanzata americanizzazione fa sì che il centro sia lo stesso, il liberismo condiviso. Ai lati, una spruzzata di conservatorismo civico a destra, una dose moderata di ridistribuzione del reddito a sinistra. Quanto basta, direbbero gli autori di ricette culinarie. Quanto basta per fidelizzare gli opposti schieramenti di sostenitori, le due “curve” contrapposte, in linguaggio sportivo. Il resto è allineamento alla volontà di chi comanda davvero, il citato terzo livello.
Una nuova Rivoluzione Conservatrice è la posizione di chi mantiene un universo valoriale conservatore o tradizionalista, contestando con altrettanta convinzione l’iniquo liberalismo economico e l’idea di progresso. E’ un’ azzardo, una difficilissima impresa quella di far interloquire, non diciamo unire destra politica e sinistra economica. Le critiche al modello sociale ed economico liberale sono simili, anche se non sovrapponibili, identico è il nemico. Ciò che divide pesantemente è il passato, quel passato che non passa e che pesa come un macigno soprattutto tra gli intellettuali a sinistra e tra la borghesia del censo a destra.

Il mondo invertito

'Château des Pyrénées - René MagritteC’è un dipinto molto particolare, di René Magritte ((René Magritte (1898-1967) pittore belga. Uno dei fondatori del Surrealismo.)) del 1961, Il castello dei Pirenei, che rappresenta splendidamente la condizione post moderna, in anticipo sui tempi come è costume dell’artista vero. Sopra un mare scuro e tempestoso, sovrastato da un cielo più chiaro, ma attraversato da diverse nubi, sta sospesa una roccia enorme; sulla sommità c’è un piccolo castello, che si nota a fatica nell’incomoda posizione. La 4TP afferma che il castello dei Pirenei, l’Esserci, deve essere riportato sulla terra, torcendo l’inversione. Non possiamo vivere sospesi sulla pietra altrui, non possiamo “essere-nel-mondo” alla rovescia. Non vogliamo trasformarci nelle plebi desideranti che, secondo Costanzo Preve, hanno sostituito gli uomini, non possiamo essere eterodiretti, privati di tutte le identità che ci formavano e ci rendevano capaci di vivere.
L’epoca nostra è una sorta di cyber repubblica pirata con sede nello spazio virtuale. Non c’è governo, ma “governance”, impersonale amministrazione dall’alto dell’esistente, non c’è Stato, ma post-Stato, con l’unico compito di riscuotere tasse, atterrire i popoli e bloccare con il monopolio della violenza ogni reazione. Anche a questo serve il lacrimoso pacifismo europeo. Non c’è identità, ma miliardi di identici birilli che si credono unici. Idioti assoluti diventano idoli della società spettacolo, ignoranti vengono promossi accademici, le vittime sono chiamate carnefici, i politici scelti per la bella presenza e le prestazioni televisive, i ruoli femminili e maschili sono rovesciati o irrisi. Negando ogni forma, si crea una inedita “non forma” che è il codice genetico comune del nuovo individuo universalizzato (gli ossimori abbondano, nella sfortunata era invertita).
Questo “homunculus” è eternamente connesso, a che cosa non si sa bene, “branché” in argot francese, è la vittima dell’ apparato biopolitico che gli è stato scatenato contro, deve obbligatoriamente correre cronometro alla anno tra impegni vari e riposo vissuto come apprendimento passivo di nuovi spettacoli. Paul Virilio ha inventato il neologismo dromocrazia, il dominio della velocità, della corsa. Ci sarebbe bisogno di sosta, di prendere fiato, riflettere. Non possiamo permettercelo, se vogliamo raddrizzare ciò che è stato invertito, ed iniziare la nuova rivoluzione conservatrice. Goethe fa dire a Faust il celebre “ In principio era l’azione”, per correggere il Logos posto a principio dall’evangelista di Patmos, Giovanni.
L’uomo faustiano deve ora cedere il passo, poiché in principio era il Caos, e per riprendere una storia decente occorre accettare un certo grado di Caos. Fisica e filosofia post moderne hanno rivalutato l’idea del caos, riferita non ad un disordine qualunque ed informe, ma ai sistemi complessi, alle equazioni con più risultati, i quali, in realtà costituiscono un ordine più complesso, difficile da afferrare, ma esistente. Un maestro della tradizione, René Guénon ha mostrato come la presente sia “l’ epoca della confusione”. Noi dobbiamo riflettere sui veri significati, attribuendo a confusione un’accezione possibilista. Si può intendere come “stato delle cose che è allo stesso tempo è parallelo all’ordine e lo precede”. La somma di frammenti che definiamo post modernità può essere ricomposta, a patto di distinguere il caos post moderno, risultato della volontà luciferina di forze nemiche, corrispondente alla guenoniana confusione – il motto massonico è “ordo a chao”, un nuovo ordine dal caos- e il caos dei padri greci.
Per essi caos significava primigenio, qualcosa di preesistente all’ordine che si sarebbe formato al prevalere dell’apollineo sul dionisiaco. Il caos di cui parliamo non è il deserto che hanno creato per disidratazione, guai a chi costruisce deserti, spiegò Nietzsche, ma è una sorta di grembo della madre. Quanto rinascerà dal caos dipende da ciò che è rimasto, da tutto ciò che abbiamo chiamato eterno, e, naturalmente da un forte atto di volontà rivoluzionaria e ri-creatrice.
Il principio, dunque, torni Logos, pensiero, idea, forma, Verbo. Non è solo un’idea cristiana, il pluriverso della 4TP ci indica analoghi presupposti nella dogmatica islamica del Kalam, l’intelletto, e nello stesso ebraismo della Kabbalah. Scopo della Rivoluzione Conservatrice è un nuovo regno del Logos. Guardiamo all’assurda arte del secolo passato: ha vietato la forma, espulso la figura umana, eccetto nei suoi elementi più grotteschi, patologici, triviali o bestiali; ha imposto un’architettura che non ha più alcuna idea del bello, che, sulle piste di Adolf Loos ((Adolf Loos (1870-1933) architetto austriaco. Tra i pionieri dell’architettura moderna.)) proibisce come delitto l’ornamento, la decorazione e qualsiasi cosa sia superflua rispetto alla funzione, ma è insieme frammentata, monca, attorcigliata come per una sofferenza indicibile.
Il Logos europeo ha esaurito le sue risorse, va preso per mano e ricondotto a quelle radici che esprimono il principio di differenziazione e di ordine, verticalità e gerarchia. Il filosofo moralista scozzese Alasdair Mac Intyre terminò il suo opus magnum, Dopo la virtù, un grande manifesto del comunitarismo, con la richiesta di tornare ad Aristotele. Non troppo diversa è la conclusione della 4TP: contro la confusione, ri-generare significa riportare al centro i principi della logica dello Stagirita, pilastri del nostro angolo di mondo: identità e non contraddizione, e l’uomo torni “zoon politikòn”, animale politico,((Zòon politikòn. Concetto della “Politica” di Aristotele (384-322 a.C.) il massimo filosofo dell’umanità: l’uomo è portato per natura a unirsi ai propri simili per formare delle comunità.)). portato per natura a unirsi ai propri simili per formare delle comunità.

