11 Aprile 2024
Attualità

Oltre la notte, per l’Italia – Roberto Pecchioli

La frittata è fatta. E’ in pista Il governo rosso fucsia gradito a tutti i poteri forti, come dimostra l’euforia delle borse e il calo dello spread, il differenziale tra gli interessi dei nostri buoni del Tesoro e quelli tedeschi. I danni tremendi che produrrà saranno visibili nel tempo: immigrazione incontrollata, insicurezza, aumento delle tasse per foraggiare caste, clientele, finanziare Bruxelles e il famigerato MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), esplosione del gender, distruzione accelerata degli ultimi brandelli di etica naturale, svendita di ciò che resta delle imprese italiane, acquiescenza agli ordini di tutte le centrali finanziarie e politiche oligarchiche. Un disastro totale. Capiremo nel tempo se porre sul banco degli imputati Matteo Salvini e la sua improvvida rottura in pieno solleone o se il capo leghista è stato vittima di indicibili ricatti e oscure manovre. Quanto ai grillini, impressiona la traiettoria dal “vaffa”, dall’aprire le istituzioni “come scatolette di tonno” all’alleanza con tutti i poteri forti. Evidentemente la creatura di Grillo e Casaleggio ha assolto al suo vero compito: canalizzare la ribellione e il dissenso nel sistema sino a diventarne un pilastro. Ma restiamo ai fatti e prendiamo atto che la traversata nel deserto sarà lunga e forse drammatica. Nessuna illusione: molte volte interrogheremo la biblica sentinella idumea su quanto resta della notte. La risposta sarà per molto tempo la medesima: verrà il mattino, ma è ancora notte.

Il compito, dunque, è arduo e meraviglioso: preparare l’aurora che verrà e dare risposta alla domanda di tanti italiani scoraggiati: che fare? Abbiamo una convinzione: occorre andare oltre. La risposta alla sfida che minaccia di travolgere lo Stato italiano, la nazione e il nostro popolo non può essere affidata ad un improbabile ribellismo, alle deprecazioni e neppure all’azione parlamentare di opposizione. Alla dominazione per via finanziaria si è aggiunta la morsa del potere tecnologico e adesso la tenaglia è completata con il governo della Repubblica in mano dei nemici della nazione, del popolo, dello Stato italiano. Non è il momento delle elucubrazioni e delle analisi sociologiche. Occorre dare ragione all’ XI tesi su Feuerbach di Karl Marx: abbiamo osservato, analizzato al microscopio il mondo per troppo tempo; è l’ora di cambiarlo, cioè di agire. Occorre una rivoluzione degli animi che conservi e ripristini principi negati. La democrazia, scrisse Moeller Van Den Bruck , è la partecipazione del popolo al suo destino, l’esatto contrario di ciò che abbiamo davanti agli occhi. E’ in atto la riscossa dell’alto contro il basso, delle élite contro il popolo. Occorre alimentare una battaglia culturale che sia avanguardia, lievito di una lotta politica organizzata. Crediamo che l’errore più grave sarebbe reagire con i criteri di ieri: destra contro sinistra, moderati contro progressisti. In particolare, dobbiamo prendere atto una volta per tutte che la lotta è al sistema nella sua interezza, dunque non può essere risolta nei termini dei vecchi schieramenti. Del resto, l’enorme successo del M5S dovrebbe esserne una prova: ha saputo rompere lo schema destra/sinistra ottenendo consensi di ogni tipo. Altra questione è come stia spendendo in senso regressivo il capitale accumulato.

Non si risponde al governo Conte-Mattarella- Boldrini-Zingaretti, benedetto da Bruxelles, Parigi, Francoforte e Berlino opponendogli una destra tradizionale o, peggio, invocando un inesistente popolo moderato. La destra italiana, come gran parte di quella mondiale, ha scelto da tempo il suo campo: non più baluardo di valori e principi, ma guardia bianca del liberismo economico, della globalizzazione e della privatizzazione del mondo. Dall’altro lato, il progressismo materialista, la mistica dei diritti, mascherano la medesima adesione al neoliberismo. Non si può più indugiare, ma prendere in mano le sorti del nostro popolo oltrepassando le appartenenze e le categorie del passato. Alain Soral, intellettuale francese, parla di destra dei valori e sinistra del lavoro. Un grande sociologo americano, Daniel Bell, esperto di mutamenti sociali e ideologie totalizzanti, studioso degli effetti della tecnologia sulla società e la cultura, parlò di “politica tecnocratica” e si dichiarò socialista in economia, liberale in politica e conservatore nella cultura. La via è quella: uscire dal liberismo in economia significa contrastare l’enorme potere dei monopoli oligarchici, tecnologici, industriali, finanziari, che hanno confinato la politica in un ghetto servile. Del liberalismo classico va salvato il pluralismo – sostanzialmente espulso dalla finta dialettica destra-sinistra di sistema – il rispetto per la libertà e la forza delle istituzioni di garanzia, (check and balance) oggi del tutto svuotate e appaltate alle varie cricche di potere. Essere conservatori nella cultura vuol dire difendere e rilanciare l’identità di ogni popolo, le sue tradizioni ricevute, le sue specificità, i principi dell’etica naturale, l’apertura al trascendente, la forza delle comunità naturali, come la famiglia, le autonomie territoriali, i corpi intermedi, le libere associazioni, luogo di incontro, mediazione, responsabilità.