Conclusione

Esiste un’intersezione, uno scomodo frammezzo che designa e distingue chi si situa politicamente ed esistenzialmente, tra la destra politica e la sinistra economica. Ma c’è una posizione ancora più disagevole, autolesionista, incapacitante, insensata ed irrilevante. E’ quella di chi, per riflesso condizionato, sostiene da posizioni di destra politica la destra economica e, viceversa, chi appoggia la sinistra politica da un orientamento di sinistra economica.
La 4TP prende atto delle drammatiche difficoltà di avviare dialoghi e progetti comuni, ma non vede alternative. In altre stagioni, chi ha proposto soluzioni della specie è stato trattato da pazzo o da visionario. Era, invece, fuori tempo. In politica, come nella vita, è necessario che le idee, i tempi e le circostanze coincidano. Se è vera la frase di Pierre Drieu La Rochelle secondo cui l’intellettuale è oggi sulle posizioni in cui gli altri saranno domani, dobbiamo evitare il pericolo, e diventare ciò che ci risulta tanto difficile, politici, guardinghi, cauti, lesti a scegliere il tempo e l’occasione. Essere volpi e leoni, sentenziò Niccolò Machiavelli, fondatore della scienza politica. Il tempo è oggi: chiusa la modernità, si apre la battaglia per occupare la post-modernità.
Contemporaneamente, non sognatori, non utopisti, dobbiamo forse diventare, o restare, un po’ poeti. Tradizione, patria, popolo, etnia, sono stati screditati dai materialismi, irrisi come astrazioni. Sono invece quanto di più prezioso e concreto possieda l’uomo nel viaggio dell’esistenza, nell’Esserci. Hanno bisogno, per essere nuovamente amati anche dagli europei malati di ragioneria, sazi ma disperati, come intuì un cardinale non modernista, Giacomo Biffi, di un vento di passione, di sentimento, di una rinascita spirituale. Dunque, di quel tanto di lucida follia, di verità espressa per metafore, suggestioni, simboli, immagini, che appartiene all’arte, alla poesia. Ci serve un internazionalismo dello spirito, per battere la dittatura delle cose, delle password e dei codici a barre.
Oltre gli steccati, oltrepassare il passato. Conta, deve contare, finalmente, dove vogliamo andare Per riuscirci, uomini, donne, comunità devono impegnare cuore e cervello per idee nuove. Una è la quarta teoria politica. L’itinerario lo scopriremo vivendo. Alle vecchie strade un addio con gratitudine. Qualunque sia stato l’itinerario, ci hanno condotto sin qui.
In questo spirito, poiché nel mondo degli algoritmi, dei modelli matematici e dell’intelligenza artificiale servono anche i poeti, ci piace concludere con una lirica del premio Nobel polacco Czeslaw Milosz ((Czeslaw Milosz (1911-2004) poeta polacco esule in America. Premio Nobel per la letteratura 1980.)), impressa sulle croci che ricordano la rivolta sociale, ideale e spirituale degli operai di Danzica.
“Tu che hai ferito l’uomo semplice/sghignazzando sulla sua sventura/ E confondendo il bene e il male /Insieme a quei buffoni che intorno a te si assiepano, / Anche se tutti ti si prostrassero/ Celebrando la tua saggezza e il tuo valore, /Medaglie d’oro coniando in tuo onore, /Felici perché sono, ancora un giorno, salvi, /Non sentirti al sicuro. Il poeta non scorda. Uccidilo: ne nascerà uno nuovo. /Saranno scritti gli atti e le parole. /Meglio per te l’inverno, al sorgere del sole, /Un ramo curvo sotto il peso e la corda”.

Roberto Pecchioli (5 — fine)

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