Bisogna coniugare i valori ed i principi con i legittimi interessi radicandoli nell’interesse generale; in una parola, occorre ritessere l’ordito di una comunità i cui fili sono gravemente lacerati. La lotta necessita di una vera e propria kulturkampf, una sfida culturale e spirituale di ampio respiro, ma intanto è indispensabile abbozzare un contenitore politico in grado di parlare agli italiani. Non può presentarsi, né essere percepito, come di destra o di sinistra. Con le forze disponibili schierate sui quei versanti, si potrà e dovrà dialogare, marciare divisi per colpire uniti, ma adesso è l’ora di qualcuno che superi antichi steccati in nome della salvezza della nazione e del popolo mai minacciate come oggi. L’imperativo è parlare con semplicità al cuore e al cervello dell’Italia normale, a quel “mondo piccolo”, in genere lontano dalle metropoli, spesso residente nelle tante aree considerate marginali. Mettere in campo un progetto generale e, in parallelo, un programma forte, in cui non si tema di contrastare tutti i fondamenti del sistema: questa Europa, la sovranità monetaria privatizzata con ciò che consegue in termini di gestione dell’euro, lo strapotere dei colossi tecnologici e delle centrali finanziarie sino all’esigenza di considerare finalmente concluso l’interminabile dopoguerra, simboleggiato dalla servitù nei confronti degli Usa e della Nato. Tattica e strategia, ma soprattutto comunità coniugati con il massimo sforzo per rappresentare interessi e valori della maggioranza, al di là delle vecchie divisioni.

In economia, è urgente il recupero della dimensione pubblica, nel senso della capacità di controllo dello Stato nazionale su settori come le reti di comunicazione, il credito e alcune industrie “strategiche”. Il sistema di protezione sociale può e deve riconoscere l’importanza del volontariato e del cosiddetto Terzo Settore, ma nel quadro di linee guida orientate all’interesse generale. Si dovrà esigere lo smantellamento dell’apparato iper liberista che ha trasformato il lavoro dipendente in precariato e l’iniziativa privata in una trappola burocratica valida solo a scoraggiare l’intraprendenza a favore dei grandi gruppi multinazionali. La tassazione deve passare dalle persone ai consumi, specie quelli voluttuari, con l’introduzione del quoziente fiscale familiare. Le multinazionali tecnologiche e le grandi società di capitali devono smetterla di eludere il fisco: se l’Europa non trova un accordo sulla cosiddetta Google Tax si proceda a livello nazionale. Potremmo continuare e certo non mancano i cervelli in grado di orientare politiche economiche, finanziarie e sociali a favore dell’Italia che lavora e di quella che vorrebbe farlo. La sovranità su se stessi non è solo un diritto naturale di ogni popolo che si senta tale, ma soprattutto conviene, è parte integrante dell’interesse personale di ciascuno e di quello generale della nostra gente. La scommessa è saperlo dimostrare e parlare, finalmente, non a un gruppo sociale, a un ambito territoriale o a una generazione, ma al popolo italiano nella sua globalità. E’ un esercizio di acrobazia culturale non meno che di tecnica politica, ma non vi è altra strada. La cruna dell’ago è stretta ma esiste la virtù più propriamente tipica dell’uomo, fondamentalmente divina, che è la volontà. Senza volontà, senza la costanza, la fortezza e la generosità di “andare oltre” ed unirsi per l’interesse generale degli italiani, non resterà che la rassegnazione al dominio dei nemici del nostro popolo. Se non ora, quando?

Roberto Pecchioli

2 Comments

  • Mirko Ramadori 6 Settembre 2019

    Concordo in pieno e confido si possa concretizzare subito

  • FABIO 11 Settembre 2019

    “Se non ora, quando?”… D’accordo, ma, soprattutto, ci vuole un leade,r dotato di grande capacità e carisma, in grado di raccogliere tale sfida e guidarci fuori dalle sabbie mobili nelle quali stiamo ormai affogando.

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